Raccolta di studi su Cornelio Fabro e la Filosofia. "Quanto alla filosofia del passato, se si può ammettere che la filosofia è sempre stata in crisi, perchè è suo compito il 'ritornare al fondamento', essa tuttavia finora si riconosceva arbitra della verità dell'essere: fosse pure mediante la decisione di una sospensione o epoché universale. Ora invece la filosofia è arrivata alla crisi che deciderà del suo stesso sopravvivere..."
Nichilismo, pulsione di morte, volontà di nulla: sono queste le categorie che hanno orientato e orientano ancora oggi la comprensione del male politico. Esse si accompagnano a una visione "semplice" e "demoniaca" del potere, la cui cifra estrema è ravvisabile nel rapporto tra vittima e carnefice. Da una parte starebbe un soggetto ridotto a oggetto, perché reso totalmente passivo dalla violenza dell'altro. Nella prima parte del libro, l'autrice ricostruisce la costellazione concettuale di tale visione dicotomica riconducendola a un paradigma specifico, denominato "paradigma Dostoevskij". Questo modo di pensare il rapporto tra male e potere è sufficiente a leggere il presente? Non rischia piuttosto di irrigidire la comprensione della realtà in categorie troppo schematiche e unilaterali, che gettano luce su un unico volto del male politico, quello notturno, trasgressivo, distruttivo? Non occulta forse dietro lo spettro di un rinnovato dualismo, un'intera e complessa fenomenologia degli aspetti "microfisici" delle scene del male? Il volume propone una diversa genealogia del rapporto tra male e potere. È convinzione dell'autrice che il male debba essere indagato, oggi più che mai, non solo nel suo legame con la morte e il nulla. Ma debba essere scandagliato anche nel rapporto che intrattiene con l'ostinata passione per la vita, con l'indomabile volontà di essere e di persistere, col desiderio di venir riconosciuti e confermati. Perché è così che a suo parere si spiegano la docilità e il conformismo
"Le Lezioni" si basano sulle dispense e sulle annotazioni per il corso di Filosofia politica moderna che John Rawls tenne all'Università di Harvard a partire dalla metà degli anni sessanta fino al suo ritiro dall'insegnamento, nel 1991. Rawls vi discute le concezioni dei fondatori del pensiero politico moderno: Hobbes, Locke, Hume, Rousseau, Mill e Marx. Lo scopo che si prefigge è quello di enucleare le idee che caratterizzano il liberalismo come teoria politica della giustizia. Il suo punto di partenza sono le teorie del contratto sociale; discute poi le obiezioni di Hume a tali teorie e presenta un'analisi dettagliata della versione non contrattualistica di Mill, per concludere con l'esame della critica marxiana al capitalismo liberale. Oltre a essere un eccellente manuale di storia della filosofia politica moderna, le Lezioni offrono a Rawls l'opportunità di operare un confronto sistematico tra la propria teoria e le concezioni morali della tradizione filosofica. Proprio questa caratteristica delle "Lezioni" consente a quanti sono già familiari con il pensiero di Rawls di scoprirne i nessi con i temi che egli esplora. Nota all'edizione italiana di Salvatore Veca.
Grazie alle idee di "esercizi spirituali" e di filosofia come "modo di vita", Pierre Hadot ha profondamente rinnovato la nostra comprensione dei testi classici e, in generale, della filosofia antica. L'importanza della sua opera non si limita però alla rilettura del pensiero antico: per Hadot, infatti, la tradizione antica che intendeva la filosofia non come "costruzione di sistemi" ma come esercizio di vita e di pensiero, possiede tuttora una forte attualità ed è capace di orientare ancora oggi il nostro modo di intendere la filosofia. Questo volume raccoglie gli interventi del convegno in onore di Hadot, che si è tenuto nel 2007 all'École Normale Supérieure di Parigi, ed è il primo dedicato alla sua opera. Esso contiene inoltre una conversazione inedita tra Hadot e Arnold I. Davidson, in cui Hadot mette in luce i rapporti possibili tra pensiero antico e moderno, suggerendo in che modo la filosofia contemporanea può attingere all'esperienza antica, per rinnovarsi ed essere ancora una volta modo di vita.
Il nichilismo giuridico ha tragicamente percorso il '900 e si prolunga nel nuovo secolo. Esso produce la fine del diritto e della giustizia, consegnati ad una volontà individuale arbitraria sciolta da ogni obbligo. Questa taglia i legami con la ragione e la persona, volgendosi alla potenza. Per fuoriuscire da tale esito occorre ripartire domandando che cosa sia diritto e che cosa nichilismo giuridico, e se esista qualcosa che non può mai diventare diritto, anche se votato da maggioranze
Straordinario inedito della più famosa filosofa del Novecento. Maria Zambrano sa far pensare, emozionando, perché la sua filosofia parte proprio dall'immane e poetico compito di affrontare la vita stessa. In questo libro Zambrano lo fa mettendosi in gioco in prima persona con un'autobiografia filosofica dei sentimenti. Il tempo, l'amore, la compassione, l'incredibile capacità di patire insieme che ci rende umani, sono i temi centrali del libro. Il tempo è quello della nascita, quello del racconto, dell'amore e della pietà. L'amore è il sentimento che apre le strade più di ogni altro: un sentimento che apre la possibilità di ogni possibile, che dischiude ogni trascendenza, che apre la via all'infinito. Tutto questo si unisce nella vita di ognuno di noi, per dare l'avvio a un'autobiografia che sarà sempre unica e singolare, al di là di ogni forzatura, di ogni rigidità, di ogni impassibilità. L'amore come apertura al futuro che non sarà mai ripetizione dello stesso, dell'uguale, ma sempre novità e cambiamento. Per riscrivere ogni giorno una nuova pagina in una nuova storia, fatta di uomini, donne, figure nuove e passate, che si alternano nella nostra vita, sulla fantastica giostra dei sentimenti
L’autentico insegnamento soteriologico di questa «comunicazione divina diretta», è la perplessità, ciò che non significa in alcun modo caos oppure disordine bensì stupore innanzi all’essenzialità dell’attestazione dell’unicità dell’Essere divino. Uno stato mistico, pertanto, ed al contempo una stazione iniziatica, a cui questo stesso soliloquio divino educa: il monologo dell’anima assorbita nella contemplazione segue, infatti, precise regole di pedagogia spirituale, prefiggendosi di favorire, conformemente alle capacità personali di ognuno, il riconoscimento e la corretta interpretazione dello stupore di fronte alla perplessità suscitata dall’antinomicità della Realtà divina
Utilizzando le tre Etiche di Aristotele, Arianna Fermani in questo volume offre un’ulteriore prova dell’attualità di un pensiero nel quale, costitutivamente, ogni realtà «si dice in molti modi».
Gli schemi che l’intelligenza umana elabora devono essere molteplici e vanno tenuti, per quanto possibile, “aperti”. Questo determina la presenza di “figure” concettuali intrinsecamente polimorfe; figure che il Filosofo attraversa lasciando che i loro profili, pur nella loro diversità e, talvolta, persino nella loro incompatibilità, convivano.
La verifica di questa metodologia passa attraverso l’approfondimento di alcune nozioni-chiave, dando vita a un percorso innovativo che si snoda lungo tre linee fondamentali: vizio e virtù, passione e, infine, vita buona.
Un invito alla lettura di Aristotele che introduce alla sua Etica. Attraverso l'analisi filologica dei testi si mostra l'attualità di Aristotele nelle problematiche moderne.
ARIANNA FERMANI è ricercatrice in Storia della filosofia antica presso l’Università di Macerata. Ha tradotto integralmente le Etiche di Aristotele (Aristotele, Le tre Etiche, Bompiani, Milano 2008). Ha pubblicato Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele (Eum, Macerata 2006) e numerosi contributi, dedicati all’etica aristotelica, all’interno di miscellanee e riviste nazionali e internazionali. Ha anche curato: Dio e il divino nella filosofia greca, in «Humanitas» (Morcelliana, Brescia 2005); Platone e Aristotele. Dialettica e logica (Morcelliana, Brescia 2008); Attività e virtù. Anima e corpo in Aristotele (Vita e Pensiero, Milano 2009)
In costante colloquio con i classici del pensiero occidentale, la riflessione filosofica di Giulio Severino si distingue per l’originale capacità di coniugare l’esame filologico e analitico dei testi con l’impegno teoretico, ponendo in dialogo le dottrine del passato con i problemi del nostro tempo.
Con il titolo La filosofia e la vita, i curatori evidenziano il progetto severiniano di radicare la ragione e il senso in quelle dimensioni più elementari e immediate dell’esistenza (l’inconscio, il corpo, il tempo ecc.) che la metafisica ha variamente trascurato e rimosso. Il tema fondamentale intorno a cui ruotano i saggi qui presentati è l’idea dell’assenza di Dio come condizione insuperabile dell’uomo contemporaneo, una mancanza strutturale e non epocale che Severino invita a tenere ferma nel suo carattere enigmatico e a interrogare filosoficamente, senza la nostalgia per la fede antica e senza peraltro il minimo cedimento al nichilismo.
La lezione più preziosa che emerge dall’itinerario speculativo di Giulio Severino è la convinzione che la filosofia sia una bussola indispensabile per orientare responsabilmente l’uomo in un mondo privo di garanzie metafisiche ultime.
I saggi di Giulio Severino mostrano il suo peculiare atteggiamento filosofico, che individua il razionale nelle dimensioni più elementari e immediate dell'esistenza (l'inconscio, il corpo, il tempo, ecc..), che la metafisica ha per lo più rimosso. In particolare, i saggi dedicati a Hegel rappresentano uno dei capitoli più innovativi della letteratura hegeliana degli ultimi trent'anni.
GIULIO SEVERINO (1936-2000), studioso di Hegel formatosi alla scuola di Alberto Caracciolo, ha insegnato Filosofia della storia all’Università di Genova. Tra le sue pubblicazioni: Origine e figure del processo teogonico in Feuerbach (1972); Principi e modificazioni della mente in Vico (1981); Inconscio e malattia mentale in Hegel (1983).
I curatori:
PAOLO BECCHI insegna Filosofia pratica e Bioetica presso l’Università di Genova. Tra le sue più recenti pubblicazioni per Morcelliana: Hans Jonas. Un profilo (2010); Kant diverso. Pena, natura e dignità (2011); Il testamento biologico (2011).
FRANCESCA MICHELINI è ricercatrice presso la Humboldt Universität zu Berlin e l’Università di Kassel. Tra le sue pubblicazioni: Sostanza e assoluto. La funzione di Spinoza nella Logica di Hegel (2004); Il vivente e la mancanza. Scritti sulla teleologia (2011).
ROBERTO MORANI è dottore di ricerca in Filosofia e autore dei volumi: Soggetto e modernità. Hegel, Nietzsche, Heidegger interpreti di Cartesio (2007); Essere, fondamento, abisso. Heidegger e la questione del nulla (2010)
Spesso nel corso della storia del pensiero occidentale la filosofia politica ha dovuto misurarsi con transizioni, più o meno epocali, che essa stessa ha contribuito a interpretare concettualmente e a governare sul piano pratico. Ogni mutamento sfida le costellazioni teoriche consolidate e reclama processi di ripensamento e rivisitazione, che fanno della filosofia un campo di esplorazione in continuo movimento. Il volume offre al lettore una sintetica mappatura delle diverse teorie che hanno contribuito in modo originale al comune processo di inquadramento e lettura delle complesse e ambigue dinamiche che connotano l'attualità. In particolare l'attenzione è rivolta al tema del passaggio dalla forma-Stato di tipo nazional-territoriale a nuovi modelli di regolazione e organizzazione tuttora in divenire: si tratta di trovare forme alternative di organizzazione statale che possano restituire funzionalità e capacità organizzativa a una rinnovata forma-Stato? oppure si rende necessario promuovere un modello di integrazione sopra lo Stato, in cui la collaborazione tra apparati statali possa sopperire alla loro crescente incapacità di regolazione e controllo? o non si dovrebbe piuttosto considerare chiusa la parentesi statale, per immaginare modalità inedite di organizzazione della società, la quale si dimostra sempre più capace di funzionare senza lo Stato
La realtà è socialmente costruita e infinitamente manipolabile e la verità è una nozione inutile: questo è stato il pensiero "postmoderno" che ha dominato negli ultimi decenni. Una visione della vita per cui non esistono fatti ma solo interpretazioni, possibilmente da non prendere troppo sul serio, e un approccio al mondo per cui basta desiderare e siamo in grado di cambiare la nostra vita. Il postmoderno ha pervaso ogni ambito della quotidianità, dalla politica, all'arte, alla letteratura, alla dipendenza dal linguaggio delle fiction e dei reality, così finto da sembrare vero. Maurizio Ferraris critica senza riserve questo modo di pensare e propone di tornare alla realtà dei fatti e delle verità appurabili, che esistono e sono evidenti, inemendabili. In questo "Manifesto del nuovo realismo", che sintetizza gli ultimi venti anni del suo lavoro, indaga su alcuni concetti chiave degli ultimi decenni: emancipazione, autorità, illuminismo, decostruzione, critica, realtà, verità. Ferraris sostiene con forza il ruolo della filosofia per argomentare e difendere il realismo filosofico. "L'umanità deve salvarsi, e occorrono il sapere, la verità e la realtà. Non accettarli, come hanno fatto il postmoderno filosofico e il populismo politico, significa seguire l'alternativa, sempre possibile, che propone il Grande Inquisitore; seguire la via del miracolo, del mistero e dell'autorità"
Rappresenta un vero e proprio manuale pratico e pragmatico circa l'utilizzazione della scienza e della sapienza filosofica.