Questo lavoro è prezioso sotto diversi aspetti, ma anzitutto perché permette di accostare con maggiore profondità due opere tra le più conosciute di Gregorio Magno unificate nella tematica della pastoralità osservata da due prospettive diverse: quella del pastore, o "Rector animarum" propriamente detto, e quello dell'appartenente al gregge/credente colpito, con violenza quasi insopportabile, dai mali della vita, simbolizzata in Giobbe. E dunque chiunque abbia fatto esperienza di queste cose umane ne apprezzerà certamente la fatica sia dell'uno che dell'altro sia pure da prospettive diverse. La lettura di questo volume arricchirà colui o colei che, al termine della lettura, scoprirà quanto sia stato determinante per Gregorio Magno l'aver fatto delle Scritture ispirate il centro stesso della sua vita e del suo impegno di pastore di anime. Lasciandosi educare dalle Scritture stesse, e godendo della crescita simultanea, grazie alla frequentazione di esse, sia del testo che della stessa conoscenza di sé.
L’Epistolario di don Bosco costituisce lo strumento principe per conoscere il suo essere e il suo operare, la sua mentalità e il suo pensiero, i suoi interessi e le sue avversioni: in altre parole lo sviluppo progressivo, materiale e morale, della sua Opera. I primi destinatari dell’Epistolario sono le comunità educative, quelle ecclesiali e particolarmente i membri della Famiglia salesiana, che in esso potranno scoprire la poliedrica figura di don Bosco come uomo, prete, padre, maestro, educatore, fondatore, operatore sociale, comunicatore, santo e così via.
Ma come tutti i grandi epistolari, anche quello di don Bosco emette segnali in più direzioni: può infatti essere oggetto di attenzione da parte di storici, psicologi, pedagogisti, sociologi, antropologi culturali, linguisti, semiologi, studiosi di spiritualità, esperti di comunicazione. E tutto ciò senza che possa essere considerato in alcun modo un epistolario a carattere letterario, artistico, politico, ascetico, bensì un epistolario di vita quotidiana di un uomo dell’Ottocento che, grazie anche alla fitta corrispondenza con un’ampia galleria di persone e personalità di ogni classe sociale, è riuscito a lanciare e realizzare grandiosi progetti, in buona parte tuttora attuali, per l’educazione dei giovani, soprattutto i più poveri.
Con una raffinata esegesi, le "Omelie sulla Genesi" di Giovanni Crisostomo, tenute ad Antiochia tra il 388 e il 389, costituiscono un prezioso affresco di ermeneutica biblica e lettura sapienziale. Di queste "Omelie" il teologo e storico ortodosso Georges Vasilievich Florovsky ha scritto: «C'è un insolito sapore di modernità negli scritti di Crisostomo. Nella nostra epoca il suo consiglio può attrarre non meno di quanto non lo abbia fatto nella sua. Il suo ammonimento principale è un accorato appello al cristianesimo integrale, in cui fede e carità, fede e pratica, sono indissolubilmente legate in una resa incondizionata dell'uomo all'amore travolgente di Dio» (St. John Chrysostom: The Prophet of Charity, 42). Testo greco: Bernard de Montfaucon.
"Giovanni della Croce si presenta come un teologo atipico, tra quelli che per parlare di Dio preferiscono ricorrere al linguaggio della poesia, piuttosto che a quello della definizione dogmatica, riallacciandosi così a un'antichissima tradizione che vede in Efrem il Siro uno dei migliori esempi, non a caso dichiarato dottore della Chiesa universale poco prima di Giovanni, nel 1920. Due teologi che prediligono l'immagine, il paradosso, la metafora, come peraltro il loro Maestro che, catturato dalle realtà più semplici e quotidiane, ne faceva parabole del Regno. Maria Tondo, nelle appassionate pagine che seguono, entra in dialogo con questo gigante del passato, non per volgersi indietro, ma quasi per invitarlo a dialogare con il nostro mondo, con le sue sfide e le sue opportunità. Intessendo così un dialogo di riconoscenza, in cui l'autrice dice di voler rendere conto di un incontro avvenuto tanti anni or sono, ma ancora vivo e fecondo." (Dalla Prefazione di Sabino Chialà)
Nel corso del '900 nessun autore dell'antichità cristiana è stato oggetto di una riscoperta tanto intensa e appassionata quanto Origene (185-254 ca.). A ritrovare il maggiore interprete della Bibbia nella storia del cristianesimo hanno concorso, in particolare, figure come Henri de Lubac, Jean Daniélou, Hans Urs von Balthasar e Karl Rahner, tutte capaci di mettere in luce la sua eredità teologica e il suo messaggio spirituale. L'attuale stagione degli studi tende a dare risalto all'immagine di un Origene pensatore della libertà, talora rivestendo il maestro di Alessandria dei panni del filosofo. Come appare da questo volume, che riunisce ricerche di uno degli specialisti più noti, la fisionomia intellettuale e religiosa di Origene è più complessa e il nucleo essenziale lo si coglie pienamente solo tenendo conto che il suo cuore batte sempre per la Scrittura. Ripercorrendo la biografia dell'Alessandrino e il profilo della sua vasta opera con i suoi temi dominanti, emerge l'assoluta centralità della Parola di Dio e con essa il compito del suo interprete, chiamato a sondarne, per quanto possibile, tutta la profondità ai fini di orientare la vita del fedele e della comunità ecclesiale all'incontro con il Verbo divino, lo Sposo del Cantico. Non a caso questo ritratto di Origene, che riflette la sua vocazione di esegeta e maestro spirituale, ha trovato un'inattesa conferma nel 2012, grazie alla scoperta delle nuove Omelie sui Salmi in un manoscritto di Monaco. La raccolta di studi rispecchia la stessa ricchezza esegetica, teologica e spirituale dei nuovi testi dell'Alessandrino, di cui l'Autore ha diretto l'editio princeps.
A volte si dimentica che la santità è un itinerario esistenziale complesso, disseminato di ardenti desideri ma anche di fatica e perfino di fallimenti. Charles de Foucauld (1858-1916) aspirava a essere «fratello universale», desiderio che lo ha portato a condividere la vita con gli ultimi, nel deserto del Sahara. Tuttavia, nel suo processo di maturazione spirituale, si è confrontato con ombre e limiti che non si sono completamente dissolti, e che hanno contribuito a fare di lui un vero fratello: un «fratello incompiuto». Questo libro, basato sugli scritti di Charles, ne offre sia un profilo biografico, costruito su dati storici, sia un profilo spirituale, che mette in stretta relazione il «marabù cristiano» con gli interrogativi del credente di oggi.
In una Orvieto divisa tra l'ortodossia e le spinte ereticali, tra il ricorso alla persuasione della ragione e la predicazione delle Crociate, san Tommaso decide di commentare il Libro di Giobbe, operando una scelta sorprendente rispetto alla prassi abituale. Per quale motivo? Mediante l'impiego di un metodo innovativo il presente studio cerca una risposta a questa opzione tommasiama. Il metodo intende rintracciare attraverso l'indagine microstoria e testuale, il clima interiore che anima l'autore e che inevitabilmente riverbera sottotraccia nelle sue opere.
Nelle raffinate argomentazioni dell'Aquinate, sostengono le autrici del saggio, il Libro di Giobbe si rivela utilissimo anche per coniugare i principi della teologia cattolica con riflessioni sulla condizione umana che appartengono alla letteratura, alla filosofia e a tradizioni culturali diverse, come quella giudaica e quella araba, costantemente presenti nello scenario e nel vissuto medievale.
Evagrio ha scritto per il monaco Eulogio due opere: Sulla confessione dei pensieri e consigli di vita e I vizi opposti alle virtù.
Per la prima volta le due opere scritte da Evagrio per il monaco Eulogio vengono tradotte in italiano.
La Traduzione è realizzata sulla base della recensio longior di entrambe, che si fornisce nel testo greco a fronte e che rappresenta l’altra importante novità di questo studio in quanto migliora la conoscenza diretta dei testi evagriani a partire dall’analisi di una più ampia tradizione manoscritta.
Nei due trattati si intrecciano i temi fondamentali della vita monastica: il lavoro manuale, la preghiera, l’astinenza, l’ubbidienza, la pazienza, l’umiltà e quelli più cari alla sua ricerca morale e ascetica dell’analisi dei pensieri, del confronto con le passioni, delle relazioni che intercorrono tra vizio e virtù. Al centro l’esperienza del deserto come luogo di consapevolezza e dominio di sé.
Evagrio, originario del Ponto, dove era nato verso il 345, fu ordinato lettore da Basilio e, dopo la sua morte, diacono da Gregorio di Nazianzo, che seguì a Costantinopoli, quando questi fu nominato vescovo. Dopo un passaggio a Gerusalemme, indossò l’abito monacale e andò a vivere in Egitto, facendosi umile discepolo dei padri del deserto. Stette per due anni sui monti di Nitria (383-385) e quattordici alle Celle, fino al 399, anno della sua morte. Di questa sua esperienza egli ci ha lasciato diverse opere di carattere dottrinale e ascetico che abbracciano e hanno per fine tutto il mondo del deserto e che, per l’approfondimento spirituale e lo scavo psicologico, ne fanno «il primo teorico del monachesimo» (L. Regnault).
Lucio Coco (1961), studioso di letteratura cristiana antica, ha curato tra l’altro l’edizione integrale dei Detti dei padri del deserto. Serie alfabetica (Piemme, 1997), e la prima edizione del Meterikón. Detti delle madri del deserto (Mondadori, 2002). Ha dedicato inoltre particolare interesse alla storia della medicina greca, approntando l’edizione degli Aforismi di Ippocrate (Sellerio, 1999) e, sul tema della depressione, della lettera A Stagirio tormentato da un demone di Giovanni Crisostomo (Città Nuova, 2002). Di recente ha pubblicato una raccolta di testi sul tema della lettura e del libro nei Padri della Chiesa (L’atto del leggere, Qiqajon, 2004) e sulla pratica della lectio spiritualis (La lettura spirituale, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2005).
In questo volume padre Tito Paolo Zecca, profondo conoscitore di santa Gemma Galgani, ricostruisce in modo documentato e ricco la storia di uno scontro, durato anni, tra santa Gemma e il diavolo. Chiappino - così Gemma chiamava il diavolo in modo pittoresco, beffardo e spregiativo - si è manifestato a lei in più forme e in più modi, per una guerra senza tregua, durata fino alla fine della vita della giovane, senza soluzione di continuità, senza esclusione di colpi e giungendo a compiere gesti e azioni clamorose, come tentare di bruciare i suoi scritti. Lei ha lottato a viso aperto, forte dell'amore di Cristo che vince ogni tenebra! La storia di Gemma e della sua lotta è importante anche per il nostro presente, perché il diavolo continua ad agire anche oggi: fa di tutto per ingannare, dividere e portare il male, come L'Autore chiarisce nella strana intervista che chiude il volume.
Il monastero di Glinsk, al confine tra Ucraina e Russia, risale alla fine del Sedicesimo secolo e fin dalla sua fondazione ha visto il fiorire di santi. Tra i principali spicca l'abate Filaret, vissuto in pieno Ottocento, quasi un figlio spirituale di quel san Paisij Velickovskij che rappresentò uno dei pilastri fondamentali per la rinascita del monachesimo ortodosso russo, e legato a san Serafino di Sarov, che riteneva il suo monastero una vera scuola di vita monastica. La vita di san Filaret, qui tradotta per la prima volta in lingua italiana, racconta infatti l'amore e il fervore, insegna l'obbedienza e la disponibilità all'azione divina. La narrazione è arricchita dai numerosi insegnamenti ai fratelli monaci e dal Paterikon, brevi note agiografiche sulle figure più fulgide che hanno coronato il monastero di Glinsk.
La Vita Hieronymi Savonarolae, scritta in latino nei primi decenni del 1500, è maturata in un ambiente di discepoli e sostenitori del frate. La biografia è un'opera complessa in cui apologia e narrazione agiografica si intrecciano per manifestare la verità e lasciarne testimonianza ai posteri. Il Savonarola conosciuto da G.F. Pico non è solo il profeta per la riforma della Chiesa, ma è il santo taumaturgo, artefice di tale riforma. L'idea del Savonarola mandato da Dio a restaurare la Chiesa diviene esplicita nella redazione definitiva della Vita in cui è argomentato il puntuale parallelismo tra la storia di Cristo e quella di Savonarola.