Che cos'è il giuramento, qual è la sua origine e quale il suo scopo, se esso sembra mettere in questione l'uomo stesso come animale politico? L'«archeologia» del giuramento che questo libro propone cerca di rispondere a queste domande, in una prospettiva in cui il problema del giuramento e il problema del linguaggio appaiono inseparabili. Attraverso un'indagine di prima mano sulle fonti greche e romane, che ne mette in luce il nesso con la legislazione arcaica, la maledizione, i nomi degli dei e la bestemmia, Agamben situa, infatti, l'origine del giuramento in una dimensione nuova, in cui esso appare come l'evento decisivo nell'antropogenesi, nel diventar umano dell'uomo. Il giuramento ha potuto costituirsi come «sacramento del potere» perché esso è innanzitutto il «sacramento del linguaggio», in cui l'uomo, che si è scoperto parlante, decide di legarsi alla sua parola e di mettere in gioco in essa la sua vita e il suo destino.
Quanto bisogna risalire nel tempo per raccontare la nascita dei graffiti? Fino alle grotte di Lascaux, alle incisioni sulle pareti di Pompei, o ai disegnetti virali lasciati dai soldati americani durante la guerra? Di certo è a partire dai primi anni '70 del secolo scorso, tra i ragazzini dei quartieri poveri che iniziano a taggare le strade di Philadelphia e New York, che il fenomeno prende piede, esplode e dilaga in tutto il mondo. Da allora è un proliferare di nomi, un evolversi di stili e filoni in cui è quasi impossibile mettere ordine. Nonostante la repressione sempre più dura e l'ossessione per il decoro, oggi i graffiti sono ovunque, hanno vinto. La street art si vende nelle case d'asta, si usa in pubblicità, diventa addirittura strumento della speculazione immobiliare. Cosa è rimasto dello spirito clandestino delle origini? Per scoprirlo, questo romanzo ci porta tra gallerie d'arte e depositi dei treni, con il cappuccio della felpa tirato su e un paio di bombole nello zaino, a sentire l'odore della vernice e l'adrenalina che sale improvvisa, muovendosi nel buio per mordere la carne della città e rivendicare il diritto di esistere in uno spazio urbano dominato dalle logiche del profitto.
«Sono in biblioteca e aspetto. No, non sono in attesa della consegna di un libro, anche perché sono in una piazza coperta con immense vetrate sul mare e, al centro, un tubo di bronzo di 7,5 metri di lunghezza appeso al soffitto. L'opera d'arte è in realtà un gong, realizzato dall'artista Kirstine Roepstorff, che suona ogni volta che in città nasce un bambino. Questo rintocco si espande per tutto l'edificio e tutti sanno che qualche minuto prima una nuova vita è entrata nella comunità: cos'altro può generare fiducia nel mondo in cui viviamo, se non un piccolo essere che arriva tra noi? Il gong di Dokk1, la biblioteca di Aarhus, in Danimarca, dimostra meglio di qualsiasi altra cosa perché le biblioteche siano parti necessarie, vitali, dell'infrastruttura sociale: perché con la loro stessa esistenza creano fiducia nel domani.»
La romanistica è il terreno d'incontro e di dialogo tra ambiti diversi della cultura europea, decisiva per la ricerca delle radici storiche, letterarie e linguistiche dell'Europa intesa come aggregato culturale. È una costellazione di discipline accomunate dal riferimento a lingue, culture e letterature romanze, discese dal latino e irradiatesi in tutto il mondo attraverso migrazioni, adattamenti e mutamenti. Lorenzo Tomasin ne disegna il profilo in una lezione di rara bellezza ed efficacia.
Pierluigi Di Piazza - fondatore del Centro Balducci che in trent'anni ha ospitato oltre mille profughi provenienti da 50 paesi nel mondo - ha testimoniato con la sua vita la possibilità di tradurre in atti concreti le parole dialogo, accoglienza, integrazione, pace. Le riflessioni contenute in queste pagine hanno al centro l'esortazione a non rassegnarci mai all'ingiustizia e alla violenza. Esortazione più che mai attuale in un tempo come il nostro, segnato da gravi disuguaglianze, attraversato da conflitti sociali profondi e in cui la guerra è tornata a essere un fatto che ci riguarda da vicino.
Leggere l'evoluzione del sistema mediatico attraverso le lenti delle aziende editoriali, delle piattaforme web e social, delle Authority, degli studiosi, dei giornalisti, dei comunicatori e delle nuove figure professionali impegnate nel settore è quanto si è cercato di fare in questo volume. Dar vita a un "coro polifonico" rappresentativo di tutte le anime e identità che popolano l'ecosistema mediale significa offrire ai decisori istituzionali un'analisi non superficiale per valutare possibili interventi legislativi e nuove linee guida finalizzate a governare al meglio gli urti dei cambiamenti indotti dalla digitalizzazione. La multidisciplinarità che anima questa pubblicazione può diventare un sistematico approccio istituzionale alla delimitazione dei confini del terreno di gioco. Scrivere le regole tutti insieme, con una visione prospettica che guarda al futuro senza cedere alla schiavitù del presentismo, vuol dire applicare alla democrazia della Rete il metodo socratico della maieutica. Agevolare, con umiltà e sensibilità al benessere collettivo, la graduale emersione di stimoli costruttivi può orientare l'evoluzione della dimensione digitale verso radiosi approdi, nel segno dell'equità, dell'inclusività e dell'ottimizzazione delle potenzialità di ciascuno.
Il Sistina è sempre stato, dalla sua inaugurazione, il teatro numero uno della capitale. Si sono esibiti, in questi settanta anni, i più grandi artisti del mondo, che hanno avuto modo di portare a Roma gli spettacoli più famosi del loro repertorio; sono transitati compagnie e gruppi, cantanti, strumentisti, fantasisti ed artisti di ogni genere conosciuti in tutti i continenti. Sontuoso palcoscenico della rivista, del varietà, del musical è diventato ben presto il tempio della commedia musicale, soprattutto per opera di Garinei e Giovannini, che lo hanno gestito fino al 2006. Il Sistina è oggi diretto dal Maestro Massimo Romeo Piparo, affermato artista e regista, che produce già da alcuni anni i suoi spettacoli o presenta repliche di classici nazionali ed internazionali, ma consente anche l’utilizzo del teatro ad artisti e compagnie che desiderano portare a Roma le loro rappresentazioni; ha assunto quindi una connotazione molto simile a quella dell’Olympia di Parigi e del Palladium di Londra. Questo volume, con la prefazione del Professor Umberto Broccoli, comprende la storia della costruzione del Palazzo Sistina, una biografia degli autori Garinei e Giovannini, una sintetica presentazione delle loro circa cento opere, tra riviste e commedie e di tutti gli altri spettacoli che vi hanno trovato posto in questi settanta anni. Il testo è corredato da 283 foto in bianco e nero e a colori. La maggior parte del volume contiene la raccolta di 80 interviste di personaggi che hanno reso celebre questo teatro o questo teatro ha reso celebri loro.
Quando pensiamo alla famiglia, la prima immagine che ci viene in mente è, con buona probabilità, quella di due genitori e dei relativi figli. D'altronde, oggi il concetto di famiglia è talmente interiorizzato e condiviso che quasi mai si riflette sul suo reale significato e sul ruolo che gioca nella vita di ognuno di noi. C'è persino chi sostiene di non averne una, ignorando che famiglia si è, prima di tutto, con se stessi: tutti noi, che ci piaccia o no, siamo anche la somma delle storie di chi ci ha preceduto. Proprio di questo tratta Ameya Canovi nel suo nuovo libro, partendo dal presupposto che ogni nucleo familiare è come un albero: le radici, forti oppure fragili, lo nutrono e sostengono, e i rami crescono dando origine, in alcuni casi, a foglie e frutti, in altri restando «a maggese». Insieme a coloro che sono venuti prima, quest'albero forma una foresta che può essere prospera e rigogliosa o, al contrario, poco accogliente. Trovare il coraggio di prendere il proprio vissuto e addentrarsi in quel bosco alla scoperta delle tracce di chi ci ha preceduto non è facile. Spesso, però, è l'unico modo per conoscere davvero se stessi. È questo il viaggio in cui ci accompagna l'autrice: fra trattazione, ricordi personali, soste riflessive e testimonianze in cui ogni lettore può riconoscersi, dimostra come ricostruire la propria storia familiare sia fondamentale per scoprire le proprie eredità emotive, la presenza di traumi transgenerazionali, il modo in cui ci relazioniamo a noi stessi e agli altri. Tenendo a mente che, qualunque siano la nostra storia e le nostre radici, è sempre possibile prendersi cura delle ferite e trasformarle in risorse.
"Credere e non credere" (1971) è un libro che, a oltre mezzo secolo dalla prima pubblicazione, resiste tenacemente a qualsiasi tentativo di inquadramento e di riassunto. Nato da una serie di conferenze tenute a Princeton nel 1966, affonda le radici in alcuni spunti che si ritrovano in lettere scambiate dall'autore con Albert Camus a partire dal 1945: è un libro, scrive Chiaromonte, «nato senza premeditazione, in tempi diversi, obbedendo allo stimolo di circostanze e letture diverse. Esso ha tuttavia un tema unico: il rapporto fra l'uomo e l'evento, fra ciò che egli crede e ciò che gli accade. La questione della Storia». Per discutere il problema, e senza alcuna pretesa di risolverlo, Chiaromonte si affida ai grandi romanzieri otto-novecenteschi, a partire da Stendhal e Tolstoj fino a Pasternak e Malraux, e lo fa perché il romanzo è il genere letterario che più di ogni altro ha saputo dare voce al dubbio, all'incoerenza. E perché «è soltanto attraverso la finzione, e nella dimensione dell'immaginario, che è possibile apprendere qualcosa sull'esperienza autentica dell'individuo».
Chi lavora sodo e gioca secondo le regole avrà successo e riuscirà a elevarsi fino a raggiungere il limite del proprio talento. Questa retorica dell'ascesa, sposata anche dal Partito democratico americano e dai partiti della sinistra moderata europea come soluzione ai problemi della globalizzazione, presenta un enorme lato oscuro. È un modello che, in una società nella quale l'uguaglianza delle opportunità rimarrà sempre una chimera, fornisce alle élite di sinistra il pretesto per abbandonare chi dell'élite non fa parte. E la conseguenza inevitabile è il contraccolpo populista degli ultimi anni, per combattere il quale l'unica strada è quella di dare una risposta alle richieste legittime che lo hanno scatenato.
La medianità è uno strumento di grande conforto per chi ha perso una persona cara. Ritrovarla attraverso le parole di un medium può placare un dolore lacerante e farci capire che loro ci restano accanto. Ma se all'inizio questa ricerca ha uno scopo consolatorio, in seguito per molti diventa una strada di crescita e di trasformazione interiore. Ecco perché il contatto con l'aldilà attrae sempre più persone. Se una volta lo spiritismo evocava ambienti bui e un po' inquietanti, oggi essere medium significa ampliare la propria ricettività e la capacità di comunicare con la dimensione da cui tutti proveniamo. L'autrice affronta questo delicato argomento in tutte le sue sfaccettature: le varie forme di medianità, come e dove sviluppare questa dote e i pericoli delle sedute. Inoltre, ci presenta molti soggetti interessanti che ha incontrato sia in passato nel suo percorso giornalistico, sia quelli della generazione più recente, degli ultimi vent'anni.
Il 19 gennaio 2018 Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, viene nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo l'orrore di Auschwitz, il ritorno alla vita e gli oltre trent'anni di testimonianza nelle scuole, si apre per lei una nuova fase: quella dell'impegno istituzionale. «Per uno strano destino», dirà il 13 ottobre 2022, inaugurando a Palazzo Madama la nuova legislatura, «quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare, oggi si trova addirittura sul banco più prestigioso del Senato». Sono tante, dopo la nomina, le attestazioni di stima e di affetto, ma arrivano anche minacce e messaggi d'odio. Serve la scorta. Liliana Segre però non si arrende e, a braccetto con i carabinieri, porta avanti la sua attività al servizio del Paese. Con analogo spirito civile, nel febbraio 2022, accetta di tenere una rubrica («La Stanza») sul settimanale «Oggi»: una possibilità di dialogo diretto con i lettori che va dalla sua storia personale ai temi della contemporaneità, come la guerra, la pandemia, le migrazioni, l'emergenza climatica. In questo volume, introdotto da una Prefazione di Carlo Verdelli, ritroviamo le rubriche scritte per «Oggi» e i discorsi pubblici più importanti che insieme compongono anche un racconto in presa diretta dell'Italia. In apertura, inoltre, in una conversazione con Alessia Rastelli, la senatrice spiega come abbia vissuto questi ultimi anni e da dove nasca il suo impegno. Mentre la Postfazione del figlio Luciano Belli Paci offre uno scorcio intimo, privato, su come sia cambiata la vita della madre e sul privilegio di esserle accanto.