«L'agente di pubblica sicurezza Antonio Annarumma muore con la testa fracassata da una sbarra di ferro». Gli anni di piombo si aprono nel 1969 con un morto durante una manifestazione a Milano, e proseguono con le stragi nere di piazza Fontana, di Brescia e dell'Italicus, con lo stillicidio degli agguati delle Brigate rosse e degli altri gruppi terroristici di estrema sinistra fino alla morte di Aldo Moro e degli agenti della sua scorta. Ma quello tra il 1969 e il 1979 fu anche il decennio delle grandi riforme con l'istituzione delle Regioni, lo Statuto dei lavoratori, l'introduzione del divorzio, il nuovo diritto di famiglia, la regolamentazione dell'aborto, la maggiore età ai diciottenni. E furono anche anni di gravi crisi economiche, soprattutto legate al petrolio e alle oscillazioni valutarie. Dopo il precedente volume sugli anni Ottanta, questa nuova serie dei diari inediti di Giulio Andreotti, curati dai figli Serena e Stefano, documenta in presa diretta un'epoca ancora viva nella memoria di milioni di italiani; e la prosa disincantata e partecipe dell'uomo che per quasi metà di quel decennio è stato presidente del Consiglio ci restituisce con accuratezza, vivacità e ironia lo spirito del tempo. Un racconto rivelatore e ricco di retroscena di un capitolo cruciale e controverso della storia italiana. Introduzione di Bruno Vespa.
Solo ora, raccolti insieme nella loro integralità, i nove libri che formano il progetto Homo sacer acquistano il loro vero significato. Il fitto gioco dei rimandi interni, la ripresa incessante e lo svolgimento dei temi di volta in volta enunciati disegnano un'architettura imponente, articolata in quattro sezioni. Nella prima viene tracciato il programma di una messa in questione dell'intera tradizione politica dell'Occidente alla luce del concetto di nuda vita o di vita sacra (Il potere sovrano e la nuda vita, 1995). Nella seconda sezione questo programma viene svolto attraverso una serie di indagini genealogiche: (Iustitium. Stato di eccezione, 2003; Stasis. La guerra civile come paradigma politico, 2015; Horkos. Il sacramento del linguaggio, 2008; Oikonomia. Il Regno e la Gloria, 2007; Opus Dei. Archeologia dell'ufficio, 2012). La terza sezione sottopone l'etica alla prova di Auschwitz (Auschwitz. L'archivio e il testimone, 1998). La quarta sezione, infine, elabora i concetti essenziali per ripensare da capo l'intera storia della filosofia: forma-di-vita, uso, inoperosità, modo, potere destituente (Altissima povertà, 2011; L'uso dei corpi, 2014). L'archeologia del pensiero politico e filosofico occidentale sviluppata nel progetto Homo sacer non si limita, infatti, semplicemente a criticare e correggere alcuni concetti o alcune istituzioni; si tratta, piuttosto, di revocare in questione il luogo e la stessa struttura originaria della politica e dell'ontologia, per portare alla luce l'arcanum imperii che ne costituisce il fondamento e che era rimasto, in esse, insieme pienamente esposto e tenacemente nascosto. In questa edizione definitiva sono stati restituiti i titoli del progetto originale e sono state inserite le integrazioni - come la lunga nota sul concetto di guerra - e le correzioni volute dall'autore.
In "Come sfasciare un paese in sette mosse" Ece Temelkuran è riuscita a farci percepire, con dolorosa consapevolezza, l'estrema pericolosità del tempo che stiamo vivendo, un tempo che sta virando nuovamente verso un nuovo tipo di fascismo, con un cambio di passo evidente rispetto alla società che era uscita stravolta dalla seconda guerra mondiale. Di nuovo ci troviamo di fronte alla questione del male radicale e come allora torniamo a domandarci «da dove viene tutto questo odio?». Ovunque nel mondo vediamo una disuguaglianza inaccettabile, nel discorso politico le persone sono tornate a essere sacrificabili, c'è un chiaro attacco globale ai movimenti antifascisti e si è persino giunti a criminalizzare i ragazzi che scioperano per il clima. Leggiamo accuse agli scienziati, sperimentiamo in molti paesi un terrificante passo indietro sui diritti delle donne e non possiamo non constatare che la spietatezza è ormai diventata un'identità culturale e politica. È ora di ripristinare la fede nel genere umano. La fiducia e la dignità vuole offrire un nuovo linguaggio, che vada oltre il discorso politico. Nell'epoca della polarizzazione estrema e dell'odio, Temelkuran costruisce in queste pagine appassionate un vocabolario fatto di parole di cui riappropriarsi, parole accoglienti come «dignità», «attenzione», «partecipazione», «gesto umano». È necessario che sempre più persone sostengano l'idea di un mondo giusto e dignitoso, recuperando la parola «fede», riscattandola dal suo contesto religioso. Perché da decenni, ormai, proprio la fede è stata distrutta, soprattutto da una frase che è diventata inattaccabile a forza di ripeterla: «Non c'è alternativa». Invece un'alternativa deve esserci: abbiamo fatto piramidi e rivoluzioni, sinfonie e viaggi spaziali, fisica quantistica e millenni di evoluzione e ci troviamo ora, all'inizio del XXI secolo, a un punto morto della storia umana. È veramente questo tutto ciò che possiamo essere? Tutto quello che possiamo fare?
Attraversiamo metropoli futuristiche e hutong, locali fumosi e campi di ginseng, antichi principi confuciani e intelligenza artificiale, neomarxismo e ipercapitalismo. Incontriamo l'ambiguo funzionario del Partito comunista, l'operosa dottoressa di Wuhan, l'eterea vlogger della Cina rurale, l'astro della letteratura fantascientifica, la giovanissima attivista per l'ambiente. Addentriamoci nella Cina nuova, quella che scopriamo appena smettiamo di leggerne soltanto la superficie. I cambiamenti attraversati dalla Cina in poco più di cinquant'anni sono così profondi e radicali che, nella storia di altri paesi, analoghe trasformazioni hanno impiegato secoli per affermarsi. Là dove oggi si innalzano grattacieli dalle architetture sbalorditive, fino a pochi anni fa c'era solo campagna. Ragazzi e ragazze dell'ultima generazione, una massa di figli di operai e nipoti di contadini, sono arruolati nel settore hi-tech più dinamico al mondo. Il mastodontico inquinamento industriale si affianca alla più avanzata ricerca di fonti di energia sostenibile. Ma nonostante sia apparentemente tutta proiettata verso il futuro, la Cina contemporanea ha radici che affondano in un passato millenario, al quale spesso attinge traendone valori, idee, strategie che usa nel confronto sempre più serrato con l'Occidente. È un gigante con un'identità fatta di contrasti, che mischia furiosamente passato e presente in modo del tutto inedito ai nostri occhi. Simone Pieranni ci accompagna alla scoperta della Cina più contemporanea, immergendoci sapientemente nella sua atmosfera, indagandone i valori, guardando alle più recenti tendenze culturali, ma soprattutto smontando pezzo a pezzo quel volto apparentemente contraddittorio che si mostra allo sguardo del laowai, dello straniero.
«Questo libro è un viaggio nel grande paradosso di una sfida planetaria. Vi racconto una faccia della Cina troppo nascosta e inquietante, che l'élite occidentale ha deciso di non vedere. Rivelo il gioco dei corsi e ricorsi, tra due superpotenze che si studiano e si copiano a vicenda. E spiego il Nuovo Grande Esperimento Americano, che tenta di invertire il corso della storia prima che sia troppo tardi». Federico Rampini racconta una sfida fatta anche di contaminazione reciproca, perché alcuni problemi sono simili: dalle diseguaglianze sociali allo strapotere di Big Tech, dalla crisi ambientale e climatica alla corsa per dominare le energie rinnovabili. Rampini mette a nudo gli aspetti meno noti della Cina di Xi Jinping, con un viaggio insolito nella cultura etnocentrica e razzista degli Han, le abitudini di vita dei Millennial, l'imperialismo culturale nella saga cinematografica del Guerriero Lupo, la letteratura di fantascienza come stratagemma per aggirare la censura, la riscoperta di Mao, le mire aggressive, il militarismo. Senza sottovalutare il groviglio di sospetti che ancora circondano le origini del Covid. L'Esperimento Biden vuole opporre all'espansionismo aggressivo di Pechino un modello socialdemocratico ispirato a Roosevelt e Kennedy. Si scontra però con le divisioni interne all'America. Il capitalismo americano dei Trenta Tiranni ha stretto un patto diabolico con Pechino. Mezza società americana, inclusa «la meglio gioventù», denuncia il proprio paese come l'Impero del Male, vede nell'Uomo Bianco un persecutore da processare per tutte le ingiustizie della storia. Per fermare Pechino le democrazie occidentali non possono contare sulla coesione, sul nazionalismo e sull'autostima che animano i cinesi. Il rischio che la competizione degeneri fino allo scontro militare è più alto di quanto crediamo. L'Europa è un terreno di conquista per le due superpotenze, perché questa è un'altra sorpresa: sia l'America che la Cina sono uscite rafforzate dalla pandemia. La resa dei conti diventa ancora più affascinante, inquietante, drammatica. Una grande inchiesta nel cuore delle due nazioni che hanno in mano il nostro futuro, firmata da un giornalista e scrittore «nomade globale», con una vita condivisa tra Oriente e Occidente.
Tutto parte dall'Emilia e dalle lezioni politiche della madre, dalle partite di calcio al Campo Volo nella Reggio Emilia rossa degli anni Cinquanta. Romano Prodi si racconta per la prima volta in queste pagine scritte con Marco Ascione, giornalista del «Corriere della Sera»: la vita intensa di un protagonista della nostra storia che ha sempre «interpretato a soggetto» da riformista, sì, ma a modo suo. Vicino alla Democrazia cristiana, ma non dentro. Fondatore dell'Ulivo, senza farne un partito. Cattolico osservante, ma «adulto». Atlantista, ma ostinato coltivatore del multilateralismo, impegnato a trarre il meglio anche dal rapporto con i dittatori. I conti da pagare non sono mancati, anche a causa, talvolta, di una certa ostinazione. Eppure ogni passo è stato benzina. Pochi politici in Italia possono vantare la sua carriera: professore universitario a Bologna, negli Stati Uniti e in Cina, due volte a capo dell'Iri e due volte premier, capo della Commissione europea e quasi presidente della Repubblica, affossato da una congiura del suo partito. «Strana vita, ma fortunatissima» dice. Perché può vantare di averci davvero provato a lasciare un segno. Sia fondendo sotto lo stesso tetto le tradizioni riformiste della Dc e del Pci, sia portando l'Italia nell'euro o pilotando da Bruxelles lo storico allargamento dell'Europa. Il suo racconto, lungo il solco degli aneddoti e delle riflessioni politiche, rimanda l'eco delle riunioni con Beniamino Andreatta e Arturo Parisi nella casa di via Gerusalemme a Bologna, delle lezioni americane, della strana chimica con Putin (ma anche con Gheddafi), degli scambi di battute con Chirac, delle missioni in Africa, dei grandi entusiasmi in piazza Santi Apostoli, dei duelli con Cuccia, delle delusioni dirompenti in Parlamento, del complesso rapporto con D'Alema e con Bertinotti, della profonda distanza con Berlusconi, «anche se la vecchiaia porta saggezza».
Emilio Gentile rievoca le principali esperienze di partecipazione delle folle alla politica dall'antichità all'età contemporanea ed esplora il rapporto che le ha legate a capi straordinari come Pericle, Cesare, Napoleone, Roosevelt, Churchill, De Gaulle, Kennedy, fino a Trump e Macron. Una riflessione sull'attuale tendenza a trasformare il 'governo del popolo, dal popolo, per il popolo' in una democrazia recitativa, dove la politica diventa l'arte di governo di un capo, che in nome del popolo muta i cittadini in una folla apatica o servile.
Un viaggio in un uomo che ha molto viaggiato. Cinque conversazioni, un unico intenso dialogo con il giornalista Domenico Quirico a partire dai temi che caratterizzano la sua odissea nel mondo contemporaneo: scrittura, guerra, migrazione, Storia, prigionia, dolore, paesaggio, fede. Attraverso i documenti, le fotografie e soprattutto le parole vive raccolte dall'autrice, Il fascino dell'imperfezione cerca di svelare la percezione originale di un narratore del nostro tempo, restituendo la sua testimonianza vissuta in drammatica presa diretta sugli avvenimenti storici più rilevanti degli ultimi trent'anni. Il tentativo di rimanere con l'uomo Quirico in quell'affascinante zona di imperfezione, erranza, incompiutezza che sembra innervare il nostro mondo.
«In questo libro si ritrova nella sua interezza una figura singolare e rilevante di protagonista della vita pubblica italiana e, insieme, una rappresentazione genuina, coraggiosa, non scontata, di due decenni cruciali, quelli nei quali si avviò a conclusione e si chiuse una intera fase storica dell'Italia repubblicana». Così, il 4 ottobre 2011, Giorgio Napolitano scriveva sulle pagine del Corriere della sera. Un mese dopo la scomparsa di Mino Martinazzoli l'allora presidente della Repubblica tratteggiava, attraverso le parole della prima edizione di questo volume, la figura dell'uomo che cercò di salvare la storia della Democrazia cristiana insieme con una concezione della politica a servizio del bene comune e dello sviluppo del Paese. Il rapporto con Aldo Moro, lo scandalo Lockheed, il giallo di Ustica e la morte di Sindona. Il maxi processo alla mafia e i rapporti con Giovanni Falcone, la contestazione della legge Mammì sugli assetti radiotelevisivi culminate nelle dimissioni di cinque ministri compresi Martinazzoli e Sergio Mattarella, la fine della Dc, i rapporti con la Lega e con Berlusconi. A dieci anni dalla sua morte riproponiamo, arricchite dalle testimonianze dei politici di ieri e di oggi e dalle sue stesse parole che la prima stesura non aveva incluso, i ricordi di un politico atipico che tentò di cambiare le sorti del nostro Paese e la degenerazione di una politica sempre più asservita al culto della personalità. Con la sua ironia, a tratti irriverente, Martinazzoli disegna l'Italia che fu, che è e che forse sarà. Il quadro complesso di una Repubblica sempre in bilico fra ascesi e dannazione.
Con la crisi cambiano relazioni, potere, politica, economia, religioni, Europa, mondo globale. Le crisi svelano il meglio di una comunità nazionale, o il peggio. Anche in termini di potere. Il tentativo di rispondere alle domande fondamentali sul potere non appartiene solo alla ricerca scientifica, ma anche alla vita quotidiana, all'esperienza che ognuno di noi fa nelle varie istituzioni in cui è inserito, da quelle più semplici come la famiglia, o una piccola associazione, a quelle più complesse, come aziende, scuole, università, comunità di credenti, sindacati, partiti politici, strutture burocratiche, organismi nazionali e internazionali. Rocco D'Ambrosio analizza i tanti aspetti antropologici ed etici che stanno alla base di queste dinamiche, perché chi esercita il potere è prima di tutto uomo o donna, con tutto il suo carico fisico, intellettuale ed emotivo.
L'esasperazione delle disuguaglianze nel nostro Paese si può combattere solo agendo sui meccanismi di formazione della ricchezza. Si può ancora intervenire nella rivoluzione tecnologica, con un programma che si interessi al lavoro, alle donne e al futuro delle giovani generazioni? Fabrizio Barca espone l'ambizioso lavoro collettivo del Forum Disuguaglianze Diversità, le cui proposte sollecitano una radicale riconsiderazione delle politiche pubbliche attuate finora. Punti concreti e attuabili volti a rovesciare la retorica pessimistica, per trasformare la rabbia in leva per l'avvento di una nuova stagione di emancipazione e giustizia sociale.
L'idea essenziale che si intende sviluppare nel testo è l'importanza fondamentale di riscoprire l'attuazione pratica dei principi di libertà e partecipazione come sono presentati e vissuti personalmente da don Luigi Sturzo, in piena sintonia con la Dottrina Sociale della Chiesa. Si vuole mettere in luce come tali principi, se incarnati e vissuti anche a costo di pagare prezzi alti in termini di coerenza e credibilità, possano realmente scuotere le coscienze sia dei credenti sia degli uomini di buona volontà, in vista di un impegno più fattivo in ambito socio-politico. Tali principi, infatti, costituiscono la base imprescindibile di ogni autentico ideale democratico. Si mostra anche come essi abbiano attuali applicazioni nella politica, nella scuola, nell'amministrazione della città come si possa contribuire a risolvere problemi pratici e quotidiani - non per questo banali - favorendo, sulla scia di don Sturzo, la libertà e la partecipazione a livello individuale e associato.