Nonostante il progressivo allontanamento dai temi religiosi, l'avvertimento dell'oltre pervade l'arte contemporanea: un avvertimento non di rado drammatico, che si coglie nel profondo dell'espressione come riflesso di un'ansia, come turbamento e ricerca di ragioni e sensi del mistero della vita. E talvolta nella stessa fisionomia multiforme dei linguaggi segnati dalla sperimentazione e nell'eclettismo espressivo che l'uomo d'oggi testimonia la sua ricerca di infinito. Una ricerca in genere non inquadrabile in un ambito confessionale, che non assume l'ansito di una speranza coltivata come dichiarata religio, ma che è tuttavia vivissima, attinge più di tante pallide e retoriche manifestazioni confessionali alla sapienza del mistero. Giorgio Agnisola, critico e docente di arte sacra, rilegge con questa chiave l'arte degli ultimi due secoli, da Friedrich a Rothko, proponendo attraverso la vita e l'opera di nomi esemplari, un'insolita ricerca teologica, capace di aprire lo sguardo alle regioni profonde della vita.
«Siamo tutti imbarcati», dirà Pascal. Dove? Sulla Nave dei folli, risponde Hieronymus Bosch. A inseguire vanità delle vanità, dominati dalla «maledetta lupa» dell’invidia e dell’avarizia. Ci salveremo dalla perdizione e dal naufragio? Sarà la misura dell’ironia e la ragionevole fede dell’umanista Erasmo a offrirci una speranza? O soltanto la follia della fede nel Cristo deriso e crocefisso potrà riscattarci? Ma negli inverni e nei sinistri carnevali di Bruegel il Vecchio regnano unicamente la violenza e la lotta per sopravvivere, in un gioco tremendo e crudele che nessuno ormai ha la forza di trascendere.
«Solo l'amore, sorretto dall'amore incondizionato di Dio, può portare al rischio, al pericolo, ma anche a quel desiderio che, in un periodo così instabile per la Chiesa, animava l'intimo di tutti quelli che avevano fatto del "beneficio di Cristo" la loro vita. È l'amore, nella sua essenza, che permette all'uomo di osare; solo l'innamorato trova il coraggio di andare contro tutto e tutti». Il testo indaga sul contesto storico-religioso che ha caratterizzato gli ultimi anni della vita di Michelangelo. L'obiettivo è quello di capire da dove scaturiva quella profonda spiritualità che tanto lo aveva affascinato verso la fine degli anni trenta del Cinquecento e che lo aveva portato a manifestare, attraverso la materia, la sua totale devozione verso il Cristo Salvatore.
"Un quadro deve fiorire come qualcosa di vivo. Deve afferrare qualcosa di inafferrabile" ha scritto Marc Chagall, artista che ha assimilato tre culture - ebraica, russa e occidentale - che in questa raccolta producono una grande suggestione legata al tempo del Natale e della maternità. Una sezione è dedicata alle illustrazioni della Bibbia, che esercitò sempre un grande fascino su di lui. Esse rivelano un'interpretazione straordinariamente "umanista" delle scritture anche grazie all'originalissimo uso cromatico, perché "tutti i colori sono gli amici dei loro vicini e gli amanti dei loro opposti".
I mille anni del processo di cristianizzazione serba sono un capitolo significativo nella storia dell'evangelizzazione degli slavi.
In particolar modo il Medioevo ha rappresentato il momento in cui l'identità serba ha sviluppato i suoi fondamenti politici, sociali, filosofici e artistici.
Fondamenti che non hanno perso forza anche dopo la conquista ottomana della fine del xiv secolo e che hanno nutrito nei secoli la coscienza collettiva del popolo serbo e la lotta per una cultura serba indipendente.
I grandi monasteri, i dipinti, le miniature nati in questo periodo, che si collegano allo sviluppo del linguaggio, della letteratura e delle arti minori, sono tra gli esempi più vivi e tangibili dell'impronta di societas cristiana lasciata sull'Europa dall'Adriatico fino agli Urali.
Rembrandt aveva appena 22 anni quando dipinse, su un piccolo pannello di legno di una quarantina di centimetri di lato, l'incontro di Gesù con i due discepoli a Emmaus. Era il 1628 e da allora egli tornerà più volte a illustrare quella scena, in disegni, incisioni e altri dipinti: una vera ossessione, in parte condivisa dai più grandi artisti dell'età rinascimentale e barocca (da Caravaggio a Rubens, Tiziano, Tintoretto, Veronese...). Proprio quel piccolo dipinto giovanile, oggi al Museo Jacquemart-André di Parigi, smuove la curiosità di Max Milner verso la sfida lanciata all'immaginario pittorico dal brano evangelico. Come può un'immagine 'fissa' dar conto di un'atmosfera che è allo stesso tempo familiare (una cena condivisa) e folgorante (la rivelazione del Cristo risorto)? Come tenere insieme la luce malinconica del «giorno che volge al declino» e l'accecante sparizione divina? Come fissare quel fremito di instabilità che riflette le reazioni dei discepoli nel passare dall'incredulità alla fede? E non si tratta solo di una sfida 'tecnica', di virtuosismo nel tradurre un racconto verbale in racconto visuale. L'incontro di Emmaus interroga i pittori circa la rappresentazione di un mistero che svela una vicinanza laddove si pensava un'assenza, e fa capire che bisogna rinunciare a ciò che si crede di vedere per accedere a una verità che salva. Milner ci mostra qui le diverse scelte dei grandi artisti, giocate nei cambi di luce e di postura, perfino nei dettagli più minuti (la sedia rovesciata, il tovagliolo che cade, il coltello in equilibrio...). Per tornare, infine, alla geniale soluzione del giovane Rembrandt, con l'impatto mozzafiato del controluce, che rende il Cristo a un tempo potente e labile, definito ed enigmatico. Presenza e, insieme, promessa: il che è, precisamente, la sfida dell'arte.
I capolavori artistici che adornano le nostre chiese sono espressione di una civiltà, quella cristiana, che da sempre ha avuto origine dal sentimento religioso che permeava gli uomini e la società. L’arte ha sviluppato tutti gli aspetti tipici del sacro e del mistero, rispondendo alle esigenze dell’annuncio e della formazione cristiana, e ha spesso tratto spunto dalle figure e dagli episodi contenuti nelle Sacre Scritture per adempiere a questo compito. In questo libro la ricerca dell’Autore si focalizza sulle opere d’arte della Cattedrale di Bergamo e in altre chiese del bergamasco, di particolare rilevanza artistica non solo in Italia ma anche a livello internazionale.
Il volume ci conduce davanti a san Francesco, ai francescani delle origini e alla rivoluzione artistica di Giotto che, divenendo il pittore di Francesco e dei francescani, ha fatto seguito a quella rivoluzione spirituale e culturale che il santo aveva promosso. I testi di Engelbert Grau e Raoul Manselli costituiscono ormai due classici di riferimento per introdursi all'operato di Francesco e ai passi fondamentali del nuovo ordine religioso, che in breve tempo sarà presente nelle città d'Europa. Il testo di Serena Romano rappresenta una sintesi inedita di come l'arte di Giotto sia divenuta l'espressione figurativa della realtà religiosa e sociale che si stava affermando e, nel contempo, abbia aperto la strada a un nuovo straordinario capitolo della storia dell'arte.
"L'artista [...] è incaricato del compito di creare un'immagine atemporale e distaccata, in contatto con il cielo piuttosto che con l'umanità, un'immagine in grado di rispecchiare, come attraverso un riflesso diretto, il suo divino o santo archetipo e, inoltre, di servire come veicolo di forze divine, come ricettacolo della divina sostanza. Autosufficiente in relazione allo spettatore, l'immagine deve allo stesso tempo configurarsi in modo "aperto" nei confronti del cielo. Ciò che l'artista è chiamato a creare è un guscio, privo di forma e di senso in quanto tale, pronto a ricevere potenza • vita dall'alto, dallo Spirito Santo che lo coprirà della sua ombra, dalle entità celesti che vi eleggeranno la propria dimora."
Il libro analizza quello che si può definire il "fenomeno" del Purgatorio, perché di quest'ultimo indaga, in maniera multidisciplinare, non tanto gli aspetti dogmatico-teologici, quanto le manifestazioni nella vita sociale, nella letteratura, nella musica, nella pittura e nelle arti applicate. Queste manifestazioni sono analizzate con riferimento a Venezia e ai suoi Domini negli anni che vanno dal Concilio di Trento alla caduta della Serenissima, arricchendo un filone di ricerca ancora relativamente inesplorato.
L’analisi parte dal Vicino Oriente, Egitto, Palestina, Siria, e giunge sino alla Cappadocia e all’Armenia, un mondo da non confondere con Bisanzio, un mondo che consente uno sguardo sul paleocristiano molto plurale: arte cristiana orientale, arte bizantina, ma anche romana e italica. Nel testo di Zibawi coesistono una chiave di lettura iconografica e una freschezza capaci di inquadrare l’intero arco dello sviluppo dell’arte cristiana nei primi secoli. Storia dell’arte e storia di un fenomeno antropologico e artistico che attua un meticciato tra le varie culture che si affacciano sul Mediterraneo, e che ha condotto alla nascita dell’arte bizantina e romano-cristiana. Viene qui presentato un paleocristiano visto dalla sponda orientale del Mediterraneo.