Ci sono parole sottili, parole d'ombra, parole che sono trappole per il vento. Ci sono parole potenti, non per la quantità, ma per la loro forza, parole che accompagnano il seme, parole che si siedono senza far rumore. Le parole che troverete qui, non sono diverse dalle quattro o cinque parole imparate da bambino, parole necessarie per dire i pochissimi cardini su cui la vita si muove. Ho provato a masticarle per esprimere il grido di tutti coloro che parlare non possono.
Bruno Forte, in poche pagine, traccia le line fondamentali dell'eredità spirituale di Benedetto XVI, condividendo anche una lettera, intima e personale, che il Papa teologo gli aveva scritto per spiegargli le motivazioni che lo avevano portato a lasciare il ministero petrino e a ritirarsi nella meditazione e nella preghiera.
L'Autore consegna ai lettori un intenso profilo di Benedetto XVI che riprende il suo percorso teologico e il messaggio delle encicliche. Propone, poi, gli elementi fondamentali che lo caratterizzavano, lo stile, la fede e l'umanità, come le chiavi per coglierne il pensiero nel grande valore che conserva come eredità preziosa per la Chiesa e per la famiglia umana. Il testo si chiude con la bellissima preghiera che il Papa scrisse a un anno dalla Sua visita al Santuario del Volto Santo di Manoppello.
Il libro propone una serie di riflessioni che, prendendo spunto da alcune frasi bibliche, invitano a scrutarsi nel profondo e a guardare con gli occhi di Dio sé stessi, il prossimo, la realtà che ci circonda e le vicende umane. "C’è una luce", scrive fratel Gabriele, "che viene dall'Alto e riveste l'anima dei colori del cielo. E' la luce della fede che respira speranza e vive il vero amore, dono di Dio".
Le parabole del Vangelo hanno il potere di trasmettere insegnamenti e lezioni di vita in modo sorprendentemente efficace. Molte arrivano così in profondità nell'anima che non si esauriscono nella lettura, ma continuano a riaffiorare nella coscienza e nel pensiero, stimolando riflessioni e suscitando domande. Cosa ha fatto in seguito l'uomo soccorso dal Samaritano? E il contadino che non ha trovato fichi sul suo albero? E l'uomo al quale i vignaioli malvagi uccisero il figlio? L'autore ha provato a dare delle riposte, senza la pretesa di voler aggiungere alcunché ai racconti evangelici, ma immaginando possibili scenari e proseguimenti degli episodi narrati.
Più volte la Parola di Dio utilizza il mistero affascinante del seme, con le sue ricche valenze espressive. La parabola del seminatore è la più importante delle parabole, per il suo valore introduttivo alla predicazione e al mistero di Cristo. In essa il seme è senz'altro la Parola, che cade su tipi diversi di terreno, ricevendo quattro possibili diverse accoglienze da parte del cuore umano: non comprendere la Parola, non essere disposti a donare la vita, anteporre le ricchezze alla Parola, portare frutto in varia misura.
Il dolore del parto è un’esperienza che troppo spesso viene confusa con la sofferenza. Il dolore, in quanto passaggio da una dimensione ad un'altra, è una esperienza spirituale; la sofferenza è invece uno stato della mente e da questa viene attivato e subito. Attraverso il racconto delle esperienze di tre donne e pochi semplici cenni scientifici di un paio di esperti, nel libro l'Autrice prova a descrivere tutto ciò.
Cercare conforto nella routine può portare alla monotonia nella vita spirituale e ridurre la fede a rituali vuoti. Con le parabole della torre e del re che si appresta a scendere in battaglia, Gesù esorta chi lo sta seguendo a risvegliarsi dal torpore e a prendere in mano la propria esistenza, conformandola sempre di più alla sua, accogliendo il rischio di andare controcorrente.
Oggi si è credibili non soltanto nel curare, come fanno i medici, ma anche nel prendersi cura dell’altro. E' una terapia possibile a tutti, se eseguita per compassione. A imitazione del buon Samaritano, essa consiste nel mettersi in viaggio, provare tenerezza, porsi in ascolto, sentirsi già “misericordiati”, offrire fiducia e, soprattutto, nell’osservare ogni volto che sia umano.
L'esperienza cristiana è fin da principio legata alle cose più semplici e concrete del vivere, come il chicco di grano, che solo morendo può dare la vita. E col quale ha voluto identificarsi Dio stesso, in Cristo, per offrirci la verità e aprirci la via, affinché ci si ritrovi con lui un giorno nella gioia del suo Regno.
Nella parabola evangelica del fico sterile si colgono la consapevolezza della sterilità dell'albero di fico come allegoria del vizio dell'accidia, l'inflessibilità del padrone deciso a tagliare il fico sterile che si scontra con la flessibilità misericordiosa del vignaiolo, l'invito del vignaiolo al padrone di attendere ancora un anno come invito a vivere la virtù della pazienza, la certezza interiore di riuscire a rendere fertile il fico e quindi di evitare che venga tagliato. Tutto ciò è talmente forte nel vignaiolo che sembra una meditazione subliminale del morire prima di morire.
Il desiderio di Dio, e non dei beni materiali, è ciò che caratterizza il cuore del credente. Dobbiamo sforzarci di trasformare la cupidigia, l'attaccamento ai beni, in desiderio di Dio. La prima spinge il ricco stolto ad allargare i suoi magazzini per stiparvi ancora più grano, il secondo invece dilata il nostro cuore nell'attesa e ci rende capaci di un incontro che ha il respiro dell'infinito.
Pregare senza stancarsi è infondo il segreto della vita cristiana, un atteggiamento interiore che risponde ad una fiducia piena in colui che è sempre pronto ad accoglierci. Nel rapporto con Dio riscopriamo la vera paternità di cui siamo destinatari; contro una dilagante cultura del sospetto e dell'illazione, in lui ricopriamo di essere figli amati ed ascoltati, accolti nel profondo in un abbraccio che tutto comprende e che dispone alla missione.