Un'ideologia imperiale durata 2000 anni, un leader autoritario, Xi Jinping, che la ripropone per spostare il baricentro della leadership mondiale da Washington a Pechino e sovvertire l'attuale ordine globale. Ma il realizzarsi di queste ambizioni richiede qualcosa che la Cina di oggi non è in grado di esprimere: quella forza di attrazione che solo una cultura fondata sulla libertà di pensiero e di espressione può avere. Cina contro Occidente, autocrazie contro democrazie? Quali sono le ragioni storiche e culturali alla base del modello di potere cinese, ritenuto da Xi Jinping superiore a quello delle democrazie liberali? Impossibile rispondere senza legare l'attualità alla storia imperiale. Il progetto di Xi è infatti quello di porre la Cina al centro, com'era nella concezione cinese prima dell'arrivo delle potenze occidentali, e di tornare a occupare la scena del mondo, da protagonista. Lo scontro non è solo economico e politico, ma anche culturale e valoriale: a essere messi in discussione sono infatti gli stessi principi liberali, fondamento delle democrazie di un Occidente oggi sempre più in preda a una forte crisi identitaria. Contrapponendo un nuovo assetto internazionale a quello creato dai vincitori della Seconda guerra mondiale, la Cina di Xi si avvicina adesso alla Russia di Putin. Ci troviamo di fronte a un nuovo tornante della storia? Riuscirà il mondo a evitare un nuovo conflitto mondiale?
Ci sono parole che per ognuno di noi hanno un valore speciale: da cui la memoria sprigiona in forma di pura emozione, si fa sentimento attraverso i sensi; porta con sé un suo sapore, un suo odore o colore, una superficie levigata o ruvida, una strana consistenza concreta e tridimensionale. In un tempo in cui ogni nostra parola può essere amplificata, moltiplicata, enfatizzata o tradita dalla rete e dai social network, la responsabilità dell'uso del linguaggio è diventata molto più grande per ciascuno di noi. Il volume illustra l'inesauribile ricchezza del nostro lessico: la provenienza delle parole, la loro storia e struttura, il loro ambito d'uso, il modo in cui hanno segnato un'epoca o un aspetto della nostra società. I capitoli, scritti con passione e competenza da firme di rango, disegnano nel loro insieme un mosaico vivace e variegato. Uno straordinario viaggio alla scoperta del patrimonio lessicale dell'italiano, una lettura di grande piacevolezza, che riserverà utili consigli, curiosità e sorprese.
In apparenza, i testi di Stella Sciacca non seguono una precisa geografia del cuore, né dell'anima. Può capitare che un paesaggio, una passeggiata, un viaggio, una stagione, un racconto origliato, un'emozione vissuta o l'amore diventino parole in versi. All'improvviso, come una urgenza. La poesia come rammendo, seguendo l'arte domestica del riparare e custodire ciò che appare logoro.
Filosofia e bambini è un binomio che si ritrova sempre più spesso nelle pratiche educative, soprattutto dagli anni Settanta quando Matthew Lipman ideò il metodo della Philosophy for children, in contrapposizione a un'istruzione basata solo sull'accumulo di conoscenze, per sviluppare innanzitutto a scuola, la capacità di ragionare, di immaginare e di stupirsi. A questo metodo o modo di pensare l'educazione al pensiero, che gode oggi di grande diffusione, è dedicata la prima parte del manuale. La seconda invece si sofferma su altre modalità di fare filosofia con bambini, ragazzi, ma anche adulti. La terza parte raccoglie infine contributi sul valore pedagogico del pensare insieme e dell'essere in tal modo comunità: al centro di ogni pratica filosofica emerge la costruzione di relazioni intersoggettive, di spazi di incontro e confronto, di co-costruzione di interrogativi e significati. La filosofia viene intesa come forma di vita e pratica di comunità. Educare a essa significa valorizzare l'altro, il suo pensiero e il suo sentire: un antidoto per un tempo segnato da individualismi e incompetenze relazionali.
Nelle "Confessioni" Jean-Jacques Rousseau scrisse che la stesura dell'Emilio gli era costata "vent'anni di meditazione e tre anni di lavoro". Si tratta, in effetti, di un'opera suddivisa in cinque libri nei quali l'autore presenta un'ampia varietà di argomenti, dalla teoria della conoscenza all'etica, dalla politica all'esistenza di Dio, all'interno di una cornice principalmente educativa, ricorrendo a diversi registri stilistici e forme letterarie tra le quali, nel quinto libro, tende a prevalere la storia d'amore tra Émile e Sophie. Una tale presentazione sarebbe però lacunosa se non si aggiungesse che, come Rousseau sottolineò successivamente, la filosofia dell'educazione dipendeva dall'assunto antropologico dichiarato nel celebre esordio dell'opera: "Tutto è bene quando esce dalle mani del creatore delle cose: tutto degenera nelle mani dell'uomo". A partire da questa affermazione si snoda l'opera che inaugurò la pedagogia moderna.
Il volume nell'intento di aiutare a comprendere meglio la complessità contemporanea rilegge le vicende dell'ultimo scorcio del Novecento, partendo dall'elezione di Bill Clinton a presidente degli Stati Uniti. Quando il leader democratico fa il suo ingresso alla Casa Bianca, l'America è un paese in attesa, pronto a voltare pagina: si è chiusa l'epoca del confronto bipolare con Mosca, la Storia ha dato ragione all'unica superpotenza rimasta. Gli effetti della "rottura" geopolitica del biennio 1989-91, però, non tardano a palesarsi, mandando in frantumi le aspettative di quanti si erano illusi che la fine della Guerra fredda avrebbe aperto il varco alla coesistenza pacifica fra gli Stati. L'inatteso disordine globale impone la necessità di definire una nuova architettura di sicurezza per fronteggiare le crisi del terzo millennio: estendere il perimetro atlantico a est diventa dunque un imperativo strategico che non prevede cedimenti, e che consegue il risultato voluto senza mettere a rischio il rapporto di cooperazione con la Russia di Boris Elcin, almeno nell'immediato. Fino all'ascesa di Vladimir Putin e alla spirale di violenza che avvolge questo tempo difficile.
Il primo docu-libro che attraverso le parole dello stesso Gigi Proietti racconta la sua visione del teatro, della recitazione, dell'arte scenica e di tante altre amenità di cui è composta la sensibilità di un artista. Un libro leggero, divertente e divertito, come il suo protagonista, che, con l'ironia, l'aneddoto comico e la risata, ha saputo insegnare a decine e decine di futuri attori e attrici come dire una battuta, come far arrivare al pubblico un pensiero, come rendere chiaro un sentimento o efficace una pausa e soprattutto l'amore per la conoscenza: "Senza conoscere non vai da nessuna parte, giovano'!". Grazie anche alla voce di tanti colleghi e amici, che hanno voluto condividere i propri ricordi del grande maestro con chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo, il volume offre una testimonianza della sua vocazione per l'insegnamento di un mestiere bellissimo, pieno di gioie e soddisfazioni, ma anche traboccante di sudore, frustrazioni e lacrime; un mestiere che, come ripeteva spesso, "Non te l'ha comandato il medico!".
Giacomo Matteotti condusse una opposizione intransigente nei confronti del fascismo, la cui natura e pericolosità aveva acutamente compreso e denunciato per tempo. Fu l’uomo del coraggio. Per questo il fascismo volle che fosse consegnato alla tomba, così da farne tacere la voce". Il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti, segretario del Partito socialista unitario, fu rapito e trucidato a Roma ad opera di una squadra di sicari fascisti, colpevole di aver osato in un celebre discorso alla Camera denunciare che le elezioni politiche svoltesi il 6 aprile di quell'anno erano avvenute in un clima di sistematiche violenze e di brogli sfacciati. Matteotti pagò con la vita il suo coraggio. L'assassinio fece traballare il governo Mussolini, aprendo una crisi gravissima nella politica e nella società italiane, superata da un lato per la debolezza dimostrata dalle opposizioni divise sul da farsi, e dall'altro per l'appoggio dato al governo dalla monarchia, dalla gran parte della borghesia e dall'esercito. Il delitto ebbe una eco enorme non solo in Italia. Matteotti entrò nella leggenda: fuori dai confini dell'Italia fascista egli divenne, negli anni del regime, il simbolo della lotta contro il fascismo; in un gran numero di piazze gli vennero eretti monumenti; pittori, scultori e poeti gli dedicarono opere. Durante la guerra di Spagna e la Resistenza combatterono Brigate ispirate al suo nome. In Italia, sconfitto il fascismo, la figura di Matteotti fu finalmente riscoperta, ma non fu celebrata come avrebbe meritato: il Partito comunista e anche quello socialista, nella fase in cui rimase ad esso subordinato, lo considerarono, per un lungo periodo, un "socialdemocratico", un "riformista", insomma un eretico. La giusta valutazione del suo pensiero e della sua opera è stata resa finalmente possibile a partire dagli anni ottanta, quando venne avviata la pubblicazione completa dei suoi scritti. Questo acuto saggio di Massimo L. Salvadori intende contribuire a rimuovere, a cent'anni di distanza, la patina dell'oblio, ma anche quella della pura e semplice celebrazione. Ma Matteotti fu soprattutto l'uomo del coraggio, come testimoniano gli scritti raccolti nell'appendice al volume, composta da un lungo articolo di Andrea Caffi, dal titolo Cronaca di dieci giornate, pubblicato il 30 giugno del 1924, a ridosso del sequestro e dell'assassinio Matteotti, ricostruendone le fasi e documentandone le responsabilità e le ripercussioni politiche; e da una breve scelta di articoli, lettere e discorsi di Giacomo Matteotti. La forza delle sue parole dimostra che egli fu un martire del fascismo esattamente perché ne era stato il lucido analista, l'accanito e conseguente avversario.
Frati Predicatori, abitualmente detti Domenicani, ricevono la conferma ufficiale da papa Onorio III nel 1216. Hanno una sorprendente fioritura fino alla Peste nera che sconvolse l'Europa intorno al 1338. Pochi anni prima il papa aveva abbandonato Roma, per rifugiarsi in una città più sicura, Avignone. Ciò avrebbe comportato non pochi problemi, primo tra tutti gli scismi ripetuti. I Domenicani dovranno prendere posizione sia per l'uno che per l'altro papa. A ciò si aggiunse il coraggioso tentativo di riformare dal di dentro la vita religiosa, tentativo che ebbe come protagonisti una laica, Caterina da Siena, e un frate, Raimondo da Capua. Tutti questi eventi della vita religiosa sono presentati illustrando anche l'interessante contesto culturale e artistico che condurrà al rinascimento, e quello politico-sociale in continua evoluzione, segnato dal sorgere di una nuova concezione del vivere, l'umanesimo.
Leggere, nella fede della Chiesa e in modo unitario, le due "lettere che portano il nome dell'apostolo Pietro permette di intraprendere un cammino prezioso. Se già alcuni frammenti in particolare della Prima lettera di Pietro, possono essere noti (perché citati frequentemente nella liturgia), solo la lettura completa ed approfondita del testo può restituirci la sua ricchezza e la sua sorprendente attualità. Come è evidenziato nelle pagine introduttive di questo sussidio, preparato dalla comunità di Marango, si tratta di lettere che si rivolgono, più o meno direttamente, a comunità cristiane reali, alle prese non senza interrogativi e sofferenze, con i problemi quotidiani del loro tempo che, poi, sono quelli di ogni generazione. L'annuncio cristiano, ai tempi di queste lettere ed anche oggi, è la testimonianza serena e gioiosa di una verità detta con amore e di un amore vissuto nella verità. E' l'annuncio di una vita riconciliata e capace di speranza in una quotidianità fatta di luci e di ombre, di alti e bassi, di successi e insuccessi, di momenti lieti ma anche di frangenti tristi e scoraggianti. Annunciare la speranza è per ogni comunità cristiana, anche piccola, un dovere e consiste nel prendere per mano chi fatica o, addirittura, non trova più motivi per vivere. Annunciare la speranza è rendere evidente la differenza cristiana ed è il modo con cui beneficare il prossimo e l'intera società. (dalla Prefazione di Francesco Moraglia)
Attraversando sessant'anni di teologia delle donne, dall'emancipazionismo al pensiero queer, l'autrice esplora il paradosso al cuore della fede cristiana: per trovare o salvare la propria vita bisogna perderla. Il libro s'interroga sull'idea di Dio che ha generato tale paradosso per chiedersi se, in un mondo che stenta a liberarsi da molteplici forme di dominio, esso faccia parte del problema o possa esserne ancora la soluzione. "Attraverso le tre parole che compongono il titolo di questo libro, "Dio, vuoto e “genere", indico il nucleo della fede cristiana. Per diventare umano Dio si svuotò. La cosa non finisce lì, però, perché il cristianesimo insegna che l'umano, per trovare la propria vita o, in qualche caso, per diventare divino, deve fare altrettanto. Per salvarsi, dunque, bisogna perdersi ed è su questo paradosso che le teologie femministe in questo volume riflettono. Il termine tecnico per questo processo che investe sia l'umano sia Dio è kenosi ed è fondamentalmente il tema di questo volume, che non nasce dal vuoto ma ha un piccolo iter personale". (Elizabeth E. Green).
L’acqua compare fin da subito nella storia della Creazione: all’inizio del Libro della Genesi Dio si libra su acque misteriose e primordiali alle quali darà presto ordine e confini. Da quel momento, la presenza dell’acqua segnerà i ritmi e le fortune della vita sulla Terra. Lo sapevano bene i grandi protagonisti della Bibbia che, nel confronto quotidiano con le asperità del deserto, si fecero rabdomanti e scavatori di pozzi. Cercatori d’acqua, appunto.