La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni. Ed è proprio su di esse che si concentra in questo libro la critica radicale di Roger Scruton. La moderna storia europea è stata funestata da tragedie incomparabili (su tutte il nazismo, il fascismo e il comunismo). Responsabili di questi orrori sono, secondo l'autore, gli idealisti e utopisti di destra e di sinistra, che, ignorando la natura umana, immaginano un futuro inevitabilmente radioso, credono nel ritorno a un felice stato di natura (che non è mai esistito), considerano l'utopia una forza positiva della storia. Questi "ottimisti senza scrupoli" hanno in comune il desiderio di imporre, spesso con la violenza, la propria visione del mondo basata su false speranze di palingenesi illusorie: è il caso dei giacobini francesi, dei rivoluzionari russi, dei nazisti, dei comunisti, dei terroristi islamici e, in una dimensione meno tragica ma altrettanto "distruttiva", dei burocrati dell'Unione Europea, degli economisti, dei sociologi, dei politologi e dei vari esperti votati al benessere e al miglioramento dell'umanità. "Del buon uso del pessimismo" costituisce, fin dal titolo, un invito ad adottare un atteggiamento serenamente pessimistico, non dettato da una visione tetra della condizione umana, ma dalla consapevolezza dei vincoli e dei limiti della natura dell'uomo, che rendono impossibile ogni pianificazione e trasformazione idealistica della società.
Il dono e l'abbandono come eventi e forme della vita. E ancora: il fare e l'avere a che fare con gli oggetti, il vedere e il non vedere, la storia e le storie, il ricordare e il dimenticare. Un'analisi di alcuni non marginali aspetti e momenti dell'esistenza.
Tra i filosofi del Novecento, Martin Heidegger è quello che più di ogni altro ha spinto il pensiero oltre i canoni acquisiti del rapporto tra soggetto e oggetto, verità ed esperienza. Ne ha esplorato il limite, al di là del quale occorreva un linguaggio nuovo: una parola rivelatrice che liberasse la filosofia dalla cappa metafisica che aveva pesato su tutta la sua storia. In tale contesto, tanto esaltante quanto arduo, si è svolta la preziosa attività di Franco Volpi non solo come studioso e acuto interprete di Heidegger, ma anche come suo magistrale traduttore. Nulla come una traduzione, infatti, consente di penetrare in profondità nei gangli di un pensiero, e chi voglia oggi smontare, e comprendere dall'interno, la complicata macchina speculativa del "mago di Messkirch" troverà dunque qui il miglior viatico. La padronanza del lessico, sfrondato da ogni compiacenza gergale, la competenza con cui Volpi chiarisce le numerose oscurità del filosofo fanno di questo libro un esempio di lettura ermeneutica, un lucido percorso nei labirinti di Heidegger. Un percorso capace di svelare la segreta relazione tra il secolo che si è chiuso e il suo più imbarazzante testimone: che incarna il destino stesso della nostra epoca, e della sua pensabilità. Con una nota di Antonio Gnoli.
Il testo intende offrire in breve e con uno stile discorsivo un'immagine della filosofia a coloro che nella loro formazione non hanno mai avuto l'occasione di studiarla direttamente. Per far questo i sei capitoli ripercorrono le principali tappe storiche della filosofia (origini, antichità, tarda antichità e medioevo, modernità, età contemporanea, prospettive future), scegliendo alcune figure più rappresentative e mostrando come tale itinerario metta sempre più in evidenza un compito cruciale: la difesa della realtà dell'uomo. Il carattere del testo lo rende un'alternativa sia alle introduzioni semplicemente storiche che facilmente disorientano, sia a quelle propriamente "teoretiche" che spesso suppongono una lettura aprioristica della storia della filosofia.
Questo saggio è finalizzato a documentare, prescindendo da ogni intenzione apologetica, la connessione, non sempre adeguatamente analizzata, tra la "filosofia" della Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) e le posizioni maturate nella modernità remota e recente, dai British Moralists, a Hume, a Kant e agli idealisti, ai neo positivisti e agli "analitici", in materia di filosofia morale. Si tratta di corrispondenze significative, talvolta sorprendenti, che meritano di essere evidenziate in chiave di riflessione critica sui problemi della filosofia moral gli ultimi tre secoli. In particolare vengono affrontati i temi della metamorale, del linguaggio dell'etica, dell'emotivismo, del prescrizionismo, del valore di verità delle norme. La vessata quesito della "grande divisione" fra i giudizi di fatto e giudizi di valore assume una collocazione centrale in un saggio che affronta anche i problemi del relativismo etico nella loro dialettica con l'esigenza di definire e realizzare valori universali.
Il volume rappresenta un percorso attraverso la vita e il pensiero di Ortega, una ricerca dei temi portanti della sua filosofia. Ortega conduce un profondo studio critico su Cartesio, padre della filosofia moderna, sul pensiero tedesco e sui temi principali del suo tempo, quali il relativismo, la nascita di un 'invertebrato', l'uomo massa, il ruolo della scienza, l'Europa. Chiarifica, inoltre, quale sia la missione della filosofia, il ruolo delle credenze e il problema della vocazione, ossia dell'autenticità di una vita. Nell'ultimo capitolo, l'autore ha voluto mostrare come il ritorno filosofico al reale di Ortega si accompagni ad una ascesa filosofica al divino da parte della sua allieva María Zambrano.
Il confronto di Hegel con la filosofìa di Spinoza costituisce un passaggio classico della storia della metafisica moderna. Questo libro, descrivendo il dialogo serrato fra i due filosofi, prova anche a immaginare le possibili risposte del filosofo olandese alle critiche hegeliane. Punto d'incontro e di scontro del dialogo, che dà unità al lavoro, è la lettura dell'età nuova, di quel tempo moderno in cui ambedue i filosofi sono immersi in momenti diversi del suo divenire: il tempo in cui nasce e si sviluppa la nuova scienza che contribuisce alla crisi radicale della vecchia metafisica. Le domande diventano inquietanti e per molti aspetti decisive per lo sviluppo del pensiero: come si salva e si fonda la finitezza umana in un mondo che andava perdendo tutte le sue garanzie consolidate e i suoi presupposti? Quali risposte i due filosofi apprestano alla crisi che accompagnò l'età nuova? Hegel e Spinoza vengono confrontati fra loro, e con i loro interlocutori principali, Cartesio e Kant anzitutto, qui visti, di riflesso al tema principale, come altre vie per rispondere all'irruzione del Moderno. L'ispirazione che unisce Hegel a Spinoza sta nella coscienza dell'inquietudine che attraversa il finito, nella continua tensione che percorre la sua negatività - potente e fragile insieme - nello sforzo di pensare quell'Uno in relazione a cui vive, per loro comune giudizio, il molteplice delle cose esistenti.
Il pensiero di Gianni Vattimo ha accompagnato, indagandolo nella maniera più radicale, il passaggio dalla modernità alla postmodernità. Partendo dai presupposti filosofici di questo cambiamento, ritrovati soprattutto in Nietzsche e Heidegger, ne ha anticipato le conseguenze, che investono la società, la politica, l'economia, la religione, le arti e la comunicazione, ma soprattutto il nostro rapporto con la realtà. "La fine della modernità", saggio-manifesto pubblicato originariamente nel 1985, esplora per la prima volta in maniera unitaria il concetto di postmoderno, uno stile che ha abbandonato gli ideali dominanti della modernità: quello di progresso e di superamento critico; e nelle arti la poetica e la pratica dell'avanguardia. Attraverso l'esame di alcuni aspetti del pensiero contemporaneo (l'ermeneutica, il pragmatismo, le varie tendenze nichilistiche), Vattimo delinea così le caratteristiche fondamentali di una cultura postmoderna.
In che relazione si trova l'autore de "Il Signore degli anelli" con il pensiero filosofico occidentale? In questo volume i più affermati studiosi di Tolkien, sia a livello internazionale (Tom Shippey, Verlyn Flieger, Christopher Garbovski) che italiano (Franco Manni, Andrea Monda, Wu Ming 4), si ritrovano assieme proprio per discutere su questa tematica, che fino ad oggi è stata poco studiata anche da parte della critica più autorevole.
Il volume offre la prima traduzione italiana dell'antropologia filosofica di France Veber, discepolo di A. Meinong che sviluppa i punti nodali della teoria dell'oggetto giungendo a elaborare un'originale antropologia. La traduzione è preceduta da un ampio saggio introduttivo che illustra criticamente l'opera di F. Veber mostrandone la ricchezza e le potenzialità per una riformulazione delle tematiche gnoseologiche, etiche e antropologiche. Egli rileva l'autonoma qualità oggettuale dell'oggetto-dovere, innovando su questo punto la teoria del maestro, e da lì inizia un cammino di riflessione che lo porta ad ampliare lo sguardo filosofico sulla realtà dell'uomo intero, unico essere capace di vissuti eticamente corretti e di cogliere la realtà in quanto tale e non come una mera rappresentazione.
Che cosa può fare la filosofia per contribuire positivamente alle interazioni tra gli esseri umani e la realtà naturale in cui si trovano a vivere, per migliorare l'organizzazione socio-politica e incrementare lo sviluppo libero e responsabile della cultura, insomma per contribuire proficuamente al corso della vita concreta dell'umanità? Questi interrogativi sono la trama della vasta opera di John Dewey. Il volume disegna una panoramica critica dei temi cruciali del pensiero deweyano, esibendone la rilevanza rispetto all'attuale dibattito sui rapporti tra mente, natura e società.
L'applicazione della filosofia del linguaggio di Ludwig Wittgenstein continua a ricevere notevole attenzione in diversi ambiti di sviluppo del pensiero contemporaneo. Un esempio in tal senso concerne, in particolare, il pensiero femminista. Questo libro fornisce un quadro d'insieme del dibattito attualmente in corso sulle possibili interazioni tra la filosofia di Wittgenstein e il femminismo. La trattazione mette in evidenza in che modo il pensiero di Wittgenstein possa continuare ad arricchire il dibattito sviluppatosi nel pensiero femminista e stimolarlo in modo nuovo.