Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. In Italia (e non solo in Italia) la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell'economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Orfani di grandi battaglie, i giornali perdono copie e non riescono ad attirare un pubblico di lettori più giovani. Per capire come si sia giunti a questo punto, Bocca parte da alcuni snodi fondamentali della sua più che sessantennale carriera: le grandi inchieste degli anni sessanta, la fondazione di "Repubblica", la sua stessa esperienza televisiva. Racconta il lavoro con direttori e compagni di strada. Ricostruisce anni di travagliati rapporti con i protagonisti della politica (da Craxi fino a Bossi e Berlusconi). E non risparmia critiche a chi ha portato l'informazione in un vicolo cieco.
Oltre 6 milioni di italiani tra i 13 e i 24 anni sono utenti di Facebook e l'80% dei ragazzi tra i 19 e i 24 anni possiede uno smartphone. Qual è l'impatto di queste tecnologie sulla nuove generazioni? Cosa cambia quando parlo ad un amico guardandolo negli occhi o inserendo un messaggio sulla sua bacheca di Facebook? La virtualità dei nuovi media ci aliena dalla realtà o, al contrario, ci aiuta ad affrontare le sfide della modernità? In questo volume Riva affronta gli effetti delle nuove tecnologie sul modo di pensare, sentire e relazionarsi dei giovani che sono nati e cresciuti con esse.
Crediamo in una Rete libera, democratica, gratuita, trasparente, imparziale. Crediamo in una Rete rivoluzionaria, capace di rovesciare le gerarchie stabilite a favore di una partecipazione ampia, diffusa, popolare. Crediamo nella circolazione gratuita di contenuti, contro lo strapotere di cartelli mediatici e obsoleti detentori di copyright. Ci crediamo, ma niente di tutto questo è vero: Rete aperta non significa Rete libera, perché ha i suoi pochi, potentissimi padroni. Pubblicare in Rete non significa rendere pubblico. La libertà non è gratuita, costa cara. Rete libera e democratica? E dove stanno i dati dei cittadini? Nelle mani di chi? Per cosa vengono usati? E come si può invertire la tendenza alla delega tecnocratica?
Una piccola enciclopedia dedicata all'arcipelago delle dipendenze: da droghe legali e illegali, da gioco d'azzardo, da lavoro, da acquisto compulsivo, da sesso, da cibo, da Internet... L'arcipelago è complesso ed eterogeneo ma interessa ormai milioni di persone e le loro famiglie, mentre mancano ancora validi strumenti di divulgazione scientifica. Il volume, che comprende oltre 100 voci svolte da più di 50 specialisti dei diversi settori, si propone come uno strumento di conoscenza per tutti, oltre a costituire un'importante sintesi per gli operatori impegnati in ambito educativo, sociale e sanitario.
I testi che compongono questo Quaderno si propongono di analizzare il rapporto tra democrazia, partecipazione e comunicazione politica ai tempi di internet e dei social media. Il loro scopo è fare il punto sullo stato della democrazia in Italia sub specie communicationis, nella consapevolezza che i modelli democratici che la scienza politica elabora si realizzano non solo nelle istituzioni e nei loro regolamenti, ma anche nell'agone pubblico fatto di linguaggi, retoriche, narrazioni e immagini: fatto, cioè, di simboli mediati all'interno di processi e relazioni sociali tra i diversi attori coinvolti e attraverso specifiche tecnologie dell'informazione e della ocmunicaiozne più o meno in grado di abilitarli.
Il primo dicembre 2012, Glenn Greenwald, giornalista americano da anni in prima fila nella difesa delle libertà civili, riceve un'email firmata "Cincinnatus": il suo interlocutore vuole "che le persone possano comunicare in piena sicurezza" e gli propone di dotarsi di un efficace sistema di cifratura, senza il quale "chiunque si metta in contatto con lui corre gravi rischi". Solo così "Cincinnatus" potrà fornirgli alcune informazioni di sicuro interesse. Qualche mese più tardi quelle "informazioni" inonderanno per settimane telegiornali, quotidiani, siti internet, sconvolgeranno la politica americana, chiameranno in causa Google, Facebook, Yahoo, Microsoft, Apple e scuoteranno le relazioni tra gli Stati Uniti e i loro principali alleati. "Cincinnatus", infatti, è Edward Snowden, un giovane informatico che ha lavorato per la CIA e la NSA, l'onnipotente Agenzia per la Sicurezza Nazionale, ed è disposto a rinunciare alla ragazza che ama, agli amici e a un ottimo stipendio, rischiando l'ergastolo e forse la vita, pur di rivelare al mondo il più gigantesco programma di sorveglianza di massa mai concepito e realizzato: la NSA ha obbligato le società telefoniche a fornire i tabulati di tutte le comunicazioni tra cittadini americani e con l'estero, ha acquisito dati dai server dei giganti dell'informatica e di internet, ha spiato leader politici o funzionari europei o aziende concorrenti di società americane, può accedere ai testi di miliardi di email.
"E se invece non fosse maligno e nemmeno cattivo? Non dal punto di vista della diagnosi ma della semantica." Con questa domanda gli autori esordiscono, chiedendosi per quali ragioni il cancro abbia assunto, nell'immaginario e nel modo di raccontarlo, il carattere di un "essere" dotato di autonoma, e malvagia, volontà. Recenti sviluppi e più moderni approcci clinici suggeriscono una possibile strategia di "cronicizzazione" del cancro. È da qui che bisogna ripartire. Se potrà essere così, allora assume nuova rilevanza anche il modo di "parlare" della malattia, perché risulta evidente che la prospettiva di una convivenza con il cancro porta a raccontarlo più come un ospite indesiderato, di cui avremmo fatto volentieri a meno, che come un killer spietato che si è introdotto in maniera tanto subdola quanto fatale. Cambiare narrazione non è un diversivo ma può essere utile, così da abituarci al momento in cui la sua ingombrante presenza potrà comunque essere contenuta tra le mura della nostra esistenza.
Chi controlla il tuo immaginario controlla la tua volontà. I grandi cambiamenti culturali che l'umanità affronta da decenni non sono né spontanei né casuali ma sapientemente "fabbricati" dai poteri forti. Dopo il successo di Governo Globale, gli autori Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta tornano ad approfondire le tappe ideologiche del mondialismo, spiegando gli influssi e le tecniche di condizionamento utilizzate dai Poteri Forti per costruire mode e tendenze volte a influenzare e pilotare la mentalità delle masse. Dai primi esperimenti di manipolazione mentale del dopoguerra alla "rivoluzione culturale" degli anni '60; dalla "nuova morale sessuale" all'ideologia di genere; dalla nascita dell'arte contemporanea alla genesi delle rivoluzioni "democratiche" nei paesi dell'est europeo e del Medio Oriente; dal sorgere della "nuova spiritualità" allo sviluppo dei Fondamentalismi Religiosi, questo saggio ripercorre una "storia altra" dell'età contemporanea, tanto misconosciuta quanto inquietante.
In una società sempre più plurale, sommersa da un sistema mediatico pervasivo e giocato sull’istante, c’è ancora spazio per una reale comunicazione di contenuti culturali? In che modo può svilupparsi l’informazione culturale in un contesto in cui i social media sembrano sostituirsi all’incontro «a tu per tu» e i tweets diventano la principale fonte di notizie? L’esperienza di «Domenica», supplemento culturale inventato negli anni Ottanta da «Il Sole 24 Ore», si offre come interessante e peculiare caso di studio per rispondere a tali domande, e per comprendere come, anche in scenari socio-tecnologici trasformati, ciò che rimane costante nel percorso storico e contenutistico di un giornale di cultura è la centralità dell’umano, con il suo desiderio di infinito e il suo complesso e irrinunciabile bisogno di verità.
MARIA LAURA CONTE, laureata in lettere classiche, ha conseguito il dottorato di ricerca in sociologia della comunicazione ed è giornalista professionista. Direttrice editoriale e della comunicazione della Fondazione internazionale Oasis, per la rivista omonima ha in particolare curato alcuni reportage e interviste da Sudan, Kosovo, Bosnia-Erzegovina, Tunisia, Egitto e Indonesia. Il suo libro Dove guarda l’Indonesia. Cristiani e musulmani nel paese del sorriso (Marcianum Press, Venezia 2006) ha ricevuto il Premio Capri-San Michele 2007.
Le "app", o applicazioni software, fanno ormai parte della vita di tutti noi. L'attuale generazione di giovani in particolare è profondamente dipendente dai media digitali. Howard Gardner e Katie Davis non per nulla chiamano i giovani d'oggi la "generazione app" e in questo suggestivo libro cercano di capire che cosa significhi essere app-dipendente rispetto ad app-attivo e in che modo la vita di questa generazione si differenzi da quella che precede l'era digitale. Tre sono le fondamentali aree dell'esistenza degli adolescenti qui prese in considerazione: l'identità, l'intimità e l'immaginazione. Attraverso innovative forme di ricerca, che comprendono interviste con ragazzi, focus group di quanti lavorano con loro e una comparazione unica nel suo genere di produzioni artistiche giovanili di prima e dopo la rivoluzione digitale, gli autori svelano quali siano gli inconvenienti delle app, che possono ipotecare il senso d'identità, incoraggiare relazioni superficiali con il prossimo e ostacolare l'immaginazione. D'altra parte le opportunità offerte dalle app sono altrettanto impressionanti: possono al contrario promuovere una forte identità, consentire relazioni profonde e stimolare la creatività. Possono essere un freno o uno stimolo. La sfida consiste nel saper andare oltre le modalità prestabilite di utilizzo. Solo così il loro potere può diventare un trampolino per una maggiore inventiva e più alti obiettivi.
"Dobbiamo molto al libro. La vita intellettuale degli uomini ha avuto nel libro il suo utensile più versatile e insieme il suo emblema più glorioso. La vita emotiva, interiore, degli uomini ha trovato nei libri quella comprensione, quel colloquio, quell'intima rispondenza a sé che non sempre gli altri uomini sono stati in grado di offrire. Un simile riconoscimento che confina con la riconoscenza non ci autorizza però né a perseverare nelle illusioni né ad avvolgere noi stessi e il libro in una nebbiosa retorica. Al contrario, possiamo usarlo - lui, il libro - per fare quello che gli è sempre riuscito meglio. E cioè indagare, ricercare, discernere e, alla fine, capire, conoscere. E preservare, salvare. Questo, infatti, è stato il suo ufficio, la sua fortuna e la sua gloria".
Quella parte di vita che puoi cambiare, quel pezzo magari piccolo di destino che puoi spostare: la cultura è la condizione necessaria per autodeterminare la propria vita e per liberarla. Ma cosa accade quando tecnologie, linguaggi, modalità di creazione e di trasmissione cambiano così rapidamente e in profondità? Emergeranno forme di produzione e comunicazione della conoscenza e delle emozioni del tutto nuove. Dovremo avere un pensiero il più lungo e il più largo possibile. Lungo nel tempo, verso il futuro, e largo nello spazio, nell'apertura alle differenze e alle alterità.