Dalla scrittrice che ha creato il personaggio dell'ispettrice Petra Delicado, sei racconti di intensa dose di mistero e intreccio. Il primo racconto si apre sul cadavere di un'anziana prostituta che sembra una mascherata, «buttato lì come una vecchia bambola rotta; era perfino difficile provare pietà; tutto era così grottesco». È così che inizia anche negli altri racconti: un cadavere indefinibile, che adombra l'enigma di una realtà irreale, inverosimile, su cui si focalizza subito la procedura dell'indagine; decifrato il cadavere, poi a poco a poco si aprono squarci su ambienti al contrario apparentemente normali, famiglie ben messe, individui irreprensibili, vite tranquille. Racconta in prima persona Petra Delicado della polizia di Barcellona. E il modo in cui Petra parla e riferisce il suo procedere di poliziotta disegna, senza esplicite descrizioni, il personaggio: dall'antipatia che non nasconde per ogni cliché formale e beneducato, affiora il suo passato femminista e la gioventù radicale; dagli scambi fuori dai convenevoli con il suo vice Fermín Garzón, che punteggiano il loro ménage professionale, emerge il suo graffiante umorismo; dai silenzi al cospetto delle vittime, o di fronte ai motivi umani e disumani dei colpevoli fino a un minuto prima insospettabili, s'intuisce che è una donna sinceramente compassionevole, anche se l'instancabile tenacia nel tirare dritto la arruola da investigatrice donna nella scuola dei duri. La sua spalla Fermín, un alter ego, un Sancho Panza, un Watson, rappresenta l'immagine contraria di lei: il suo bofonchiare e obiettare, questa mano di commedia latina distesa su un poliziesco da giungla d'asfalto, nasce anche dal sospetto segreto, che certe volte sembra nutrire Fermín, che il proprio capo sia forse appena appena una poco di buono. Le indagini di Una poco di buono sono tutte già comparse, sparse in precedenti antologie pubblicate da Sellerio. Concentrarle assieme dà la compiuta idea della profonda impronta letteraria di Alicia Giménez-Bartlett, una scrittrice capace di costruire con la materia delle strade di città misteri opachi, per poi decostruirli facendo agire una galleria inesauribile di tipi presi dalla realtà.
Uno spazzino gioviale che spinge il suo carretto. Una ragazza semplice ma elegante, con la borsa della spesa e un impermeabile sul braccio. Un giovane uomo, l'aria assorta, la cartella di pelle, forse un professore. Una Mercedes, scura e silenziosa come l'ufficiale tedesco seduto sul sedile posteriore. Una compagnia di soldati che marcia cantando. Perché nel 1944 le compagnie naziste cantano sempre quando attraversano Roma. In quei pochi metri, in quei secondi di trepidazione e attesa passa la Storia. E le storie dei singoli individui che formano i Gruppi di azione patriottica, fondati qualche mese prima contro l'occupante tedesco. Per lo più ragazzi borghesi, spesso universitari, che si tramutano in Banditen, capaci di sparare e di sparire, di colpire il nemico ogni giorno, senza dargli tregua. In quel breve – e infinito – pomeriggio di primavera, dove passato e presente si intrecciano, c’è chi si prepara e chi viene sorpreso, chi muore e chi sopravvive, chi scappa e chi ritorna. E c'è anche chi, sui corpi dei 33 tedeschi uccisi, firma la condanna a morte di 335 italiani.
Ritanna Armeni, con l'intelligenza di chi vuole comprendere, e ricordare, conduce i lettori in via Rasella e mette in scena uno degli episodi più emblematici della Resistenza romana.
Inseguendo un misterioso segnale, il carismatico capitano Moses guida la nave intergalattica Elpis V e il suo audace equipaggio negli spazi siderali, spingendosi verso i confini più remoti dell'universo, alla ricerca di forme di vita extraterrestre. Approderà in un mondo in rovina, dominato da macchine implacabili dove, una serie di singolari incontri, cambieranno per sempre la vita dell'equipaggio. Affrontando pericoli esterni e scetticismo, Moses e i suoi compagni saranno chiamati ad analizzare e rivedere le proprie convinzioni.
Joseph è metà senegalese e metà nigeriano, un minore non accompagnato che sopravvive di furtarelli. È arrivato in Italia passando dalla ex Jugoslavia. Un veterinario, un gruppo di carabinieri e un'assistente sociale di buon cuore si chinano con tenerezza su di lui. In realtà Joseph è l'unico sopravvissuto al massacro di Dogo Nahava, ha visto la sua famiglia sterminata, è straziato dal senso di colpa di essere sopravvissuto. La presenza di coetanei e il calcio sembrano fare il miracolo di riportarlo verso la vita. Attraverso i film di Clint Eastwood il veterinario ricostruisce linee etiche infrante e Joseph diventa un guerriero per la giustizia: denuncia la banda di sfruttatori di bambini che lo ha portato in Italia; rischia di essere ucciso, ma c'è il lieto fine...
Più di quarant'anni fa, il cardinal Biffì lanciava la provocatoria ipotesi che Le avventure di Pinocchio trattassero, sotto le vesti della fiaba, i problemi universali della condizione umana: l'origine dell'uomo, il suo destino, il dramma di una libertà sempre in lotta fra il desiderio di tornare fra le braccia di un padre e la tentazione di un'illusoria soddisfazione a buon mercato. Da giovane insegnante, Franco Nembrini prende sul serio questa intuizione e per quarant'anni la mette alla prova, prima a scuola e poi in mille occasioni in teatri, piazze, sale conferenze di tutta Italia e non solo. Nembrini offre ora a tutti il frutto di questa lunga amicizia col burattino e le sue avventure: una rilettura capitolo per capitolo del testo di Collodi, che accompagna a scoprire in modo semplice e diretto che le avventure di Pinocchio sono le nostre vicende e possono aiutarci a capire e affrontare un po' di più il dramma della vita. Età di lettura: da 8 anni.
«Le parole sono un fondamentale pezzo di mondo: a ogni parola in più che impariamo, il nostro mondo diventa un po' più grande. Ogni nuova parola è una scoperta. Ogni nuova parola è una conquista. Ogni nuova parola è un passo nella strada che porta alla consapevolezza». Un saggio narrativo che spariglia le carte e ci fa cambiare sguardo sulla nostra lingua, accompagnandoci all'interno di un'aula scolastica dove l'ora di italiano diventa il momento più entusiasmante di tutta la giornata. Perché, come ci rivelerà pagina dopo pagina Giuseppe Antonelli, la grammatica non è affatto noiosa, polverosa o dogmatica. La grammatica è glamour. Cosa succede se il nuovo insegnante d'italiano è uno strano tipo tutto azzimato che ogni giorno se ne inventa una nuova? Appende cartelli, disegna cartine, improvvisa quiz, apparecchia la cattedra con un servizio da tè. Spiega la grammatica come una partita a scacchi, scrive alla lavagna formule etimologiche e le risolve a mo' di enigmi, trasforma le parole in racconti pieni di colpi di scena. Le incrocia, le manipola, le inventa, le traduce in suoni e colori, sapori e profumi. Insieme ai classici della letteratura, cita canzoni, fumetti, film e non smette mai di dialogare con tutti gli studenti: ascolta, commenta, ribatte, scherza, incoraggia. Un imprevedibile prof che ogni tanto si mette qualcosa in equilibrio sulla testa e rimane immobile finché non ritorna il silenzio; non dà mai voti e in pagella scrive solo consigli in forma di sonetto. Succede che imparare la lingua, le sue regole, la sua storia diventa un'avventura affascinante. La grammatica, in fondo, è solo l'arte di dire le cose nel modo giusto al momento giusto. E allora ecco l'Accademia d'arte grammatica: una società segreta in cui ragazzi e ragazze s'incontrano fuori da scuola per divertirsi a giocare con la lingua italiana. Succede che un'esperienza così può cambiarti la vita. E in effetti, alla persona che racconta questa storia - a distanza di anni, con immutata emozione e un po' di nostalgia - la vita l'ha cambiata.
Emiliano Sbaraglia racconta la sua storia di insegnante in una scuola di frontiera, e di come i versi di Dante siano stati una chiave inaspettata per toccare il cuore dei suoi studenti, in un quartiere segnato dal disagio sociale e dall'abbandono scolastico. Alla fine di una delle strade del quartiere, noto per l'alto tasso di criminalità e per essere una piazza importante dello spaccio di droga, c'è una scuola. Qui si incontrano le storie di una classe di studenti e studentesse di terza media inevitabilmente segnati dal luogo in cui sono nati, dall'ambiente che li circonda, dal contesto familiare in cui vivono. C'è molto da fare in una scuola come questa, tormentata da una percentuale alta di abbandono scolastico, con un livello di scolarizzazione sempre troppo basso, costretta a fare i conti con quanto accade fuori, per non lasciarlo entrare dentro. Il prof di italiano cerca di assolvere al suo ruolo seguendo non tanto le indicazioni nazionali o le circolari ministeriali, che si moltiplicano spesso inutilmente, ma attraverso ciò che può consentire di nutrire un rapporto con degli adolescenti portati dalla vita a diventare già grandi, e che in molte situazioni possono insegnargli più di quanto lui possa insegnare loro. Tra gli innumerevoli tentativi di coniugare una didattica tradizionale e innovativa con la cruda realtà di ogni giorno ecco arrivare, quasi per caso, la lettura di Dante Alighieri, la sua biografia, la sua opera, i versi immortali della Divina Commedia, utili anche a strappare un sorriso, ad alleggerire la giornata, perché Dante è un fuoriclasse come Totti, un numero 10 come lui, anzi di più: basta riuscire a dimostrarlo. Nel complesso potrebbe rivelarsi una scelta azzardata, da qualche collega viene criticata, perché poco funzionale rispetto alle priorità da affrontare. Eppure, funziona; Dante, con le sue infinite possibilità di temi, spunti e suggestioni, con la sua insuperata immaginazione e creatività, ancora una volta compie il miracolo di coinvolgere mondi apparentemente lontani, tanto diversi ma non per questo irraggiungibili, permettendo allo stesso tempo di raccontare la storia della lingua e della letteratura italiana.
«Capire la Divina Commedia è difficile. Della lingua in cui la scrisse, diventata la nostra soprattutto grazie a lui, Dante sperimentò tutte le possibilità espressive, comprese quelle che sembrano andare al di là dell'umano, sia verso il basso sia verso l'alto, e non è facile seguirlo in questo vertiginoso saliscendi. Poi ci sono i contenuti. Teologia e interpretazione dei testi sacri, filosofia, logica, morale, politica, diritto, letteratura e storia antica, scienza dei numeri e delle misure, musica, ottica, medicina, arte della guerra e della navigazione: non c'è aspetto della cultura antica e medievale di cui Dante non abbia appropriatamente detto qualcosa, nel suo enciclopedico poema. Infine, ci sono i personaggi che popolano l'oltremondo che il Poeta ha costruito. Tralasciando quelli appartenenti al mito o alla storia, e limitandoci a quelli che hanno popolato la cronaca dei tempi di Dante e di quelli di poco precedenti, l'unico motivo per cui continuiamo ad avere memoria dei nomi di Ciacco, Francesca da Rimini, Farinata degli Uberti o Ugolino della Gherardesca è dato dal fatto che i versi scritti da Dante li hanno resi figure immortali: se quei versi non fossero stati scritti, i loro nomi sonnecchierebbero in qualche documento d'archivio o in qualche cronaca medievale. Sì: capire la Commedia è veramente difficile. Per questo ho scelto i versi più significativi, curiosi o sorprendenti dei cento canti di cui si compone e li ho distribuiti in 114 presentazioni (per qualche canto ho avuto bisogno di qualche presentazione in più). Ho cercato di spiegare quei versi parola per parola, senza dare niente per scontato, collegando i fatti con gli antefatti. In questo modo, leggendoli canto dopo canto, farete lo stesso viaggio che ha fatto Dante: questo, almeno, è quello che spero.»
Lo straniero fa parte di una trilogia Beati Paoli. La verità ha bisogno sempre di un colpevole che contrappone la realtà palermitana, tramite la storia dei Beati Paoli, con la società contemporanea. Andrea Provensano è lo straniero, un vip dei nostri tempi, giovane bello e ricco incarna la figura degli eroi medievali: è un giustiziere in ricerca della verità assoluta.
Un'esistenza sul confine tra la vita e la morte, tra battesimo ed estrema unzione. La nuda fede di una madre verso il battito del cuore del figlio. Un vecchio soldato, sopravvissuto alla guerra, insegna la forza del passo nella neve. Sullo sfondo i ricordi di una vita e la presenza incombente della fine. Una preghiera nel nome della vita che non vuole morire. Amen è il primo testo teatrale di Massimo Recalcati.
A Parigi, in un futuro prossimo, vive François, studioso di Joris-Karl Huysmans, che ha scelto di dedicarsi alla carriera accademica. Perso ormai l'entusiasmo verso l'insegnamento, la sua vita procede su binari tranquilli, impermeabile ai grandi drammi della storia, scandita da avventure con le sue studentesse. Ma qualcosa intorno a lui sta cambiando. La Francia è in piena campagna elettorale. I tradizionali equilibri politici scricchiolano sotto il peso di nuove forze in gioco che minano il sistema consolidato. È un'implosione improvvisa e lenta come un brutto sogno, che accelera fino a travolgere anche François. Sottomissione è il romanzo più visionario e insieme realistico di Michel Houellebecq, capace di trascinare su un terreno ambiguo e sfuggente il lettore che, come il protagonista François, vedrà il mondo intorno a sé, improvvisamente e inesorabilmente, stravolgersi.
Questo romanzo di Christian Bobin, dalla trama alla forma, è una fantasmagoria, un miracolo letterario. Pagine oniriche che, fingendo di raccontare la quotidianità banale di una giovane colf di nome Ariane, parlano di innocenza, astuzia, gelosia, tristezza, orgoglio, amore folle, domani senza speranza e illuminazioni senza ritorno. Come indica il titolo del romanzo, tutti sono occupati a cercare di appendere ghirlande all'infinita sarabanda di giorni cupi, al tocco di bacchetta magica di Bobin, l'incantatore, maestro dell'illusione, prodigio della metafora e re di un meraviglioso genere romanzesco. (Jean-Rémi Barland)