"La missione dei cristiani in un mondo laico è quella di ricordare che la finalità della storia, la finalità della vita e la finalità della politica è sempre la stessa: operare per la riconciliazione". Su queste premesse, tratte dalla prefazione di Arturo Paoli, il libro analizza le contraddizioni e i conflitti, spesso duri e profondi, in atto da tempo all'interno della Chiesa Cattolica, tra la gerarchia, con il mondo clericale che la sostiene, e il variegato "popolo cattolico" - fedeli, sacerdoti e religiosi - che nella pratica e nel pensiero hanno posizioni diverse e contrastanti rispetto alla dottrina ufficiale. Si tratta di un vero e proprio "scisma", seppur silente, non dichiarato, perché non è dato spazio alla sana controversia e al dialogo. I I dissidenti, soprattutto teologi e sacerdoti, pagano con l'emarginazione e l'esclusione. L'autore analizza i fondamenti teologici/biblici/comunicativi e i processi che sostengono questo tipo di Chiesa, e conclude indicando piste di lavoro e di comunicazione ecclesiale per una nuova comunità-chiesa dove il dialogo e la profezia permettano un rinnovamento nel segno della Fede, della Speranza e della Carità.
Una teologia della creatura oggi non può non guardare, a occhi spalancati, dentro il cuore pulsante del vivente. L’idea che un filo d’erba possa vibrare di sensibilità entrando in viva relazione con il mondo umano emerge dalla novella di Luigi Pirandello, Canta l’Epistola.
E solo una teologia come quella di Paolo De Benedetti è capace di cogliere la creaturalità di una bellezza deperibile e inerme come quella di un filo d’erba. Non in virtù di una sensibilità ecologica estesa anche alle cose inanimate – un sentimento pur lodevole che oggi però è abbastanza diffuso, almeno nelle anime più avvertite – ma in virtù di una precisa lettura della Parola biblica, che interpreta la storia a partire dal basso, dall’infimo, dal perdente.
Sono circa 8000 al giorno i bambini che nel mondo nascono con una forma di handicap, quasi 3 milioni ogni anno. Se la sorgente della vita umana è Dio, che senso ha tanto dolore inflitto alle creature più innocenti? Da sempre gli uomini si pongono questa domanda, alla quale le diverse fedi e filosofie, nel corso dei secoli, hanno dato molteplici risposte. Oggi, però, la rivoluzione scientifica ha reso insostenibili le soluzioni del passato, e la questione è stata, di fatto, rimossa. In questo saggio Vito Mancuso affronta il tema delicato dell'handicap dal punto di vista filosofico e teologico, in dialogo con la scienza e le religioni non cristiane. Un percorso di riflessione, il suo, affrontato sempre con rigore, scavando a fondo nella storia dello spirito e della cultura occidentali. Ne scaturisce un messaggio arduo e poetico, che parte dalle contraddizioni laceranti della vita ma anche dalla sua "bellezza incandescente", e non offre facili consolazioni. Recensendo questo libro Giuseppe Pontiggia ebbe a scrivere: "Raramente un titolo delinea, come questo, la mappa degli interrogativi in cui la mente, protesa a dare un senso religioso e filosofico all'handicap, si è sempre persa. Basta che il lettore segua l'autore nella grandiosità del suo disegno e nella ricchezza dei suoi percorsi. Ne trarrà una luce durevole".
"Una rivoluzione copernicana. Finora per parlare di Dio si mettevano in campo argomenti molteplici, questo libro ne fa piazza pulita. Finora per parlare di Dio c'era bisogno di punti d'appoggio, questo libro non ne ha. Finora per parlare di Dio si pensava al plurale, questo libro pensa al singolare. La fede, finora fondata su motivazioni esteriori, assume un volto nuovo. Il lettore si ritrova al centro di una rivoluzione che lo libera dalle protezioni e dai legami che lungo i secoli gli sono stati posti lungo il cammino. Il libro è un invito alla solitudine dell'anima e ai misteri che vi sono nascosti."
I cinque interventi che compongono il volume, tutti risalenti al 2007, hanno il loro filo conduttore nello sguardo rivolto ai grandi mutamenti del nostro tempo. Strettamente collegati tra loro, affrontano l'approfondita ricerca di ciò che è "bene" per l'uomo anche e nonostante i contrastanti aspetti della cultura moderna. La sintetica lettura del Gesù di Nazareth di Benedetto XVI, che completa il volume, è ancora una forte indicazione per l'orientamento a Cristo in ogni azione umana.
«La testimonianza come "servizio" significa cha la vita cristiana è un agire che sa assumere le forme della vita umana come un alfabeto in cui dirsi ed in cui realizzarsi [...] Prendendo sul serio questa provocazione, introdotta a Verona come un'intuizione da sviluppare, il volume del teologo Antonio Staglianò si dipana con un'eleganza pari sicurezza del disegno. Il libro sembra decollare come un instant book, volto a raccogliere e indirizzare le provocazioni emerse nel convegno scaligero. Subito, però, si sviluppa con un movimento ampio e sinfonico, così che se il motivo iniziale suona le note udite a Verona, subito l'orchestrazione del volume guadagna un orizzonte tanto ampio che mette in gioco nientemeno che il futuro del cristianesimo. Precisamente sotto la figura del superamento della frattura tra teologia e pastorale [...] con un linguaggio che è un impasto singolare di riferimento biblico, citazione colta, richiamo magisteriale e lingua teologica. [...] Questo volume aiuterà che volesse riflettervi a trovare le armoniche di confronto per far convergere i "lavoratori del Vangelo" verso un sogno comune che sia all'altezza del momento. [...] Un "cristianesimo da esercitare" appare dunque l'istanza del momento. Il suo esercizio è l'opera della Chiesa tutta, la riflessione metodica su di esso è compito della riflessione dei teologi in sinergia con i pastori».
Dalla Prefazione di Mons. Franco Giulio Brambilla
Antonio Staglianò, Dottore in Teologia (Pontificia Università Gregoriana) e in Filosofia (Università della Calabria), è Direttore dell'Istituto Teologica Calabro in Catanzaro, dove insegna Teologia sistematica(Cristologia, Teologia trinitaria e Teologia della pastorale). Ha diretto per anni la Rivista di scienze teologiche «Vivarium». Dal 1989 al 1995 è stato membro del Consiglio nazionale dell'Associazione Teologica Italiana e dal 1994 al 2002 professore invitato nei corsi di specializzazione di teologia fondamentale della Pontificia Università Gregoriana. Dal 1997 è Consulete del servizio nazionale della CEI per il progetto culturale. Unisce l'impegno per la ricerca scientifica con quello per l'animazione pastorale : è Vicario Episcopale per la cultura nella Diocesi di Crotone - Santa Severina e parroco in solidum di Le Castella.
Ha pubblicato diverse monografie scientifiche: La teologia secondo A. Rosmini (Morcelliana, 1988); La teologia che serve la Chiesa (SEI, 1996); La mente umana alla prova di Dio (EDB,1996); Il mistero del Dio vivente (EDB,1996); Vangelo e comunicazione (EDB, 2002); Pensare la fede (Città Nuova, 2004) Su due ali (Lateran University Press, 2005); Ha scritto la Trinitaria in G. Canobbio - P. Coda (edd.), La teologia del XX secolo, Un bilancio, Roma2003. Nelle nostre collane figura il volume Teologia e spiritualità. Pensiero critico ed esperienza cristiana (2006). Ha al suo attivo raccolte di poesie che si prefiggono di tentare vie nuove, più simboliche, per comunicare un pensiero non negligente sui tanti problemi dell'esistenza umana, dentro l'illuminazione della fede.
Rublev, Piero della Francesca, De Eyck: tre illuminanti esercizi di teologia della visione.
Julia Kristeva, intellettuale, semiologa, psicoanalista, scrittrice, ha accettato una sfida alta: parlare al pubblico raccolto nella prima chiesa cattolica di Francia niente meno che della sofferenza. Parlarne da laica, quale si professa; ma anche con un'attenzione particolarmente sensibile a quel "bisogno di credere" e a quell'elaborazione del dolore che rappresentano uno degli apporti più originali del cristianesimo alla nostra civiltà. Non solo infatti il dio cristiano è un dio singolare, caratterizzato dall'essere persona: è un dio che accetta e incorpora in sé la sofferenza, fino alla conseguenza della passione e della morte. A ben vedere, è questa una differenza profonda tra il cristianesimo e le altre religioni monoteiste. Ed è una differenza che noti fonda, beninteso, alcuna superiorità, tua che definisce una peculiarità di cui l'intero Occidente è portatore. Di questa peculiarità sarebbe assurdo e pericoloso disfarsi. Essa merita piuttosto. in tempi così difficili, di essere ripresa e ripensata.
La vasta opera di Romano Guardini vista nei suoi diversi aspetti - filosofico, teologico, spirituale e letterario.
Il kerigma è oggetto di una duplice azione nella Chiesa: evangelizzare e teologare. Non può essere infatti (il kerigma) soltanto esclamato", ma anche "pensato". " Non vi è chi non riconosca che l'annuncio del kerigma (l'evangelizzare) scaturisce soltanto dall'incontro personale con Cristo: da un incontro storico" e da uno quotidiano... "