Viene qui ripubblicata, ma nell'edizione stabilita e corretta voluta da Giuseppe Dossetti, la relazione generale su "Funzioni e ordinamento dello Stato moderno", svolta alla vigilia del suo abbandono della politica. Enzo Balboni ha collaborato con Dossetti alla 'difesa attiva della Costituzione' e con lui ha rivisto il testo, aggiungendo le annotazioni di contesto utili a segnalare la grande attualità del saggio. Il libro prende titolo dalla forte esortazione di Dossetti ai cattolici: "Non abbiate paura dello Stato!", ma agite per una profonda riforma delle istituzioni e del corpo sociale e per un risanamento della politica. Lo Stato, per Dossetti, non può essere agnostico e indifferente, lasciato in balìa di forze economiche dominanti, perché ha il fine di provvedere, nella libertà, a tutto quanto è necessario e favorevole al bene comune. Questa è la via per l'avvicinamento, almeno, della democrazia sostanziale invocata dalla Costituzione. Il libro dà conto anche delle relazioni particolari e del ricchissimo dibattito, che si svolse nel Convegno dei Giuristi Cattolici, avendo come ulteriori protagonisti: Moro, Baget Bozzo, Carnelutti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito, Amorth, Romani, La Pira. Si scontrano due visioni-progetto alternative: quella cattolico-liberale, tesa alla conservazione di valori e strutture tradizionali e quella cattolico-sociale, aperta fiduciosamente verso una società rinnovata e più giusta.
"Se Dossetti avesse continuato a fare politica, la DC si sarebbe spezzata". È l'explicit lapidario che Gianni Baget Bozzo appose nel 1977 a una storia iniziata quattro decenni prima e conclusa da tempo. Quando venivano scritte queste parole, Giuseppe Dossetti era ormai un monaco di sessantaquattro anni votato allo studio e alla preghiera. Ma nell'immediato dopoguerra, da laico, fu il protagonista di una stagione di rinnovamento che coinvolse le forze più vive del cattolicesimo politico italiano e il partito in cui cercarono rappresentanza. Sembrava che di quel tentativo si conoscesse ogni singola mossa, ogni retroscena. Non è così. Lo si scopre nel saggio di Fernando Bruno, che ha il merito di guardare all'intera vicenda da un punto di osservazione finora non abbastanza messo a profitto: la rivista "Cronache Sociali" (1947-51), organo politico quindicinale del gruppo dossettiano, ossia della sinistra democristiana nella sua espressione più alta e sognoficativa. Gli articoli di Dossetti, Lazzati, La Pira, Caffè, le grandi inchieste, l'osservatorio interno e internazionale erano modelli di un giornalismo civile, colto e incalzante, dove veniva allo scoperto l'alternativa alla leadership di De Gasperi. Al tatticismo degasperiano risucchiato nella "manovra governativa" e nel "patteggiamento di gabinetto", e sospinto a destra, Dossetti contrappose un'azione "formativa e suscitatrice, in strati sempre più vasti, di uno slancio collettivo vitale".
A tre mesi dalle elezioni del 18 aprile 1948, "Cronache sociali", la rivista di Giuseppe Dossetti, annuncia l'imminente pubblicazione di un volumetto su "Chiesa e politica, gerarchia e partito": quel quaderno speciale non uscirà mai. Oggi sappiamo il perché. Il libro di Alberto Melloni, nel centenario della nascita di Dossetti (13 febbraio 1913), permette di rileggere quello che è insieme un giallo politico e uno spaccato dei problemi che agitano i rapporti fra Chiesa e politica. Gli articoli del quaderno "scomparso", finalmente recuperati grazie al lavoro di riordino del fondo della rivista salvato da Giuseppe Alberigo, si rivelano scritti dirompenti, che affrontano con forza e passione questioni centrali per la vita democratica e per la presenza cattolica nella storia italiana, come il nodo dell'autonomia dei cattolici nella vita pubblica e il fondamento dell'esigenza di militare in un solo partito. Gli autori di questa impresa mancata, molti nemmeno quarantenni, sono convinti che spetti proprio a loro prendersi la responsabilità di dotare l'Italia degli strumenti adeguati per impedire la replica di quel fragile moderatismo, di quel conservatorismo che non era stato capace di impedire il fascismo. A spingerli in questa direzione agisce un solido ragionamento dottrinale e filosofico, in virtù del quale emerge con estrema chiarezza l'urgenza di un partito capace di raccogliere le esigenze cattoliche di rinnovamento.
Giuseppe Dossetti (1913-1996) è stato un protagonista indiscusso delle origini e del primo consolidamento della democrazia repubblicana italiana. Questo volume, ricorrendo a fonti inedite, racconta come è giunto a svolgere un ruolo di primo piano nella redazione della Costituzione italiana e quali sono stati i caratteri peculiari della sua proposta politica. Viene così ripercorsa la straordinaria vicenda di questo giovane studioso di diritto canonico che, formatosi nell’Università Cattolica di padre Agostino Gemelli, si ritrova prima coinvolto nella Resistenza e quindi proiettato ai vertici della Democrazia cristiana, dove inizia un’intensa attività politica per impegnare il suo partito nella costruzione di una democrazia reale, distante dalle storture della stagione liberale e radicata su una scelta antifascista. Successi e sconfitte, intuizioni e limiti della sua azione politica vengono ricostruiti superando gli schematismi e le semplificazioni con cui si è trattata la figura di Dossetti, restituendole finalmente un profilo organico dove si intrecciano l’esigenza di una riforma sociale e la percezione della necessità di una profonda riforma della Chiesa.
Enrico Galavotti insegna Storia del cristianesimo nell’Università degli Studi «G. d’Annunzio» di Chieti-Pescara ed è membro della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna. Con il Mulino ha pubblicato: «Processo a Papa Giovanni. La causa di canonizzazione di A.G. Roncalli (1965-2000)» (2005) e «Il giovane Dossetti. Gli anni della formazione, 1913-1939» (2006).
Cento anni fa, il 13 febbraio 1913, nasceva Giuseppe Dossetti, uno dei personaggi più significativi e influenti della storia della Repubblica. Comandante partigiano senz'armi, costituente, tra i fondatori della Democrazia cristiana, unico a sfidare politicamente De Gasperi, unico a dimettersi dal partito e dal Parlamento. Richiamato in politica dal cardinal Lercaro, affronta Giuseppe Dozza, storico sindaco comunista di Bologna, nelle elezioni comunali del 1956. Negli anni Sessanta è tra i principali ispiratori del Concilio Vaticano II, poi si ritira di nuovo dalla vita pubblica, prima come 'esule' in Terrasanta, infine nella comunità monastica da lui fondata a Monte Sole, epicentro delle stragi naziste in Appennino. Torna nel 1994, dopo la vittoria elettorale delle destre, per guidare i comitati in difesa della Costituzione fino alla sua morte, nel dicembre 1996.
Una vita come un fiume carsico, sospesa tra scomparse e riapparizioni. Un cammino istituzionale e intimo caratterizzato dalla passione e dall'integrità, che ha segnato l'impostazione di molti degli attuali cattolici democratici italiani, compresi alcuni leader del paese come Romano Prodi. Dossetti, il dovere della politica mette insieme la sua storia, la sua testimonianza e le scelte che sono di fronte ai cattolici democratici di oggi e, più in generale, a una classe politica che sembra aver smarrito il senso di responsabilità etica e civile del proprio ruolo.
Roberto Di Giovan Paolo
Roberto Di Giovan Paolo è stato giornalista, consulente di comunicazione per aziende di innovazione (Megabeam, Linkem, Pan tv), dirigente dell'Aiccre, l'associazione dei poteri locali italiani in Europa, docente a contratto di sociologia della comunicazione e di comunicazione politica, prima di essere eletto, nel 2008, senatore della Repubblica nelle file del Partito democratico. Tra le sue pubblicazioni più recenti, I papi, la Chiesa e la pace (2009) e Piccoli padri (2010).
Un percorso esistenziale singolare, quello di Giuseppe Dossetti, segnato dal tema della "riforma": riforma di se stessi attraverso l'ascesi religiosa, ma anche riforma della Chiesa e - ciò che è oggetto di questa indagine - riforma della politica. Una vicenda che attraversa diversi momenti cruciali: si va dalla dissoluzione del regime fascista e dall'esperienza della Resistenza alla scrittura della nuova Costituzione repubblicana; dal problema di dar forma a un partito che risponda alle "attese della povera gente" alla chiamata al sacerdozio e all'attiva partecipazione al Concilio Vaticano II, cui segue il ritiro nella vita monacale. Ma non sarà un abbandono: negli anni Ottanta Dossetti tornerà a riflettere, con spunti di straordinaria lucidità, sulla crisi del mondo e su quella della politica italiana in particolare.
Del Concilio Vaticano II, di cui si celebra ora il cinquantenario, Giuseppe Dossetti è stato uno dei protagonisti veri: perito personale del Cardinal Lercaro, segretario dei quattro cardinali moderatori, e poi collaboratore autorevole di Lercaro e di altri padri conciliari. Questo volume è dunque una sorta di resoconto della sua esperienza conciliare ,di bilancio, di recupero anche dell'atmosfera di quell'evento, e del suo impulso sostanziale, che va al di là dei documenti ufficiali. E insieme una riflessione approfondita sulle ragioni, il contesto e soprattutto le conseguenze nella vita della Chiesa della possente opera di riforma avviata dal Concilio.
In occasione del centenario della nascita di don Giuseppe dossetti, il card. Biffi offre questo libro che ne ripercorre le tappe fondamentali del pensiero, della vita, della teologia.
Con la prefazione di Enrico Galavotti, biografo di Dossetti, il racconto esauriente, ma agile e "per tutti" di una vita straordinaria e irripetibile. Il ritratto avvincente e documentato di un protagonista della storia politica ed ecclesiale italiana dal dopoguerra in poi, che continua a suscitare passioni e opposte valutazioni.
In vista del centenario della nascita di Giuseppe Dossetti (Genova, 13 febbraio 1913), Fabrizio Mandreoli, teologo e storico, ne ricostruisce la vita con rigore e misura, con profondità e sobrietà. Il racconto si distende dagli anni della formazione all'insegnamento universitario, dall'esperienza partigiana al contributo per la stesura della Carta Costituzionale, dalla militanza critica nella Democrazia Cristiana al ritiro dall'attività politica per intraprendere la via del sacerdozio, la partecipazione al Concilio e, infine, la fondazione di una piccola comunità monastica aperta verso l'Oriente europeo e asiatico.
Una vita fitta di incontri, di amicizie (tra tutti, La Pira, Lazzati, il cardinale Lercaro), apparentemente caratterizzata da improvvise cesure e cambi di rotta, ma in realtà percorsa - come mostra Mandreoli - da un'incessante e "semplice" ricerca di conformità al Vangelo dentro la complessità riconosciuta della storia. In fondo, Dossetti coltivava un unico desiderio: "diffondere quella pace che è un bene universale, diffonderla non a parole, ma col silenzio e con i fatti, quelli più profondi, più duraturi e più umili, più puri da ogni clamore"
Tra gli interventi del card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna dal 1952 al 1968, al Concilio Vaticano II, spicca senza dubbio il discorso sulla Chiesa povera e dei poveri, tenuto il 6 ottobre 1962, durante i lavori della 35a Congregazione Generale. Lercaro chiedeva che il De Ecclesia venisse scritto di nuovo a partire dal mistero del Cristo povero e che quello della povertà della Chiesa fosse il tema di tutto il Concilio. Quest’intervento ottenne una certa risonanza all’interno e al di fuori dell’assise conciliare, le cui tracce si trovano nel capitolo 8 della Lumen gentium. Ma, chi c’è dietro questo discorso di Lercaro? Chi ha aiutato il card. Lercaro a maturare una simile visione della Chiesa?
Come è noto, Lercaro aveva come perito di fiducia al Concilio don Giuseppe Dossetti. Questo volume, attraverso una minuziosa ricostruzione, basata in massima parte su fonti inedite, riporta alla luce l’influsso dossettiano sul discorso di Lercaro, e lo fa in due momenti distinti. Nella prima parte si prende in considerazione il percorso di Dossetti – dall’influsso familiare sino all’approdo del Vaticano II – di maturazione della visione teologica della Chiesa povera e dei poveri, confluita poi nel discorso di Lercaro. Nella seconda parte si prendono in esame i fondamenti biblico-teologici ed ecclesiologici di tale discorso.
«La scelta di essere Chiesa povera e dei poveri nei discorsi lercariani diviene, oltre che un motivo di fedeltà alla sequela Christi, anche un segno messianico per tutti gli uomini» (dall’Introduzione).
Punti forti
Le figure di Dossetti e Lercaro, punti di riferimento sempre attuali.
L’approssimarsi dei 50 anni del Concilio Vaticano II.
Una ricerca originale, condotta su fonti inedite e documenti d’archivio.
La Prefazione di don Pino Ruggieri, uno dei massimi esperti, insieme a Melloni, del Vaticano II.
Destinatari
Sacerdoti, laici impegnati, quanti amano Dossetti e Lercaro, studenti di teologia.
Autore
Corrado Loerefice, nato a Ispica (RG) nel 1962, presbitero della Diocesi di Noto (SR), ha conseguito la Licenza e il Dottorato in Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana. Attualmente svolge il ministero di parroco, è Vicario Episcopale per il clero della sua diocesi e insegna presso lo Studio Teologico «San Paolo» di Catania e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose «San Metodio» di Siracusa. Autore di vari studi in opere collettanee e in riviste di teologia, con le Paoline nel 2004, quando era direttore del Centro Regionale Vocazioni di Sicilia, ha pubblicato Gettate le reti.