"Questo non sarà mai un libro di Storia dell'Arte, con le due auliche maiuscole, non assomiglia a uno di quei tomi scolastici che hanno forse lasciato tedio e sonnolenza sui banchi di scuola, ma è piuttosto un viaggio esoterico nelle storie dell'arte." Forte della sua esperienza di autore e conduttore televisivo, Philippe Daverio non è mai banalmente divulgativo, non intende semplificare fenomeni complessi, ma affronta le vicende degli artisti, delle opere e dei committenti secondo un metodo d'indagine che è diventato la sua cifra personale: sa guardare da lontano o accostarsi per vedere da vicino. Ogni suo nuovo libro è un'avventura che apre nuove prospettive. Il "metodo Daverio" è applicato in questo caso al Rinascimento. Il periodo fondativo della cultura e dell'arte italiana acquista così nuova freschezza e vivacità, prende le mosse dalla pittura di Giotto, "un fulmine nella storia dell'arte", e si conclude con quel "talentaccio e caratteraccio" di Caravaggio, attraversando la curiosità anarchica di Leonardo, i cagnolini di Tiziano, l'eccentrica sensualità di Parmigianino e i sussulti religiosi di Michelangelo. L'allontanamento dalle categorie canoniche della storia dell'arte e la pratica dello spostamento del punto di vista si rivelano in particolare nelle Daveriologie, pagine nelle quali la curiosità impertinente dell'autore affronta nuove strade di lettura, attraverso accostamenti insoliti di capolavori e artisti lontani nel tempo e nello spazio.
Quando, nel 1943, le armate di Hitler occuparono l'Italia, misero le mani sui più importanti tesori artistici dell'umanità. Come avevano già fatto in tutta Europa, si dedicarono al saccheggio sistematico delle bellezze del nostro Paese: capolavori del Rinascimento, tesori vaticani, preziosi manufatti antichi. Alla vigilia dell'invasione alleata, il generale Dwight Eisenhower incaricò della protezione di questo immenso patrimonio una nuova tipologia di soldato. Erano nati i Monuments Men. Nel maggio del 1944 due improbabili eroi statunitensi, l'artista Deane Keller e lo storico dell'arte Fred Hartt, partirono da Napoli per la più grande caccia al tesoro della storia. Le truppe tedesche in ritirata verso Nord, agli ordini del generale Karl Wolff, avevano infatti l'ordine di trasportare quante più possibili opere d'arte entro i confini del Reich. Giocando contro il tempo e i rischi che minacciavano i capolavori e la loro stessa vita, Keller e Hartt guidarono la loro piccola task force sulle tracce del bottino di guerra dei nazisti: reperti di età romana, tele, capolavori di Michelangelo, Donatello, Tiziano, Caravaggio e Botticelli. Un patrimonio inestimabile che strapparono al nemico con diplomazia, intelligenza e determinazione. Ricostruito con minuziose ricerche, "Monuments Men: missione Italia" conduce il lettore in un viaggio emozionante lungo lo Stivale, da Milano, dove il Cenacolo vinciano si salvò per miracolo dai bombardamenti, al cuore del Vaticano.
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientali. Villa Torlonia è una delle ultime ville romane ad essere stata acquistata a uso pubblico . Pur nelle limitate dimensioni, essa ha un’ altissima concentrazione di manufatti artistici non che è uno dei parchi più interessanti della città di quella tipologia detta all’inglese poco comune in Italia.
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientalI. Si inizia la passeggiata del Pincio , pensato da sempre come uno spazio verde per il pubblico , ritrovo mondano ma anche di semplice svago e simbolo delle glorie patrie grazie alla progressiva collocazione di ben 229 busti di illustri italiani.
Villa Ada Savoia, una delle più estese tra le ville storiche romane con i suoi 150 ettari, è nota soprattutto per essere stata commissionata dal primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II e per essere stata per decenni residenza della famiglia Savoia.
Per complesse vicende giuridiche ed ereditarie la Villa, dopo l'avvento della Repubblica è stata divisa in due parti, una proprietà pubblica e quindi aperta e fruibile da tutti, l'altra rimasta proprietà degli eredi Savoia e che solo di recente, nel 1994, è stata acquisita dal Comune di Roma.
Il complesso cosi riunificato è stato oggetto negli anni scorsi di un complicato ed impegnativo recupero per renderlo fruibile, ma molti interventi sono ancora in corso o di prossimo avvio.
Nonostante l'aspetto naturale e un po' selvaggio, dovuto in parte a decenni di abbandono, la Villa contiene numerose memorie storiche in edifici particolari o in sistemazioni a giardino spesso frutto di ingegnose invenzioni. Alcuni edifici sono rimasti proprietà privata e quindi inaccessibili, come la Palazzina reale, sede dell'Ambasciata della Repubblica Araba d'Egitto, o il Villino Pallavicini, testimonianza della storia della Villa antecedente la committenza Savoia.
Nella guida si è voluto dar conto anche di queste realtà, ricostruendo la storia di tutto il complesso, sia degli edifici sia del parco.
Si è inteso così offrire ai numerosi fruitori del parco uno strumento per apprezzare tutte le valenze della Villa, contribuendo alla conoscenza e quindi al rispetto dei luoghi.
Il volume mette a fuoco, da diverse angolature, la qualità e lo spessore dell'estetica di Maritain quale parte fondativa del suo pensiero filosofico sia in specifici approfondimenti, sia nella dimensione trasversale di sintesi e di relazione con la contemporaneità, evidenziandone l'riginalità. Se da una parte, infatti, si ha modo di ripercorrere la costruzione estetica che Maritain muove sulle poderose tracce di san Tommaso, dall'altra ci si rende subito conto quanto, in tale costruzione, sia a tema non una pura teoria ma piuttosto la vitalità di quel pensiero e il modo per raggiungerlo, in un continuo confronto con il contemporaneo, con il presente, ma soprattutto con l'esperienza degli artisti.
Viktor Lazarev ha consegnato alla storia dell'arte un'opera di riferimento sulla pittura bizantina, contribuendo sostanzialmente a definirne un quadro complessivo e coerente. Il termine "bizantino", applicato talvolta come etichetta alle opere di altri contesti, era stato spesso sminuito e alterato nel suo valore storico-artistico. Lazarev ha cercato di restituire all'arte di Bisanzio e delle province bizantine i loro caratteri essenziali, ricostruendo le fasi del loro sviluppo: dai monumenti del VI secolo alla dissoluzione di un impero e di una cultura sopravvissuti alle ragioni che ne avevano reso possibile la nascita. L'opera non è la semplice traduzione dell'originale russo apparso nel 1947-1948: essa venne radicalmente riveduta e ampliata dall'autore in vista della prima edizione einaudiana apparsa nel 1967, divenendo cosi uno dei punti di riferimento classici per la storia dell'arte e della bizantinistica. Per queste ragioni, dopo la seconda edizione nel 1981 (BSA), l'opera viene ora riproposta.
Nel 1956 Palazzo Strozzi ospitò la "Mostra del Pontormo e del primo manierismo fiorentino". Si trattava della prima importante rassegna dedicata al protagonista di un movimento che aveva da poco avuto una piena rivalutazione critica. Quasi sessant'anni dopo Palazzo Strozzi ripropone una mostra dedicata al Pontormo insieme all'altro principale protagonista di quel movimento, Rosso Fiorentino. Entrambi nacquero nel 1494, in un momento storico in cui Firenze e l'Italia assistevano alla rottura dell'equilibrio politico che aveva garantito loro prosperità e sicurezza, sul principio di una travagliata età di scontri religiosi e politici che avrebbero portato a un mutamento definitivo degli equilibri fra gli Stati. I due artisti, con attitudini e vicende che, a partire dal comune apprendistato alla bottega di Andrea del Sarto, si sarebbero sempre più distinte e allontanate, furono in egual misura artefici della trasformazione dei concetti di armonia ed equilibrio che avevano caratterizzato l'arte rinascimentale. Attraverso le opere dei due massimi protagonisti fiorentini della pittura che la critica novecentesca ha definito "manierista", il catalogo intende seguire lo svolgimento cronologico di quel movimento che Giorgio Vasari colloca agli inizi della "maniera moderna".
L'Inghilterra del Settecento è un paese in cui si concentrano grandi trasformazioni sociali, economiche e culturali che si riflettono, in primo luogo, in campo artistico. Mentre una parte dell'aristocrazia continua a guardare a modelli culturali importati dal continente, emerge un ceto borghese che incoraggia, con maggiore determinazione rispetto alla committenza tradizionale, la crescita di un'iconografia propriamente britannica. Nel volume studiosi inglesi e italiani si confrontano intorno a tale argomento aprendo il dibattito critico al contributo offerto dall'Italia del Settecento. Agli inquadramenti storici e culturali dell'Inghilterra, e di Londra in particolare, si unisce la disamina dello sviluppo di un linguaggio figurativo autoctono in relazione alla tradizione continentale. Da tale confronto derivano le esigenze opposte di ripresa e declinazione della cultura classicista e di distacco da essa, un dibattito che ha condizionato la maturazione dei diversi generi artistici nei quali, dalla pittura di storia, al ritratto e al paesaggio, la scuola britannica ha espresso una propria identità artistica, riconosciuta nell'Ottocento, soprattutto nell'ambito delle ricerche sul paesaggio, immagine della modernità.
Pasolini e Roma. Un rapporto di grande amore, raccontato nel volume pubblicato in occasione della mostra che, dopo il successo ottenuto a Barcellona e a Parigi, approda anche in Italia. Per Pasolini Roma non fu semplicemente uno scenario cinematografico o un luogo in cui vivere. Con questa città egli ha avuto una relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio, di fasi di attrazione e rifiuto, di voglia di allontanamento e di piacere del ritorno. Organizzato cronologicamente (dall'arrivo nella Capitale del poeta, sceneggiatore, regista e scrittore insieme alla madre nel 1950 fino alla notte della sua tragica morte ad Ostia nel novembre del 1975), "Pasolini Roma" traccia - lungo un quarto di secolo - il percorso della sua incredibile vitalità creativa: i luoghi in cui ha vissuto, in cui ha ambientato romanzi e film, la poesia, il cinema, gli amici, gli amori, le persecuzioni, le lotte e gli impegni nella città. Attraverso le testimonianze, i documenti, i disegni, gli scritti autografi, le fotografie, i film e le opere d'arte amate da Pasolini, la monografia ricostruisce quegli anni, mettendo in luce l'intenso fervore intellettuale dell'uomo e i suoi rapporti con i luoghi, le persone, i poeti e gli artisti della Capitale.
Il Casino Giustiniani Massimo al Laterano, a Roma, è una villa secentesca il cui parco, prima degli imponenti interventi urbanistici della seconda metà dell'Ottocento, si estendeva tra le attuali via Merulana, via Tasso, viale Manzoni e piazza San Giovanni. Oggi lontana dai grandi circuiti turistici della Capitale, quasi defilata dietro all'imponente cattedrale lateranense, la palazzina fu fatta erigere dal marchese Vincenzo Giustiniani tra il 1605 e il 1618 come "ritiro di campagna" dove cercare svago e riposo, oltre che per ospitare la ricca collezione di antichità di famiglia. Passata alla famiglia Massimo nel 1802, tra il 1817 e il 1829 le sale al pianterreno furono interamente decorate dai pittori Nazareni, dei quali costituiscono in assoluto una delle realizzazioni più importanti: essi diedero vita a una sintesi sublime della grande civiltà letteraria italiana attraverso rappresentazioni tratte dalle sue opere più emblematiche: la Commedia di Dante, l'Orlando Furioso di Ariosto e la Gerusalemme Liberata di Tasso. Il volume presenta per la prima volta al grande pubblico questi importanti cicli pittorici attraverso descrizioni e una nutrita galleria di immagini, che si affiancano a un'inedita storia della palazzina nel corso dei secoli, dall'origine nel XVII secolo fino al 1948, quando fu acquistata dalla Custodia di Terra Santa, della quale ospita oggi la Delegazione per l'Italia.
"In Sacra via. Giacomo Boni al Foro Romano. Gli scavi", curato da Patrizia Fortini e Miriam Taviani, documenta le indagini sulla via Sacra al Foro Romano condotte tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo successivo da Giacomo Boni, vero pioniere dell'archeologia italiana.