Questa raccolta di scritti prende il titolo da un lungo saggio dedicato alla lingua di una celebre monaca sassone, Rosvita di Gandersheim (935-973 ca.), esemplificativo dello stile filologico e della sensibilità linguistica e storica con cui Giuseppe Scarpat affronta i testi dell'antichità classica greca e latina. Gli autori studiati vanno da Ovidio a Seneca, da Virgilio a Orazio; una seconda e cospicua parte è dedicata alla letteratura giudaica e cristiana, dalla Sapienza di Salomone alla prima lettera di Paolo ai Corinti, passando per il latino di Tertulliano, di fondamentale importanza sia per la comprensione del testo greco neotestamentario sia per le traduzioni latine precedenti agli interventi di Girolamo e alla sua Vulgata. È soprattutto qui, nella disamina dei rapporti tra mondo classico e mondo giudaico e cristiano, che Giuseppe Scarpat dà prova dell'ampiezza e della profondità dei suoi interessi culturali. Valgano come esempio le pagine dedicate in parti!
Il libro rilegge con sguardo attuale una controversia rabbinica su un forno da pane: se spezzato in formelle, sarà ancora utilizzabile secondo precetto o sarà invece "impuro"? Tratto dal Talmud Babilonese e ambientato tra il I e il II secolo, questo racconto paradossale, insieme drammatico e ironico, è qui interpretato sullo sfondo di una catastrofe: la distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera dei Romani nel 70 e.v., la diaspora ebraica e la nascita del cristianesimo. La controversia sul forno, in apparenza pretestuosa, è intesa come metafora di un dibattito di ampio respiro: quello che si impone in ogni tempo e ad ogni collettività di fronte a una crisi storica. Al centro sta la domanda: come gestire una catastrofe? Quale continuità è possibile, o quali trasformazioni sono necessarie? E a chi spetta l'autorità per decidere? A una inderogabile "volontà di Dio" o a un'opinabile interpretazione umana? E quale peso nelle decisioni hanno le dottrine, la ragione, la religione, i rapporti umani e i sentimenti?
Quando apparve nel 1988, questo libro - qui riproposto in una nuova edizione aggiornata e accompagnato da un'Introduzione che passa in rassegna i risultati più significativi della ricerca successiva - diede luogo a una feroce polemica. Gli allievi di Scholem, che pure a Idel era legato da un profondo rapporto di stima, si scagliarono unanimi contro quella che ai loro occhi appariva come la confutazione dell'opera del maestro e la demolizione di un dogma. Benché estraneo agli intenti blasfemi che gli furono attribuiti, il libro - oggi divenuto un classico - segnava innegabilmente un punto di svolta nelle indagini sulla mistica ebraica, offrendo, sulla scorta di una sterminata documentazione inedita, un'interpretazione innovativa della Qabbalah e in particolare dei suoi aspetti più affascinanti e trascurati: quelli magici. L'assoluta rilevanza dei temi affrontati - a partire dalla questione dell'antichità della Qabbalah (Idel sovverte qui una classica teoria di Scholem, giungendo a dimostrare l'influsso determinante dell'ebraismo sulla Gnosi) -, l'ampiezza dei materiali esplorati, le inedite prospettive dischiuse alla ricerca, i riferimenti comparativi alla filosofia greca, a quella araba medioevale e alle più diverse forme di pensiero religioso contribuiscono a fare di quest'opera una lettura imprescindibile per chiunque voglia accostarsi alla tradizione mistica della Qabbalah.
L’enigma di
Abramo Colorni:
inventore e chiromante,
uomo di scienza e
maestro di evasioni.
Dopo il successo di Pasque di sangue,
il secondo capitolo di una nuova Storia ebraica,
vissuta e raccontata fuori dal ghetto.
Alchimista, inventore, ingegnere bellico e creatore di mirabolanti macchine sceniche. Tutto ciò - e molto altro - era Abramo Colorni, ebreo mantovano conteso con la forza dalle signorie di mezza Europa per il suo poliedrico talento. E fu proprio a causa delle sue innumerevoli qualità che questo dotto prestato all’esoterismo finì nel bel mezzo di una vera e propria faida nobiliare: un’intricata vicenda di manoscritti cifrati, polveri da sparo e morti misteriose. Nello scenario di un Rinascimento che voleva le comunità ebraiche confinate nei ghetti e costrette a severe restrizioni, uomini d’ingegno come Colorni sfuggivano a ogni limitazione ingraziandosi i signori locali e prestando servizio presso le più rinomate corti d’Europa. In alcuni casi grazie al loro proverbiale senso per gli affari, in altri per merito delle loro raffinatissime conoscenze scientifiche. Se nell’immaginario comune la Storia degli ebrei si limita a una sequenza ininterrotta di persecuzioni e genocidi, di segregazioni e nomadismo forzato, esperienze come quelle di Colorni dimostrano come questo popolo, nonostante una terribile tradizione di ingiustizie subite, sia stato capace di legarsi inestricabilmente allo sviluppo economico e culturale del Vecchio Continente e del Nuovo Mondo. Con Il prestigiatore di Dio, Ariel Toaff segna un nuovo passo nel recupero di una Storia nascosta, restituendoci la biografia perduta di Abramo Colorni: un ebreo che visse per la scienza e mori da rinnegato.
La parola "Qabbalah" indica la trasmissione di un insegnamento orale collegato inizialmente ad alcuni libri della Bibbia ebraica, una delle radici dell'intera cultura occidentale. Finalmente a disposizione del lettore un'opera semplice, chiara e completa sulla Qabbalah, argomento su cui troppo spesso si è approfittato dell'alone di mistero da cui è avvolto. Affrontati in modo dettagliato e rigoroso la storia, i temi e i personaggi che hanno diffuso gli insegnamenti cabalistici.
Radicamento e apertura dell'altro: la via millenaria della cultura ebraica
La religione ebraica è stata la prima ad apparire tra le tre grandi religioni monoteiste, dette «religioni del libro», le cui influenze, convergenze e discordanze strutturano ancora in così larga misura il destino dell’umanità. Tradizione antichissima, la cui trasmissione costituisce, malgrado i peggiori imprevisti, una testimonianza senza pari della fedeltà di un popolo a se stesso e al proprio Dio, l’ebraismo è a tal punto legato al destino del suo popolo, e viceversa, che lo si potrebbe pensare da sempre immobile, ermetico e chiuso su se stesso. È una visione troppo schematica e potenzialmente pericolosa, che l’autore di questo libro supera disinvoltamente, combinando una esposizione dei tratti essenziali dell’ebraismo, di ciò che ne costituisce in qualche modo l’essenza, con una presentazione delle grandi direttrici delle sue evoluzioni e della sua costante apertura all’Altro. Come logica conseguenza, questo percorso lo porta a gettare un incisivo sguardo sull’ebraismo francese e sulle sue risposte alle sfide in cui s’imbatte.
Il presente volume sulla Torah (Pentateuco) è il primo di una serie di testi, il cui obiettivo è presentare una nuova interpretazione della Bibbia e della sua ricezione in Occidente, relativamente alla storia delle donne e alle cosiddette questioni di "genere". In questo testo la scelta del canone ebraico, in relazione con la tradizione cristiana, offre elementi di riflessione per una diversa considerazione del femminile. I testi della creazione vengono rivisitati alla luce dell'identità maschio-femmina, a immagine di Dio. Il ruolo delle donne nella storia della salvezza - dalle progenitrici d'Israele alle salvatrici di Mosè, con particolare rilievo alla figura politico-profetica di Miriam - è presentato in un'originale chiave interpretativa sullo sfondo del contesto culturale, sociale, giuridico e iconografico dell'Antico Oriente.Scritti di Silvia Schroer, Carol Meyers, Sophie Démare-Lafont, Donatella Scaiola, Thomas Hieke, Mercedes Navarro Puerto, Irmtraud Fischer, Jopie Siebert-Hommes, Ursula Rapp, Mercedes Garcia Bachmann, Dorothea Erbele-Kuster, Karin Finsterbusch.
DESCRIZIONE: Memoriale della creazione e della libertà – e per questo cuore della vita ebraica – il sabato (Shabbat) acquista nelle parole di rav Benedetto Carucci Viterbi il sapore di una conoscenza che cerca di dar conto di quale sia il rapporto di Dio con le sue creature, di quale “progetto” abbia Dio stesso per tutta l’umanità.
Rav Carucci Viterbi si addentra nel significato dei versetti biblici, nei movimenti della vita quotidiana, nella sapienza di maestri antichi e moderni, per cercare di avvicinare il lettore alla complessità della celebrazione del sabato, ma anche alla sua assoluta centralità nella vita degli ebrei di tutti tempi. L’immagine, proposta da Abraham Joshua Heschel, del sabato come di una «architettura del tempo» è sufficiente a farci comprendere anche l’insegnamento antiidolatrico racchiuso nell’idea del sabato. Le pietre si consumano, le case costruite sulla terra sono destinate a crollare, a ritornare polvere. Sulla polvere non è possibile edificare qualcosa di eterno. Pretendere di farlo sarebbe sovvertire l’ordine delle cose, idolatrare lo spazio. Il sabato, dice Heschel, è fatto «per celebrare il tempo», non per idolatrare un luogo.
(Gabriella Caramore)
COMMENTO: Un'intervista al preside delle Scuole ebraiche di Roma sul significato e il culto del sabato per gli ebrei.
BENEDETTO CARUCCI VITERBI è preside delle Scuole ebraiche di Roma e insegnante del Corso di laurea in Studi ebraici del Collegio rabbinico di Roma. Tra le sue opere: Il qaddish (Marietti 1992); Rabbi Aqivà (Morcelliana 2009).
Un antico maestro della Mishnà, Ben Bag Bag, diceva: "Volgila e rivolgila, tutto vi è in essa [nella Torà]" (Avot 5,22). Tutto è nella Torà, ma bisogna voltarla e rivoltarla: Dio ha parlato, ma l'uomo deve metterci il commento. Intorno a questi due pilastri dell'ebraismo si "aggirano" le pagine che seguono: si aggirano perché non hanno una meta, un punto di arrivo, ma vogliono solo essere momenti di una frequentazione infinita (una ruminatio, direbbero i Padri) della Torà scritta e orale. Ci sono tanti modi di introdurre al giudaismo: infatti il giudaismo è plurale, e questa pluralità nelle idee, nei tempi, nei luoghi, nelle identità - è la sua forza. Perciò molte sono le porte per entrarvi e viverci, o anche solo per conoscerlo. Una porta è quella che anche il Nuovo Testamento indica nel farsi carne, cioè realtà variamente terrena e sensibile, della parola (per Israele la Torà, per i cristiani Gesù). Fuori di questa concreta "vocalità" divina - se così si può dire -, di Dio non sapremmo mai nulla, se non, appunto, chiamarlo Ain, "Nulla", o Mi?, "Chi?", secondo i maestri della qabbalà. Ma Ain è divenuto Anì, "Io", e perciò abbiamo un Tu e non siamo più soli.
Autentico fondamento della religione ebraica, il Talmùd possiede una sorprendente forza narrativa; e in particolare questo vale proprio per "Il trattato delle benedizioni" (tratto dal Talmùd babilonese), un'opera delle scuole rabbiniche di Babilonia che nasce originariamente con una chiara connotazione giuridica ma presenta in realtà anche un affascinante e abbondante materiale storico, mitico, aneddotico, geografico del più vario e vasto interesse. Attraverso le sue pagine possiamo infatti ricostruire oggi qual era la vita di ogni giorno degli ebrei nei primi secoli dell'era cristiana, i loro riti pubblici, le loro cognizioni scientifiche, le leggi e le credenze. Di grande rilievo sono le abbondanti notizie di argomento teologico, che ci informano sui concetti che gli ebrei dell'epoca avevano su Dio e la sua giustizia e ancora su angeli e demoni, sulla vita futura, l'escatologia, il messianesimo. Dal Talmùd apprendiamo inoltre quali obblighi morali vincolassero gli ebrei e impariamo molto dunque non solo sulla cultura e la storia ebraiche di allora ma anche su quelle di oggi. Un tesoro letterario che intreccia mirabilmente la mistica ebraica con gli aspetti apparentemente più concreti della vita di ogni giorno, la storia e la cultura di un intero universo religioso.