DESCRIZIONE: Memoriale della creazione e della libertà – e per questo cuore della vita ebraica – il sabato (Shabbat) acquista nelle parole di rav Benedetto Carucci Viterbi il sapore di una conoscenza che cerca di dar conto di quale sia il rapporto di Dio con le sue creature, di quale “progetto” abbia Dio stesso per tutta l’umanità.
Rav Carucci Viterbi si addentra nel significato dei versetti biblici, nei movimenti della vita quotidiana, nella sapienza di maestri antichi e moderni, per cercare di avvicinare il lettore alla complessità della celebrazione del sabato, ma anche alla sua assoluta centralità nella vita degli ebrei di tutti tempi. L’immagine, proposta da Abraham Joshua Heschel, del sabato come di una «architettura del tempo» è sufficiente a farci comprendere anche l’insegnamento antiidolatrico racchiuso nell’idea del sabato. Le pietre si consumano, le case costruite sulla terra sono destinate a crollare, a ritornare polvere. Sulla polvere non è possibile edificare qualcosa di eterno. Pretendere di farlo sarebbe sovvertire l’ordine delle cose, idolatrare lo spazio. Il sabato, dice Heschel, è fatto «per celebrare il tempo», non per idolatrare un luogo.
(Gabriella Caramore)
COMMENTO: Un'intervista al preside delle Scuole ebraiche di Roma sul significato e il culto del sabato per gli ebrei.
BENEDETTO CARUCCI VITERBI è preside delle Scuole ebraiche di Roma e insegnante del Corso di laurea in Studi ebraici del Collegio rabbinico di Roma. Tra le sue opere: Il qaddish (Marietti 1992); Rabbi Aqivà (Morcelliana 2009).
Un antico maestro della Mishnà, Ben Bag Bag, diceva: "Volgila e rivolgila, tutto vi è in essa [nella Torà]" (Avot 5,22). Tutto è nella Torà, ma bisogna voltarla e rivoltarla: Dio ha parlato, ma l'uomo deve metterci il commento. Intorno a questi due pilastri dell'ebraismo si "aggirano" le pagine che seguono: si aggirano perché non hanno una meta, un punto di arrivo, ma vogliono solo essere momenti di una frequentazione infinita (una ruminatio, direbbero i Padri) della Torà scritta e orale. Ci sono tanti modi di introdurre al giudaismo: infatti il giudaismo è plurale, e questa pluralità nelle idee, nei tempi, nei luoghi, nelle identità - è la sua forza. Perciò molte sono le porte per entrarvi e viverci, o anche solo per conoscerlo. Una porta è quella che anche il Nuovo Testamento indica nel farsi carne, cioè realtà variamente terrena e sensibile, della parola (per Israele la Torà, per i cristiani Gesù). Fuori di questa concreta "vocalità" divina - se così si può dire -, di Dio non sapremmo mai nulla, se non, appunto, chiamarlo Ain, "Nulla", o Mi?, "Chi?", secondo i maestri della qabbalà. Ma Ain è divenuto Anì, "Io", e perciò abbiamo un Tu e non siamo più soli.
Autentico fondamento della religione ebraica, il Talmùd possiede una sorprendente forza narrativa; e in particolare questo vale proprio per "Il trattato delle benedizioni" (tratto dal Talmùd babilonese), un'opera delle scuole rabbiniche di Babilonia che nasce originariamente con una chiara connotazione giuridica ma presenta in realtà anche un affascinante e abbondante materiale storico, mitico, aneddotico, geografico del più vario e vasto interesse. Attraverso le sue pagine possiamo infatti ricostruire oggi qual era la vita di ogni giorno degli ebrei nei primi secoli dell'era cristiana, i loro riti pubblici, le loro cognizioni scientifiche, le leggi e le credenze. Di grande rilievo sono le abbondanti notizie di argomento teologico, che ci informano sui concetti che gli ebrei dell'epoca avevano su Dio e la sua giustizia e ancora su angeli e demoni, sulla vita futura, l'escatologia, il messianesimo. Dal Talmùd apprendiamo inoltre quali obblighi morali vincolassero gli ebrei e impariamo molto dunque non solo sulla cultura e la storia ebraiche di allora ma anche su quelle di oggi. Un tesoro letterario che intreccia mirabilmente la mistica ebraica con gli aspetti apparentemente più concreti della vita di ogni giorno, la storia e la cultura di un intero universo religioso.
In breve
Le storie dell’antico Israele si assomigliano tutte perché tutte assomigliano alla storia contenuta nel testo biblico, ne assumono la linea narrativa, ne fanno propria la trama. Quest’opera riporta la vicenda della nascita d’Israele alla sua realtà storica, prende atto dei risultati della critica testuale e letteraria, dell’apporto dell’archeologia e dell’epigrafia ed è concepita secondo i criteri della moderna metodologia storiografica. Partendo dalla constatazione che il racconto biblico è frutto di una elaborazione molto tardiva, Liverani riporta i materiali testuali all’epoca della loro redazione, ricostruisce l’evoluzione delle ideologie politiche e religiose in progressione di tempo, inserisce saldamente la storia d’Israele nel suo contesto antico-orientale. Emergono così la ‘storia normale’ dei due piccoli regni di Giuda e d’Israele, analoga a quella di tanti altri piccoli regni locali, e la ‘storia inventata’, che gli esuli giudei costruirono durante e dopo l’esilio in Babilonia, proiettando indietro sulla loro storia i problemi e le speranze del loro tempo. Un libro importante che parla a tutti.
Indice
Prefazione - Abbreviazioni - Imprinting - 1. La Palestina nel Tardo Bronzo (secoli XIV-XIII) - Parte prima Una storia normale - 2. La transizione (XII secolo) - 3. La nuova società (ca. 1150-1050) - 4. Il processo formativo (ca. 1050-930) - 5. Il regno di Israele (ca. 930-740) - 6. Il regno di Giuda (ca. 930-720) - 7. L’impatto imperiale assiro (ca.740-640) - 8. Pausa tra due imperi (ca. 640-610) - 9. L’impatto imperiale babilonese (ca. 610-585) - Intermezzo - 10. L’età assiale - 11. La diaspora - 12. Il paesaggio desolato - Parte seconda Una storia inventata - 13. Reduci e rimanenti: l’invenzione dei Patriarchi - 14. Reduci e alieni: l’invenzione della conquista - 15. Uno stato senza re: l’invenzione dei Giudici - 16. L’opzione monarchica: l’invenzione del regno unito - 17. L’opzione sacerdotale: l’invenzione del tempio salomonico - 18. L’auto-identificazione: l’invenzione della Legge - Epilogo - 19. Storia locale e valori universali - Bibliografia - Indice dei nomi di personaggi e divinità - Indice dei nomi geografici - Indice dei termini citati - Indice dei testi citati - Indice delle tavole e delle figure - Fonti delle tavole e delle figure
"Il lettore abituale della Giuntina, una piccola casa editrice specializzata in opere di argomento ebraico, si stupirà forse di questa scelta editoriale. Ma queste profonde riflessioni di Osho sull'"arte di morire", ispirate da alcuni celebri racconti chassidici, mi sono sembrate così belle e importanti che mi è parso giusto proporle anche al nostro pubblico. Soltanto un vero Maestro poteva capire e comunicare così bene il messaggio fondamentale del chassidismo, espresso dal suo fondatore, il Baal Shem Tov, in questi termini: "Sono venuto a insegnarvi un modo nuovo che non richiede né il digiunare né il pentirsi e neppure l'indulgere, ma solo la gioia in Dio". E così Osho commenta: "II movimento del chassidismo è fondato sulla grazia: non richiede azione, la vita sta già accadendo ed è sufficiente essere in silenzio, passivi, attenti e ricettivi. Dio arriva attraverso la grazia e non tramite lo sforzo". L'importante (ma non è così facile) è riuscire a vedere l'inferno creato dall'io nel nome dell'impossibile ricerca della perfezione e dell'unicità, e capire con il cuore come "l'intera vita è semplicemente una scuola per apprendere come tornare a casa, come morire, come scomparire, perché nel momento in cui scomparite Dio compare in voi". Allora l'io si dissolverà spontaneamente e noi potremo finalmente acconsentire a morire, e cioè a vivere." (David Vogelmann)
Il periodo medievale può essere considerato come la fase più duratura dell’ebraismo, poiché il Medioevo s’interrompe con la concessione dei diritti civili nel corso della Rivoluzione francese. Dalla fine del IX secolo al periodo compreso tra il XV e il XVI, ovvero intorno al sorgere del Rinascimento, i pensatori ebrei iniziarono a confrontarsi con i grandi sistemi del loro tempo: la scolastica araba, il neoplatonismo, il neoaristotelismo, l’averroismo, tutti elementi che saranno messi a frutto per dare, in particolare grazie al contributo di Mosè Maimonide, una formulazione filosofica dell’ebraismo. La filosofia ebraica non si ferma però al Medioevo. Essa ha conosciuto un XVIII secolo assai ricco, seguito da un ancor più ricco XIX secolo, grazie alla fioritura del pensiero ebraico in Germania. Un contributo che ha confermato la compatibilità tra l’identità ebraica e la cultura europea.
L’Indice Concettuale del Medio Giudaismo è stato ideato da Paolo Sacchi ed è da lui diretto in collaborazione con Florentino García Martínez, Romano Penna, Günter Stenberger, Lucio Troiani e altri, per fornire una nuova forma di repertorio che permetta di accedere ai testi di un’epoca cruciale per la storia del giudaismo e del cristianesimo (300 a.C.-200 d.C.). La natura di questi scritti e le varie lingue in cui sono giunti fino a noi, infatti, hanno reso impossibile la redazione di uno dei consueti strumenti di indagine, come concordanze e dizionari. Prendendo in considerazione un tema (sovralemma), se ne analizzano i vari aspetti (lemmi e sottolemmi) in una ricca gamma di testi che, spaziando dagli ultimi scritti della Bibbia ebraica e i Deuterocanonici alla Mishnah, esamina gli Apocrifi dell’Antico Testamento, gli scritti di Qumran, gli scrittori giudeo-ellenistici, Filone, il Nuovo Testamento, Giuseppe Flavio, gli Apocrifi del Nuovo Testamento e gli autori cristiani dei primi due secoli.
In questo terzo fascicolo è analizzato il sovralemma Messianismo, che si articola nei lemmi “antimessia”, “era messianica”, “messia”, “precursore”, “tipologia”.
"Tutte le qualità anche quelle basse e malvagie, possono essere sollevate al servizio di Dio. Così, per esempio, l'orgoglio: quando viene innalzato, si trasforma in nobile coraggio nelle vie di Dio. Ma a che scopo sarà stato creato l'ateismo? anch'esso ha il suo innalzamento: nell'atto di pietà. poiché quando uno viene da te e ti chiede aiuto, allora tu non devi raccomandargli di avere fiducia e rivolgere la sua pena a Dio. ma devi agire come se Dio non ci fosse, come se in tutto il mondo ci fosse uno solo che può aiutare quell'uomo: e quell'uomo sei tu"
Racconti dei chassidim di Martin Buber.
Si tratta del manoscritto con la traduzione del Libro etiopico dei Giubilei e degli Oracoli Sibillini. Nel plico originale del Libro dei Giubilei, la traduzione del testo comincia dal Prologo e riguarda Giubilei 1,1–21,26; l´interruzione a questo punto non dipende da nessun particolare disegno dell´autore, il quale invece aveva sospeso a questo punto il proprio lavoro, ripromettendosi di proseguirlo in un altro momento; segue distintamente una parte dedicata alla critica testuale con i raffronti alla tradizione manoscritta e alle edizioni critiche, documentate fino a prima dell´edizione del materiale ritrovato a Qumran; a parte sono segnalate le intertestualità con la letteratura biblica, parabiblica e rabbinica. Nell´edizione postuma qui pubblicata, è premessa un´introduzione, che tiene conto di osservazioni già proposte da M. Erbetta, ma che guarda anche ad alcune principali edizioni critiche successive, a quelle uscite all´epoca in cui l´autore aveva iniziato il suo lavoro: di scuola francese, americana e relative al materiale qumranico; alla traduzione è posto in nota il materiale di critica testuale e dei passi paralleli. La stessa struttura editoriale è stata seguita per il terzo libro degli Oracoli Sibillini (la sibilla giudaica), che l´autore ha tradotto con stile poetico, ma fedele all´edizione critica seguita per il testo originale greco; in questo caso, il materiale di critica testuale è più circoscritto, mentre abbastanza ricco è quello delle intertestualità; l´introduzione, aggiornata con alcune principali edizioni critiche uscite successivamente, tiene conto anche delle osservazioni già fatte in proposito dall´autore.
Questo libro svela un tratto tipico dell’ebraismo, che consiste in un atteggiamento di continuo confronto con la tradizione, di inesausta interpretazione dei testi sacri, di creativo misurarsi con i lasciti del proprio passato. La filosofia contemporanea, dal secondo dopoguerra in particolare, è stata profondamente segnata da questa tensione verso una costante ma fedele reinvenzione dei significati che un testo - il testo biblico su tutti - può avere. Che cos’è il midrash? Un tentativo di interpretazione irrazionale e prescientifica della Bibbia? Un’ermeneutica speciosa e particolarista? Una modalità di pensiero insolita e poco comprensibile? Certamente no; si tratta piuttosto di una esegesi creatrice, capace comunque di utilizzare tutte le acquisizioni delle scienze linguistiche al fine di rendere manifesto il senso del testo. Questo volume rielabora la categoria ebraica dell’interpretazione che chiamiamo midrash esponendola secondo un ordine razionale e a partire da una meditazione sulla tradizione di una lettura che costantemente ricomincia. La inscrive all’interno del dibattito avviato dalla linguistica sui concetti di segno e di senso, di testo e di interpretazione, che le forniscono una struttura di base ma che allo stesso tempo, forse, essa sconvolge. Soprattutto, si mettono qui in evidenza i tratti singolari assunti da questa modalità di lettura nel suo darsi alla sollecitazione o all’auscultazione semiologica della lingua ebraica, che fa proliferare significati inattesi tra gli spiragli di parole, frasi o parti del discorso. Da qui, dunque, una lettura infinita. Che non è riconducibile a un sapiente approfondimento e gioco, ma si capovolge e sfocia in un appello alla responsabilità verso l’altro. Qui l’interpretazione si fa invocazione, la sollecitazione conduce alla sollecitudine, svelando, al di là della neutralità del procedimento esegetico, il primato della preoccupazione morale nella trasmissione del sapere.
Pesach, la Pasqua ebraica, è la rievocazione dell'esodo dall'Egitto grazie al quale i figli d'Israele, ridotti a una dura schiavitú fatta di angherie e lavoro sfiancante, conquistano la libertà, ma anche la consapevolezza di essere diventati un popolo. Pesach in ebraico significa «passaggio» e segna la metamorfosi dallo stato di schiavitú a quello della libertà. In questo senso, l'Esodo è divenuto il prototipo di ogni spinta rivoluzionaria. Ma Pesach racconta anche il «passaggio» di Dio sull'Egitto, una notte di luna piena, millenni fa.
Da allora, gli ebrei commemorano con il rito quell'evento, o per meglio dire vi si immedesimano perché «in ogni generazione si è tenuti a considerare se stessi come se personalmente fossimo usciti dall'Egitto».
L'Haggadah, l'antico testo che si legge a tavola nel corso della celebrazione pasquale, è il racconto di questa storia. La porta per entrare in quel passato, il luogo di incontro fra imperscrutabili lontananze nel tempo e nello spazio.
Testo a fronte.
«Perché questa sera è diversa da tutte le altre sere?
Perché tutte le altre sere non intingiamo
la verdura nemmeno una volta
E questa sera due volte?
Perché tutte le altre sere mangiamo lievitato
e azzimo
E questa sera solo azzimo?
Perché tutte le altre sere mangiamo ogni verdura
E questa sera erbe amare?
Perché tutte le altre sere mangiamo seduti
o reclinati
E questa sera solo reclinati?»
La ricchezza e l'attualità della tradizione filosofica ebraica
Il pensiero ebraico di fronte allo smarrimento contemporaneo
Mosès e Rosenzweig, Levinas, Sholam ecc.
In questo libro di incontri con l'amico Malka, Stéphane Mosès rievoca, in una straordinaria autobiografia intellettuale, l'itinerario che, dopo l'annientamento della Shoah, lo ricondusse gradualmente alla filosofia ebraica fino a fare di lui uno dei principali pensatori della modernità ebraica.
Dalla quarta di copertina:
In questo libro di incontri con l'amico Victor Malka, Stéphane Mosès rievoca, in una straordinaria autobiografia, l'itinerario intellettuale che lo ricondusse gradualmente alla filosofia ebraica – quasi annientata dalla Shoah – fino a fare di lui uno dei più grandi pensatori della modernità ebraica della seconda metà del XX secolo.
Dalla scoperta della ricchezza e dell'attualità di una tradizione filosofica e talmudica di cui ignorava tutto al ruolo avuto nella ricostruzione dell'ebraismo francese, dall'amicizia con Gershom Scholem all'impegno per far conoscere l'opera di Franz Rosenzweig, la storia di un uomo che ha contribuito in modo determinante a disegnare la modernità intellettuale ebraica degli ultimi decenni.