«Negli ultimi quattordici anni, prima in Fiat, poi in Chrysler e infine in Fca, Sergio è stato il miglior amministratore delegato che si potesse desiderare. È stato grazie al suo intelletto, alla sua perseveranza e alla sua leadership se siamo riusciti a salvare l'azienda. Saremo sempre grati a Sergio per i risultati che è riuscito a raggiungere e per aver reso possibile ciò che pareva impossibile.» Con queste parole John Elkann, presidente e principale azionista di Fca, ha annunciato ai dipendenti l'addio di Sergio Marchionne, pochi giorni prima della sua morte. Italiano d'origine e nordamericano di formazione, è stato un capo azienda di ampia visione, e tra i simboli manageriali di un'epoca, quella del capitalismo globale ai tempi della peggiore crisi economica dal 1929. Nominato nel 2004 al vertice della più grande azienda manifatturiera italiana sull'orlo della bancarotta, in tre anni ne mette in ordine i conti, grazie allo snellimento della struttura burocratica, all'accelerazione dei processi decisionali e ai nuovi modelli, a cominciare dalla nuova 500. Poi, di fronte alla Grande Recessione globale, che si intreccia alla crisi finanziaria, adotta un'imprevedibile strategia d'attacco: la Fiat entra nel capitale di Chrysler, dopo una serrata trattativa con l'azienda, il sindacato e soprattutto con l'amministrazione americana guidata da Barack Obama. Le sue iniziative imprenditoriali e il suo stile di lavoro e di leadership hanno suscitato passioni, diviso i media, anticipato la politica, irritato molti osservatori e spiazzato quei settori del sistema economico meno inclini alle scelte radicali. Ma chi è stato, in realtà, Sergio Marchionne? Quali sono le ragioni del suo successo e i risvolti più interessanti e paradigmatici della sua storia personale? Com'è riuscito a impressionare il competitivo mondo globale dell'auto e - in un orizzonte più circoscritto - a scuotere l'immobilismo delle relazioni industriali italiane? E quale eredità lascia alle nuove generazioni di manager? Alla fine dell'«era Marchionne», mentre sono ancora vive le polemiche tra sostenitori e detrattori, Marco Ferrante delinea un penetrante profilo della sua figura di leader solitario. E racconta, senza trascurare aneddoti di vita privata, il percorso biografico e professionale di una persona franca, molto abile nello sfruttare i riflettori del palcoscenico mediatico, e al tempo stesso inflessibile nel difendere la propria privacy, come ha fatto alla fine, nascondendo sino all'ultimo il dramma ineluttabile della sua battaglia fatale.
Sergio Marchionne, figlio di un carabiniere abruzzese emigrato in Canada, è l’uomo che ha preso in mano la Fiat nel delicato momento di transizione dopo la morte di Gianni e Umberto Agnelli, ne ha evitato il fallimento, l’ha condotta all’acquisto e alla riorganizzazione di un gigante decaduto dell’industria americana come Chrysler e ha fatto nascere il gruppo internazionale Fca. In questo libro, Paolo Bricco scrive con ricchezza di documenti e testimonianze la biografia di un manager unico: le sue radici tra gli italoamericani di Toronto, l’arrivo, da straniero, nella Torino in declino di inizio XXI secolo, prima l’idillio e poi gli scontri senza quartiere con il sindacato, il rapporto con Barack Obama, i sogni e i compromessi con la realtà, fino all’improvvisa scomparsa nel luglio 2018. Allo stesso tempo, racconta l’America della grande crisi dell’auto e la sua trasformazione tra Midwest e Silicon Valley, il destino dell’Italia, le peripezie di icone come Fiat e Alfa Romeo, Maserati e Ferrari. È la storia dell’industria globale tra crolli e innovazione, con la centralità della finanza, le mutazioni del lavoro e delle relazioni politiche e sindacali, la metamorfosi di luoghi come Torino, Pomigliano d’Arco e Detroit, dove la crisi e la rinascita delle fabbriche hanno segnato il paesaggio umano e la sorte di centinaia di migliaia di famiglie.
Figura chiave della guerra civile inglese, Oliver Cromwell è uno dei personaggi più inusuali e controversi della storia moderna. Proveniente da quel ceto di nuovi ricchi che avevano beneficiato delle confische operate dalla Riforma a danno della Chiesa, guidò la rivoluzione del Parlamento contro l’assolutismo regio, fece decapitare il re e da capo rivoluzionario si fece dittatore. Capace di slanci di coraggio e animato da grandi ideali (voleva cambiare lo Stato e la società dalle fondamenta basandosi sulla Bibbia), fu allo stesso tempo un tiranno spietato che si abbandonò a massacri e confische nei confronti degli oppositori. Hilaire Belloc affronta questo profilo biografico di Cromwell compie una vera e propria indagine psicologica per capirne la personalità, la fede puritana e le motivazioni che lo muovevano, senza per questo nasconderne i meriti come comandante militare.
"Autobiografia di un genio" è un'antologia originale di lettere e pensieri di Ludwig van Beethoven a cura di Michele Porzio, musicologo e docente presso il Conservatorio Statale Giuseppe Verdi di Torino. In questa raccolta originale sono presentati al lettore le ansie, i dolori provocati dalla sordità, i rivolgimenti rabbiosi, gli slanci geniali e i rapporti affettivi e di amicizia di uno dei massimi artisti di tutti i tempi. Sono infatti pochi in compositori nella musica classica in grado di accendere l'immaginazione e la memoria con la stessa rapidità e veemenza di Beethoven, una personalità che ancora oggi riesce a suscitare una costanza di interessi e un'ampiezza di divulgazione impressionante. Eppure la fama universale di questo compositore non ci ha ancora offerto una conoscenza davvero completa degli aspetti più misteriosi e sublimi della sua figura e della sua musica. Troppo spesso tradito dal luogo comune del burbero misantropo, l'uomo Beethoven si rivela invece attraverso questa selezione di scritti come una personalità dotata di un potente misticismo, capace di slanci lirici e devoti, ma anche in grado di affrontare le situazioni più avverse e varie dell'esistenza umana in un'alternanza prodiga di tenerezza, amore, pungente ironia ed entusiasmo per la vita.
Incredulità, sgomento, tristezza: sono questi i sentimenti condivisi in tutto il mondo il 12 agosto 2014 alla notizia del suicidio, a soli 63 anni, di Robin Williams. Il profondo dolore suscitato dal tragico epilogo della sua vita, in stridente contrasto con le esilaranti interpretazioni per le quali è diventato famoso, è la testimonianza della stima e dell'affetto che Robin è riuscito a guadagnarsi, tra i colleghi e presso il grande pubblico, sia come attore sia come persona. Già negli anni alla Juilliard School di New York, infatti, o durante la lunga gavetta come comico di cabaret, Robin ha saputo conquistarsi la simpatia dei compagni con il suo carattere estroverso e bizzarro, ma soprattutto grazie all'altruismo e all'umiltà, che sono sempre stati la sua cifra umana. Artista di eccezionale talento, ha strappato più di una risata nei panni di Mork, il tenero e stralunato alieno protagonista di una fortunatissima serie televisiva, e del padre-governante di Mrs. Doubtfire , e ha commosso le platee prestando il suo volto e la ricchezza della sua sensibilità a personaggi come il travolgente DJ di Good Morning, Vietnam , l'appassionato professore di letteratura dell'Attimo fuggente e il poco ortodosso psicologo di Will Hunting - Genio ribelle , ruolo che nel 1998 gli valse l'Oscar come miglior attore non protagonista. E anche all'apice della carriera, non ha mai fatto mancare il proprio sostegno agli amici in difficoltà - primo fra tutti Christopher Reeve, rimasto paralizzato dopo una caduta da cavallo - così come si è sempre impegnato con generosità per associazioni di beneficenza. Nessun'ombra, dunque, nella vita di Robin Williams? Attingendo a testimonianze dirette - interviste alle ex mogli, ai tre figli (Zak, Zelda e Cody) e ai più cari amici e colleghi - e a lunghe conversazioni con lui, Dave Itzkoff racconta senza reticenze l'uomo e l'artista, rivelandone, oltre alle evidenti doti, le debolezze nascoste, il bisogno quasi ossessivo di piacere a tutti, il dubbio di non meritare la popolarità ottenuta, la paura di non essere all'altezza delle aspettative del pubblico. E, più drammaticamente, la battaglia tante volte persa contro la dipendenza da alcol e droga, e la profonda depressione che lo attanagliava, aggravata negli ultimi anni dallo spettro della disabilità associata alla malattia neurodegenerativa da cui era affetto. Chissà se, con il suo gesto estremo, Robin non ci abbia voluto inconsciamente ripetere l'invito rivolto dal professor John Keating ai suoi allievi, gli intrepidi membri della setta dei poeti estinti: «Cogliete l'attimo, ragazzi. Rendete straordinaria la vostra vita...».
Quanto a lungo si deve urlare la parola «libertà» prima che acquisti davvero un valore? Quanto tempo deve passare prima che il domani sia un giorno nuovo? Per ventisette anni Nelson Mandela, l’uomo che avrebbe guidato il paese fuori dal regime di segregazione razziale che lo soffocava da quasi mezzo secolo, non è stato altro che una sigla: un anonimo numero di matricola che identificava un prigioniero come tanti in una delle strutture carcerarie del paese. Eppure proprio in quelle celle, nel silenzio dell’isolamento, nella fatica dei lavori forzati, ha preso forma il mito che avrebbe sgretolato il sistema di oppressione dell’élite bianca.
Le Lettere dal carcere di Nelson Mandela sono un documento fondamentale del Novecento. La testimonianza unica e in presa diretta della determinazione, delle difficoltà e della fede nel progresso di una delle grandi icone politiche del nostro tempo: dal primo, durissimo periodo, quando gli era concesso di scrivere una sola lettera di cinquecento parole ogni sei mesi, agli scambi con le grandi personalità internazionali negli anni ottanta; dalle umiliazioni, vessazioni e privazioni di Robben Island – non gli fu permesso di partecipare al funerale della madre e nemmeno a quello del figlio Thembi – alle struggenti parole di amore e lotta inviate alla moglie Winnie, anche lei attivista e anche lei rinchiusa in prigione.
Nel centenario della nascita di Nelson Mandela, il Saggiatore pubblica in contemporanea mondiale le sue inedite Lettere dal carcere, un epistolario di rara forza che ci permette di scoprire il volto umano di un gigante nel momento più duro della sua esistenza. Pagine che, pur raccontando un presente affannoso – la sofferenza della reclusione, le preoccupazioni per le persecuzioni politiche contro amici e parenti, l’angoscia di dover fare da padre ai propri figli senza avere nemmeno la possibilità di vederli –, ci parlano di speranza e di valori senza tempo. Perché il lungo cammino verso la libertà può iniziare anche nel freddo di una gabbia senza finestre, e la convinzione dell’inevitabilità dell’alba spazzare via da sola le tenebre più scure.
Nelson Mandela (1918-2013) è stato il simbolo della lotta contro l’apartheid in Sudafrica. Unitosi all’African National Congress, per anni ha lottato contro le politiche di apartheid messe in atto dal National Party nel secondo dopoguerra. È stato arrestato nel 1962 e rilasciato nel 1990, dopo più di ventisette anni di carcere. Premio Nobel per la Pace nel 1993, nel 1994 è stato il primo presidente democraticamente eletto del Sudafrica e il primo nero a ricoprire questo ruolo. La sua autobiografia, Lungo cammino verso la libertà (Feltrinelli, 2012), è un best seller mondiale.
Aprile-settembre 2017: un catamarano appositamente modi cato porta da una costa all’altra dell’Atlantico un equipaggio molto particolare: uomini in sedia a rotelle partecipano attivamente al governo della nave, ai turni di guardia, ai servizi indispensabili. La barca si chiama Lo Spirito di Stella e dal 2009 a oggi ha ospitato oltre 5000 persone con disabilità per far loro scoprire o riscoprire il piacere di uscire per mare e contare qualcosa in un lavoro di squadra molto esigente. Anche Andrea Stella è in carrozzina da molto tempo, a causa di un ferimento da arma da fuoco in una brutta serata americana. Ma navigare è sempre stata la sua passione e, anche se feriti e limitati, alle passioni non si rinuncia.
WOW: espressione di stupore ma anche acronimo di Wheels on Waves (ruote sulle onde), è il nome che Andrea ha dato all’impresa: portare la Convenzione ONU dei diritti dei disabili da New York all’Europa e consegnarla nelle mani di papa Francesco.
14 diversi equipaggi, con persone disabili e non, si susseguono a bordo per un viaggio che rappresenta, non solo simbolicamente, una società ideale in cui tutti partecipano a un’impresa comune.
Con quest’opera l’autore pone finalmente termine ad una ricerca che dura da quasi 500 anni: quella sulla reale natura degli avvenimenti descritti dalle Centurie di Nostradamus, sulla loro estensione temporale e sulla corretta successione delle quartine. Il libro fornisce inoltre molte notizie sulla vita del veggente e sull’ambiente in cui egli operò, dai principali avvenimenti politici europei alle biografie dei più influenti personaggi della corte francese, dalle profezie più diffuse tra il popolo ai movimenti culturali più misteriosi ed esoterici, cui probabilmente Nostradamus aderì. In questo modo i lettori comprenderanno le ragioni che lo spinsero ad intraprendere la sua particolare professione e disporranno di tutti gli elementi per capire come un medico ordinario e astrologo mediocre sia potuto diventare il più famoso e controverso veggente dell’età moderna.
Note sull'autore
Flavio Ceradini è nato a Bussolengo (Verona) nel 1966 e risiede a San Bonifacio. Diplomatosi in ragioneria, coltiva numerose passioni, tra cui la pittura e la musica, ma soprattutto la scrittura, in particolare nell’ambito del mistero e dell’occulto. Ha esordito nel 1994 con Il futuro dell’umanità secondo Nostradamus (Demetra); nel 1997 ha pubblicato La maschera di ferro (La Rosa Editrice) e, nel 2010, 2062-2106, la terza guerra mondiale secondo Nostradamus (Runde Taarn-gruppo Silele). Nel 2011 è la volta di 2012: mistificazione o svolta epocale? (Fabbroni) e infine Il grande sfidante (Lulu Edizioni), opera teatrale di carattere storico.
La figlia del grande autore italo-ucraino racconta qui, sotto forma di biografia, la storia del padre: da prima che lui nascesse, in Ucraina, quando la Rivoluzione causa la separazione dei suoi genitori, fino al 1960 italiano. La figura di Scerbanenco emerge nella sua complessità, tanto di scrittore quanto umana. Se la sua opera, infatti, ha spaziato dal genere noir al romanzo popolare, passando attraverso i nuovi mezzi di comunicazione (famosi i suoi radiodrammi), e ancora le riviste, la collaborazione con Zavattini, il legame con il cinema, non meno frastagliata è stata la sua vita personale, oggetto sempre di curiosità e materia per pettegolezzi. La voce della figlia non risparmia niente: la sessualità e la moralità, il conflitto tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra ideali e realtà. Il tutto corredato da una fitta documentazione - lettere, articoli, opere, materiali editi e inediti - grazie ai quali lo scrittore emerge, vivido e attuale, come padre e come intellettuale.
Quando il destino del suo paese prende una svolta inaspettata, Clemantine Wamariya è una bambina come tante, intraprendente e viziata, una ficcanaso troppo sveglia per i suoi sei anni. A casa spesso manca l'acqua e l'elettricità, le tende devono restare chiuse, non si può più andare all'asilo ed è vietato giocare sull'albero di mango in giardino. È un continuo «ssssh!», mentre fuori si sente il rumore delle granate. Insieme alla sorella maggiore Claire, presto Clemantine è costretta a fuggire alla ricerca di salvezza, vagando da un campo profughi all'altro per sei anni, attraverso sette paesi africani. Affamate, recluse e maltrattate, senza più notizie dei propri genitori, le due ragazzine affrontano un viaggio fatto di solitudine, violenza ed estreme durezze, ma anche di rare gentilezze e inaspettati sorrisi. Conforto al male che le accerchia è il ricordo delle storie che la tata Mukamana raccontava ogni giorno, come quella, quasi profetica, di una bambina bellissima e magica, con un sorriso così luminoso da far scaturire una cascata di perline. Clemantine comprenderà il significato della parola «genocidio» solo dopo aver trovato asilo negli Stati Uniti, dove la memoria delle vittime dell'Olocausto la aiuterà a dare voce a una tragedia così personale e, apparentemente, intraducibile a parole. "La ragazza che sorrideva perline" è un memoir in cui all'incalzante incedere della narrazione fa eco una capacità riflessiva che invita a interrogarsi su temi fondamentali come il ruolo della memoria, la natura della nostra umanità, e su come non bisogna mai perdere la capacità di sperare oltre ogni lecito limite. Rara testimonianza di un genocidio che ha scosso le coscienze, quella di Clemantine è una storia ricca di grandi insegnamenti per tutti noi.
Pur fra molte incertezze, la leggenda ci narra che Akiva ben Joseph nacque attorno all'anno 50 dell'era volgare, forse nella città di Lod, nell'odierna Israele, e morì martirizzato attorno al 135 per aver continuato a insegnare pubblicamente la Torah nonostante la proibizione delle autorità romane. Si dice che fece in modo di spirare prolungando la parola echad, «uno», che conclude la prima frase della preghiera ebraica Shemà: «Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno». Rabbi Akiva, tuttavia, è una storia prima ancora che un uomo, e questo libro non può dunque essere una biografia nel senso comune del termine. È piuttosto un affresco, che attraverso la figura dell'uomo più saggio e ammirato del Talmud, fotografa la cultura ebraica palestinese del i secolo, nel drammatico momento della sua riconversione da antica religione centralizzata - fondata sul Tempio e sulla casta sacerdotale - a moderna religione diffusa di «maestri» (l'etimo di rabbini), fondata sullo studio e l'interpretazione della Torah. Tanto più che di Akiva abbiamo solo riferimenti interni a quel mondo e nulla di lui ci è invece pervenuto da fonti non ebraiche. Nel Talmud - un'immensa opera letteraria, giuridica, filosofica e religiosa, composta tra il I e il V secolo - Akiva viene descritto come il «capo di tutti i saggi», l'uomo di umili origini che studiò la Legge in età già adulta, il commentatore arguto e inventivo, quasi sempre vincente nelle dispute tra saggi. È l'esempio da seguire, e come tale è considerato l'iniziatore del rabbinismo. A questo Akiva «canonico», Holtz aggiunge qui mille sfaccettature, in un testo denso e godibile, che ci restituisce il senso di un vero e proprio eroe della sapienza, una figura sulla quale si è costruito per diversi secoli l'esempio per eccellenza del buon maestro ebraico. Questo libro può essere letto come un'introduzione al Talmud. Holtz, infatti, analizza la vita di Rabbi Akiva con una metodologia che riflette i procedimenti che si trovano in quell'opera. Così, leggendo queste pagine potremo apprendere due cose: chi fosse Akiva e quanto importante sia ancora oggi la tradizione che ce ne ha tramandato le idee; e in che termini e con quale logica si affrontano i problemi nel Talmud.
Fare il partigiano voleva dire salire in montagna, dormire all’addiaccio, mangiare poco e male, girare fra i monti con uno sten appeso alla spalla in attesa che arrivassero i tedeschi a spararti addosso. La storia di un ragazzo nato nel 1925, cresciuto nell’Italia fascista, che sceglie di ribellarsi e combattere per la libertà.
«Com’era la vita quando eri giovane?» Questa è la domanda che un ragazzo pone a Mario Mirri, uno dei più influenti storici italiani. È questa frase che fa tornare in vita, quasi magicamente, un mondo che abbiamo perduto, dove la civiltà contadina era ancora centrale, i figli tanti e i beni scarsi. I ricordi si mescolano all’analisi dello storico riuscendo a dare un senso più ampio alle esperienze di un singolo. Il piccolo Balilla si trova così a fare i conti con la scoperta di un padre che ascolta di nascosto Radio Londra o con l’improvvisa sparizione del compagno di classe ebreo. Ma è la guerra a dare una svolta. La ‘pugnalata alle spalle’ del regime fascista alla Francia spinge il giovane Mario, con altri compagni, ad aderire clandestinamente a Giustizia e Libertà e poi alla Resistenza. Questi anni, con le sofferenze, le torture subite, la perdita degli amici ma anche il contatto con ‘il mondo degli uomini’, saranno centrali nella formazione etica e politica sua e di una intera generazione.