Grazie alla rivoluzione digitale e allo sviluppo di Internet è oggi disponibile online una sterminata quantità di risorse e contenuti, molti dei quali utili anche per la scuola, l'apprendimento, la formazione personale e professionale di ciascuno di noi. Nonostante l'enorme complessità orizzontale della rete, questi contenuti sono però in genere granulari e frammentati: la complessità verticale che era tipica della cultura del libro sembra almeno in parte sacrificata. L'età della rete è necessariamente anche l'età della frammentazione? Quali strategie e quali strumenti possono essere usati per favorire una maggiore attenzione alla capacità di costruire e utilizzare - anche in digitale - contenuti strutturati e complessi? Come cambia il ruolo del libro e della lettura nella scuola di oggi e di domani, in cui ogni studente ha in mano anche, e a volte solo, uno smartphone? Gino Roncaglia prova a rispondere a queste domande proponendo, con uno stile sempre chiaro e discorsivo, una visione del digitale e della rete assolutamente originale.
Questo saggio di agile lettura ci porta nel mondo dei social media, delle informazioni e delle idee che circolano e creano consenso nel grande pubblico sull'una o l'altra posizione... spesso alimentate e confermate da fake-news, strategie comunicative a orologeria, reazioni enfatizzate dei singoli utenti, interventi degli haters, smentite e contro-smentite.
Un viaggio alla scoperta di come si formano, oggi, le opinioni date per certezze, i sospetti scambiati per sapere, il gradimento assegnato a personaggi e giudizi cui diamo credito senza pensarci.
Un esperto di comunicazione ci aiuta a comprendere che se siamo capaci di partecipare al mondo della rete - anche dando il nostro contributo - non è detto che solo per questo siamo messi nelle migliori condizioni per conoscere, pensare, valutare e agire nel modo più opportuno.
Lanfranco Norcini Palla, giornalista, responsabile dell'Ufficio comunicazione delle Acli, è stato direttore del mensile "Azione Social". Per oltre dieci anni ha fatto parte del Comitato per la stampa italiana all'estero presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Oggi si dedica allo sviluppo di programmi di educazione all'uso della Rete.
Un libro che offre gli strumenti per rispondere alle domande fondamentali sull’uso che facciamo di internet e della tecnologia, e che aiuta ciascun lettore a stabilire un punto di equilibrio tra on line e on life. Una scommessa formativa per tutti, fondata su un metodo preventivo e sulle virtù del web, perché sia possibile educare i nostri ragazzi, fin da bambini, a “saper essere” e non solo a “saper fare” sul web, senza lasciarsi rubare la libertà, la coscienza critica, le relazioni, il tempo, i talenti e i valori.
In chiusura una preziosa Appendice sulla didattica a distanza con consigli pratici per gli studenti delle diverse età, per i genitori e per gli insegnanti di ogni ordine e grado.
Marco Pappalardo, giornalista pubblicista di Catania e docente di Lettere. Ha insegnato “Educazione e mondo virtuale” presso l’Istituto Teologico S. Tommaso a Messina e tematiche dei new media presso l’Università di Catania. Collabora con Avvenire, Credere, La Sicilia, e per siti che si occupano del mondo adolescenziale, giovanile e della scuola. Ha scritto libri su temi educativi, sociali, religiosi, formativi, della comunicazione. Con Edizioni San Paolo ha pubblicato Nelle Terre dell’Educazione; Welcome!; Diario (quasi segreto) di un Prof.
Il coronavirus sta velocizzando la mutazione tecnologica e sta rendendo il dibattito sui gemelli digitali più che mai urgente. Il gemello digitale è la nostra vita riprodotta e raccontata dai dati; un "altro noi" che si fa strada grazie al mondo degli assistenti virtuali, che incarna tutte le facoltà umane e le trasforma in un tutt'uno, rendendoci «trasparenti». Saremo capaci di gestire questi strumenti per il bene di tutti, o finiremo per delegare loro poteri considerevoli, perdendo le capacità che ci rendono esseri umani, come l'intelletto, il giudizio, l'immaginazione? L'unico modo per non farci sopraffare è riuscire a riappropriarci della gestione dei nostri dati, pretendendo garanzie politiche e giuridiche più elaborate di quelle già esistenti. Dobbiamo essere noi a costruire il nostro gemello prima che lo facciano altri. Prefazione di Roberto Saracco.
Internet ci rende stupidi? Abituati alla velocità con cui accediamo alle informazioni scivolando, come su una tavola da surf, da un sito all'altro, viene meno in noi la pazienza richiesta da un libro o da un articolo lungo e complicato. Dopo una pagina o due ci innervosiamo, perdiamo il filo, avvertiamo l'esigenza di occuparci d'altro, di cambiare attività. La concentrazione nella lettura ci è divenuta estranea. Oggi l'umanità è totalmente connessa. E quindi: che fare con la novità rappresentata dalla rete, e in generale dalla civiltà digitale? Accettarla o rifiutarla? Per rispondere a questa domanda dobbiamo compiere un viaggio di duemila anni. Ermanno Bencivenga ci accompagna lungo questo cammino nella storia del pensiero occidentale: Platone è la nostra guida, Kant la stella polare. È un tragitto di secoli e millenni di idee e scoperte straordinarie e addirittura scandalose, eppure capaci di conquistare la normalità e tradursi in visioni del mondo universali. Così scopriamo che la nostra identità è stata messa in discussione ad ogni rivoluzione tecnologica. Ciascun cambio di paradigma sconvolge e rinnova la radice delle nostre consuetudini e dei nostri desideri. Ogni giudizio di valore è subordinato a una particolare fase del tempo, del mondo e della Storia. Allora, la domanda va riformulata: la rivoluzione digitale non ci rende più stupidi o più intelligenti, ma cambia profondamente la nostra postura nei confronti di noi stessi e del mondo. E ogni cambiamento radicale è un'occasione preziosa e insostituibile per chiederci chi siamo.
La salute umana sempre più ha necessità di adottare soluzioni digitali per prevenire, diagnosticare e curare le malattie del nostro tempo. Dall’attuale pandemia da coronavirus fino alle patologie più comuni, la medicina cerca urgentemente soluzioni high-tech che permettano di analizzare enormi quantità di dati clinici e radiologici e che forniscano risposte a bassissimo tasso di errore. In medicina digitale oggi prende forma il gemello digitale, o digital twin, che accompagna l’essere umano durante la sua esistenza e fornisce ai server remoti tutte le informazioni necessarie per prevenire e curare. Di fronte a una possibile invasione della sfera privata da parte di supercomputer straordinariamente abili e all’aumento travolgente della complessità tecnico-scientifica di cui siamo testimoni, l’individuo è oggi in balia di tecnologie a lui perlopiù estranee. Questo libro racconta delle molteplici possibilità che si aprono nel mondo della salute personalizzata ma anche, e soprattutto, delle incertezze che l’“eroe Antonio” deve affrontare per comprendere ciò che lo circonda.
Note sull'autore
Simone Melchionna, laureato in Fisica presso l’Università La Sapienza di Roma, è esperto internazionale di supercalcolo e metodi algoritmici applicati alla biomedicina, alla fisica e alla chimica. Ha lavorato presso l’Università di Cambridge, l’École Polytechnique Fédérale di Losanna e l’Università di Harvard, pubblicando centinaia di articoli scientifici, brevetti e software impiegati in ambiti scientifici e industriali. È ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, insegna presso l’Institute for Advanced Computational Studies dell’Università di Harvard e collabora con istituti di ricerca e ospedali internazionali. I suoi metodi d’avanguardia sono usati in medicina di precisione nell’ambito della diagnostica e prognostica polmonare e cardiovascolare. Grazie alle sue scoperte, due società operanti in Italia (MedLea Srls) e negli Stati Uniti (Lexma Technology LLC) producono piattaforme software per l’ingegneria e per la biomedicina.
In questo eccezionale libro inchiesta Marco Pizzuti fa il punto della situazione su ciò che sappiamo per certo riguardo alla rivoluzione tecnologica in arrivo, rivelandoci come un progresso promettente e "scintillante" possa nascondere anche degli aspetti inquietanti.
La nuova connessione di telefonia mobile, chiamata 5G in quanto giunta alla sua quinta generazione, correrà a velocità impensabili solo fino a qualche anno fa e soprattutto stabilirà una stretta relazione fra gli oggetti "smart" e l'intelligenza artificiale, facendoci compiere il salto evolutivo nella nuova era dell'"Internet delle cose". Saremo sicuramente più assistiti, ma anche più controllati; saremo più profilati, ma anche più bombardati da raffinate strategie di marketing; verremo catapultati in un ecosistema artificiale quasi totalmente interattivo e le nostre informazioni più intime saranno sempre e immediatamente note a tutti coloro che vi avranno accesso. Il 5G in buona sostanza è la tecnologia che può garantire il controllo individuale e collettivo sull'intera popolazione, trasformandosi nella versione contemporanea del Grande Fratello di George Orwell. La rivoluzione tecnologica porta con sé anche altri dilemmi che riguardano la nostra salute: da una parte il 5G permetterà, per esempio, di farci operare in remoto senza far spostare fisicamente il chirurgo; dall'altra molti scienziati denunciano la trasmissione delle onde del 5G come un grave pericolo per il nostro organismo e l'intero ecosistema. E a questo proposito il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier ha persino avanzato il sospetto che l'epidemia di Coronavirus sia esplosa a Wuhan proprio perché si tratta della "smart city" 5G per eccellenza, con oltre 60.000 antenne a onde millimetriche già attive: secondo la sua controversa tesi, l'esposizione al 5G può avere indebolito le difese immunitarie della popolazione rendendo più gravi gli effetti patogeni del virus. Dossier 5G affronta anche le questioni di sicurezza e di carattere militare: come fa uno Stato ad assicurarsi che i big data generati dal 5G dei suoi cittadini non finiscano in mano a potenze straniere o, peggio ancora, a formazioni di stampo terroristico?
Le tecnologie dell'informazione hanno smesso di essere semplici mezzi di comunicazione e si sono trasformate nel nostro contesto esistenziale. L'ambiente digitale, affascinante e per molti aspetti ancora inesplorato, segnato da confini sempre più incerti tra reale e virtuale, è una vera e propria rivoluzione culturale. Essa condiziona l'esperienza individuale e sociale e deve essere compresa a fondo, se si vuole che le persone riescano ad attribuire un nuovo significato al silenzio e a riappropriarsi di uno sguardo più contemplativo sulla realtà. Con l'obiettivo di equilibrare l'ecosistema della comunicazione, donando profondità alla parola, spessore all'ascolto e autenticità al dialogo tra le persone.
Il Digital Age è una nuova epoca nella storia dell'uomo: a causa del potere della tecnologia sta davvero cambiando tutto ed è bene comprendere quanto ci sta trasformando. Questo testo descrive: 1. il cambiamento avvenuto e ancora in corso; 2. le caratteristiche della cultura contemporanea; 3. le nuove coordinate esistenziali - e le sfide aperte - che la nuova epoca ci suggerisce, in primo luogo a proposito delle nostre relazioni fondamentali. Nella prima parte l'autore delinea la teoria del cambio d'epoca: in che mondo viviamo? Quali i suoi strumenti? Quali i suoi linguaggi? Quale la nuova cultura che preme sulle nostre tradizioni e abitudini e ci costringe a cambiarle profondamente? Chi è l'uomo nuovo del Digital Age? Nella seconda parte si affrontano alcune questioni decisive: i nuovi valori, il rapporto tra la tecnologia e la qualità della vita, le caratteristiche della cultura pop di oggi, i giovani e la famiglia ecc. Al termine di ogni capitolo della seconda parte, l'autore sintetizza e raccoglie le sfide che maggiormente emergono nell'ambito del vivere concreto che il capitolo stesso analizza.
Cosa significa guardare ai media con un approccio ecologico? Ce lo spiega Fausto Colombo, uno dei nostri più autorevoli sociologi della comunicazione, in questo suo libro dove analisi critica e prospettiva etica si integrano in un discorso puntuale e suggestivo insieme. I media nel loro complesso appaiono un ecosistema in continua evoluzione. Come ondate sempre più potenti, si riversano sul mondo prima i mezzi a stampa, poi la radio e la televisione, poi ancora la prima digitalizzazione e l'utopia di internet, per arrivare oggi alle grandi piattaforme, macchine algoritmiche la cui benzina è costituita dai comportamenti degli utenti. Un ecosistema, quest'ultimo, che produce effetti sulla vita sociale e che, oltre a offrire straordinarie opportunità, può anche letteralmente inquinare il nostro universo simbolico, come fanno i discorsi d'odio e le false verità circolanti sui social, che le piattaforme non sembrano completamente in grado di limitare. Ma praticare un'ecologia dei media significa anche preoccuparsi di agire per migliorare le relazioni interpersonali e il rapporto con il mondo attraverso i media, non limitandoci a seguire, in modo spesso ingenuo, le impronte del progresso tecnologico o delle leggi del mercato e cercando invece di reagire alla saturazione dei nostri tempi e dei nostri spazi vitali. Perché è arrivato il momento di fermare la frenesia 'social' e di guardare come i nostri avatar o nickname ci parlano di noi stessi in quanto umani. Dopo averci guidato attraverso le riflessioni teoriche e le pratiche quotidiane che promuovono una rinnovata sensibilità etica nell'uso dei media, Colombo ci propone un 'manifesto per una comunicazione gentile', dove gentile sta certamente come invito ad abbassare i toni tornando al garbo della conversazione faccia a faccia e al rispetto degli interlocutori, ma sta anche e soprattutto come richiamo alla gens cui tutti apparteniamo, alla nostra unica famiglia, la specie umana, che, sola fra tutte le specie, attraverso la comunicazione può pensare se stessa oltre il presente, in continuità con le generazioni passate e con lo sguardo aperto sulle future. Una possibilità straordinaria e preziosa, e ora fragile più che mai nelle nostre mani.
Siamo entrati nella nuova era della civiltà digitale e stiamo imparando, anche in modo drammatico, come «usarla». La rivoluzione della data economy investe e investirà profondamente la nostra stessa cultura e cambierà - non sempre in meglio - i nostri modi di lavorare, informarci, studiare, muoverci, produrre beni e servizi, creare nuove opere, vendere, comprare, coltivare relazioni personali. Ma non possiamo arrenderci di fronte allo straniamento che si prova tra boom del commercio online e chiusura dei negozi, robotizzazione e caduta dei posti di lavoro, trionfo dei social network e «fine della privacy». La sfida è reagire e «vivere» il cambio dei modelli di vita, di lavoro, di socialità. Mettere la tecnologia al nostro servizio senza esserne sopraffatti, imparare ad affrontare la novità come in passato abbiamo fatto con le altre grandi rivoluzioni scientifiche dalla comparsa delle macchine a vapore, del treno, dell'elettricità, dell'automobile. E per farlo occorre mettere in campo proposte e correttivi concreti che gli autori avanzano in queste pagine ricche di esempi e dati. Un pamphlet provocatorio e costruttivo al tempo stesso su come affrontare la più grande discontinuità nella storia recente dell'uomo.
Come scrive Tito Orlandi nella presentazione del volume, "quello che lo distingue da trattati per alcuni versi similari è il suo essere concepito come esposizione sistematica dei problemi per le persone colte interessate, ma anche e forse soprattutto come manuale ampio ed esauriente rivolto all'insegnamento e all'apprendimento universitario. L'esigenza è oggi sentita, ed è un grande merito che sia stata colmata. Non sta naturalmente a me di illustrare il contenuto e le caratteristiche del libro; tuttavia accennerò, perché mi hanno particolarmente colpito, la trattazione dei due modi di vedere l'informatica umanistica, la quantità di informazioni su siti web e software utili all'utente, l'insistenza sui concetti di base, il coraggio nell'invitare a scegliere software difficili ma seri". Il volume cerca di muoversi tra teoria e prassi, secondo la prospettiva della 'scuola romana' che riconosce appunto in Orlandi il suo ispiratore fondamentale, e di ricondurre lo sviluppo dell'informatica umanistica, e principalmente dell'informatica testuale, a esigenze profondamente radicate nella storia della filologia e della cultura occidentale, dal mondo ellenistico, alle indicizzazioni bibliche medievali, alla filologia 'quantitativa' otto-novecentesca.