Nel tentativo di ricomporre la storica divisione tra Diritto e Liturgia e rendere la partecipazione ecclesiale al Mistero di Cristo anche personalmente efficace, l’autore si propone di dare nuovo slancio al Diritto liturgico con un cambiamento di prospettiva che trova nella Liturgia la logica (teologia), nel Diritto canonico il metodo e nell’actio l’oggetto. Il superamento dei tentativi finora risultati inefficaci porta a considerare il Diritto liturgico, in senso personalista, come un “fenomeno”e non come il sottoinsieme di una distinta “disciplina”.
Tutti coloro che oggi si sentono chiamati ad annunciare il Vangelo della gioia non possono evitare la cura e la bellezza. Queste pagine, ispirate alla “Via Pulcritudinis”, invitano a riflettere sulla bellezza come “forma dell’amore”, sia in senso liturgico, sia in senso teologico e spirituale. Quando c’è l’amore, tutto prende forma. E la forma è sempre bella.
L'autore analizza la formula del rito della messa detta "apologia", che è presente pressoché sempre e in tutti i messali (pur in molteplici differenziazioni), a partire dall'epoca della comparsa di questo libro liturgico riservato alla celebrazione dell'eucaristia. L'analisi prende anzitutto in esame il termine "apologia", presente già nei manoscritti per poi proporre una storia della nascita e dell'evoluzione delle "apologie" in Oriente e in Occidente. L'ambito della ricerca comprende i testi che vanno dalle testimonianze più antiche, dai rituali (ordines) del VII secolo al messale di Paolo VI (riformato a seguito del Concilio Vaticano II), passando da quello di tridentino. Una parte preponderante dell'analisi è dedicata alle apologie del messale di Paolo VI, in vista di una rivalutazione di tali preghiere presenti ancora, anche se in minima parte, nel messale attuale. Un corpo di appendici con gran parte dei testi analizzati dall'autore, insieme a degli utili indici correda il testo.
La nuova edizione del messale romano approvata dalla CEI offrire alla liturgia anche una diversa traduzione della preghiera del «padre nostro». una delle novità che ha fatto scalpore è la notizia di una traduzione “nuova” nella sua penultima domanda: «non ci indurre in tentazione». su questa espressione già in passato sono stati versati fi umi di inchiostro. «Non abbandonarci alla tentazione» sarà la nuova traduzione. Questa decisione dei vescovi italiani ha incuriosito molti. È davvero tutta “colpa” di papa Francesco?
Durante l’anno liturgico, la chiesa si premura di dischiudere ai fedeli «i molteplici tesori dell’unica Parola di Dio». Anche nel corso del Tempo ordinario «la chiesa si edifica e cresce nell’ascolto della Scrittura e i fatti mirabili che un tempo Dio ha compiuto nella storia della salvezza vengono in mistica verità ripresentati» di fronte ai nostri occhi.
Delle azioni compiute dal Dio biblico nella storia è testimone per esempio Anna, insieme al figlio Samuele. Nelle storie che vedono protagonisti prima Saul, poi i giovani amici Gionata e Davide, al tempo dei complessi inizi della monarchia, l’intero popolo di Israele può riconoscere l’intervento salvifico del Signore. Ed è la stirpe dello stesso re Davide che sale successivamente alla ribalta, nel bene e nel male: vuoi con le vicende che toccano Salomone e i suoi successori (come Ezechia, per esempio), vuoi con i profeti che pungolano criticamente l’istituzione regale. Ed ecco allora Elia ed Eliseo, Amos e Geremia dare voce al messaggio divino che richiama i termini dell’alleanza.
Le letture bibliche indicate dalla liturgia feriale del Tempo ordinario consentono, infine, di dedicare un’attenzione speciale ad altri personaggi di prim’ordine, come il sapiente Giobbe, l’apostolo Paolo e il suo fedele collaboratore nell’evangelizzazione, Tito.
Una storia divina-e-umana di realismo e di profezia che, focalizzata su singole figure e meditata nella lectio divina, si fa per noi «norma e sostegno di tutta la vita».
La spiritualità classica afferma che la perfezione umana è trascendente e situata nell'oltre; desiderare di ottenerla quaggiù è un'illusione incapace di distinguere fra il temporale e l'eterno. Non dovremmo sognare di realizzare la felicità e la perfezione in questa "valle di lacrime", in questo regno di duhkha, sofferenza e dolore. La sensibilità spirituale contemporanea si ribella contro questo atteggiamento. L'uomo e la donna contemporanei non attenuano la loro sete di infinito, ma si rifiutano di credere che la via che porta alla perfezione umana debba passare attraverso l'abbandono e il deprezzamento dei valori umani, o che stia semplicemente al di sopra di essi. Non rinunciano al trascendente, ma non vogliono essere separati dall'immanente. Mancano però ancora esperienze in questa direzione; abbiamo bisogno del coraggio di osare nuovi esperimenti, di provare a immaginare una nuova identità spirituale, laica, libera da appartenenze e identificazioni troppo strette o rigide. I quattro volumi del "Breviario universale" raccolgono oltre 500 testi di preghiere, a cui si aggiungono 900 letture appartenenti a diverse tradizioni e i relativi commenti spirituali che l'autore ha raccolto e distribuito nei 365 giorni dell'anno. Uno strumento da usare, più che un libro da leggere, una via per coltivare la dimensione spirituale che ci connota nel più profondo del nostro essere, rendendoci fratelli e sorelle in una comune umanità. Un'opera che si propone di ridare voce allo straordinario patrimonio d'insegnamenti di tutte le più grandi tradizioni sapienziali dell'Oriente e dell'Occidente, da quella induista a quella cristiana, da quella ebraica a quella buddhista, da quella islamica a quella taoista.
Fare teologia con il Lezionario? Si, è possibile e anche proficuo. Certamente non emerge la teologia "completa". Per ottenere la teologia nella sua completezza, bisognerebbe associare le tematiche bibliche a quelle che emergono dal patrimonio ecologico e dall'insieme di riti e gesti che le accompagnano. I temi biblici - nella loro ricchezza nominale, contenutistica e articolata - sono però un punto fondamentale di partenza per qualunque riflessione teologico-dogmatica. (pag. 4)
"Varrebbe la pena di leggere questo libro anche soltanto per la forza con cui l'autore fin dalle prime pagine difende la specificità del cristianesimo: non è una religione del libro, ma è la storia di una amicizia nata tra le strade della Palestina e che prosegue oggi nella vita della Chiesa".
(Dalla Presentazione di Franco Nembrini)