L'operosa ricerca e l'insaziabile curiosità di Federico Zeri si muovono liberamente nel tempo e nello spazio, dai grandi temi dell'arte ai più minuti o stravaganti aspetti della comunicazione visiva, ravvicinati dalla capacità dell'autore di coinvolgere il lettore e di trascinarlo. Pagine nate in occasioni e tempi diversi acquistano così un'intima unità, animate sempre dalla straordinaria erudiziene, dal costante senso della storia, dalla lucidità interpretativa e dalla puntigliosa foga polemica del grande maestro. I cui intenti, sin dal titolo, risultano palesi: l'"orto" che egli coltiva non è chiuso, non è quell'hortus conclusus che indica l'intimità dei segreti pensieri o il geloso campo di un lavoro intellettuale; bensì è aperto, a disposizione del pubblico e insieme luogo da cui si può indagare in qualsiasi direzione. Il ricco corredo iconografico consente inoltre un puntuale riscontro visivo delle affermazioni dell'autore e fa di questo libro un prezioso strumento per la lettura dell'opera d'arte.
Durante l'ultimo assedio di Costantinopoli, segni funesti prostrarono la resistenza dei difensori. La notte del 24 maggio 1453 un'eclisse di luna oscurò il ciclo per tre lunghe ore, così come per tre ore, il giorno in cui Cristo morì, "si fece buio su tutta la terra". Poi i segni nefasti si moltiplicarono: nel corso di una processione solenne, la sacra icona della Madonna scivolò a terra; una pioggia torrenziale allagò la città; una nebbia fittissima, mai vista in quella stagione, l'avvolse ; e una strana luce, interpretata come quella dello Spirito Santo, cominciò a scintillare sopra la cupola di santa Sofia, brillò e scomparve, come un fuoco fatuo, nelle campagne.
La mattina del 29 maggio 1453, Costantinopoli cadde nelle mani dei turchi. L'imperatore Costantino XII morì combattendo, e il suo corpo non fu mai ritrovato. La chiesa di santa Sofia, "il paradiso terrestre, il secondo firmamento, il Veicolo dei cherubini, il Trono della gloria di Dio", fu spogliata delle offerte dei secoli. I saccheggi, le uccisioni e i pianti degli schiavi risuonarono tra le mura della città. Bisanzio non esisteva più: quella straordinaria mescolanza di superba ostentazione terrena e di umile fede in Dio, quei palazzi e quei monasteri, la crudeltà atroce e la delicata pazienza, tanto genio ardente, tanta intelligenza squisita ed estenuata; tutto quello che aveva rallegrato lo sguardo dei secoli era morto per sempre. Per qualche anno l'umanità avvertì quel vuoto, quel brivido che si produce quando qualcosa di grande lascia la terra. I cantastorie ricordavano le parole di Geremia : "Colei che era una principessa tra i pagani e una regina tra le nazioni, ora deve servire". Il secondo volume della raccolta curata da Agostino Pertusi è diviso in due parti. La prima raccoglie i molteplici echi, racconti e testimonianze che la caduta di Costantinopoli risvegliò in tutto il mondo, dall'Occidente alla Grecia, dalla Turchia alla Russia. La seconda comprende i lamenti in prosa e in poesia che la scomparsa di Bisanzio ispirò ai poeti greci, veneti, francesi, tedeschi, slavi, armeni, e ai poeti popolari della Grecia e del Ponto.