Il testo di don Giorgio bozza ci offre proprio un elenco di parole della politica, che può aiutare a ritrovare il coraggio di una politica vissuta senza timore e senza il pericolo di soccombere alle parole violente che spesso circondano chi fa politica, o che addirittura provengono da chi fa politica. (Dalla prefazione di Marco Cagol). questo dizionario minimo suggerisce semplicemente alcune “lettere” per scrivere o riscrivere il percorso politico di quei cittadini che sentono forte il desiderio e la nostalgia di offrire un contributo per realizzare il bene della società. La speranza è che questi frammenti di un discorso politico possano essere un ristoro al nostro correre veloci sopra questi temi, troppo importanti perché siano oggetto di riflessione qualche giorno prima dell’ennesima tornata elettorale.
Il libro svolge una lettura critica del liberalismo morale americano. Sono le idee di coloro che si autopresentano come liberal e che propongono un'ideologia che concepisce la libertà individuale come un assoluto. Essa comporta affermare che ogni persona deve essere autonoma nelle proprie scelte, senza che la comunità - che si tratti della propria famiglia, della società civile, dei corpi intermedi o della stessa Chiesa - possa indicarle un valore ultimo. Nel quadro di tali teorie liberal, la sola esistenza di un valore ultimo costituirebbe una minaccia alla libertà individuale. La relazione tra legislazione e vita virtuosa è stata oggetto di studi per molti secoli, in particolare dalla tradizione di pensiero che fa capo a Aristotele e a San Tommaso d'Aquino. Essa è stata raccolta dalla Dottrina Sociale della Chiesa e da molti studiosi tra quanti hanno intrapreso una lettura critica del liberalismo morale vigente ai nostri giorni. Il nostro studio prende come punto di riferimento gli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, con il desiderio di riflettere per favorire l'esistenza di una società veramente libera. In definitiva, si può dire che esiste anche un liberalismo buono e conveniente per un cristiano, quello che si intende come principio antiassolutista e anticollettivista. Allo stesso tempo, non ci è possibile ignorare che il liberalismo, in senso filosofico forte, può assumere la forma di principio antidogmatico. Se la Chiesa, giustamente, condanna il liberalismo in quanto principio religioso antidogmatico, ciò non significa che la concezione cristiana dell'uomo e della società favorisca l'assolutismo illiberale.
"Un epistolario telematico su deliri populisti, incubi fondamentalisti, prodigi della rete e altre ombre della contemporaneità (novembre 2013-luglio 2014). Rapaccini e Raffaelli dimostrano che prima di tutto viene la capacità e la possibilità di far conto anche su altri mezzi formativi. Sventando il primo pericolo che la Rete propone e che è quello di essere prigionieri della palla di vetro soli, isolati e solitari, pur stando in contatto con una folla e col mondo intero. Ne nasce un colloquio che spazia dalla filosofia alle concezioni politiche e sociali; dalla conoscenza tecnologica dello strumento alla più particolare delle esperienze personali. Perdendosi anche loro in un mare magnum da cui si sentono in alcuni momenti quasi travolti, mai dimenticando, però, in nessuno di quei momenti, che la forza, quella vera, sta nel cervello dell'uomo e non in quello di un mezzo." (dalla Prefazione di Walter Patalocco)
Il problema del potere riproduce le dispense del corso di "Scienza della politica" che Norberto Bobbio tenne nell'Università di Torino nel 1966. Un nuovo (e pionieristico) campo di indagine per il filosofo del diritto, che tuttavia rappresenta per certi versi un approdo quasi naturale nel suo itinerario: non solo per gli studi sui teorici dell'elitismo che egli aveva avviato già dalla fine degli anni Cinquanta, ma anche per gli esiti della sua teoria giuridica, giunta a mettere in discussione la chiusura del sistema kelseniano e a guardare, oltre la Norma fondamentale, verso il territorio in cui il diritto incontra il potere. Da questo momento in poi Bobbio ripeterà numerose volte la fortunata formula secondo la quale «diritto e potere sono due facce della stessa medaglia», sintetizzando efficacemente la convinzione che ispirerà tutta la sua successiva riflessione giuridica e politica: lo studio del diritto non può non implicare la riflessione sul potere, e viceversa.
Negli ultimi decenni abbiamo più volte sentito dire che il mondo «non sarà mai più lo stesso». È accaduto all'indomani dell'11 settembre, dopo la recessione del 2008-2009 e la crisi dei rifugiati nel 2015. Tuttavia le cose cambiano non perché ci sia una volontà di cambiamento, ma «perché non si può tornare indietro». Mentre trascorreva il lockdown nella sua nativa campagna bulgara, Ivan Krastev, politologo e opinionista del «New York Times», ha cominciato a interrogarsi sugli effetti della pandemia da Covid-19 e su come sarebbe cambiato il futuro. Benché tracciare la storia di una trasformazione ancora in atto renda difficile avanzare delle ipotesi, è innegabile che l'esperimento sociale della quarantena abbia scoperto nodi politici ed economici irrisolti, che accomunano le singole realtà nazionali. In poche settimane, il «cigno grigio» della pandemia ha catapultato Stati e continenti nell'incertezza. Dalla Cina all'Italia, dalla Svezia agli Stati Uniti. Tanto nelle democrazie liberali quanto nei regimi autoritari, però, i governanti si sono dimostrati sprovvisti degli strumenti interpretativi necessari per fronteggiare una crisi inedita rispetto a quelle più recenti e si sono ingenuamente ostinati a operare attraverso leggi d'emergenza. Eppure, la pandemia produrrà cambiamenti irreversibili, e a farne le spese potrebbe essere soprattutto l'Unione Europea, insieme a uno dei fondamentali assunti comunitari, ovvero che l'interdipendenza generi sicurezza e prosperità. Attraverso sette paradossi, Krastev analizza questo incerto presente, teatro tra gli altri del «fallimento dei leader politici mondiali nel mobilitare una risposta collettiva» a una crisi che non potrà essere superata senza un progetto politico responsabile e condiviso.
Se tutto è in relazione, dobbiamo ammettere che la polis, la città, è la comunità umana nel mondo e non coincide con un ambito ristretto (regione, nazione o continente) di cui qualcuno possa dirsi padrone: ogni scelta rilevante è di fatto una scelta politica, perché incide anche sulla vita degli altri. Che cosa significa fare politica? E perché un impegno simile mi riguarda personalmente? Come potrò portare buoni frutti per la società? L'autore cerca di mettere in luce il senso della politica e le ragioni per scegliere l'azione in prima persona senza subire qualsiasi cosa nell'inerzia e nell'incoscienza. Maturare una scelta politica che porti ad agire per il bene comune porta necessariamente ad affrontare se stessi.
"Se nessuno fa niente per cambiare le cose, fallo tu!". Ti sei mai chiesto come mai nel quartiere dove abiti non c'è un posto in cui passare i pomeriggi, o perché nessuno protesta per la tua scuola che cade a pezzi? Forse ti sembra una cosa lontana, da adulti, ma la politica è molto più vicina alla tua vita di quanto pensi. Perché fare politica è tante cose. È esprimere la tua opinione su un tema che ti sta a cuore, difenderla con coraggio, riunire altre persone che la pensano allo stesso modo, impegnarsi per farsi ascoltare e infine riuscire a migliorare le cose, anche solo un po'. Ma la politica è anche qualcosa di più: è generosità, dare voce a chi non ce l'ha, aiutare chi ha bisogno, imparando a mettere le necessità degli altri davanti alle tue preferenze. Perché un bravo politico sa che la scelta giusta è quella che produce un risultato migliore per la maggioranza, spesso composta anche da chi non sa farsi sentire. Tutti possiamo aiutare, anche tu. Anche se sei molto giovane. Anche se ancora non puoi votare. Giuliano Pisapia e Lia Quartapelle ti racconteranno, attraverso le loro esperienze e gli esempi delle più famose personalità dell'attivismo e della politica, come farti un'opinione e poi portarla avanti per raggiungere un obiettivo che consideri giusto e utile per l'interesse collettivo, e non solo di una parte. Perché il bene comune si costruisce tutti insieme, e non è mai troppo presto per cominciare. Età di lettura: da 11 anni.
Piersanti Mattarella (1935-1980) fu una personalità esemplare, nella quale si integravano la dirittura morale, la vocazione al bene comune ancorata all'ispirazione cristiana, la competenza, una visione innovativa del ruolo dell'uomo politico, dei profili legislativi e amministrativi, delle formule di coalizione tra i partiti. Nel troppo breve periodo in cui fu alla guida della Regione Siciliana, accreditandosi al contempo come leader di livello nazionale, egli riuscì a incidere con forza su alcuni centri di interesse economico e sui loro intrecci con i poteri criminali mafiosi. A quarant'anni dalla sua vile uccisione questa luminosa figura viene qui analizzata da nuove e molteplici angolature.
L'Europa travolta dal coronavirus è dinanzi a una crisi che viene definita "senza precedenti-. Effettivamente senza precedenti è questa pandemia che ha costretto per settimane al lockdown più di quattro miliardi di persone in tutto il mondo. Non sono, però, senza precedenti le difficoltà che la Ue sta incontrando nell'affrontare l'ennesima crisi degli ultimi dieci-quindici anni: difficoltà di ricomporre a livello europeo i divergenti interessi nazionali, di adeguare il proprio strumentario alle sfide che ha dinanzi, di essere solidale. Del resto, è almeno dal 2014 che si parla di Unione Europea in "crisi esistenziale-. In questa sede si prova a riflettere su alcune delle scelte politiche più significative che hanno causato tale crisi, per provare a individuarne ragioni e responsabilità. Il volume offre un punto di vista forte sulla questione, sostenendo che troppo si è indugiato sul ricondurre la crisi politica della Ue alla minaccia populista e sovranista. Lettura che ha alimentato una sottovalutazione della dimensione "esistenziale" della crisi europea e delle responsabilità di un europeismo divenuto incapace di mettere in discussione lo status quo. Con questo lavoro si propone un'analisi che spazia oltre le ultime due legislature europee e, attraverso il confronto con personalità del calibro di Giuliano Amato, Angelo Bagnasco e Suor Alessandra Smerilli, si avanza una proposta di metodo: solo un dibattito sulle ragioni dello stare assieme in Europa può alimentare un nuovo europeismo e, così, rilanciare il progetto di integrazione.
I principi costitutivi della sociologia di Luigi Sturzo, proprio nello spinoso campo dei rapporti tra Chiesa e Stato, raggiungono un approdo felice, inquadrando gli elementi peculiari della socialità politica e religiosa quali parti vitali e interdipendenti di un unico e armonioso sistema. Per il prete siciliano, Chiesa e Stato sono una diarchia sociologica che, dall'apparizione del cristianesimo a oggi, pur con una straordinaria variazione di fasi e possibilità di adattamenti, si è dimostrata costante. Il confronto tra i due poteri, nella visione sturziana, non è altro che uno sviluppo del dualismo cristiano che sulla base del «rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio», ha reso possibile una nuova storia della civiltà umana. È merito dell'autore aver investigato per primo, nel testo che qui riproponiamo, l'esatta inquadratura della teoria sociologica di Sturzo, «con una trattazione rigorosa e ampia, tutta riscaldata da un ardore devoto per il Maestro, senza sacrificare i criteri della ricerca scientifica, ma vivificandola e potenziandola con efficacia tutta particolare e costruttiva». Un volume che, come è stato riconosciuto, è stato utilizzato per approfondire lo studio della sociologia sturziana e che, di sicuro, anche oggi, potrà essere di riferimento per valutare e riconsiderare i rapporti tra Chiesa e Stato.
Una riflessione su una visione differente dell'attuale modello di sviluppo e ordine sociale. Bisogna chiedere al mercato non solamente di essere efficiente nella produzione di ricchezza e nell'assicurare una crescita sostenibile, ma anche di porsi al servizio dello sviluppo umano integrale, di uno sviluppo, cioè, che mantenga in armonia tutte le dimensioni dell'umano. Il volume, grazie anche alle interviste a importanti studiosi (Leonardo Becchetti, Francesca Corrao, Francesco D'Agostino, Jean Pierre Darnis, Paola Marion, Eugenio Mazzarella, Stefano Zamagni) fornisce chiavi di lettura su temi di stringente attualità. Prefazione di Gianfranco Ravasi e introduzione di Giuliano Amato.
Il cuore del libro si svilupperà su due polmoni, la politica della città e la politica dell’Europa, attraverso 18 brevi studi, pensati come un unico spartito diretto dal curatore che ne assicura coerenza stilistica e contenutistica. Il lettore sarà accompagnato in un percorso tematico di ricostruzione della politica: dai nuovi linguaggi nella città all’urbanistica, dai beni comuni al terzo settore, dalla giustizia ai nuovi lavori nelle città. Le proposte contenute nel testo nascono dai fondamenti della dottrina sociale della Chiesa e da una comunità credente che da anni si riunisce per leggere spiritualmente i temi della politica e per approfondire insieme le loro competenze. Il volume ha il fine di parlare di politica da cristiani a partire dalle competenze e dai temi, di presentare una serie di volti che hanno costruito insieme una comunità, di offrire al paese un modello concreto di formazione.