La storia delle civiltà è la storia delle società autocefale centrate sulla schiavitù generale di Stato: "un quadro spaventoso fatto di disperazione e di strazio", per dirla con le parole di Jacob Burckhardt. Unica eccezione: l'Occidente, il quale, grazie alla frammentazione del potere successiva al collasso dell'Impero romano, è riuscito a domare il Leviatano istituzionalizzando il governo della legge in luogo del potere arbitrario degli uomini. Ne è scaturita, attraverso un'infinita teoria di conflitti di interessi e di valori, la prima - e per ora l'unica - civiltà dei diritti e delle libertà, grazie anche alla prodigiosa crescita della ricchezza materiale generata dalla sinergia fra mercato, scienza e tecnologia. Ma l'Occidente non è riuscito a materializzare l'ideale dell'eguaglianza, da esso stesso proclamato in tutte le sedi e in tutte le forme. Un ideale che si è scontrato con i rigidi imperativi della divisione sociale del lavoro, che è rigorosamente gerarchica. Ne è scaturita una tensione permanente fra la promessa democratica e la realtà che neanche il Welfare State, creato dai partiti socialdemocratici, è stato in grado di eliminare.
Attraverso la voce di diciotto protagonisti più o meno noti, questo libro offre alle nuove generazioni una finestra "possibile" sul domani, ma si rivolge anche agli adulti che desiderino accompagnare i più giovani in questo coraggioso viaggio. Storie diverse tra loro, ma tutte riconducibili a un comune denominatore: quello di avere come protagonisti uomini e donne appassionati della propria professione e desiderosi di trasmettere ai più giovani lo stesso entusiasmo e la stessa dedizione. Tra gli intervistati ci sono campioni dello sport come Federica Pellegrini, o personaggi del mondo delle arti e dello spettacolo come Angelo Branduardi o Alessandro Borghese e Michela Murgia, l'astrofisica Margherita Hack, passando per un'artigiana, un ingegnere, una giornalista, un elettricista, una poliziotta, un camionista, una stilista e tanti altri.
L'ambivalenza del mondo, l'impossibilità di ricondurre le azioni e gli atteggiamenti degli uomini nelle griglie di una contabilità semplice è il principio che guida Cassano attraverso questa galleria di personaggi, grandi e piccoli. Eroi e camerieri, santi e inquisitori, volontari e disertori, spiriti leggeri e fanatici... una commedia umana dove la crudeltà delle grandi vocazioni si accompagna alla mediocrità della virtù. Fra i due opposti modelli, suggerisce Cassano, la soluzione è riconoscere la fondamentale ambivalenza degli uomini, unica via per chi cerchi di costruire la propria felicità senza distruggere quella altrui. Muove da questo libro la riflessione che Cassano porta avanti da tempo ed è approdata di recente a "L'umiltà del male".
Che cos'è la sociologia dell'infanzia? Che cosa dice di nuovo e di diverso sui bambini? Si può considerarli come attori sociali a tutti gli effetti, capaci di dar vita a una loro cultura e di incidere sulla realtà che li circonda? E come valorizzare questa cultura? Sulla scia dell'approccio dei new social studies of childhood, il libro propone al pubblico italiano un'inedita riflessione critica sullo sguardo adulto sui bambini e ci guida attraverso le rappresentazioni più comuni che accompagnano l'agire di genitori, educatori e "professionisti dell'infanzia".
Se le categorie politiche fondamentali fossero rappresentabili sotto forma di corpi geometrici, la cittadinanza sarebbe uno di quei poliedri rotanti a superficie riflettente che creano insieme effetti luministici e zone d'ombra. Con sapientissimo discernimento Etienne Balibar scruta una a una le facce di quel solido, più numerose - e molto più incrinate - di quanto si potrebbe supporre. Il significato dell'essere cittadini era infatti tutt'altro che univoco e pacificato, già agli albori della politica in Occidente. E la modernità lo ha mostrato ancor più enigmatico e conflittuale. Indissociabile dalla democrazia, e dalle rivendicazioni di uguaglianza e libertà da cui essa trae origine, la cittadinanza si ridefinisce ogni volta all'interno della contraddizione irrisolta tra vocazione universale dei principi e dispositivi selettivi che regolano l'appartenenza a una comunità politica. Non tutti sono cittadini, ancne all'interno di uno stesso Stato-nazione. Fu detto che "alcune persone sono nella società senza essere della società". La dinamica di inclusione ed esclusione continua a generare drammatiche asimmetrie, a operare aperture e chiusure soprattutto oggi, in un momento di particolare fragilità dello spazio pubblico e di trasformazione della sovranità nazionale. Troppe antinomie dunque nella cittadinanza? Balibar non se lo nasconde, ma sa che rinunciarvi equivarrebbe a negarsi la possibilità di ideare nuovi modi di autonomia collettiva, in una parola di democratizzare la democrazia.
Quanto profondo è il legame tra l'Italia e l'Australia? A quando risale il primo contatto tra il Belpaese e l'affascinante, e allo stesso tempo misteriosa, Terra Australi incognita? A queste e ad altre domande risponde l'autore di questo studio partendo dal confronto di varie fonti storiche e soprattutto statistiche. Un volume dedicato all'emigrazione italiana con il quale ancora una volta - come si legge nell'introduzione del Direttore Generale mons. Perego - la Fondazione Migrantes vuole ribadire "l'importanza dello studio costante e dell'approfondimento continuo dell'emigrazione italiana, soprattutto per gli operatori Migrantes nelle nostre diocesi e per i presbiteri, i/le consacrati/e e i laici impegnati nelle nostre comunità italiane all'estero". Questo contributo di natura storico-statistica "ci aiuta a guardare all'Australia con gli occhi dell'emigrazione italiana e, al tempo stesso, ci permette di guardare anche come Chiesa alle trasformazioni in atto nel mondo della mobilità umana".
"Alex ha appena compiuto tre anni, è curiosissimo e molto attivo. Ama il müsli, le patatine fritte e ancor più le sue automobiline. Ieri ha ricevuto in dono un grosso autobus rosso e stamattina l'ha mostrato subito ai nonni che lo amano più di qualunque altra cosa al mondo. Lo vedono tutti i giorni, ogni mattino passano con lui un quarto d'ora, a volte anche mezzora: 'il momento dei nonni', un rituale fisso, tenuto in grande considerazione e rispettato, un momento soltanto dei nonni e di Alex. La normalissima felicità di una grande famiglia? Sì e no. I protagonisti vivono a migliaia di chilometri di distanza fra loro, i nonni a Salonicco, Alex a Cambridge, in Inghilterra. Chattare su Skype permette al nonno e alla nonna di essere nella cameretta del nipote, mentre porta Alex a Salonicco, benché ciascuno rimanga nel proprio luogo: amore alla massima distanza come amore nella massima prossimità": le famiglie globali sono caratterizzate da relazioni che convivono al di là dei confini nazionali, religiosi, culturali, etnici, dove troviamo uniti elementi che apparentemente insieme non dovrebbero stare. Eppure sono queste esperienze, sempre più comuni, a ridisegnare il mondo e i sentimenti. La società globale irrompe in relazioni e famiglie normali, portando scompiglio, confusione, stupore, piacere, gioia, fratture e a volte anche odio: viviamo in un mondo nel quale la persona più amata è spesso lontana e quella più distante sul piano affettivo è invece la più vicina nella realtà.
Esiste oggi un'identità dei romani? "Ma che domande fai?", direbbe qualcuno, "certo che esiste: ci sono la pajata, il Colosseo, Totti, il Papa, il gusto della battuta, Alberto Sordi...". Questa rappresentazione retorica può accontentare solo il turista o qualche politico a caccia di slogan. È vero invece che, se i romani de Roma sono ormai una piccola minoranza, l'identità romana - liquida, leggera, appiccicosa, onnipervasiva, chiacchierona, facile da acquisire come slang e come appartenenza - assale chiunque vada a vivere nella Capitale e si fa veicolo di egemonia sull'immaginario italiano. Quali sono i suoi simboli? Quali sono i tratti di cultura popolare che danno fondamento alla romanità contemporanea? E quali sono i "tipi" che oggi la rappresentano? Come si mischiano il vecchio e il nuovo romano nel frullato mediatico veicolato dalla televisione e dal cinema? Cosa distingue il tifoso laziale da quello romanista? È meglio parlare di romanità o della sua volgarizzazione pop e mediatica, il "romanismo"? I romani sono come i "Cesaroni", come i personaggi dei Vanzina, come le rifattone di Dagospia, come le ragazzine della bira&calippo, come il coatto dei film neorealisti, come i quarantenni depressi raccontati da Muccino? È vero che gridano tutti come in "Mangia, prega, ama!" e pranzano con la coda alla vaccinara? Utilizzando gli strumenti del reportage, dell'analisi mediologica e di costume, Angelo Mellone cerca di cerca di capire se esiste uno "spirito romano".
L'Africa sub-sahariana è la culla dell'umanità ma della sua storia conosciamo più che altro dei grandi luoghi comuni, che rimandano l'immagine esclusiva di un continente subalterno, condannato all'arretratezza. Dalla preistoria alla colonizzazione, alla difficile indipendenza di oggi, nel ritratto che delinea questa accurata sintesi emergono invece l'autonomia dell'Africa, la sua influenza sul resto del mondo, la sua straordinaria vitalità. Una lettura che aiuta a comprenderne il presente ma anche le prospettive future.
Se in passato il maschile come polo dominante del mondo era definito generalmente in termini di prevaricazione e violenza, oggi nel discorso sugli uomini coesistono immagini contrastanti: padri teneri, compagni premurosi e responsabili, ma anche narcisi ossessionati dalla cura di sé, esseri smarriti e depotenziati, in ansia per una virilità fattasi incerta. Che ne è allora dell'identità degli uomini? Questo libro spezza il silenzio sul tema e fa il punto sulle trasformazioni dell'esperienza maschile nei suoi diversi aspetti, al di là degli stereotipi, vecchi o nuovi.
Non avremo mai uno sviluppo solido e un'Italia più civile se nel Mezzogiorno non ci sarà una svolta e non si avvierà una crescita capace di autosostenersi. Nella difficilissima congiuntura presente non è più possibile sottrarsi a un interrogativo che vale il nostro futuro: perché non abbiamo saputo sciogliere il nodo del mancato sviluppo meridionale? Uno dei più attenti conoscitori del nostro Sud risponde che il problema non è economico e non dipende dalla carenza di aiuti, bensì dall'incapacità della classe politica locale di creare beni e servizi collettivi. La scarsa cultura civica, quel familismo amorale che proprio al Sud è stato "scoperto", non è soltanto il retaggio di una storia remota, ma anche il frutto di ieri e di oggi, lasciato marcire dalla politica locale tollerata dal centro. Come spezzare questo circolo vizioso? Contro una visione salvifica del federalismo e un malinteso autonomismo, bisogna porre vincoli severi all'uso clientelare della spesa e delle politiche locali attraverso un controllo più stringente da parte dello stato centrale e dell'Unione europea.
"Mai più": il processo di unificazione europea dopo la seconda guerra mondiale aveva un obiettivo semplice, trasformare i nemici in vicini di casa. Ora che questo miracolo si è compiuto, la ricerca della pace non sembra più in grado di mobilitare i popoli europei. C'è un bisogno impellente di nuove fondamenta, perché in questo momento nell'Unione si sovrappongono tre diversi processi distruttivi che si rafforzano l'un l'altro: xenofobia, islamofobia e ostilità nei confronti dell'Europa. La malattia non è la crisi dell'euro. E non è nemmeno la scarsa volontà di rafforzare l'unione politica o l'assenza di un movimento civico comune. Tutti questi sono soltanto sintomi. È il grande traguardo degli "Stati Uniti d'Europa" che rende i suoi stati membri dei rivali, capaci di mettere in dubbio il reciproco diritto all'esistenza. Fino a quando l'alternativa sarà tra Europa e Stati nazione, senza la possibilità di una terza via, il solo pronunciare la parola "Europa" suonerà come una minaccia e scatenerà paure ataviche.