Gli economisti possono o devono interessarsi della guerra? Se sì, l'analisi va condotta dal punto di vista teorico, oppure è opportuno indagare sulle cause, le conseguenze e i costi dei conflitti reali? Le risposte a quesiti come questi sono mutate radicalmente nel corso del tempo. Renata Allio affronta per la prima volta in modo sistematico il pensiero economico sulla guerra. Il saggio ripercorre le analisi e i dibattiti che hanno contrapposto singoli economisti e scuole in materia di guerra fra stati, dall'epoca della loro formazione, segnata dalla conquista del monopolio della violenza, fino agli ultimi decenni in cui, con le nuove guerre, alcuni stati questo monopolio lo hanno perso, delegando a privati l'esercizio della forza.
"Contro gli opposti pessimismi" raccoglie i saggi di Luigi Spaventa pubblicati tra il 2002 e il 2011. Accanto ai fondamenti teorici ed empirici delle sue idee, il grande economista espone con estrema chiarezza le linee guida, i criteri e gli strumenti con cui si sarebbero dovute e potute affrontare le questioni cruciali di fronte alle quali si è trovata e si trova tuttora la politica economica italiana ed europea. Le sue critiche pungenti permettono di maturare una migliore comprensione delle ragioni del declino non solo economico, ma anche sociale e culturale, che affligge il nostro Paese. Sempre accompagnate da proposte concrete e dalla continua ricerca di soluzioni praticabili, le analisi di Spaventa sono vitali per capire le trasformazioni profonde vissute dal capitalismo italiano e le principali sfide che dovremo affrontare nel prossimo futuro.
Qual è il "male italiano"? Cosa ci ha trasformato da potenza mondiale a Paese senza speranza? Un virus si è impadronito delle nostre menti. Così pericoloso da aver causato il declino del nostro Paese. Così invisibile che i suoi effetti si vedono soltanto nel lungo termine: dopo anni dalla sua entrata in azione, può accadere che un'intera comunità si blocchi, perda competitività e annulli le sue potenzialità di crescita. È esattamente ciò che è successo all'Italia. Il virus che ha contagiato l'Italia e gli italiani si chiama Opzione Zero. Ma come si è manifestato? Negli ultimi 20 anni, nella gran parte dei casi in cui un ministro, un sindaco, un dirigente pubblico, un grande imprenditore si è trovato di fronte ad una decisione strategica nel nostro Paese, ha scelto in realtà l'Opzione Zero. Ha deciso di non decidere. Per non rischiare. Per non assumersi responsabilità. Per abbattere i costi nel presente, ignorando il futuro. L'0pzione Zero è il virus che ancor oggi tiene in ostaggio il nostro Paese. Se vogliamo rinascere, dobbiamo iniziare a decidere. Resettando tutto ciò che ha bloccato l'Italia negli ultimi due decenni, tutte le "sovrastrutture" che hanno mortificato l'inesauribile creatività e intraprendenza della nostra gente. Perché oggi non abbiamo più scelta.
La politica economica si sta profondamente trasformando. La crisi finanziaria e le difficoltà dell'Eurozona hanno messo in discussione le certezze del passato. Questo manuale innovativo illustra i fatti essenziali e fornisce tutti gli strumenti teorici e metodologici per comprendere i nodi fondamentali che la politica economica deve affrontare nell'attuale contesto economico globale.
Nel 1978, all'arrivo di Carlo De Benedetti, la Olivetti è in grave difficoltà. Un'impresa senza imprenditore, nel declino seguito alla morte di Adriano. Sotto la guida dell'Ingegnere l'azienda vive un'intensa stagione di sviluppo, fondata sulla produzione di personal computer (l'M24 è il pc più venduto al mondo) e sull'ampliamento dei prodotti: fax, fotocopiatrici, stampanti. A cavallo fra anni Ottanta e Novanta, condivide con le altre imprese elettroniche europee di radice fordista la dura rimodulazione dell'informatica, ma sperimenta pure la felice metamorfosi nella telefonia con Omnitel. Un mutamento di natura, unico nel panorama internazionale: dalla crisi della fabbrica ai nuovi servizi. Il cerchio si chiude nel 1996, quando De Benedetti lascia la guida del gruppo. L'autore ha per primo consultato il Fondo Presidenza Carlo De Benedetti dell'Archivio Storico Olivetti e le Carte Private dell'imprenditore. Grazie a una documentazione ricca e inedita, ha ricostruito una vicenda esemplare del Novecento italiano che, con i suoi successi e i suoi limiti, ha avuto nella Olivetti uno snodo essenziale: industria e tecnologia, politica e cultura, storia e destino.
Fame nel mondo, cambiamento climatico, infrastrutture che si sgretolano: nell'attuale era di ristrettezze finanziarie e difficoltà politiche non possiamo più rivolgerci ai soli governi per affrontare questi e altri grandissimi problemi sociali. Occorre - ed è già nato - un nuovo sistema economico, più collaborativo e produttivo, in cui amministrazioni pubbliche, aziende, imprese sociali, non profit e cittadini convergono per creare valore, pubblico e privato. È la "Solution Economy" che attraverso il crowdfunding, la condivisione delle risorse, lo sviluppo di app e investimenti mirati sta disegnando nuove soluzioni per problemi apparentemente non risolvibili: dalla congestione del traffico all'assistenza sanitaria low-cost, alla creazione di energie rinnovabili, alla prevenzione dell'obesità e molto altro. Ma che cosa guida questo nuovo approccio all'economia, che mette insieme bene sociale e profitto, chi sono i protagonisti del movimento e come si può farlo crescere e parteciparvi? William D. Eggers e Paul Macmillan di Deloitte rispondono a queste e altre domande, attraverso le storie delle persone e delle organizzazioni che stanno indicando la strada e l'analisi delle modalità innovative che adottano per affrontare la sfida. Una rivoluzione dei vecchi modelli operativi, un'opportunità a cui tutti possono partecipare per aumentare il benessere comune.
Questo libro si propone un compito tanto necessario quanto controcorrente: smontare il mito della decrescita come visione alternativa della società rivelandone di volta in volta i numerosi luoghi comuni, le ingenuità o addirittura la malafede. Ha davvero senso il nuovo mito del ritorno alla terra e l'elogio dei contadini del passato? È giusto considerare l'austerità un valore contrapponendola al "demoniaco" consumismo? Siamo proprio sicuri che lo slow food sia più etico e altruistico del tanto stigmatizzato fast food? E uno Stato in cui qualcuno decidesse cosa è necessario consumare per vivere, e cosa non lo è, non diventerebbe uno Stato totalitario? Non c'è il rischio che si tratti dell'ennesima, prepotente riemersione di un'ideologia antica che ha già avuto in passato esiti politicamente nefasti? Da Carlo Petrini a Serge Latouche, da Simone Perotti a Vandana Shiva, Simonetti passa in rassegna idee e proclami di tutti quei teorici della "decrescita felice" che in nome di una visione del passato nostalgica e sentimentale, e animati da diffidenza e ostilità nei confronti della scienza, della tecnica e del progresso, finiscono col "vedere l'apocalisse con ghiotta impazienza". Con ironia e passione, e uno stile limpido e acuminato, l'autore di questo libro ci dimostra che nessuna decrescita potrà mai essere felice, ma solo estremamente pericolosa.
Scritto da uno degli studiosi più attenti alla storia dell'Italia moderna, questo libro è un resoconto meticoloso e documentato degli ultimi venticinque anni di politica nazionale, inseriti nel più ampio contesto degli eventi europei. Attraverso l'analisi dei maggiori protagonisti e dei partiti sorti dalle ceneri della Prima Repubblica, e dei tatticismi e compromessi che hanno caratterizzato la Seconda, Perry Anderson individua i punti nevralgici che hanno gradualmente determinato la crisi economica, politica e sociale che ancora affligge il nostro Paese. L'indagine dell'autore si spinge fino agli ultimi fatti di cronaca politica, in cui tutti i nodi del recente passato stanno venendo drammaticamente al pettine. Conflittualità tra i poteri dello Stato, degradazione del ruolo del Parlamento, personalismo autoritario del premier, inadeguatezza dei piani economici sono solo alcuni dei sintomi più evidenti di una crisi profonda e in apparenza irreversibile. In questa difficile situazione, Matteo Renzi ha buon gioco a presentare il suo governo come l'ultima possibilità di ripresa ma, sostiene Anderson, gli spazi di manovra vanno sempre più riducendosi, mentre il futuro dell'Italia continua a restare pericolosamente incerto.
La grande recessione e il salto tecnologico in questi anni sono andati di pari passo. Per necessità e poi per virtù le imprese hanno affrontato ristrutturazioni in cui si trovano a convivere cacciavite, robot e tablet. Ma quali sono le politiche e gli strumenti che i governi e il sistema delle imprese devono adottare per rilanciare la manifattura? Un economista e un giornalista si confrontano con questa domanda e arrivano a conclusioni assai diverse. Gianfranco Viesti sostiene il rilancio di un'azione pubblica all'altezza delle sfide della globalizzazione, in grado di accrescere la dimensione delle imprese e di favorirne internazionalizzazione e innovazione. Dario Di Vico è per una politica industriale plurale in cui lo Stato diminuisca le tasse e passi l'iniziativa a banche, fondi di investimento e multinazionali.
I saperi che si ammantano di scientificità nascondono talora un cuore di fede, l'adesione ottenebrante a un credo. Serge Latouche l'ha scoperto quando era un giovane economista allevato alle dottrine sviluppiste e da allora non ha smesso di sfatare la religione secolare che si annida nella scienza economica. In queste tre conversazioni - con Thierry Paquot, Daniele Pepino e Didier Harpagès - Latouche per la prima volta racconta ampiamente di sé, di come sia diventato "ateo" e abbia concepito l'idea sociale della decrescita: le erranze della vita e del pensiero, tra Francia, Africa e Oriente, il terzomondismo, i compagni di strada, la svolta verso un'ecologia politica, la determinazione a opporsi dal basso all'incultura dell'iperproduzione e dell'iperconsumo, il conio di espressioni ormai adottate da ampi movimenti, come "decrescita serena" e "abbondanza frugale". Se i dogmi tossici dello sviluppo a ogni costo hanno spalancato l'abisso di una crisi senza fine, l'alternativa radicale secondo Latouche è uscire dall'economia, nelle pratiche e nell'immaginario. Il solo modo, per lui e per tutti gli obiettori di crescita, di recuperare una prosperità non mercantile ma relazionale.
Nessuno vorrebbe essere stressato, inefficiente e con i conti in rosso. Ma spesso lo siamo: come individui e come Paese. Lo dimostrano la recente crisi e la persistente difficoltà dei governi a farci "fare la cosa giusta": inquinare meno, pagare le tasse, andare alle urne, bere con moderazione... Perché siamo così difficili da governare? Perché si parte dal presupposto che siamo esseri economicamente razionali. Peccato non sia così, come rivelano numerosi esperimenti sul campo e le immagini del cervello in azione. In realtà siamo insicuri come Charlie Brown, egocentrici come Lucy, pigri come Snoopy. Il modo per cambiare in meglio i nostri comportamenti non è subissarci di raccomandazioni, norme e burocrazia, ma spingerci gentilmente nella direzione giusta. Come? Ce lo spiega Matteo Motterlini in questo libro, ricco di casi esemplari ed esperimenti curiosi, che delinea una proposta praticabile in tre semplici passi. Il primo è creare un ambiente di scelta più ecologico e salutare: bollette e contratti più trasparenti, termostati più intelligenti, mense scolastiche più sane, informazioni più accessibili. È la rivoluzione del nudge, già adottata negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei. Il secondo riguarda la politica, che dovrebbe abbandonare i provvedimenti dettati dall'improvvisazione e dall'ideologia per basarli sull'evidenza dei dati. Il terzo dipende da noi, perché le "regole di Charlie Brown" valgono per tutti nelle decisioni di ogni giorno.
"Il mio modello di business? I Beatles." Così parlò Steve Jobs, il fondatore di Apple, uno che di business qualcosa capiva. A intrigarlo era soprattutto la formula del collettivo: vedeva i Beatles come un prodigioso moltiplicatore dei talenti individuali. L'indimenticabile quartetto della cultura pop, infatti, fu anche una start-up di successo. Proiettò quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool del primo dopoguerra, in una miseria da Terzo mondo, verso la stratosfera della ricchezza. Personalmente, nei testi delle loro canzoni, composte in un periodo di radicali cambiamenti come gli anni Sessanta, ritrovo la mia adolescenza e un'epoca che fu l'ultima Età dell'Oro per l'Occidente: alta crescita, pieno impiego, benessere diffuso, aspettative crescenti per i giovani. Ma anche i germi di quel che accadde in seguito. "Taxman" prefigura le rivolte fiscali. "Get Back" nasce come una satira dei primi movimenti xenofobi e anti-immigrati. "When I'm Sixty-Four" anticipa la crisi del Welfare State da shock demografico. "Eleanor Rigby" e "Lady Madonna" evocano la nuova povertà che oggi è in mezzo a noi. "Across the Universe", con il suo richiamo al viaggio in India dei Fab Four, ricorda l'irruzione dell'Oriente nel nostro mondo. E "Yesterday", con il tema della nostalgia, ci costringe ad affrontare domande cruciali: davvero si stava meglio "ieri"? Prima dell'euro, prima della globalizzazione, prima di Internet? L'obiettivo di questo libro è ricostruire una speranza.