Un invito al pensiero resistente, al pensare altrimenti, un momento fondativo di un diverso modo di ragionare, di vivere, che dia senso all’esistenza e significato alla stessa storia umana. Tibaldi chiede ai lettori di risvegliarsi dall’apatia e dall’indifferenza in cui siamo caduti e li invita a ragionare con la propria testa e a spendere la propria esistenza per valori fondamentali come la giustizia, la dignità della perso- na, la libertà, l’uguaglianza, sull’esempio di otto eroi che si sono sacrificati per denunciare le ingiustizie e risvegliare le coscienze: Socrate, Giordano Bruno, Giacomo Matteotti, don Minzoni, Sophie Scholl, Dietrich Bonhoeffer, Pavel Florenskij e Oscar Romeno.
E' ancora possibile una filosofia della bellezza nell'epoca del bello artificiale, del selfie e dell'esposizione ostentata sui social media? Che posto e che ruolo ha la bellezza oggi in un mondo digitale, efficientista, ordinato secondo la dittatura delle emozioni immediate? L'autore indaga queste e altre domande fondamentali parlando del bello artistico anzitutto come negazione, ferita, promessa, attesa, nascondimento, indicibilità: il bello evoca infatti il silenzio, lo sguardo e l'ascolto. Una filosofia della bellezza oggi è dunque un tentativo di resistenza, un momento dialettico che apre varchi, spezza catene, genera alternative in quanto elemento di rottura e di rivolta. Essa si nutre della testimonianza viva di artisti come Pasolini, Magritte, Fontana, Rothko, Pollock e De Chirico. In quanto tensione infinita verso il possibile, una filosofia della bellezza si presenta pertanto come una filosofia della speranza, l'intrapresa di un viaggio pieno di mistero, l'incontro con un avvenimento imprevisto e imprevedibile.
Il presente volume è redatto con lo scopo di presentare alcuni temi fondamentali della filosofia agli studenti ma a tutti gli interessati con un linguaggio semplice e comprensibile anche dai non addetti ai lavori. È diviso in sei capitoli, ciascuno dei quali si conclude con una Bibliografia essenziale sugli argomenti trattati. Meli affronta anche questioni storiografiche nodali come il rapporto tra cristianesimo e filosofia sia nel medioevo e sia al momento della nascita della scienza moderna. Analizza inoltre il pensiero e l’analisi del linguaggio da Frege in poi e il realismo semantico di Putnam. Si evidenzia anche il concetto di esperienza come luogo di “presentazione” dell’essere e punto di partenza della filosofia e tratta la questione del “finalismo” sia nell’applicazione «ai grandi interrogativi posti dagli sviluppi delle conoscenze scientifiche (origine dell’universo, della vita, dell’uomo; creazionismo versus evoluzionismo; rapporto spirito-mente-corpo; corretta valutazione della prospettiva del “disegno intelligente”) sia rispetto all’agire umano, perché senza una struttura teleologica è impossibile giustificare il comportamento morale» (dalla Prefazione di Mauro Mantovani, Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana).
Come possiamo superare la rassegnazione che proviamo di fronte al contesto umano, sociale e politico nel quale viviamo oggi? Roberto Mancini, filosofo appassionato, propone un percorso originale per liberarci da quella impotenza diffusa che ci fiacca e ci intristisce per cominciare a riaprire il futuro e a ridare pienezza alla nostra vita. È un percorso che ci chiede di valorizzare soprattutto la nostra autonomia di pensiero e la nostra capacità di immaginare. "Trasformare la vita" diventa quindi un contributo importante per riprendere in mano la nostra vita liberandola dall'individualismo e dalle pulsioni egoistiche per raggiungere finalmente una libertà solidale.
L'antropologia filosofica contemporanea, corrente emergente nel panorama culturale del Novecento, si propone di gettare un ponte tra filosofia e scienza incardinandolo sul problema dell'uomo, al fine di presentarne un'immagine globale, la quale permetta all'essere umano di recuperare la comprensione di se stesso e di identificare i suoi tratti caratteristici, la sua natura e il suo posto nel mondo. Di fronte alla "domanda sull'uomo", che da sempre la filosofia si è posta, l'antropologia filosofica vuole difendere la sua funzione critica e metodologica nei confronti di tutte quelle scienze che trattano alcuni aspetti dell'essere umano e pretendono di occuparsene in esclusiva. Si presenta, pertanto, come una dottrina ricca di tematiche trasversali e di grande attualità, volte ad affrontare le sfide della contemporaneità, dove i processi di omologazione e manipolazione dell'esistenza si scontrano con le esigenze di libertà, autonomia e rispetto dei diritti individuali.
«La grande crisi dell'età moderna - scriveva Weber - sta tutta nell'incapacità di accettare il politeismo dei valori». La nostra epoca è segnata in modo indelebile dalla circolazione di idee e principi differenti, incompatibili tra loro ma tutti ugualmente legittimi. Libertà o uguaglianza, solidarietà o benessere, le ragioni dell'individuo o quelle della comunità. Ed è inutile sperare di tornare a un mondo omogeneo e coeso, retto da un unico sistema di valori. Bisogna imparare ad affrontare le proprie paure, e anche le proprie idee. Soprattutto ricordare che la verità è sempre sfaccettata. Compito della filosofia allora è di insegnare non cosa si deve pensare ma come pensare. Il filosofo insegna un metodo per mettere ordine, guardando ai problemi antichi che si presentano sempre in modo nuovo. Adempiendo alle richieste di ogni giorno, contro il proprio tempo, per il proprio tempo.
La filosofia alla fine dell'antichità (secoli III-VI d.C.) è ancora poco conosciuta fuori della cerchia degli specialisti. Tuttavia, la sua importanza fu decisiva. Plotino, Porfirio, Giamblico e Proclo diedero al pensiero antico una forma nuova, che influì in maniera determinante sulle tradizioni dei secoli a venire. Contemporaneamente, i cristiani si confrontarono con la filosofia classica, assimilando la sua eredità e trasformandola profondamente. Posta al crocevia di epoche e mondi diversi, la filosofia tardoantica segna insieme un confronto drammatico e una grandiosa trasformazione culturale. Il volume ne offre una presentazione d'insieme, che comprende tanto il contesto storico-filosofico, quanto gli aspetti speculativi e religiosi, e rende le acquisizioni della ricerca accessibili anche ai non specialisti.
Il nichilismo, la negazione di ogni valore, è anche quello che Nietzsche chiama "il più inquietante fra tutti gli ospiti". Si è nel mondo della tecnica e la tecnica non tende a uno scopo, non produce senso, non svela verità. Fa solo una cosa: funziona. Finiscono sullo sfondo, corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, senso, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si è nutrita l'età pretecnologica. Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l'età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell'esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non "lavorano" più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un "noi" motivazionale. Le forme di consistenza finiscono con il sovrapporsi ai "riti della crudeltà" o della violenza (gli stadi, le corse in moto). C'è una via d'uscita? Si può mettere alla porta l'ospite inquietante?
Il lavoro è un aspetto costante nella vita di ogni uomo. Fonte di soddisfazione e di gioia per alcuni, di fatica per tutti. Milioni di persone ogni giorno sono affannosamente alla ricerca di lavoro. Molti, però, lo considerano soltanto uno strumento per ottenere altri beni. Spesso, il lavoro in sé non è percepito come un bene fondamentale per lo sviluppo della persona e della società.
In un discorso del 2008 al Collège de Bernardins, Benedetto XVI ha mostrato che nella tradizione cristiana si può trovare la chiave per comprendere il vero senso del lavoro. Uomini e donne sono chiamati a partecipare all’opera creatrice di Dio mediante il lavoro, assumendo il compito di perfezionare la creazione, guidati dalla sapienza e dall’amore. Lo stesso Figlio di Dio fatto uomo ha lavorato per lunghi anni a Nazareth. «Ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione» (Papa Francesco, Laudato si’, 98).
In occasione del 500º anniversario della Riforma protestante, il Convegno The Heart of Work (Roma, 19-20 ottobre 2017), organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce e dal centro di ricerca Markets, Culture and Ethics, ha cercato di approfondire l’idea cristiana del lavoro professionale. La teologia cattolica recente, d’accordo con i riformatori del XVI secolo, riconosce il lavoro professionale come vocazione dell’uomo, ma lo considera anche come un cammino per la crescita della santità del cristiano (Gaudium et spes, 34) e lo propone ai laici come mezzo di santificazione (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2427).
Con gli scritti raccolti in questo I volume degli Atti del Convegno The Heart of Work si vuole offrire un contributo allo sviluppo di un’anima del lavoro professionale: una spiritualità del lavoro inteso come attività che perfeziona l’uomo, cooperando alla sua felicità e al progresso della società, e che diventa per il cristiano luogo e materia di santificazione e di compimento della missione della Chiesa nel mondo.
Prospettive sul lavoro. Percorsi interdisciplinari è una raccolta di studi che si concentrano su un aspetto trasversale della storia, della cultura e dell’esistenza di ciascun uomo: il lavoro nella sua inesauribilità di significato e mutamento che incide sulla quotidianità e sulle trasformazioni epocali.
Malgrado tra le opere di Kierkegaard sia una delle più ardue e difficili da interpretare, sorprendentemente Timore e tremore è anche una delle più popolari, lette e commentate. Avvinto dal pathos lirico con cui Johannes de silentio, lo pseudonimo firmatario dell’opera, rielabora poeticamente la “magnifica” storia di Abramo caricandola di attese vitali, spesso il lettore quasi non si avvede della complessità dei nodi teorici che fanno da sfondo alla ripresa della sua vicenda. Alcuni di questi, come quello della comprensione e narrazione del passato o quello del rapporto tra mondo reale e mondo ideale, tra poesia, pensiero e vita, o, ancor più, quello celebre della “sospensione teleologica dell’etica” rivestono ancor oggi un grande interesse e si trovano riproposti nei più diversi contesti narrativi e disciplinari. Il presente volume si propone di analizzarli e discuterli, restituendoli al loro problematico quanto ineludibile contesto – quel “nuoto mistico nell’esistenza” che Abramo, il cavaliere della fede, realizza nella sua affascinante e inquietante storia.
“Per quanto pubblicato più di sessant’anni fa (ma pensato ed elaborato già da diversi decenni) “Il diritto internazionale e il problema della pace” non ha perso nulla in completezza di informazione, immediatezza e freschezza espositiva e lucidità di argomentazione. Quando venne per la prima volta dato alle stampe, questo libro apparve a molti come testo agile sì, gradevole certamente, ma essenzialmente destinato alla scuola e meritevole quindi di essere letto e meditato soltanto da studenti di giurisprudenza. Mai giudizio fu più grossolano di questo. I lettori più attenti, infatti, non esitarono a ritenerlo e ben a ragione un piccolo capolavoro: una di quelle opere che si possono anche scrivere in pochi giorni, ma che richiedono anni di letture e di studio per essere pensate e successivamente redatte” (dalla Prefazione di Francesco D’Agostino).