Il mondo non cambia da sé e di per sé. Eppure ogni giorno, ossessivamente, ci sentiamo ripetere che alcune scelte economiche sono obbligate, che costi sociali pesanti e ingiusti sono necessari, che perfino i provvedimenti politici da adottare non possono che seguire linee già tracciate. Quasi che i cambiamenti, i rapporti e le logiche di cui si parla siano privi di autori e costituiscano una sorta di stato di natura. Per contrastare questa logica dobbiamo capire gli interessi che hanno guidato i cambiamenti degli ultimi trenta anni e i motivi per cui essi hanno prevalso. Dobbiamo capire come delocalizzazione, impiego di informatica e robotica, spostamento dei capitali verso i mercati finanziari abbiano portato i profitti a un punto mai raggiunto in un recente passato spostando i livelli di forza a danno del lavoro. E che il risultato di questa vera e propria controffensiva è stata la riduzione dei diritti senza che ad essa siano seguiti progressi sia economici che sociali.
Da quando l'euro è iniziato siamo andati peggio degli altri. Non può dunque essere colpa della moneta unica e delle sue regole, una condizione uguale per tutti, ma di una differenza italiana. C'è qualcosa nella storia del nostro Paese che spieghi la sua debolezza? Si può scaricare la colpa sull'Europa, o sul rigore di bilancio o sull'assenza delle riforme chieste dalla Germania. Ma un fattore passa spesso inosservato: le continuità del corporativismo di origine fascista spiegano molto di un fallimento di queste proporzioni. Senza istituzioni economiche adeguate a questo secolo, ed élite politiche ed economiche consapevoli della sfida, il Paese non si riprenderà.
C'è differenza tra l'individuo e la persona: la persona è quell'entità morale che è dotata di autonomia e relazionalità con l'altro, l'individuo massimizza invece l'utilità personale. Mettere al centro la persona vuol dire mettere al centro un'antropologia positiva. Comprendere il contesto attuale e individuare le opportunità per dare vita a una rinascita umana e culturale è la strada obbligata per guardare al futuro dell'Europa senza l'incubo di un fallimento epocale. Che cosa sta accadendo nel Vecchio continente dopo la crisi degli ultimi anni? Quali cambiamenti comporta in termini di governance delle istituzioni nazionali e transnazionali? Riflettendo sui fattori finanziari, sociali e politici che hanno portato alla crisi, gli interventi raccolti nel volume individuano le strade che possono restituire fiducia al tessuto economico e culturale che costituisce la forza del nostro Paese e che può rappresentare un modello per gli altri partner europei: dal ruolo che le famiglie possono avere nella ripresa ai modi più efficaci di investire in istruzione e capitale umano, fino alle strategie per costruire equilibri più solidi in Italia e in Europa. Esperti provenienti da diversi campi si cimentano in un dialogo ricco e stimolante e ci guidano attraverso i segni di novità e cambiamento che già oggi emergono nel nostro tessuto civile.
L'innovazione è diventata una direttrice sempre più importante per lo sviluppo delle aziende e un percorso obbligato in tempi di crisi. Tuttavia, il modello di innovazione tradizionale dell'Occidente è stato recentemente messo a dura prova dalla competizione dei mercati emergenti, che producono soluzioni efficienti a costi minori. Soprattutto in tempi di crisi, i consumatori sono sempre più spinti a preferire prodotti semplici e funzionali a prodotti con caratteristiche tecnologiche troppo avanzate e costose per le loro necessità. "Jugaad" è una parola che in Hindi descrive un processo di innovazione che proviene dal basso ed è in grado di creare soluzioni efficienti a costi contenuti. "Jugaad" non è solo un fattore che influenza il management, bensì una vera e propria "rivoluzione culturale", che sfida i modelli di produzione propri dell'Occidente. Una sfida a colpi di creatività e ingegno. Come si racconta nel libro, molti CEO di grandi aziende spingono i dipendenti ad ogni livello a liberare la loro creatività e inventare modi frugali e sostenibili per dare un valore aggiunto significativo agli stakeholders usando molte meno risorse naturali e risparmiando nel contempo un significativo ammontare di capitale per la compagnia. Questo è lo spirito "Jugaad" che l'Occidente deve accogliere e inglobare. "Jugaad Innovation" costituisce un vero e proprio "manuale di sopravvivenza" ai tempi che cambiano per le aziende occidentali... Prefazione di Federico Rampini.
Negli scenari organizzativi attuali chi si occupa di produzione e gestione della conoscenza è chiamato ad affrontare molteplici livelli e a interagire con una pluralità di stakeholders, considerando differenti interessi, letture e posizioni. Il volume propone innovative indicazioni per la realizzazione di processi e operazioni di costruzione di conoscenza in ambito manageriale, in termini di fattibilità e applicabilità alla vita reale, qualità della collaborazione, rilevanza e sostenibilità della ricerca. Il valore della Collaborative Research viene evidenziato nella possibilità di sviluppare un approccio sensibile alla conoscenza in azione, in cui le pratiche e le teorie di management entrano in dialogo. Un aspetto distintivo risiede nella costante tensione a individuare modalità di connessione tra dimensioni situate della conoscenza e aspetti di trasferibilità e generalizzabilità della stessa. Nel volume, il riferimento a casi e a esperienze applicative offre al lettore un repertorio articolato per un efficace dialogo tra teoria e pratica.
L'economia non può e non deve restare terreno riservato agli "esperti": oggi è chiaro che ci riguarda tutti, e tutti dobbiamo poter capire quei processi di cui siamo parte e che influenzano la nostra vita quotidiana. E allora: che cos'è davvero il mercato, quali sono i suoi pilastri? Come cambia, quali sfide deve affrontare? Il mercato si autoregola? Qual è il rapporto fra norme legali e regole morali? Si può immaginare che imprese sociali, cooperative e altre organizzazioni giochino un ruolo innovativo nella struttura della società?
Esiste una ricchezza altra dal denaro, dalla proprietà, dalla merce di scambio. Una ricchezza di enorme potenziale composta di virtù e relazioni che nascono e si muovono all'interno di comunità coese, società caratterizzate da un alto livello di comunione. Beni che non si sottraggono o comprano, ma si moltiplicano e intrecciano. Relazioni e rapporti alla base della buona vita di ogni cittadino, e perfino alla base di un fecondo mercato. Ma cosa significa, in questa prospettiva, essere ricchi?
A criticare la costruzione europea, dall'euro alla BCE, dal fiscal compact all'unione bancaria, sono spesso gli stessi che hanno firmato gli accordi a Bruxelles e li hanno poi ratificati nei rispettivi paesi. Fare dell'Europa il capro espiatorio di tutti i mali è però una strategia autolesionista che non solo alimenta i vari populismi, ma espone le forze politiche e i governi che l'adottano all'accusa di essere incapaci di battere i pugni sul tavolo a Bruxelles, di sapere cosa andava fatto e di non averlo fatto. Sembra infatti più coerente, e quindi più efficace, la posizione di chi rimette in discussione l'intera costruzione europea rispetto alle tesi, né carne né pesce, di chi si dichiara "a favore dell'Europa, ma non di questa Europa". La crisi dell'Europa è in realtà la crisi degli stati nazionali che in un sistema sempre più integrato non riescono più ad agire individualmente in maniera efficace e nel contempo sono riluttanti a trasferire poteri a livelli di governo sovranazionali. In questo quadro il volume smonta alla luce dei fatti alcune "false verità" sull'Europa, senza necessariamente assolverla dalle sue responsabilità, ma senza nemmeno tacere quelle degli stati che ne fanno parte, che sono di gran lunga maggiori.
Com'è possibile che l'umanità, che ha raggiunto un progresso tecnologico senza precedenti, non riesca a fare in modo che ogni uomo sul pianeta possa disporre di una casa, di cibo, degli indumenti essenziali, di cure adeguate, di un lavoro dignitoso commisurato alle sue possibilità? A questa domanda fondamentale - e sempre più urgente visti il degrado della nostra società e l'acuirsi delle disuguaglianze fra poveri e ricchi - la lettura di questo libro fornisce alcune risposte. Per l'autore la società potrà cambiare soltanto quando un'etica diversa guiderà le nostre azioni, sapremo instaurare un nuovo rapporto con la natura e abbandoneremo l'odierna "logica della crescita e della produttività", che si è rivelata rovinosa e incapace di risolvere i problemi, per una logica economica alternativa, davvero a misura d'uomo (con la creazione di fattorie e di piccoli centri abitati in cui si pratichi un'agricoltura di sussistenza, ad esempio, e una produzione industriale limitata ai beni veramente necessari). Con il suo stile semplice e diretto, Pierre Rabhi trasmette ai lettori una profonda simpatia per la terra e per il suo ideale di una sobrietà felice.
"Una volta chiesi a Steve Jobs quale riteneva fosse la sua creazione più importante. Ero convinto mi rispondesse l'iPad o il Macintosh, invece disse la Apple. Fondare un'industria che durasse nel tempo, spiegò, era più difficile e più importante che fare un bel prodotto." A tre anni dalla sua scomparsa, Steve Jobs continua a essere studiato in tutte le business school come un modello unico di creatività, capace di coniugare in modo innovativo tecnologia e bellezza, strategia economica e fantasia. Imprenditore geniale, ma anche uomo dal carisma spietato, di lui spesso si sono messi in luce gli aspetti più ruvidi della personalità, senza considerare che questi erano parte integrante del modo in cui ha portato la sua azienda a raggiungere traguardi straordinari. Con la Apple, Jobs è riuscito a creare prodotti vincenti e a sviluppare nuove occasioni di business, rivoluzionando in pochi anni differenti settori, dall'informatica alla telefonia, dall'editoria alla musica. E questo grazie alla propria inventiva e alla determinazione con cui ha guidato la sua squadra. Partendo dai colloqui che hanno ispirato la biografia best-seller del creatore della Apple, Walter Isaacson torna a parlarci di lui, in un testo che riassume le regole e i segreti dell'eccezionale successo del geniale imprenditore che ha rivoluzionato in pochi anni il mondo dell'economia e del business.
Il risveglio personale di Arianna Huffington è arrivato con uno zigomo rotto e un brutto taglio sull'occhio, risultato di una caduta causata dalla spossatezza e dalla mancanza di sonno. Co-fondatrice e direttore dell'Huffington Post Media Group, celebrata come una delle donne più influenti del mondo e consacrata dalle copertine delle riviste internazionali, Arianna era, in base a tutte le metriche classiche, straordinariamente di successo. Tuttavia, trovandosi a peregrinare da un dottore all'altro, da un esame clinico all'altro, ha cominciato a chiedersi che cosa significa veramente "essere arrivati", se era davvero quella la vita che voleva. E la risposta è stata no: abbiamo bisogno di un nuovo modo per andare avanti e prosperare. La verità è che l'attuale modello di successo, che si identifica con superlavoro, esaurimento da stress, mancanza di sonno, lontananza dalla famiglia, connessione 24 ore su 24, non funziona. Non funziona per le aziende, né per le società in cui è il modello dominante, né per il pianeta. Non funziona per le donne, e neanche per gli uomini. Da questa consapevolezza parte la sfida per "cambiare passo" e ridefinire il concetto stesso di successo: oltre il binomio potere e denaro, includendo nei parametri che lo definiscono una "terza metrica" che tenga conto del benessere, del buonsenso, della nostra capacità di meravigliarci e di fare la differenza nel mondo.
Il saggio di Cecotti rompe il silenzio costruito dalla cultura cattolica" italiana degli ultimi decenni attorno alla figura e al pensiero sociale di Carlo Francesco d'Agostino. "