Dall'inizio degli anni Novanta l'Occidente vive una concatenazione di grandi eventi politici, di mutazioni economiche e di cambiamenti strutturali. La formazione di un universo multipolare insieme a una reviviscenza di nazionalismi e di conservatorismi autoritari; la rivoluzione tecnologica del digitale e le conseguenze di una lunga recessione; una massiccia immigrazione verso il Vecchio Continente e l'irruzione del terrorismo islamista. In questo contesto, segnato da svolte epocali, la sinistra europea avrebbe dovuto dar vita a una nuova cultura politica e progettuale, capace di incanalare le innovazioni emerse su ogni versante in funzione dell'interesse collettivo e dell'inclusione sociale. Invece essa, oltre a subire una trafila di sconfitte elettorali, dà l'impressione di aver smarrito la bussola, cosicché i 'perdenti' e i 'marginalizzati' dai drastici mutamenti di scenario vengono attratti dal populismo.
Quando avanza la destra, alla sinistra unirsi conviene. Quando avanza una destra aggressiva e illiberale l'unità dei progressisti si fa imperativo politico e morale. Purtroppo non sembra questa la rotta della sinistra italiana di adesso. Un lungo inverno alle spalle, la divisione consumata nel Partito democratico, tra qualche mese la sfida del voto. Il tutto dopo la crisi peggiore della storia recente, un sommovimento che ha scosso certezze, in economia e non solo: un «marziano» alla Casa Bianca, parabole inedite come con l'Eliseo a Macron o gli xenofobi al Bundestag; il nodo migranti a fare da discrimine tra destra e sinistra e nella sinistra stessa. Come uscire dalla trappola e restituire identità a quel campo di persone, partiti, movimenti sempre più apolidi e però ostinati a cercare una strada comune? Una via è scomunicarsi a vicenda, ma perdendo tutti. L'alternativa è tornare a pensare, leggere il mondo, nominare alcune idee radicali per immaginare il dopo. Magari così lo scontento potrebbe di nuovo far posto a qualcosa che somigli alla speranza.
Il volume esplora le vicende istituzionali del Regno d'Italia, viste come una sorta di laboratorio delle trasformazioni che andranno poi a definire le modalità con cui il sistema economico e sociale si muoverà nel tempo. Emergono alcuni temi che accompagnano lo sviluppo italiano fin dall'Unità: centralismo versus autonomie locali, qualità delle istituzioni e loro ruolo, rapporto tra governabilità e rappresentatività. Già presenti nei tre Decreti Rattazzi che riguardavano la riforma dello Stato, della legge elettorale e della scuola, costituiscono altrettanti nodi ancora oggi al centro del dibattito politico, per l'importanza cruciale che rivestono nello sviluppo del sistema produttivo in una economia in crisi come quella del nostro paese.
Il manuale offre un ampio panorama della scienza politica, mettendo a fuoco definizione, estensione e missione della disciplina, e illustrandone i contenuti sostantivi. Gli autori non tralasciano poi di registrare i cambiamenti fondamentali che hanno investito la politica e il modo con cui gli scienziati politici la studiano. Questa edizione aggiornata presenta molte novità, volte a semplificare e a migliorare l'uso didattico del testo favorendo dei percorsi di autoapprendimento. Edizione digitale su Pandoracampus.
Sono trascorsi dieci anni dalla fondazione del Partito Democratico, il 14 ottobre 2007. Un decennio in cui il mondo, l'Europa, l'Italia sono cambiati radicalmente. Dieci anni fa Obama lanciava la sua candidatura alla guida degli Stati Uniti in un clima di speranza, oggi il mondo osserva con inquietudine le politiche di Trump. Fresca di allargamento l'Europa guardava con fiducia al suo futuro, oggi si interroga incerta su come uscire dall'impasse. Dieci anni fa iniziava la più lunga crisi economica conosciuta dal dopoguerra. Dieci anni segnati dal terrorismo di al-Qaida e dell'Isis e dagli attentati che hanno colpito l'Occidente nel cuore delle sue capitali. Dieci anni nei quali l'Italia ha visto succedersi governi guidati da Prodi, Berlusconi, Letta, Renzi e Gentiloni. Allora "populismo" era vocabolo per esperti, oggi è fenomeno che raccoglie vasto consenso, mettendo in tensione cittadini e istituzioni. Per un secolo, il Novecento, la sinistra ha affermato i suoi valori grazie a quattro parole - sviluppo, lavoro, protezione sociale, democrazia - che oggi appaiono lesionate. Di fronte a tutto questo, cosa deve fare una sinistra che non si rassegni a una condizione di minorità? Come si affermano i diritti in una società flessibile? Come si costruisce una società multiculturale che non chieda rinunce all'identità e renda ciascuno sicuro e libero da paure? E come gestire le nuove dicotomie: occidente/oriente, sovranità/globalizzazione, lavoro/ tecnologie, integrazione/identità? Una riflessione necessaria, condotta da chi il Pd ha contribuito a fondarlo, ne ha vissuto in prima persona ogni passaggio ed è tuttora impegnato sul fronte del rinnovamento della sinistra italiana ed europea.
Non cambi il mondo, e non difendi la democrazia, facendo sempre quello che ti dicono di fare. Occorre assumersi la responsabilità di contravvenire a leggi ingiuste senza aspettare che qualcuno gentilmente lo conceda. L'obiettivo non è violare le regole, ma cambiarle, la cosa giusta da fare quando la legge si scontra con il vissuto delle persone, trascurando diseguaglianze rese ancora più profonde dalle proibizioni. E questo che ha fatto Marco Cappato accompagnando in Svizzera dj Fabo, aiutandolo a porre fine alla sua sofferenza a costo di essere perseguito penalmente nel nostro Paese. Ed è questo - ha dichiarato - che farà ancora, per difendere il diritto di tutti di essere "liberi di sorridere, fino alla fine". Eutanasia e fine vita, dunque, ma anche droghe, sesso, internet, genetica, scienza e diritti umani: contro le molte norme che in diversi campi minacciano la libertà e criminalizzano comportamenti diffusi e realtà sociali ineliminabili, Cappato si batte da anni con gli strumenti della disobbedienza civile e della nonviolenza - che indica non una semplice assenza di violenza, ma la costante opera attiva per convertire la violenza nel suo opposto - seguendo le orme di illustri personalità come Gandhi e di compagni di viaggio come Pannella. Intrecciando pratica e teoria, la sua storia radicale e le sue azioni - dall'arresto a Manchester per la campagna antiproibizionista alla difesa della ricerca sul genoma e le staminali, alla battaglia contro l'informazione manipolata e la limitazione della libertà digitale -, spiega oggi in questo libro perché disobbedire (civilmente) è lo strumento indispensabile per chi vuole migliorare il sistema e difendere la libertà di tutti. E perché occorre farlo in prima persona: "assumendoci la responsabilità delle nostre azioni, sperimentando alternative, creando conoscenza".
La geografia ha contribuito a fare degli Stati Uniti una nazione straordinariamente prospera, potente e sicura, se non addirittura una inespugnabile 'fortezza', che ha goduto a lungo del privilegio di poter guardare con indifferenza e disinteresse al resto del mondo. D'altro canto, a partire dall'ultimo scorcio del XIX secolo, l'establishment statunitense si è gradualmente persuaso che alcune epocali trasformazioni dello spazio politico-geografico americano e mondiale (in particolare la chiusura della frontiera americana, da un lato, e il parallelo processo di esaurimento e 'saturazione' dello spazio globale, dall'altro) rappresentassero un pericolo mortale per l'american way of life, per le istituzioni e l'identità americane. Il libro di Corrado Stefanachi si sofferma sulla dimensione geografica e spaziale della politica estera americana. Più precisamente, il fulcro del volume è proprio questo peculiare paradosso geopolitico - la concomitanza di straordinaria potenza e percepita insicurezza - che ha profondamente condizionato l'azione internazionale degli Stati Uniti nella stagione della loro proiezione globale. Nei nove capitoli che lo compongono, il saggio mostra come la condizione di invulnerabilità e insicurezza riconducibile al fattore geopolitico (allo spazio politicogeografico e al modo in cui esso è stato percepito e interpretato dai policy-makers americani) aiuti a chiarire le ragioni, i contenuti e le modalità strategiche dell'impegno degli Stati Uniti nel mondo, dalle origini della politica della Porta aperta al dopo Guerra fredda.
Rosario Crocetta se ne va e lascia il suo buco: una voragine nella carne viva della Sicilia, dovuta all'incapacità di un governo che solo l'impostura di una Rivoluzione da Pappagone ha potuto far sopravvivere per tutta una legislatura. Con la complicità dei leader politici nazionali, tutti indifferenti alle sorti del più importante pezzo di storia e di futuro messo al centro del Mediterraneo. E con la sciagurata devastazione sociale conseguente alla bugia delle bugie: l'Autonomia regionale, motore primo della corruzione, degli sprechi e del sottosviluppo. Come in un copione in costante aggiornamento, la terra delle contraddizioni torna a farsi protagonista, con l'urgenza che la cronaca reclama. Attori in scena, con il governatore uscente, i suoi folcloristici assessori, i maledetti piromani che ogni estate tornano a incendiare ettari di terra sull'altare delle convenienze e i furbi che si fanno beffe dei fessi. Ma anche i giganti eterni che fanno grande la Sicilia, come Andrea Camilleri, e poi i caduti, che raccontano la storia di un ritorno, come Totò Cuffaro. Il risultato è un'istantanea impietosa e sagace, sconsolante nella nuda verità e al tempo stesso esilarante nelle dinamiche che ritrae. Dopo Buttanissima, ecco Strabuttanissima Sicilia per raccontare i guai della terra che dannandosi si ama, una terra che pur davanti all'evidenza del baratro si rifiuta di voler imparare dai suoi errori. Aveva ragione Tomasi di Lampedusa. E noi, purtroppo, torto. Nulla, infatti, cambia.
La sua vittoria ha sorpreso un po' tutti. Mass media, esperti di sondaggi, intellettuali, politologi. Ha sorpreso, ancora di più, Hillary Clinton, la candidata democratica, che durante le primarie si diceva certa di poterlo sconfiggere. Sarebbe stata la prima donna della storia a diventare presidente degli Stati Uniti, ma non è andata così. L'America, lo sappiamo, è la terra delle opportunità. Forse è anche la nazione dove può accadere l'impensabile. Dal gennaio 2017, contro ogni previsione, alla Casa Bianca c'è Donald Trump. Per alcuni, l'american dream si è trasformato in un incubo. La sua presidenza, tra annunci choc, azzardi diplomatici e tweet al vetriolo, riserva sempre nuovi colpi di scena. Ma chi è davvero Donald Trump? Lo sprovveduto gaffeur poco avvezzo alle regole della politica o l'eccentrico miliardario che, nell'epoca della post-verità, dice finalmente le cose come stanno? Per poter dare una risposta, come ci suggerisce Sangiuliano in questo libro, occorre partire da lontano, dai momenti più significativi della sua biografia, a cominciare dalle origini della famiglia: nipote di un immigrato tedesco (il cognome, in principio, era Drumpf), figlio di un costruttore newyorkese che nei primi decenni del Novecento fece fortuna edificando palazzi nei quartieri popolari della Grande Mela, il giovane e irrequieto Donald frequenta prima l'accademia militare e poi l'esclusiva Wharton School, laureandosi in economia. Grazie allo straordinario fiuto per gli affari, l'ambizione smisurata e un'indubbia spregiudicatezza nel coltivare le relazioni che contano, riuscirà a creare un immenso impero immobiliare, diventando uno degli uomini più ricchi del mondo. In mezzo, ci sono gli scandali, i fallimenti, le copertine di «Time», i divorzi milionari, il successo in tv, il matrimonio con la giovane Melania... Nel raccontare la vicenda personale, imprenditoriale e politica di Donald Trump senza sconti e pregiudizi, Sangiuliano raggiunge un duplice obiettivo: mostrarci non solo le contraddizioni dell'America di oggi - sospesa tra neoisolazionismo, rigurgiti razzisti e lotta globale al terrorismo - ma anche la grave crisi di sovranità in cui sembrano precipitate le nostre democrazie.
A sessant'anni dalla firma dei Trattati di Roma, l'Unione Europea vive la più profonda crisi della sua storia: nazionalismi, populismi, divisioni politiche ed economiche minacciano di distruggere il sogno di un'Europa unita e pacificata. Rivolgendo uno sguardo particolare alla difficile situazione politica del suo Paese, l'Ungheria, assediata dal razzismo e dalla questione rom, Ágnes Heller mette in discussione i cosiddetti "valori comuni europei", si interroga sul ruolo dei singoli cittadini e solleva una domanda scottante: l'Europa è qualcosa di più di un museo? Da questo libro emergono i grandi paradossi che caratterizzano tanto il continente europeo quanto l'intera cultura occidentale: universalismo umanista e fanatismo nazionalista, tolleranza e xenofobia, totalitarismo e libertà. Conflitti che si fanno più drammatici nella crisi dei rifugiati e che mettono in serio pericolo l'intera costruzione di una comunità europea. Ma Heller, con tenace fermezza, suggerisce che non bisogna rinunciare a realizzare il sogno di una Europa umana: questa utopia dipende da noi.
L'indubbia vitalità del Movimento 5 stelle e soprattutto la sua sostanziale stabilità nelle intenzioni di voto degli elettori mostrano un fenomeno politico che non ha eguali nel mondo occidentale. Diventa dunque interessante capire fino a che punto la "grande utopia" di una democrazia diretta canalizzata da internet è riuscita a vedere embrioni di realizzazione, o se si tratta invece soltanto di un espediente retorico ormai appassito. L'analisi dei risultati elettorali del periodo 2013-2016, l'affondo nel mondo ancora sconosciuto degli elettori del Movimento: chi sono, da dove vengono e perché lo votano, oltre a un approfondimento sul tema delicato della democrazia interna, ci aiuteranno a interpretare le ragioni del suo successo e a inquadrare meglio il Movimento e la sua organizzazione dentro e fuori la rete. Introduzione di Mark Gilbert.
Che cosa sono le campagne elettorali digitali? In che cosa sono diverse dalle campagne online? Quali forme ha assunto negli ultimi anni la mobilitazione degli elettori da parte della politica? Come si rinnovano le strategie ora che sono disponibili tecnologie avanzate e analisi dei "big data"? Un libro utile a orientarsi in un panorama - quello della comunicazione politica ed elettorale - che ha subito in breve tempo trasformazioni radicali.