È viva la convinzione che ancora oggi, a poco meno di settant'anni dall'adozione della Costituzione Repubblicana, sia utile per il lettore rivisitare il travaglio culturale e politico vissuto, in modi diversi, dall'intera cattolicità italiana nella stagione della Costituente. Già nelle idee ricostruttive della democrazia cristiana del luglio del 1943 De Gasperi aveva posto la difesa della libertà delle persone e delle comunità organizzate come "premessa indispensabile" per arginare i totalitarismi; in seguito, nel documento conosciuto come Codice di Camaldoli, scritto tra l'estate del 1943 e il 1945, e negli interventi della XIX Settimana Sociale dei cattolici italiani, dell'ottobre 1945, furono discussi i temi dello stato e dei suoi rapporti con la società, nella prospettiva di un assetto politico istituzionale socialmente avanzato e pluralista retto dal nuovo sistema dei partiti di massa. Durante i lavori della Costituente, specie i costituenti democristiani più giovani, come Dossetti, La Pira, Fanfani, Lazzati, Moro e altri, senza interrompere le forme di dialogo avviate nella stagione della Resistenza con uomini e forze di altra ispirazione, si adoperarono per affermare una concezione dello stato democratico e della stessa democrazia intesi non semplicemente come insieme di procedure, bensì come realtà che traggono la loro ragion d'essere da profonde ispirazioni culturali e si esprimono in indirizzi sociali solidali e pacifici. Introduzione di Gabriele De Rosa.
Nel richiamare le figure di Aldo Moro, Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti, l'autore si propone di mostrare i pericoli dell'ignoranza reciproca tra lo spirituale e il politico, suggerendo, nel rispetto di altre posizioni, che le due dimensioni possono e devono nutrirsi a vicenda. La sua lettura di queste tre belle figure segue la convinzione di Péguy: che «la politica si beffa della mistica, ma è ancora la mistica a innervare la politica».
Il Vecchio Continente pare avvitato su sé stesso. L'unità politica è lontana, la finanza ha preso il sopravvento in una palese spinta antidemocratica, la deriva turbocapitalistica sta minando lo stato sociale. L'immigrazione viene vissuta come minaccia, le spese militari si impennano. L'Europa come l'avevano sognata i suoi fondatori non c'è. Ci sarà? Un missionario, che dall'Africa è tornato nel cuore dell'Europa, traccia un cammino di rinascita del sogno europeista: meno finanza e più beni comuni, maggior impegno eco-solidale e meno austerità.
“Questo libro non è solo un diario personale, una riflessione sulla sinistra o il programma del governo che verrà. Più di tutto, è la condivisione di idee, emozioni e speranze che spesso si sono perse nel racconto della comunicazione quotidiana. I risultati ottenuti e gli errori commessi. Il viaggio tra passato e futuro di un’Italia che non si ferma. Che vuole andare avanti.”
È stato l’uomo chiave della politica italiana degli ultimi anni. Ha guidato un governo che ha varato molte riforme e su una, quella costituzionale, è caduto. Alla guida del Partito democratico ha ottenuto alle elezioni europee del 2014 uno dei più brillanti risultati elettorali della storia politica italiana, ma anche una bruciante sconfitta referendaria nel 2016, che lo ha portato a dimettersi da presidente del Consiglio e da segretario nazionale. Nella primavera del 2017 quasi due milioni di italiani lo hanno rieletto alla guida del Pd.
In questo libro Matteo Renzi parla della difficoltà di cambiare le cose ma anche dell’orgoglio di provarci. Degli errori e dei passi falsi ma anche dei risultati ottenuti e delle sfide aperte. Racconta aneddoti inediti dei mille giorni a Palazzo Chigi ma anche le proposte politiche per l’Italia dei prossimi anni, dalla battaglia per cambiare l’Europa all’introduzione dell’assegno universale per i figli; dal numero chiuso per l’immigrazione agli investimenti in cultura e periferie; dalla lotta per il lavoro alla sfida ambientale e ai progetti di bonifica del paese.
Dall'elaborazione di questo pensiero è possibile rintracciare i tratti di una filosofia politica che assume il "metodo della libertà" e lo declina nei temi del costituzionalismo, del governo della legge, della sovranità limitata: l'idea di governo come dominio della legge e non degli uomini. Strumenti che possiamo mettere in relazione con i concetti classici della Dottrina sociale della Chiesa, quali la dignità umana, la libertà integrale, individuale ed indivisibile, la conseguente responsabilità della persona e l'ineludibile limitatezza della sua costituzione fisica e morale. Dunque, una filosofia politica che si presenta come una teoria delle istituzioni sociali proiettata verso un rapporto sempre più stretto con la storia del pensiero cattolico e con la sua moderna Dottrina sociale.
Nel 1936, Ambedkar fu invitato a partecipare alla conferenza annuale del gruppo induista riformista di Lahore. Quando gli organizzatori ricevettero il testo del suo discorso, ne giudicarono intollerabili i contenuti, tentarono una breve e infruttuosa negoziazione, e alla fine cancellarono l'invito. Ambedkar decise così di stamparne a sue spese 1500 copie, e da quel momento «Contro le caste» cominciò a diffondersi come un manifesto... Il pamphlet viene qui presentato per la prima volta in italiano in un'edizione riccamente annotata e con un saggio introduttivo di Arundhati Roy, in cui si affronta il tema delle caste e lo storico scontro morale e intellettuale fra Ambedkar e Gandhi, lasciando emergere alcuni aspetti della personalità del Mahatma in contrasto con l'icona universale a tutti nota.
Fu soltanto nel "Handwoerterbuch der Sozialwissenschaften" - la prima imponente opera collettiva in 12 tomi progettata e realizzata in Germania negli anni 1956-1965 dopo la catastrofe del regime nazionalsocialista - che i due grandi esuli della scuola marginalista austriaca, von Hayek e von Mises, introdussero per la prima volta in una Enciclopedia di scienze economico-sociali tedesca le due voci, distinte ma organicamente interconnesse, di "liberalismo politico" e "liberalismo economico", restituendo loro quella piena autonomia concettuale ed espositiva che una lunga tradizione enciclopedica di impostazione social-storicista aveva negato omettendone persino i termini, sostituiti con quelli riduttivi di "dottrina libero-scambista" e "scuola manchesteriana", oppure ricondotti nell'alveo dei concetti generali di "individualismo" e "interesse personale". A integrazione necessaria delle due voci magistrali mai tradotte in italiano, sono state qui aggiunte le voci altrettanto illuminanti "Scuola di Vienna" di von Hayek, e "mercato" di von Mises. I testi sono accompagnati dai saggi dei due curatori. Nei primi due viene esposto in maniera essenziale l'itinerario intellettuale dei due autori; nel terzo si pone l'attenzione sul continuativo - e poco esplorato - rapporto degli esponenti della scuola marginalista austriaca con le enciclopedie delle scienze economico-sociali.
Gli "Adagia" sono una sorta di monumentale enciclopedia della cultura classica organizzata intorno a motti, detti, proverbi della più diversa provenienza. Talvolta Erasmo si limita a riferire in poche righe il proverbio nelle varie attestazioni che gli sono note, altre volte lo stesso proverbio gli suggerisce lo spunto per considerazioni molto più articolate e ricche. Comunque, non c'è dubbio che gli "Adagia" furono il serbatoio di sapere a cui Erasmo continuò ad attingere nel corso della sua vita. Per presentarsi alla fine come uno specchio tra i più fedeli del suo pensiero e del suo credo. I quattro "Adagia" qui proposti sono tutti di natura politica. Il primo, "Re o matti si nasce", è una riflessione che ruota attorno alla figura del Principe e all'irrazionalità o razionalità nella sua azione politica. L'adagio che invece dà il titolo al volume è tutto dedicato agli orrori della guerra e alla trasformazione dell'uomo in bestia. Dopo avere in più occasioni fatto riferimento a Ercole, l'adagio si sofferma sul fine vero della guerra: il guadagno, o meglio il rapimento e la degradazione dei beni altrui. La guerra non deve essere l'opzione da perseguire, anche nei confronti del peggior nemico (allora erano i turchi). Bisogna invece scegliere la migliore delle virtù cristiane, la carità. La chiusa da questo punto di vista è attuale ancora oggi: è comunque da preferire un turco sincero o un ebreo in buona fede a un cristiano ipocrita.
Dal 2016 il mondo non è più lo stesso. La Brexit, la vittoria di Trump negli USA, il No al referendum in Italia hanno inviato ai poteri occidentali un forte segnale di protesta. Se per i media e i vertici politici questi eventi sono stati del tutto imprevisti, per chi aveva compreso gli errori commessi dalla classe dirigente degli ultimi 40 anni il destino era già scritto. Dopo aver anticipato il successo di Donald Trump con il libro Perché vince Trump (quasi seimila copie vendute in sei mesi), l’analista americano Andrew Spannaus volge lo sguardo al 2017, con le elezioni nei più influenti Paesi europei.
Questo libro pone delle domande apparentemente banali, come sempre appaiono le grandi questioni: viviamo davvero in una democrazia? I politici ci rappresentano davvero? Lo Stato pensa davvero al bene dei cittadini? La risposta degli autori è sempre no, il cittadino non possiede, in realtà, nessun potere, per cui l'intero progetto della vita sociale deve essere ripensato da un "laboratorio per la rivoluzione" composto da studiosi che sostituiscano i politici. Pubblicato per la prima volta nel 1996, questo dialogo si mostra oggi in tutta la sua preveggenza, anticipando fatti come la nascita del Movimento 5 Stelle, spronandoci a ripensare questioni cruciali come la cultura, i flussi migratori, la scuola e i mass media attraverso una difficile ma necessaria operazione di "dissolvimento dell'ovvio".
La democrazia non si trova in natura: è un prodotto artificiale, frutto della ragione e del desiderio di libertà. Se non è curata, alimentata e potenziata, appare inevitabile la sua crisi di fronte all'apparente maggiore efficacia del dispotismo: oggi solo il 40 per cento della popolazione mondiale, una minoranza, vive in democrazia. Inoltre, stiamo vivendo un cambiamento d'epoca, segnato dalla crescita della globalizzazione e dalla digitalizzazione: le politiche pubbliche dei diversi Stati sono interdipendenti; l'infosfera ha compresso il tempo e lo spazio; le grandi migrazioni hanno messo in crisi il senso di identità di milioni di persone; la quarta rivoluzione industriale cambierà i processi produttivi e le relazioni sindacali; crescono le diseguaglianze; la sfiducia nelle élites esperte anima populismi e nazionalismi etnici. È dunque necessaria una nuova cultura politica per sostenere la democrazia.
Un filo resistente lega gli uni agli altri i racconti di questa antologia: un'agenda rossa. Si affaccia dalla pagina declinata in diversi modi, una volta ha i fogli strappati, un'altra è gonfia di biglietti di teatro, ma sempre intende ricordare quella appartenuta a Paolo Borsellino - che conteneva appunti, nomi e forse rivelazioni sulla strage di Capaci, scomparsa immediatamente dopo l'attentato mafioso del 19 luglio 1992 e mai più riapparsa. Sette autori, ciascuno con la propria storia, la propria sensibilità e la propria voce, riattualizzano con altrettanti racconti inediti, scritti appositamente per "L'agenda ritrovata", il nucleo dell'impegno di Paolo Borsellino e gli interrogativi ancora aperti a venticinque anni dalla strage di via D'Amelio - la verità negata, il bisogno di giustizia, la sottrazione indebita, il mancato ritrovamento, la resistenza della politica... Ci riescono senza il bisogno della cronaca dei fatti: ci riescono inventando storie. "Uno scrittore che fa il suo dovere," sottolinea Marco Balzano nell'introduzione, "è prima di tutto uno scrittore che scrive bene e che sa consegnare agli altri una storia. Volevamo un libro vivo, completamente calato nell'oggi, senza ulteriori mitizzazioni, senza altre ipocrite santificazioni, che sono servite soltanto a collocare in un olimpo inaccessibile chi apparteneva alla collettività e solo per questa si è sacrificato. La letteratura, invece, quando è letteratura, compie sempre un'operazione di avvicinamento". Un avvicinamento che è anche un viaggio da Nord a Sud - Helena Janeczek (Lombardia), Carlo Lucarelli (Emilia-Romagna), Vanni Santoni (Toscana), Alessandro Leogrande (Lazio), Diego De Silva (Campania), Gioacchino Criaco (Calabria) ed Evelina Santangelo (Sicilia) -, "un passaggio di testimone", scrive Gianni Biondillo ricordando com'è nato il libro, "per raccontare non tanto dov'eravamo alla morte dei due magistrati, ma dove forse siamo stati in questi anni, tutti noi: chi silente, chi indifferente, chi deluso, chi vigliacco, chi sempre e comunque, ostinatamente contrario, in prima fila".