Si parla da tempo ormai di emergenza educativa: l'atto stesso di educare come trasmissione di valori e di conoscenze - è in crisi, appare come un problema e una sfida. Certamente una delle ragioni "forti" è la progressiva perdita di centralità dell'atto del pensare, ovvero l'atto sorgivo del pensiero e della fede. Attraverso la lettura diretta dei testi, il volume traccia un percorso storico tra i grandi pensatori del passato dall'antichità classica ad oggi - che hanno messo al centro della loro riflessione l'esercizio del pensare. Da Platone e Aristotele ad Agostino, fino a Kant, Hegel, Maritain: una rassegna di giganti del pensiero che ci consegna il tesoro del passato e della tradizione, capace di aprirci nuovi, fecondi orizzonti di vita e cultura per l'oggi e il domani. Uno strumento a servizio di quanti si dedicano al lavoro impegnativo ma appassionante della formazione.
Scopo del libro è contribuire a diffondere l'idea che la pluralità è oggi la norma entro la nostra società. In questo ambito, l'approccio interculturale può costituire una straordinaria risorsa in campo educativo per la crescita e lo sviluppo della persona.
Nella rinnovata collana dei documenti, in un tempo in cui il tema della responsabilità educativa si fa sempre più urgente ed è ritenuto fondamentale dalla Chiesa italiana, il vescovo di Carpi rivolge un'accorata lettera a famiglie e genitori.
Il dialogo e la comunicazione si qualificano come eventi legati all'universo vitale dell'essere e dell'agire umano. Soprattutto in educazione, comunicare significa attingere alla ricchezza espressiva della retorica, intesa come teoria dell'argomentazione persuasiva. Seguendo la partizione classica di Aristotele, sono qui esaminate alcune categorie fondative della riflessione teorico-educativa, accostando all'inventivo e all'eloquio il discorso collaborativo. Emerge così la duplice possibilità di un'educazione retorica eticamente sostenuta e di una retorica educativa orientata all'intesa, entrambe consapevoli della complessità comunicativa. In gioco è l'educazione come dialogo comunicativo
È il 2008. Gli alunni di una quarta elementare romana scrivono al Ministro della Pubblica Istruzione una lettera con una richiesta particolare: non vogliono che la loro maestra vada in pensione perché, "anche se ha quasi settantanni, quando insegna non è vecchia". La maestra in questione, all'epoca la più anziana d'Italia, si chiama Gisella Donati e in questo libro ci racconta, in una sorta di fedelissimo diario di viaggio, la sua lunga carriera tra i banchi: tutto inizia sui monti della Sardegna, all'inizio degli anni Sessanta, quando poteva capitare di raggiungere una scuola a dorso d'asino e gli insegnanti erano ancora, insieme al medico condotto e al maresciallo dei carabinieri, le personalità del paese, a cui regalare le parti più pregiate del maiale. Dalla Sardegna, poi, Gisella si sposta a Roma, dove si confronta con la realtà problematica delle periferie e sperimenta con i suoi bambini metodi di insegnamento sempre innovativi e pionieristici, spaziando dal teatro al linguaggio dei media. E così, tra piccoli barbieri improvvisati che tagliano di nascosto i capelli ai compagni durante le lezioni e alunni a cui si trova involontariamente a fare da mamma, la maestra Gisella affronta per quasi mezzo secolo, con grinta inesauribile, le sfide che la scuola continua a porle. Ripercorrendo in questo libro ironico e commovente la storia di una vita e, insieme, quella di una delle istituzioni fondanti dell'identità italiana. Per ricordarci che, nonostante tutto, la scuola è bella.
Che oggi la scuola sia in grave difficoltà è un'evidenza sotto gli occhi di tutti. Eppure mai come adesso ci si è preoccupati tanto dell'istruzione e si sono spese tante risorse e riposte tante aspettative in essa. Si è insomma di fronte a quello che Frank Furedi chiama "il paradosso dell'istruzione": mentre investiamo sempre di più nell'insegnamento, e sempre di più vorremmo ricavarne, le nostre scuole chiedono sempre meno agli studenti. Basse aspettative nei confronti dei ragazzi, la tendenza a infantilizzarli attraverso una forte psicologizzazione del rapporto educativo e un infinito maternage, la ricerca ossessiva delle loro motivazioni, il declinare dell'autorità degli adulti producono l'esatto contrario di ciò a cui l'istruzione dovrebbe mirare, cioè la formazione di persone autonome, critiche, capaci di una propria visione del mondo. La tesi controcorrente di Furedi è che l'istruzione è importante per se stessa, per i contenuti che veicola. Apprendere le conoscenze e le scoperte frutto di esperienze fatte da altri, in luoghi anche remoti e in situazioni storiche diverse da quelle cui sono abituati, permette ai giovani di sviluppare le imprescindibili capacità di pensare, conoscere, immaginare, osservare, giudicare, interrogare.
Il volume espone i principali elementi introduttivi di statistica descrittiva, quel ramo della statistica che si occupa di criteri di rilevazione, di classificazione, di sintesi delle informazioni relative ad un campione o ad una popolazione oggetto di studio. Le informazioni si organizzano in distribuzioni e si sintetizzano descrittivamente attraverso gruppi di misure come la tendenza centrale, la variabilità, la forma, le relazioni statistiche. La statistica descrittiva ha come finalità principale l’organizzare, il riassumere e il presentare i dati in modo ordinato. Gli strumenti presentati (ad es. tabelle e grafici) permettono quindi di sintetizzare e presentare i dati. Nel testo è presentata una rassegna delle fonti e dei principali organismi internazionali, europei e nazionali, ufficiali e privati, preposti a fornire dati e informazioni autorevoli. La pubblicazione è rivolta agli studenti iscritti a insegnamenti integrativi per i curricoli di base delle facoltà di scienze dell’educazione e della formazione che hanno la necessità di conoscere i concetti introduttivi e di applicare le procedure elementari di elaborazione per apprendere la metodologia corretta e per stilare rapporti di ricerca empirica.
"Legalità e illegalità non sono concetti astratti: sono presenti e si mostrano nelle configurazioni e nei movimenti di qualsiasi assetto sociale e nella storia di ogni persona. Si distinguono o si confondono, riguardano gli altri o se stessi, in ogni caso costituiscono un elemento fondamentale di ogni vita collettiva e individuale. Non potrebbe essere pensata esistenza alcuna senza legalità, ma sarebbe del tutto illusorio, e probabilmente inopportuno, immaginarla totalmente esente da qualsiasi forma d'illegalità. Affrontare il tema dell'illegalità/legalità da un punto di vista pedagogico-sociale significa porre un'attenzione particolare a quelle dimensioni educative informali, diffuse, quotidiane che con la legalità e l'illegalità si incontrano ripetutamente, generando contraddizioni, criticità e conflitti. Significa, innanzitutto, constatare in quale misura, accanto all'educazione ufficiale alla legalità (praticata e/o auspicata), vi sia un'educazione all'illegalità provvista anch'essa di valori, obiettivi, didattiche formali e informali, e persino di educatrici ed educatori attivamente e proficuamente impegnati sul campo".
Ogni famiglia, o quasi, annovera almeno un caso di bambino viziato e capriccioso, un vero piccolo principe, che si sente tale e che, almeno agli inizi, gli adulti trattano amorevolmente come tale, prima che il principino mostri di volersi trasformare in un vero despota. In questo libro, guidati dallo psicologo cognitivo francese Didier Pleux, scopriamo le tappe di questa escalation, i segni che la annunciano e che possiamo individuare fin dalla più tenera età, per esempio nelle pretese sul cibo o sul riposo, e che proseguono nel periodo scolare, con le richieste di abiti firmati e denaro, cattive abitudini televisive e continui ricatti. Osserviamo l'acutizzarsi e il concretizzarsi di questa tirannia al suo apogeo, durante l'adolescenza, quando aumentano le possibilità di mettere in atto minacce e pretese con l'affinamento di nuove "armi", più subdole e sofisticate. Impariamo così a riconoscere i ricatti morali e a fronteggiare le strategie della piccola "guerra" che il figlio tiranno combatte (e spesso vince) con i genitori e i familiari, fino a soggiogarli completamente. Per aiutarlo a riconnettersi con la "realtà" - Pleux ammonisce - non sottraiamolo alle frustrazioni ed educhiamolo al fatto che anch'esse fanno parte della vita. Impariamo, come genitori, a rimpadronirci del nostro ruolo di educatori, anche con i conflitti che ciò comporta, non tanto imponendo la nostra autorità, ma offrendo ai nostri figli la risorsa della nostra autorevolezza.
Qual è il ruolo dell'educazione in un tempo che ha smarrito una chiara visione del futuro e in cui l'idea di un modello unico e condiviso di umanità sembra essere il residuo di un'era ormai conclusa? Quale ruolo dovrebbero rivestire gli educatori ora che i giovani vivono una profonda incertezza rispetto al loro futuro, i progetti sono diventati più difficili, le norme tradizionali sono meno autorevoli e flussi sempre più cospicui di persone hanno creato comunità variegate in cui diverse culture si ritrovano a vivere vicine senza più essere unite dalla convinzione che l'altro verrà prima o poi assimilato alla "nostra" cultura? Posti di fronte alle sconcertanti caratteristiche del nostro mondo liquido moderno, molti giovani tendono a ritirarsi - in alcuni casi nella rete, in giochi e relazioni virtuali, in altri casi nell'anoressia, nella depressione, nell'abuso di alcol o droghe - nella speranza di proteggersi così da un universo oscuro e vorticoso, altri si lanciano in forme di comportamento più violento. In questo breve libro Zygmunt Bauman, qui in conversazione con Riccardo Mazzeo, riflette sulla situazione dei giovani d'oggi e sul ruolo dell'educazione e degli educatori.
La constatazione delle evidenti difficoltà collegate alla responsabilità educativa degli adulti e la mancanza di consapevolezza da parte della cosiddetta società educante hanno fatto emergere in maniera forte la crisi della questione educativa. Tuttavia non dobbiamo lasciarci scoraggiare dalla complessità dell'attuale situazione: andare oltre l'emergenza significa affrontare e analizzare i problemi legati ai diversi contesti educativi (famiglia, scuola, comunità sociale ed ecclesiale) e affrontare la sfida per il futuro con rinnovata attenzione e adeguate risorse, per non rinunciare a educare ancora, con competenza e passione.
Le neuroscienze stanno producendo una vera e propria rivoluzione in campo educativo, in particolare in ambito morale. Nella loro prospettiva, le emozioni non sono un ostacolo alla razionalità, ma una guida per comprendere il mondo. Si sta affermando un paradigma che, a partire dalla scoperta dei neuroni-specchio, propone un'immagine della persona caratterizzata dall'empatia naturale nei confronti dell'altro e dalla proiezione verso il riconoscimento reciproco. Il volume presenta le linee generali di un'educazione morale che si realizza nella concretezza dell'esistenza umana e si nutre della comprensione degli aspetti emozionali. Sulla base della compassione "istintiva" messa in luce dalle neuroscienze è possibile educare a comportamenti di aiuto e di cooperazione, superando gli atteggiamenti di indifferenza e di esclusione morale, compreso il giudizio verso l'estraneo, e orientandoci ad essere non solo naturalmente, ma anche culturalmente, negli altri e per gli altri.