Il libro, rifacendosi anche agli inediti recentemente pubblicati, presenta anzitutto un agile profilo della figura e del pensiero del grande filosofo del Novecento, Emmanuel Levinas. Vi si intrecciano le vicende della vita con il contenuto delle opere, il radicarsi nella tradizione religiosa ebraica e l'impegno a ripensarla con metodo fenomenologico per farne emergere i significati universalmente umani. Tra questi, sono centrali l'assolutezza dell'appello etico del volto d'altri e la dimensione di trascendenza della soggettività umana investita di responsabilità. Segue l'approfondimento di quattro temi teologici: 1. L'itinerario a Dio in chiave etica; 2. Il rapporto tra giustizia e misericordia; 3. Le tensioni dell'escatologia; 4. La trasfigurazione etica e teologica del corpo. Scritto in linguaggio accessibile a tutti da uno dei migliori studiosi di Levinas in Italia, il libro è particolarmente indirizzato a persone con interessi teologico-religiosi.
Il rapimento e l'assassinio per mano delle Brigate rosse, nel 1978, hanno finito per concentrare in quella fine tragica la memoria di Aldo Moro. Nell'intento di riscoprire nella sua interezza questo significativo protagonista della storia italiana, il libro ne tratteggia un profilo biografico completo: l'intellettuale, il giurista, il dirigente delle associazioni cattoliche, il costituente, il politico, lo statista. Moro fu il principale stratega del centro-sinistra e della "solidarietà nazionale", ma anche a lungo guida del governo e della politica estera italiana. La sua esperienza assunse un carattere drammatico non solo per il violento epilogo ma anche per la crescente difficoltà nel tenere assieme Stato e società, innovazione e tradizione, cambiamento e coesione, in un sistema sociale e politico messo a dura prova dalla transizione degli anni Settanta.
Una figura geniale che sfugge a ogni classificazione: la sua vicenda rappresenta un enigma dal fascino immortale. Wilhelm Canaris, responsabile del controspionaggio militare del Terzo Reich, maturò ben presto una profonda avversione al regime. Così, mentre Hitler trasformava la Germania in una delirante potenza del male, Canaris intraprendeva una pericolosissima campagna sotterranea per destabilizzarlo. Sospettato di reiterati tentativi di abboccamento con Churchill e di essere tra i registi dell'attentato dinamitardo ai danni del Führer nel luglio 1944, Canaris venne arrestato dal regime, torturato e impiccato nudo come traditore.
"Una grande famiglia è una famiglia disseminata, divisa, complicata, persa, ritrovata. L'albero genealogico segna rami che a volte non si sono mai toccati, e a volte si sono uniti indissolubilmente." Fulco Ruffo di Calabria appartiene a una delle famiglie più antiche e blasonate d'Europa, che vanta fra i suoi membri re e regine, principi e principesse, cardinali ed eroi, come il nonno Fulco, asso dell'aviazione della Prima guerra mondiale e medaglia d'oro al valor militare. Con legittimo orgoglio ma anche con estrema spontaneità e semplicità, Fulco si racconta per la prima volta in una sorta di diario "geografico" che ripercorre la sua vita di nomade d'eccezione: l'infanzia torinese insieme ai fratelli Augusto, Imara, Umberto e Alessandro, sotto l'occhio vigile e affettuoso della "signorina Natalia", amica e complice; la Pasqua a Roma da nonna Luisa; le feste con i compagni di giochi, fra i quali Edoardo e Margherita Agnelli e i "rampolli" di casa Marone Cinzano, i Rivetti, i Nasi, i Vallarino Gancia; i collegi esclusivi a Moncalieri, Pallanza, Paderno del Grappa e Gressoney; le indimenticabili vacanze a Poveromo, in Versilia, nella accogliente e vissuta casa di famiglia, in compagnia di nonni, cugini e zii (fra cui Paola, futura regina dei Belgi) o a Sestriere. I viaggi per tutta l'Europa con la "banda Ruffo" (così zia Paola chiamava i nipoti) negli "anni feroci e fieri", in cui "non ci facemmo mancare niente", all'insegna della spensieratezza e degli amori passeggeri.
"La vita è un film a lieto fine, basta restare onesti e non mollare mai" amava ripetere Paolo Farinetti, il "comandante Paolo" che, a capo della XXI brigata Matteotti "Fratelli Ambrogio", combatté i nazifascisti sulle colline delle Langhe durante la Resistenza. E infatti, lui non ha mai mollato, né allora né dopo. Perché Paolo, quella scelta di battersi per la giustizia e per la libertà l'ha fatta una volta per tutte. Nato da poverissimi contadini su quelle colline della "malora" rese celebri da Fenoglio, il ventenne Paolo, colpito da una brutta peritonite, alla fine del 1943 rifiuta di tornare sotto le armi e sceglie di diventare un "ribelle" e di "salire in montagna". Dove l'iniziale avversione per la retorica guerrafondaia del fascismo matura presto in una coscienza politica chiarissima: lui e i compagni che hanno condiviso la sua scelta sono lì perché vogliono un'Italia diversa, più libera e giusta. Dapprima inquadrato nelle formazioni autonome del comandante "azzurro" Mauri, Paolo, con un'intuizione decisiva, sposta il teatro operativo del suo gruppo dalla montagna alle più familiari colline albesi e alla bassa Langa, dove può contare non solo sulla conoscenza del territorio ma soprattutto sul sostegno della "sua" gente pronta a offrirgli collaborazione, riparo, cibo, abiti, informazioni. Diventato il carismatico "comandante Paolo" grazie alla capacità di conciliare il coraggio indomito con la prudenza e l'umanità, compie gesta spericolate ed eclatanti.
Una manciata di minuscole sculture giapponesi ha ispirato a Edmund de Waal "Un'eredità di avorio e ambra". E una manciata di candidi detriti raccolta sul monte Kao-Ling, in Cina, spinge l'autore a esclamare "Questo è il mio inizio". L'inizio di un viaggio sulle tracce dell'"oro bianco", per raccontare la storia della porcellana. Qui lo seguiamo da Jingdezhen a Venezia, a Versailles, a Dublino, a Dresda, fino alle colline della Cornovaglia e ai monti Appalachi del South Carolina, mentre racconta la storia di una vera e propria ossessione per "il bianco perfetto". Lungo la strada incontra i testimoni della creazione della porcellana: tutti quelli che da quel bianco sono stati ispirati, arricchiti o afflitti; e dei tanti che hanno avuto la vita, il corpo e la mente spezzati dall'affanno della ricerca. L'autore percorre un millennio per arrivare ad alcuni dei momenti più tragici della storia contemporanea. Eroi o vittime dell'invenzione e della produzione del prezioso materiale, i personaggi più disparati: dagli imperatori cinesi ai loro schiavi; dall'elettore di Sassonia e re di Polonia Augusto II al piccolo alchimista da lui imprigionato perché produca quel materiale "semitraslucido e latteo, come i petali di un narciso"; dal farmacista quacchero che esplora le colline della Cornovaglia distratto solo dalla morte della giovane moglie; a Lenin e al suo intervento al Congresso dei lavoratori del vetro e della porcellana.
Il testo ripercorre la storia di uno dei personaggi più complessi, controversi, inquietanti, tormentati e contraddittori della storia, Giuliano detto l'Apostata, l'imperatore che si allontanò dalla fede cristiana e cercò di tornare al paganesimo greco-romano, con il proposito di ripristinare, in tutto l'Impero, la religione dei templi e dei sacrifici. In questa biografia, l'autore ripercorre e approfondisce le motivazioni molteplici che stanno alla base dell'"abiura" di Giuliano, incapace di conciliare il patrimonio della classicità con la religione di Cristo.
Amato e discusso in ogni fase della vita, Joseph Ratzinger è stato uno dei grandi protagonisti della seconda metà del Novecento e della svolta del millennio. Nato in Germania nel 1927, la sua vita venne segnata dall'ascesa del nazismo, dalla guerra, dal comunismo, come quella di Giovanni Paolo II che, dopo la sua sorprendente elezione, lo volle insistentemente al suo fianco. Eletto a sua volta papa nel 2005, Ratzinger decise di chiamarsi Benedetto XVI a indicare la scelta per Dio, la via della pace operosa nel rispetto degli uomini e del creato. Alla Chiesa, colpita dagli scandali sessuali e finanziari, propose un percorso di purificazione; all'Europa suggerì ripetutamente di valorizzare le radici cristiane; alle religioni domandò un atteggiamento di dialogo al servizio dei popoli e delle nuove urgenze dell'umanità. Da molti non compreso, nel 2013 Benedetto XVI stupì il mondo con le dimissioni dal papato, un gesto clamoroso che a tanti sembrò il segno del tramonto del cattolicesimo. Era, al contrario, il seme sotto la neve, il passaggio obbligato per aprire la Chiesa a una dimensione più universale, a un rinnovamento cui sta lavorando il suo successore, Francesco. Elio Guerriero, che da molti anni ha un rapporto di consuetudine con il papa emerito, ha tracciato un ritratto a tutto tondo del pensatore e uomo di Chiesa che molti hanno appreso ad amare e rispettare dopo le sue dimissioni. Prefazione di papa Francesco.
"Come ho avuto modo di dichiarare in apertura di un mio libro di alcuni anni fa che raccoglieva alcuni saggi di argomento francescano, io non sono, non sarò mai un francescanista.[…]
Invece, francescanisti noti e illustri sono i protagonisti di quel convegno e degli studi che ne rappresentarono il contenuto e che qui si pubblicano seguendo un ordine che segue rigorosamente quello nel quale si scandirono i lavori di quella giornata. Ne fu e ne è protagonista un religioso e scrittore che fu una delle glorie del grande Duecento centromeridionale italiano.
Certo è, comunque, che Tommaso da Celano è noto soprattutto per la sua grande, originale, innovativa opera di agiografo sanfrancescano: e so bene quanto riduttiva sia in fondo questa definizione. Ciò forse ha indotto a trascurare un po' il fatto che questo 'figlio di Francesco e padre della Biografia francescana' - come stato definito da monsignor Santoro vescovo dei Marsi nel suo 'Saluto' - fu altresì (e le rime del 'Dies Irae' appunto ce lo ricordano) uno dei protagonisti di quella feconda stagione di rinnovamento spirituale della Chiesa e della Cristianità europea.
Costruttore, finanziatore di partiti, artista del negoziato, signore di casinò e concorsi di bellezza, intrattenitore, politico per esigenze di business più che per indole, pater familias di una genia mondana: Donald Trump è un personaggio dai mille volti, da quarant'anni alla ribalta. Il passaggio da celebrità d'avanspettacolo alla più ampia scena politica mondiale impone oggi di fermarsi per comprenderne la natura profonda. Mattia Ferraresi, corrispondente per "Il Foglio" dagli Stati Uniti, fornisce in questo libro alcune coordinate: gli inizi da figlio scapestrato di un clan di palazzinari, la conquista di Manhattan, il bisogno di legittimazione; l'emergere della visione politica: nazionalista in un mondo cosmopolita, populista che accarezza il sogno di un ritorno a un conservatorismo leggendario. Infine il ruolo di candidato-tuttofare: autore, regista e spin doctor di se stesso, multiforme animale da palcoscenico che parla una lingua ipersemplificata, a misura di tweet. "Rintracciare le origini della forma mentis nostalgica e della vaghezza politica di Trump - scrive Ferraresi - permette di capire che non è un fenomeno avulso dal contesto: la sua figura, il suo credo contraddittorio, il linguaggio hanno una loro dimensione nella storia della democrazia americana che va rinvenuta nel passato e messa a confronto con le incertezze dell'oggi. Trump parla a un'America ferita, un paese che soffre di patologie non riconducibili a meri fattori economici".
Da lungo tempo prosegue il dibattito sulla possibilità di un'atomica tedesca che avrebbe permesso a Hitler di vincere la Seconda Guerra Mondiale: esisteva davvero? Si sarebbe potuta costruire? Si trattò di un semplice ritardo nei confronti degli americani oppure di un vero e proprio boicottaggio dall'interno? Questo libro cerca di rispondere a queste domande raccontando la vita e il pensiero di chi fu a capo di quel progetto, Werner Heisenberg, vincitore del Premio Nobel per la fisica nel 1932 e padre del principio di indeterminazione, uno dei pilastri concettuali della meccanica quantistica. Amante della filosofia, di Platone più che di Democrito, di San Tommaso più che di Cartesio, convinto come Einstein che la fisica del Novecento avesse mandato in frantumi il materialismo ottocentesco, Heisenberg si ritrovò davanti a un dilemma morale: scappare dalla Germania (come fece Albert Einstein) o rimanere nel suo Paese nonostante il regime nazista? Lasciare la Germania gli sembrava vigliaccheria, sia nei confronti della sua numerosa famiglia, sia dei giovani fisici che voleva proteggere dalle grinfie del regime.
Muhammad Ali: il pugile dalle esaltanti vittorie mondiali cominciate quando aveva solo diciott'anni e si chiamava Cassius Clay, il campione invincibile e inafferrabile "che vola come una farfalla e punge come un'ape", il divo clamorosamente alla ribalta per gesta e spacconate, ma anche il campione convertito all'Islam consapevole che questo avrebbe potuto costargli carriera o guadagni, la "macchina da pugni" che rinuncia al titolo mondiale dei massimi pur di non indossare la divisa e servire l'esercito in guerra contro il Vietnam. In questa autobiografia, uscita per la prima volta nel 1975, Muhammad Ali, all'apice della sua carriera, racconta di sé con orgoglio e sfacciata schiettezza: "Io sono il più grande" è il suo motto. Ma è un grande che parla a cuore aperto e che non esita ad ammettere: "Ogni volta che metto piede sul ring, lo stomaco mi si chiude dalla strizza", e svela cosa prova quando il pugno dell'avversario giunge a segno, scaraventandolo "nella stanza del dormiveglia". È il lato privato dell'uomo pubblico che questo straordinario memoir ci restituisce: il ragazzo nero che si è aperto faticosamente una strada in una città del Sud ostile e razzista; i suoi anni sul ring, con i suoi incubi, le sue tragedie, e qualche prospettiva di agiatezza per chi accetta di conformarsi alle sue durissime leggi; le dolorose immagini delle vittime, di quelli che non sono mai arrivati al vertice e trascinano la loro esistenza tra gli scampoli di un passato favoloso.