Nel ventesimo secolo la scienza ha iniziato a trovarsi nella necessità di giustificare non soltanto i propri campi di indagine, ma anche la sua stessa esistenza, vincolata sempre più da scelte etiche politiche ed economiche. Una riflessione filosofica sulla scienza è sempre più un bisogno obbiettivo della nostra cultura, dal momento che il sapere scientifico è uno dei fattori che più influenza la realtà naturale e la vita sociale e culturale. Questo lavoro, soffermandosi sui concetti epistemologici fondamentali e adottando il metodo di esposizione storico-critico, vuole mettere a disposizione del lettore gli strumenti concettuali di base necessari per affrontare i dibattiti culturali che fervono intorno a questa attuale tematica.
In questo libro, le definizioni di etica e laicità non sono poste - come spesso si intende - in un ruolo ancillare rispetto alle religioni, ma in una loro precisa autonomia, come vera e propria risorsa in grado di garantire il futuro spirituale dell'umanità. Una riflessione di grande acutezza e modernità sulla falsariga di quella filosofia della concretezza che ha caratterizzato il pensiero del grande filosofo americano. Introduzione di Gianni Vattimo.
Il volume fornisce sia una presentazione storica dell'ontologia dalle origini ai giorni nostri, sia lo stato dell'arte nel panorama contemporaneo.
Dario Antiseri è un filosofo cattolico, innamorato di Pascal. Giulio Giorello è un matematico e un filosofo che ama definirsi "ateo protestante". Possono le loro voci concordare sul valore della libertà da due prospettive così distanti? È la sfida di questo volume, che i due autori raccolgono in due interventi distinti sul pluralismo, il no a ogni pretesa di assolutismo o verità, la laicità come terreno comune sui cui discutere per laici, atei e credenti. Un libro che interviene nel cuore del grande dibattito della nostra democrazia, in cui a confrontarsi sono la scienza, la libertà d'espressione, la Chiesa e la fede in Dio.
Il termine ‘narrativismo’ rimanda alla centralità della categoria di narrazione nei più svariati ambiti della cultura contemporanea, anche filosofica. L’estensione del termine sembra però minacciarne la densità: che cos’è la narrazione, che il narrativismo nomina di continuo? Il volume di Francesca Cattaneo prende le mosse dalle origini del termine ‘narrativismo’ e dalla sua accezione più stretta, riferita a una corrente della filosofia della storia angloamericana sviluppatasi dalla prima metà degli anni Sessanta. Analizzandone la genesi e le principali evoluzioni fino agli anni Ottanta, il testo si propone di mostrare come il narrativismo sviluppi uno studio del collegamento narrativo e delle sue differenti funzioni, approfondendo ora la dimensione sequenziale della narrazione, ora la sua dimensione sintetica (portata in primo piano dall’opera di L.O. Mink e H. White). Nelle diverse proposte narrativistiche viene inoltre identificato come centrale il nesso tra azione e narrazione, esplorato tramite lo studio del rapporto tra narrazione e azione narrata (primo narrativismo), oppure tematizzando l’azione stessa del narrare in quanto azione poetico-retorica (dopo la ‘svolta’ whiteana), o interrogandosi sul rapporto tra le azioni narrate e l’azione del narrare, come nel caso del narrativismo di matrice fenomenologica (F.A. Olafson, D. Carr), che analizza le implicazioni ontologiche della continuità tra le narrazioni storiche e le azioni che vi sono rappresentate.
Francesca Cattaneo (Cantù 1980) è dottoranda di ricerca in Filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove nel 2005 ha conseguito il premio «Massimiliano Ferrara» per la migliore tesi di laurea sul tema della ragion pratica degli anni 2003/2005. Ha curato i lemmi narrativismo e Hayden White in Enciclopedia Filosofica, Milano 2006 e ha pubblicato il saggio L’azione narrativa nel volume di F. Botturi (a cura di), Prospettiva dell’azione e figure del bene, Vita e Pensiero, Milano 2008.
"Teorie del simbolo" più che una storia della semiotica è la storia di tutte quelle discipline che nel passato si sono spartite il campo del segno e del simbolo - semantica, logica, retorica, ermeneutica, estetica, filosofia, etnologia, psicoanalisi, poetica - e di alcuni dei loro oggetti, chiamati di volta in volta imitazione e bellezza, istruire e piacere, tropi e figure, condensazione e spostamento. Ma sia il concetto di "storia" sia quello di "semiotica" vengono qui messi in discussione per aprire il discorso a una terza possibilità: un pensiero plurale e tipologico che conservi le differenze.
Da uno degli autori de "La filosofia del Dr. House" un nuovo libro ispirato al maghetto più famoso del mondo per chi vuole provare a imparare la filosofia in modo divertente ma non banale. In polemica con Odifreddi, che ha accusato Harry Potter di distruggere la razionalità, l'autore dimostra come la saga nata dalla penna della Rowling sia uno straordinario banco di prova per riflettere in modo serio e piacevole sui grandi problemi di sempre: quelli della filosofia ma anche quelli con cui ci misuriamo quotidianamente. Che cos'è il male? Come si può vivere felici? Che cosa significa essere coraggiosi? Esiste la giustizia? La magia è solo superstizione? Qual è il rapporto tra magia e tecnologia? In una serie di agili capitoli che affrontano ciascuno un tema della saga, l'autore discute con Harry, Albus Silente, Hermione, ma anche con Platone, Nietzsche e Heidegger, i grandi temi della filosofia e dell'esistenza, dimostrando come Harry Potter aiuti a pensare molto più di quanto non faccia la matematica.
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Un'introduzione alle grandi problematiche della filosofia che si rivolge a studenti, genitori e a tutti coloro che si interrogano sul senso del loro esistere, divisa in sette capitoli. Lunedì: riflettere ci può aiutare a essere felici? Martedì: bisogna rispettare le leggi? Mercoledì: perché la bellezza ci affascina? Giovedì: che cosa s'impara realmente a scuola? Venerdì: bisogna credere in Dio? Sabato: la democrazia è il miglior sistema politico? Domenica: come ci si prepara a morire? Prendendo spunto dall'attualità e dalla vita di tutti i giorni Pépin invita il lettore ad affrontare questi temi in maniera originale e lo sollecita, per ognuno di essi, alla ricerca di una sua personale risposta.
Psiche istituisce un confronto ravvicinato tra la psicologia della Repubblica di Platone e la psicoanalisi di Freud. Convergenze e divergenze vengono discusse in relazione sia alla concezione platonica dell'emersione onirica dei desideri repressi, che prefigura la via regia per l'inconscio di Freud, sia all'analisi delle psicopatologie correlate a tali impostazioni teoriche, sia ai due approcci diagnostici e terapeutici adottati. Altro tema cruciale è l'eros platonico la cui disamina viene estesa anche al Simposio e al Fedro ripreso esplicitamente da Freud in relazione al concetto di libido. L'autore affronta, infine, le due tematizzazioni, di natura metapsicologica e non solo, inerenti alla dimensione morale.
Da uno dei filosofi contemporanei piu' originali e discussi, una riflessione sulla liberta', la pluralita' costitutiva del soggetto e il senso della comunita'.
Vi sono luoghi che la maggior parte degli uomini ha evitato per millenni e di fronte ai quali ha provato paura e sgomento: le montagne, gli oceani, le foreste, i vulcani, i deserti. Inospitali, ostili, desolati, evocano la morte. Eppure, dagli inizi del Settecento tali loci horridi cominciano a essere frequentati intenzionalmente e percepiti come "sublimi", dotati di una più intensa e coinvolgente bellezza. Come tali, hanno fatto sentire l'uomo più vivo, lo hanno fatto resistere alla banalità dell'esistenza. Sebbene gli sviluppi delle tecniche, la diffusione del turismo di massa e lo scempio del paesaggio abbiano smussato tale sentimento del sublime, sottraendogli parte di quegli ingredienti essenziali costituiti dall'incertezza e dalla paura, vi sono oggi fattori che ne favoriscono la rinascita. L'egemonia della tecnica, le prime spedizioni interplanetarie hanno aperto all'umanità nuove frontiere del sublime. Tuttavia, il nostro rapporto con la natura è completamente cambiato, travolto dalla modernità. Cosa ne è in questo nuovo contesto delle antiche paure che i paesaggi incutevano? Siamo ancora capaci di avvertire, di fronte alla natura, il senso dei nostri limiti? Cosa ci dicono oggi i paesaggi di noi e delle nostre debolezze?
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Nel ventennale della morte di Michel Foucault, in Italia e nel mondo si sono moltiplicati i convegni, i dibattiti, gli incontri. Il filosofo francese è stato per così dire canonizzato, trasformando il suo pensiero critico e vivo in storia commemorativa e celebrativa. Anche questa raccolta ha avuto origine da un incontro, tenutosi a Venezia nel 2004, ma la sua ambizione è di tornare, a partire da Foucault, al lavoro critico del pensiero su se stesso, all'esercizio pieno della filosofia. Per questo, nel libro, oltre agli interventi più significativi del convegno di Venezia, sono stati inseriti alcuni saggi scritti appositamente per questa raccolta, quali quelli di Pier Aldo Rovatti, Judith Revel e Roberto Esposito. Una raccolta, dunque, che muove agevolmente dai temi cari agli studi foucaultiani (psichiatria, governamentalità, estetica dell'esistenza) al piano di una riflessione sull'attualità della politica e sui suoi concreti dilemmi.