L’Europa è nata dal cristianesimo ma la sua storia è stata caratterizzata dall’affermazione di diverse eresie che si sono susseguite e ne hanno frammentato l’originaria unità: l’arianesimo, l’islam, il catarismo, la Riforma protestante e il modernismo (di cui un risultato è il comunismo). Il tramonto della teologia, il trionfo dell’opinione personale, la mania dell’innovazione, la messa in discussione di tutto, il rifiuto del dogma e del principio di autorità hanno portato a un regime di eresia generalizzato che ha conseguenze pratiche sulla politica, la società e l’economia di oggi. Lo storico Hilaire Belloc dice che solo identificando e chiamando con il proprio nome ogni deviazione dalla retta dottrina sarà possibile contrastare efficacemente ogni attacco anticristiano.
Dal Medioevo alla Prima Guerra Mondiale, le vicende umane di una delle dinastie più iconiche e amate d’Europa.
Tutti conoscono le storie tragiche di Sissi e Francesco Giuseppe, di Rodolfo e Stefania, di Massimiliano e Carlotta, di Carlo e Zita: la casa d’Asburgo rappresenta un mito, la metafora di un mondo scomparso e di un’Europa che non c’è più. Da Giovanna la Pazza all’arciduchessa Sofia, passando per la fiera Maria Teresa e la fragile Maria Luisa, questo libro ripercorre l’appassionata e struggente vita di molte donne celebri in un arco temporale che va dagli albori del Medioevo alla dissoluzione dell’Impero austroungarico, la cosiddetta Finis Austriae, rivisitando la storia dal loro punto di vista di mogli, madri e amanti. Fino all’abdicazione dell’ultimo imperatore Carlo, morto e sepolto in terra straniera e beatificato dalla Chiesa. Un passato che non cessa di parlare al presente e che continua a vivere nei sogni di molti, a Vienna e non solo.
Il 1929 era cominciato con un'ottima notizia: l'11 febbraio, il cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato di Pio XI, e il capo del governo fascista, Benito Mussolini, avevano firmato i Patti Lateranensi. Un accordo davvero storico che cercava di porre fine a ottant'anni di guerre e tensioni tra la Chiesa e l'Italia. Per quasi un secolo, infatti, i destini del potere temporale del vicario di Cristo, del Vaticano e della stessa città di Roma restarono molto incerti. Tanti gli episodi di quel braccio di ferro: la fuga di papa Pio IX, l'interregno della Repubblica Romana e la restaurazione papale con le armi del «traditore» Napoleone III. E, poi, ancora: la breccia di Porta Pia, il "Sillabo", il Patto Gentiloni fino alla Marcia su Roma. In tutti quegli anni, numerosi protagonisti cercarono inutilmente di instaurare un dialogo tra lo Stato della Chiesa e la nuova Italia dei Savoia. Poi, nel 1929, arrivarono finalmente i Patti Lateranensi, firmati nel Palazzo di San Giovanni in Laterano. Furono il frutto di un intenso lavoro di diplomazia, tra un «incidente» e l'altro, e vennero strutturati in tre parti: il Trattato vero e proprio (che istituiva la Città del Vaticano, una enclave in mezzo a Roma che prevedeva l'extraterritorialità delle basiliche di San Pietro e di San Giovanni in Laterano), il Concordato (che regolava i rapporti tra la Santa Sede e l'Italia) e l'accordo finanziario (che stabiliva un indennizzo a favore della Chiesa in seguito alla rinuncia a qualsiasi rivendicazione sul vecchio Stato Pontificio). Mentre i giornali stranieri criticarono ampiamente la «santa alleanza», la stampa fascista celebrò l'apoteosi del duce. Lo stesso Pio XI definì Mussolini «uomo della Provvidenza», cancellando in un colpo solo il suo passato di mangiapreti socialista. Fu davvero così? Qual è l'eredità di quei Patti considerati allora provvidenziali? E che cosa è rimasto, oggi, dello spirito del '29, anche dopo la revisione concordataria del 1984 voluta dal presidente del Consiglio Bettino Craxi? A novant'anni da quello storico accordo, il libro cerca di rispondere a tante domande, interrogandosi inoltre sul futuro dei rapporti tra libera Chiesa in libero Stato.
Il libro indaga le forme che il razzismo - inteso come pregiudizio concernente l'origine etnica dei popoli con relative politiche discriminatorie - ha assunto nel corso della storia occidentale, dal Medioevo a oggi. Per l'autore il razzismo è un fenomeno relazionale, ossia il risultato di circostanze economiche o politiche specifiche. Nella storia europea vi sono tre svolte importanti: il momento delle crociate, di cui è un risvolto la discriminazione religiosa moderna dopo il Cinquecento, il momento delle scoperte geografiche e della mappatura delle civiltà, e il momento della costruzione delle società coloniali con le loro gerarchie, cui fa seguito il razzismo contemporaneo.
Dieci storici indagano le sfumature attraverso cui il fascismo trovò espressione: dalla ritualizzazione della politica al rapporto con il comunismo, dall’attenzione per la propaganda alla repressione del dissenso, dagli interventi urbanistici nella capitale alle teorie esteticoarchitettoniche. Il fascismo come esperienza di modernità totalitaria.
Progresso tecnologico, sviluppo economico, potere sulla natura, controllo sul proprio destino: in poco più di un centinaio di anni la modernità sconvolge una condizione umana legata ad assetti millenari. Eppure quelle conquiste sono segnate da un ambiguo marchio di contraddittorietà. La civiltà moderna, mentre emancipa gli uomini da epidemie, carestie, servitù e ignoranza, produce nuove miserie e innesca guerre sempre più letali; mentre esalta il principio dell’eguaglianza e della sovranità popolare, si fa culla di una nuova forma di tirannide politica, il totalitarismo. L’Italia fascista è il primo fra i paesi occidentali a vivere un’esperienza del genere (tanto che il termine ‘totalitarismo’ è di conio italiano). In questo libro alcuni tra i maggiori storici nazionali e internazionali illustrano il carattere del regime fascista come espressione di una modernità totalitaria. La loro tesi – che fino a pochi decenni fa avrebbe suscitato un coro di protesta e condanna mentre oggi ha un proprio rilievo nella storiografia internazionale – è che il fascismo sia stato un esperimento politico moderno nato da tensioni e conflitti caratterizzanti la modernità, con la capacità di proporre in molti suoi aspetti, dalla sacralizzazione della politica alla mobilitazione delle arti, dalla organizzazione del consenso all’antagonismo con il bolscevismo, soluzioni politiche, culturali e sociali che gli italiani giudicarono più efficaci del liberalismo e del comunismo nell’affrontare e guidare i processi sconvolgenti della modernizzazione. Presto milioni di europei avrebbero compiuto la stessa scelta.
La storia, ampia e variegata, del Rinascimento in Europa, nella prosa brillante di uno degli storici più autorevoli sul tema. Peter Burke analizza in dettaglio i fenomeni di ricezione culturale e imitazione creativa che, interagendo con le diverse forme politiche e sociali dei singoli paesi, indussero la circolazione delle idee rinascimentali non solo nelle arti ma anche nella vita quotidiana del continente, contribuendo così a ‘europeizzare’ l’Europa.
Un libro, ormai un classico, giudicato prezioso da Jacques Le Goff, per rispondere alle grandi domande sulle radici e sul futuro dell’Europa.
Luigi Sturzo (1871-1959) fu un formidabile animatore della terra siciliana e poi dell’Italia intera, appassionato della libertà e sempre dalla parte dei deboli. Prete e politico scomodo, fu odiato da Benito Mussolini per il suo rigore nello spiegare l’inconciliabilità tra cristianesimo e fascismo. L’immensità del suo pensiero oggi brilla per la Chiesa e per la nostra confusa e avvilita società.
Dai suoi inizi a Caltagirone all’appello «a tutti gli uomini liberi e forti», fino all’esilio all’estero e al rientro nella vita politica postfascista, produsse una monumentale opera di intuizioni ancora feconde e animate da un profondo spirito di amore e servizio al prossimo, che ha portato la Chiesa ad avviare il processo per la sua beatificazione.
Dalle Guerre d'Indipendenza fino alle missioni di pace in Iraq e Afghanistan, attraverso due guerre mondiali, l'esercito è stato uno dei protagonisti della nostra storia nazionale. Ma quali eventi, quali protagonisti hanno qualificato l'esercito italiano, definendone le specificità e i tratti peculiari? Quali sono stati i suoi caratteri salienti, la sua natura, il suo modo di essere nella comunità nazionale, dai fatti risorgimentali a oggi? Per rispondere a queste domande è necessario partire dall'evoluzione della figura del soldato italiano, dalle prime leve obbligatorie al professionismo più recente. Passare poi alla storia dell'istituzione militare, come corpo integrato dello Stato, per arrivare infine al rapporto tra esercito e società italiana. Scopriremo così che, in poco più di centocinquant'anni, le forze armate hanno conosciuto numerose trasformazioni, rispondendo ai mutamenti politici, culturali e sociali che hanno accompagnato la società liberale, il regime fascista e l'età repubblicana. Ne emerge un ritratto collettivo, una foto di gruppo in divisa e armi dell'Italia, delle sue potenzialità come delle sue numerose contraddizioni. Poiché l'istituzione armata ha raccolto ed espresso le une come le altre, in una nazione che ancora oggi, per più di un aspetto, concepisce se stessa come fragile e incompiuta.
All'inizio dell'Ottocento, Napoleone conquistava l'Europa. E mentre l'impero si estendeva fino alla Vistola e al Danubio, prese forma il progetto di trasferire a Parigi gli archivi più importanti dei paesi annessi e degli Stati satelliti: un Archivio del Mondo, che sotto l'astro di Bonaparte avrebbe riunito le testimonianze scritte della civiltà. Parigi sarebbe diventata la capitale della Storia. Una gigantesca impresa di confisca degli archivi fu dunque avviata nel 1809 in tutta Europa. Decine di funzionari, uomini di lettere, gendarmi, operai furono mobilitati. Con la Restaurazione i documenti ripresero (quasi tutti) la via del ritorno, a suggellare il nuovo ordine emerso dal Congresso di Vienna e la nascente Europa delle nazioni. Questo libro racconta un'impresa titanica, forse la più folle tentata da Napoleone e da un impero in cerca di radici. Un grande sogno che nasceva dalla consapevolezza che chi possiede gli archivi, possiede la Storia. E chi possiede la Storia, controlla la visione del futuro. Una impresa che oggi, nel mondo digitale, può apparire come una curiosità da relegare a un remotissimo passato in cui si facevano le guerre per possedere atti e pergamene. In realtà, non è così. I furti di documenti sono ancora una modalità delle dittature, del conflitto etnico e confessionale. Di più: possedere l'informazione, governare la narrazione storica è questione più che mai aperta.
La sera del 28 marzo 1944 i violenti colpi alla porta di casa fanno riemergere negli adulti della famiglia Perlow antichi incubi. La pace trovata a Fiume, dopo un lungo peregrinare per l'Europa cominciato agli inizi del Novecento in fuga dai pogrom antiebraici, finisce bruscamente: nonna, figli e nipoti vengono arrestati e, dopo una breve sosta nella Risiera di San Sabba a Trieste, deportati ad Auschwitz-Birkenau, dove molti di loro saranno uccisi. Sopravvissute alle selezioni forse perché scambiate per gemelle o forse perché figlie di un padre cattolico, o semplicemente per un gioco del destino, le due sorelle Tatiana (6 anni) e Andra (4) vengono internate, insieme al cugino Sergio (7), in unKinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche. In questo libro, le sorelle Bucci raccontano, per la prima volta con la loro voce, ciò che hanno vissuto: il freddo, la fame, i giochi nel fango e nella neve, gli spettrali mucchi di cadaveri buttati negli angoli, le fugaci visite della mamma, emaciata fino a diventare irriconoscibile. E sempre, sullo sfondo, quel camino che sputa fumo e fiamme, unica via da cui «si esce» se sei ebreo, come dicono le guardiane. L'assurda e tragica quotidianità di Birkenau penetra senza altre spiegazioni nella mente delle due bambine, che si convincono che quella è la vita «normale». Il solo modo per resistere e sopravvivere alla tragedia, perché la consuetudine scolora la paura. Finché, dopo nove mesi di inferno, ecco apparire un soldato con una divisa diversa e una stella rossa sul berretto. Sorride mentre offre una fetta del salame che sta mangiando: è il 27 gennaio 1945, la liberazione. Che non segna però la fine del loro peregrinare. Dovrà passare altro tempo prima che Tatiana e Andra ritrovino i genitori e quell'infanzia che è stata loro rubata. Le sorelline trascorreranno ancora un anno in un grigio orfanotrofio di Praga e alcuni mesi a Lingfield in Inghilterra, in un centro di recupero diretto da Anna Freud, dove finalmente conosceranno la normalità. Secondo le stime più recenti ad Auschwitz-Birkenau vennero deportati oltre 230.000 bambini e bambine provenienti da tutta Europa, solo poche decine sono sopravvissuti. Questo è lo struggente racconto di due di loro.
Auschwitz, la memoria, le leggi razziali, il Diario di Anna Frank, le opere di Primo Levi, il problema di Dio: sei percorsi che raccolgono le voci di oltre 20 testimoni. Una proposta di esplorazione nell'immenso patrimonio che la letteratura della testimonianza ci ha consegnato dopo il secondo conflitto mondiale. I testi sono di persone scomparse nei campi di sterminio (come Etty Hillesum e Anne Frank), scrittori che hanno narrato la loro esperienza nell'immediato dopoguerra (Primo Levi, Elie Wiesel, Liana Millu...), autori di romanzi che, a distanza di anni, rielaborano la memoria personale (Jorge Semprún, Imre Kertész, Natalia Ginzburg, Giorgio Bassani...), testimoni che in occasioni diverse hanno raccontato la loro storia (come Liliana Segre). Le pagine scelte sono inviti, spunti per informare e sensibilizzare in ambito scolastico, sociale e familiare.
Sulle orme de "I conquistatori" di Francesco Perri, "I fatti di Casignana" - opera pubblicata per la prima volta nel 1974 - narra le vicende della lotta contadina all'indomani della Grande guerra in un paese alle pendici dell'Aspromonte per il rispetto della legge Visocchi, secondo cui ai reduci di guerra era concesso di sfruttare i terreni incolti. A Casignana, feudo della principessa di Roccella, i contadini iniziano a bonificare la foresta Callistro ma, un mese prima della marcia su Roma, la concessione delle terre viene revocata; i contadini, guidati dal sindaco socialista Filippo Zanco, occupano pacificamente la foresta; il prefetto intima lo sgombero, le forze dell'ordine attaccano e si consuma la tragedia. A fomentare la dura repressione ci pensano i figli di don Luigi Nicota, il ricco e arrogante proprietario del paese. Un romanzo in cui, con estrema obiettività e realismo scevro da ogni retorica populista, Mario La Cava indaga sulle cause della sconfitta del movimento contadino, mette in luce il contrasto di interessi tra contadini e pastori, denuncia la complicità del potere economico e politico, smaschera l'ambiguità dei traditori, si compenetra nella sofferenza dei sopravvissuti, racconta la solitudine di chi non era riuscito a guidare il suo popolo alla vittoria. Prefazione di Goffredo Fofi.