
Il catalogo della grande mostra monografica dedicata a Luigi Valadier, che segue e amplia quella tenutasi alla Frick Collection di New York nel 2018.
Esponente più illustre e dotato di una famiglia di argentieri proveniente dalla Francia, Luigi Valadier (1726-1785) lavorò per buona parte del Settecento per i papi, i principi e le più aristocratiche e ricche famiglie romane sinché la sua fama raggiunse tutta l'Europa, ricevendo rilevanti committenze da Francia, Inghilterra e Spagna.
La sua inarrivabile tecnica nel lavorare l'argento e il bronzo lo portò a sviluppare un gusto e uno stile - partendo da un rigoglioso e decorativo barocco di impronta soprattutto francese, rocaille o rococò, che si sviluppò poi in un linguaggio più contenuto e sofisticato, culminato nel neoclassicismo - assolutamente all'avanguardia, che ne ampliò la dimensione artistica da quella di grande artefice di arredi sorprendenti a realizzatore di imprese più ambiziose e monumentali.
I suoi lavori rendevano omaggio al grande insegnamento di Giovanni Battista Piranesi, alla devozione verso i monumenti della Roma antica e le venerate statue dell'antichità, ricomposte in creazioni solenni come i centrotavola (desers) concepiti quali veri e propri monumenti da tavola, candelabri, altari, orologi, arredi da mensa e arredi sacri.
Nessun luogo meglio della Galleria Borghese può assolvere l'impegnativo compito di celebrare Valadier, poiché egli fu una figura emblematica per l'aspetto che la Villa andava assumendo nella seconda metà del XVIII secolo grazie al rinnovamento voluto dal principe Marcantonio Borghese e affidato all'architetto Antonio Asprucci, e che attraverso la compresenza di pittori, scultori e artigiani condusse all'elaborazione di uno stile che sarà a sua volta determinante per la nuova cultura e la nuova immagine che da Roma si sarebbe irradiata in tutta l'Europa.
Per far emergere l'importanza determinante che Valadier ebbe nella cultura figurativa del Settecento europeo la mostra dà ampio spazio anche alle sue imprese più ambiziose e monumentali, sacre e profane, riunendo sia i bronzi di grandi dimensioni sia le sculture religiose che di Roma rappresentano il volto cristiano.
Leonardo da Vinci, genio ancora oggi studiato e apprezzato per la sua versatilità e il modo eclettico di approcciarsi alla conoscenza, non è considerato anzitutto un "pittore di Madonne". Eppure, alcuni dei suoi dipinti più noti insistono sull'iconografia mariana, autentici capolavori di dolcezza e grazia, all'origine di veri e propri modelli la cui fortuna si è tramandata anche dopo la morte. Perché Leonardo fu un innovatore non solo in campo scientifico. In ambito artistico si inserì nella tradizione pittorica per rinnovarla, nella tecnica e nei temi, in particolare nel soggetto così caro alla devozione privata rinascimentale delle Madonne col Bambino. In questo libro Rosa Giorgi affronta un arduo percorso: raccontare il fascino e il mistero di tutte le Madonne dipinte dal grande artista, per svelare al lettore appassionato la loro storia, i loro segreti, le loro meravigliose cromie. E fargli scoprire, passo dopo passo, l'universo leonardesco incastonato come una perla nello scrigno del Rinascimento italiano.
La vita del grande Bach ricostruita sulla base dei documenti originali insieme a un’accurata analisi delle principali opere sacre del musicista, per una guida non specialistica all’ascolto che mette in relazione puntuale musica, storia, Bibbia e liturgia luterana, ma anche calvinista e cattolica.
L'inchiostro e la carta
L'inchiostro disprezzato per la sua nerezza dalla bianchezza della carta, la quale da quello si vede imbrattare. Vedendosi la carta tutta macchiata dalla oscura nerezza dell'inchiostro, di quello si dove, il quale mostra ad essa che per le parole, ch'esso sopra lei compone, essere cagione della conservazione di quella.
L'opera si pone sulla scia della tematica recentemente emersa nella riflessione della Chiesa relativa al rapporto tra teologia e Bellezza, che lascia intravedere la possibilità di coniugare l'aspetto strettamente spirituale e quello più propriamente legato all'arte come anelito all'Assoluto, tanto più importante quanto più la cultura occidentale si è ormai da tempo orientata verso una decisa laicizzazione.
In quest'ottica la riflessione teologica sulla Bellezza appare particolarmente significativa perché intercetta quel bisogno di spiritualità che resta nel sottofondo della società e nelle profondità più recondite dell'animo umano.
L'"Elettra" di Sofocle ha sempre goduto, nei duemila-cinquecento anni dalla sua comparsa, di una popolarità eccezionale, tanto da conoscere numerosissime riscritture sino all'Elektra di Hofmannsthal (poi trasformata in memorabile opera in musica da Richard Strauss), a O'Neill, Giraudoux e Sartre. La personalità della protagonista vi campeggia assoluta. La trama si svolge con rapidità stupefacente, ma con una quantità di svolte e raddoppiamenti sensazionali. Il tessuto lirico, drammatico e melodrammatico è teso come la corda di una lira. In questa edizione si dà una lettura nuova della protagonista: Elettra vi è interpretata come un "problema" «in quanto ostacola i cospiratori e ruba la scena ai loro piani»; il dramma stesso si configura come "problema", «perché è privo del normale meccanismo che serve a portare avanti la trama». Davanti alla sconfitta ateniese nella guerra contro Sparta, Sofocle sceglie di «sondare più da vicino l'individuo drammatico», ma anche qui sorgono questioni non indifferenti: per esempio, «può un individuo eroico essere esemplare se la forza della sua personalità non è diretta contro potenti antagonisti ma resta un'esibizione largamente inefficace da parte di una persona», come Elettra, «posta ai margini»? E ancora: perché Sofocle complica la trama del riconoscimento tra Elettra e Oreste già resa celebre dalla versione di Eschilo? Nell'Elettra sofoclea tale intreccio si sviluppa in una serie di scene di finzione che vedono il Precettore narrare la morte di Oreste; poi la sorella Crisotemi annunciare che è vivo e raccontare una replica dell'episodio, ben noto dalle Coefore, presso la tomba di Agamennone; quindi la comparsa dell'urna, portata da Oreste stesso, che ne conterrebbe le ceneri, e l'esibizione dell'anello paterno come prova definitiva. «Sì, proprio l'unico che viene a soffrire dei tuoi mali», dice Oreste di sé stesso un attimo prima, in un verso denso di compassione. «Oreste è qui morto per finzione, e ora per quella finzione sano e salvo», esclama Elettra, convinta dall'anello. Quella «finzione» è la chiave di volta dell'emozione intensa che ancora oggi suscita l'"Elettra" di Sofocle.
«Artista, scienziato, architetto, filosofo, eretico, dedito all'esoterismo, massone. Ogni epoca ha sottolineato (spesso falsandolo) un volto del poliedrico genio di Vinci. Parlare di Leonardo teologo è corretto o è una forzatura? L'autore di questo saggio, attingendo con rigore agli scritti e alle opere di Leonardo (lasciando invece cadere ogni leggenda o interpretazione arbitraria), mostra come «negli scritti di Leonardo troviamo frequenti riflessioni sul rapporto che intercorre tra l'arte della pittura e Dio. Inoltre la maggior parte delle opere che di lui possediamo è di tema indubitabilmente sacro: creazione, incarnazione, redenzione. Leonardo è teologo per la sua capacità di rappresentare la totalità. Tutta la sua produzione pittorica è un grande inno al Creatore.» (dalla prefazione).
Questo volume presenta la Storia dell'Arte medievale con un approccio innovativo, incentrato sulle origini culturali, sul contesto storico e sui presupposti tecnici dell'opera artistica e architettonica. L'obbiettivo è di restituire il più fedelmente possibile le intenzioni di costruttori, artisti e committenti, il loro retroterra culturale, il loro orizzonte di significato, le condizioni materiali che definivano la loro azione. Il coordinatore del volume, Paolo Piva, ha coinvolto eminenti studiosi italiani e tedeschi in un progetto in cui fossero condivisi questi orientamenti metodologici di fondo. Il risultato di questo lavoro è un libro capace di offrire illuminanti chiavi di lettura al millenario percorso dell'arte medievale (dal 300 al 1300 d.C.) senza la pretesa di descriverne puntualmente ogni fase ma con l'ambizione di rivelarne le fondamentali coordinate.
Berlino è famosa per essersi sempre radicalmente reinventata. Vi è tuttavia una forte tradizione che ha caratterizzato lo sviluppo architettonico di Berlino in ogni epoca: lo sguardo rivolto all’arte dei Paesi mediterranei.
Basta una passeggiata per scoprire molti, sorprendenti parallelismi, dal castello barocco di Schlüter (l’antica Roma!) passando per il Forum Fridericianum e il teatro anatomico della scuola veterinaria (Palladio! Vicenza!), fino alla ricostruzione della Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche dopo il 1945 e all’ala progettata da Franco Stella per il castello, recentemente ricostruito.
Horst Bredekamp mette in luce inedite analogie e scrive la storia di una passione mediterranea capace di plasmare uno scenario urbano inconfondibile, legato a doppio filo non solo col potere e le sue rappresentazioni, ma anche con struggimenti e recondite speranze.
Per Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei, il «natural desiderio di sapere» corrisponde a un modo plurale di pensare la conoscenza e il suo ruolo sociale e politico di fronte all’incertezza innescata dall’allargamento del mondo, dal profilarsi di nuovi modi di comprendere i rapporti fra uomo e natura, dal confronto con una vita di corte, dominata dall’interesse individuale.
Centro della rivendicazione universalistica pontificia e spazio comunicativo fra vecchi e nuovi mondi, Roma emerge come teatro barocco di un progetto di capitalizzazione dei saperi, che mobilita appassionati virtuosi, filosofi “straccioni”, medici mediatori, agguerriti pittori, scultori in gara con la natura, missionari in cerca di legittimazione.
Attraverso il racconto dell’affascinante storia del Tesoro messicano – imponente volume tardivamente pubblicato nel 1651 – si ricostruisce un cantiere di produzione naturalistica, fra sconosciuti exotica e artefatti stranamente familiari, scambi e competizioni, conflitti e negoziazioni, individuando nei saperi una lente per comprendere la dinamica storica.
Raramente un protagonista delle scene e chi ne narra la vicenda trovano un'intesa creativa e profonda come è capitato nella stesura di questo libro a Simone Cristicchi e a Massimo Orlandi: quest'ultimo ha raccolto confidenze, interpretato suggestioni e riportato dialoghi, rielaborando e riproponendo a sua volta, con personalissima creatività, la ricchezza di un percorso già originale. Personaggio che avrebbe potuto adagiarsi su una carriera che la sua genialità artistica gli permetteva in vari ambiti (dal disegno, alla musica, al teatro), il vincitore del Festival di Sanremo 2009 si è rimesso invece continuamente in gioco, sia nella vita che sul palco: spesso a fianco degli ultimi (siano essi i "matti" presso i quali ha anche prestato servizio, siano i minatori che riunisce in un coro costruendo una performance che gira l'Italia con un successo inatteso, siano i profeti incompresi come David Lazzaretti), Cristicchi rimane un uomo inquieto, in ricerca. Il suo approdo presso la Fraternità di Romena e altre realtà spirituali lo fa riflettere anche sulla questione più intima, e riannoda il suo percorso spirituale di cui la canzone presentata a Sanremo 2019 (che dà il titolo a questo libro) offre una sintesi formidabile. Questo libro racconta, emoziona, dibatte, provoca, e invita i lettori e i fan dell'autore di "Ti regalerò una rosa" a non dare nulla per scontato e a continuare a camminare: poiché «la vita è fragile» e siamo «in equilibrio sulla parola "insieme"». Un cammino umano e spirituale alla ricerca dell'essenziale da condividere nel terribile e meraviglioso quotidiano della vita.
Cogliendo un passaggio inquieto fra le sopravvivenze di una tradizione sgretolata e i sintomi di un futuro da decifrare, Gli italiani si colloca in un filone illustre nella storia della fotografia, presidiato dal celebre Gli americani di Robert Frank. Da una transizione per molti aspetti enigmatica affiorano le immagini vive di un repertorio antropologico non più libresco: cerimonie pubbliche, rapporti tra generi e generazioni, cibo, abbigliamento, tempo libero, pervasività e scadimento della cultura religiosa. Italiani fino a ieri inascoltati, che hanno magari voce nei tweet di Salvini e che qui trovano incarnazione e sembianze – con il controcanto di testi illuminanti – mentre mangiano in trattorie fuori mano, si svagano la domenica negli outlet, si riuniscono per i matrimoni e i funerali, invocano in modi poco ortodossi la benevolenza dei santi protettori. Un viaggio nel paese profondo, che è cambiato ma non è ancora stato capito.