
La mitologia è parte integrante della civiltà umana, e nella mitologia greca, in particolare, affonda le sue radici la cultura occidentale, tanto che artisti e pensatori continuano a leggere sullo sfondo del mito greco la condizione e le vicende dell'uomo contemporaneo. Dal Settecento in poi questo immenso patrimonio è oggetto di un'organica disciplina scientifica, che si intreccia con lo studio dell'antropologia, dell'etnografia, della psicanalisi, della letteratura, dell'arte, della filosofia. In questo volume, Suzanne Said presenta un'introduzione chiara, sintetica e rigorosa alla conoscenza della mitologia greca. Partendo dalle possibili definizioni del mito, l'opera propone una tipologia dei racconti mitici ed esamina le diverse espressioni poetiche che la letteratura greca (nell'arco di un millennio, da Omero a Fulgenzio) ce ne ha lasciato, illustrando poi le interpretazioni elaborate dagli stessi Greci e le teorie moderne sull'origine e la natura dei miti. Prefazione di Filippomaria Pontani.
In questo breve, attualissimo trattato, Plutarco prende in esame la figura del "princeps ignorante": il pernicioso, inamovibile tiranno che, privo di qualunque nozione di politica, decide di immischiarsi nella gestione del governo e costruisce il consenso sulla propria immagine, ben sapendo di non essere assolutamente all'altezza del compito che si è assunto. Ostentando potere, ricchezze e un'autorevolezza implausibile, il principe ignorante è prepotente, ingiusto, non ha la minima idea di quel che sta facendo e porta alla rovina se stesso e lo Stato che governa. Digiuno di qualunque forma di sapere, arrogante, totalmente ignaro dei princìpi morali, egli è inoltre incapace di fondare la propria autorità sulla rettitudine, ed è talmente ottuso e tronfio da non accettare alcun consiglio da uomini esperti, convinto che il punto d'arrivo del potere sia quello di fare quel che vuole senza doverne rendere conto a nessuno. Attingendo da un vasto repertorio di aneddoti tratti dalla storia greca e romana, Plutarco ci conduce con pacatezza e ironia alla scoperta di questo pessimo personaggio, fornendoci le coordinate per smascherarlo e individuarne i punti deboli.
Questa importante ed esaustiva introduzione alle tre opere virgiliane da parte del grande latinista e filologo classico Michael von Albrecht ha il pregio non comune di porsi come un resoconto completo e scientificamente fondato, prezioso frutto d'alta scuola filologica, e di rivelarsi, nello stesso tempo, un'avvincente lettura anche per un pubblico più vasto. La struttura del volume è caratterizzata da uno schema molto rigoroso di presentazione della materia. Bucoliche, Georgiche ed Eneide vengono sottoposte tutt'e tre alla medesima griglia di analisi (prospetto dell'opera, genere letterario e predecessori, tecnica letteraria, lingua e stile, riflessione letteraria, orizzonte concettuale, tradizione e ricezione), permettendo così agevoli confronti e la scoperta di affinità, caratteristiche peculiari e differenze. Utili supporti sono inoltre l'accurata bibliografia finale, che fa il punto sulla ricerca contemporanea riguardo a quel caposaldo della cultura europea che è l'opera di Virgilio, e il ricco repertorio, ossia una "scelta dei nomi e delle cose notevoli" che fornisce un efficace strumento di esplorazione e di approfondimento, fonte inesauribile di stimoli all'interpretazione.
Porfirio di Tiro, allievo prediletto di Plotino, fu il filosofo più temuto dai Padri della Chiesa per la svettante intelligenza e la raffinata erudizione, poste a difesa della millenaria sapienza pagana contro il dilagare della nuova concezione cristiana. Di lui si racconta che a un convito per l'anniversario di Platone, dove lesse un suo poema dal titolo "Le nozze sacre", fu tacciato di pazzia per le "molte cose che aveva pronunciato nell'entusiasmo, in senso mistico e velato". Ma Plotino intervenne e gli disse: "Ti sei dimostrato al tempo stesso poeta e filosofo e ierofante". E tale si dimostra anche in questo "Sui simulacri" - di cui sopravvivono pochi, preziosi frammenti -, straordinaria introduzione alla lettura simbolica delle immagini sacre, ossia di quelle plastiche personificazioni dei fenomeni naturali e di visioni teologiche e cosmologiche che aprono l'accesso a conoscenze più alte. Creando un'intensa sintonia tra religione tradizionale e filosofia, Porfirio insegna come la comprensione delle figurazioni simboliche offra all'uomo la possibilità di avere cognizione delle cose ultramondane, giacché l'antica sapienza degli Egizi e dei Greci era stata capace di mostrare l'invisibile attraverso forme visibili, di sposare l'arcano ineffabile con la materia caduca in un indivisibile Uno. I colori, gli attributi ed epiteti che, opportunamente concertati, plasmano, rivestono e nominano i simulacri li rendono una memoria visiva che impedisce l'oblio del divino
Abbiamo qui il più ampio commento, non soltanto in lingua italiana, alla "Satira terza" di Giovenale. Questa è la sola nella quale il poeta abdichi al proprio ruolo di protagonista della scena satirica, cedendo la parola al personaggio fittizio di Umbricio che, in procinto di abbandonare definitivamente Roma per ritirarsi a Cuma, illustra le ragioni della sua decisione, dipingendo un vivace affresco della capitale imperiale tra I e II secolo. In un quadro segnatamente di storia linguistica e letteraria, vengono ora riesaminati i più importanti commenti a Giovenale, dall'Umanesimo in poi, ampio spazio riservando all'informazione storica ed antiquaria.
Sicuro del suo fascino e della sua avvenenza, il bellissimo Dorian Gray conduce una vita sfrenata, fatta di piaceri e di vizi nella Londra di fine Ottocento. Gli anni passano ma il giovane sembra non essere soggetto alle leggi della natura...
"L'asino d'oro", il capolavoro di Lucio Apuleio (125-170 d.C.), è l'unico romanzo della letteratura latina giuntoci per intero. Si compone di undici libri, che descrivono le peripezie del giovane Lucio, trasformato per magia in asino e che alla fine torna uomo grazie all'intercessione della dea Iside. La vicenda di Lucio ha un valore profondamente allegorico, poiché rappresenta la caduta e la redenzione dell'uomo. Opera celeberrima, anche grazie al suo impianto rigoroso, carico di rimandi simbolici all'itinerario spirituale del protagonista, "L'asino d'oro" viene considerato il prototipo del romanzo "iniziatico" moderno, che nel "Wilhelm Meister" di Goethe ha l'esempio più alto.
Quando Poimandres, il Nous del dominio assoluto, appare in forma di essere gigantesco a un uomo tutto teso col pensiero verso l'essere e gli domanda cosa voglia "udire e vedere e poi apprendere e conoscere grazie alla contemplazione", il suo interlocutore gli risponde: "Voglio essere istruito intorno agli esseri, comprenderne la natura e conoscere dio". E così che inizia il primo Trattato, il Poimandres, del Corpus Hermeticum: e subito a quell'uomo si svela tutto, trasformandosi in luce serena e gioiosa della quale egli si innamora. La rivelazione segreta di Ermete Trismegisto - il "Corpus Hermeticum" - è una delle raccolte di testi più fortunate e influenti che la tarda antichità ci abbia lasciato. Ed è certo difficile resistere al fascino che viene dalla sua singolare miscela di teologia e cosmologia, di studio dell'uomo e dottrina dell'anima, demonologia e astrologia. È un libro, questo, che parla del Principio e della Fine, e adombra una via di Salvezza. Ha, inoltre, una storia del tutto romanzesca. Già attribuito al "tre volte grande" ("trismegistos", appunto) Ermes - il dio della scrittura, dell'astrologia e dell'alchimia che risulta dall'associazione della divinità greca con l'egizio Thoth - esso è ritenuto antico quanto se non più di Mosè, e interpretato come prefigurazione del Cristianesimo. Redatto, in realtà, tra il I e il IV secolo della nostra èra, nel 1460 l'originale greco giunge nelle mani di Cosimo de' Medici, che ordina subito a Marsilio Ficino di dimenticare Platone...
Il commentario rappresenta un valido strumento per penetrare in profondità nel nucleo dottrinario, storico-filosofico e letterario dell'opera di Lattanzio.
La guerra e l'assedio di Troia, i sanguinosi duelli tra Achei e Troiani, le virtù guerriere di Achille, le peripezie del viaggio per mare e l'astuzia di Ulisse, il "ritorno" in patria: tutto il repertorio dell'epica greca e la stessa leggendaria figura di Omero fanno dell'Iliade e dell'Odissea due insuperabili modelli di poesia. Nel grandioso laboratorio della "fantasia" degli antichi rivivono per arricchire la nostra fantasia esseri divini più umani degli uomini che proteggono o avversano, secondo i loro volubili umori; l'amicizia tra Achille e Patroclo; l'amore coniugale impersonato da Penelope e Andromaca; l'amore magico e sensuale di Calipso e Circe, quello adolescenziale di Nausicaa. Le "alate parole" dei poemi omerici esercitano tuttora il loro fascino e continuano a ispirare - per la forza impareggiabile della narrazione e per la varietà e umanità dei personaggi - tantissime versioni cinematografiche e televisive. I due capolavori, che sono all'origine della letteratura europea, vengono qui riuniti in una traduzione isometrica, scorrevole ed elegante, con un ricco corredo di note. Introduzione di Antonio Aloni.
Può un nemico essere utile? Plutarco non ha dubbi: in questo breve, ironico pamphlet, ci guida alla scoperta di chi ci detesta e, cosa molto più importante, di noi stessi. Se infatti è impossibile un'esistenza priva di avversari, non è però sufficiente, per sopravvivere, menare colpi alla cieca e sbraitare insulti, come ci insegnano, oggi, mass media e social network: è invece necessario riflettere a lungo, prima di reagire, per cercare i nostri difetti e riconoscere i nostri limiti, allo scopo di migliorarci. Perché la difesa deve essere un atto costruttivo, deve tendere anzitutto alla nostra crescita interiore, non all'annientamento del nemico, che spesso ci rivela le verità più scomode, oscurate dall'adulazione e dalla compiacenza di amici e parenti. Un libro straordinario e attualissimo, che è allo stesso tempo un efficace manuale di vita, perché stimola un impulso vitale dell'uomo, sempre più soffocato dal frastuono del mondo globale: l'autocritica.