
Composte da Ovidio negli ultimi anni della propria vita, a partire dal 12 d.C. durante l'esilio a Tomi sul Mar Nero, le "Epistulae ex Ponto" sono quarantasei lettere in distici elegiaci che il poeta invia alla moglie, ai famigliari, agli amici o a personaggi influenti della Roma augustea, supplicandoli perché si adoperino per farlo rientrare in patria. Tutta l'opera è pervasa da una straordinaria complessità di sentimenti nei confronti, prima di tutto, del potere, che viene adulato e smascherato insieme. Ma anche degli amici, soprattutto poeti, e di se stesso, protagonista di un'elegia che, nei forti tratti autobiografici, non cessa mai di essere letteratura di alto rango. Sono versi, questi delle Epistulae, che hanno sempre suscitato intense reazioni nei lettori e sono stati un modello per autori, spesso grandissimi, che l'esilio lo hanno vissuto in prima persona, da Seneca a Brodskij. La costruzione letteraria apparentemente facile lascia intatto un denso nucleo di irrisolta umanità, nel quale ogni lettore finisce per ritrovare un'immagine di sé.
Se Orazio, a partire dal 23 a.C. e dopo aver pubblicato le Odi nel 20 a.C., torna a scrivere - ci dice nella lettera proemiale delle Epistole - è per via del tormento di essere quel che non si vorrebbe e di non essere quel che si vorrebbe. L'esperienza lirica è conclusa, poiché non è più l'età del canto della gioia e dell'amore, resta la possibilità di veicolare nel verso meditazioni morali di carattere generale, sul vero, sul bello, sulla condizione umana, rivolte all'uomo comune. Con quest'opera di conversazioni in esametri composta di due libri (rispettivamente di venti lettere e di due aggiunte successivamente e centrate sul tema della poesia) Orazio creò un genere letterario del tutto nuovo. In componimenti eterogenei per materia il poeta tratta di diversi aspetti della vita quotidiana con una pratica saggezza del vivere, nutrita di filosofia stoica ed epicurea. Tenendosi lontano da ogni dogmatismo si abbandona a riflessioni sulla potenziale grandezza umana, sull'incerto procedere del tempo, sulla necessità di restare imperturbabili di fronte a tutto riconoscendo tuttavia il piacere del vivere, soprattutto dell'amore, sull'arte del sapersi accontentare.
Costruito come dialogo, il "De Repubblica" è uno dei testi fondamentali dell'intero corpus ciceroniano. Un testo di filosofia politica che analizza in maniera sorprendentemente attuale le possibili forme del governo e le sue altrettanto possibili degenerazioni. Cicerone riflette sulla natura della monarchia, sempre a rischio di trasformarsi in tirannide, sull'aristocrazia e sulla sua deriva in oligarchia, sulla democrazia che può scadere in demagogia. Ma si concentra anche sull'idea di giustizia e sulla sua pratica, all'interno dello stato e nei rapporti internazionali, sulla costituzione romana nel suo sviluppo storico e sulla figura dell'uomo di governo ideale, il princeps, colui il quale sacrifica l'interesse individuale a vantaggio di quello collettivo.
La parola "storia", nel greco antico, significava soprattutto "inchiesta", ovvero quell'indagine che a partire dalla narrazione dei fatti avvenuti, e dalla riflessione su essi, aveva l'ambizione di individuare le ragioni logiche per le quali cause ed effetti si connettevano tra loro dando luogo alle vicende degli uomini: dalle guerre alle gesta degli eroi, passando per i grandi viaggi per il Mediterraneo e le fondazioni di città, I due maggiori rappresentanti di quella che possiamo considerare contemporaneamente una scienza e un'arte, la storiografia, furono Erodoto - di fatto considerato il "padre della storia" - e Tucidide - che seppe formalizzare in maniera sapiente i criteri metodologici ai quali uno storico doveva attenersi.
"Entro i confini dell'universo non può esistere alcun esilio, perché nulla di ciò che si trova nell'universo è estraneo all'uomo." La consolazione che Seneca indirizzò alla madre Elvia, rientra in un genere letterario assai sviluppato nell'antichità, ossia gli scritti consolatori, la cui funzione era confortare chi aveva subito qualche sventura.
La passione totalizzante e assoluta dell'amore, l'amicizia sincera e fedele, l'irrisione triviale e feroce verso chi gli è nemico, le feste spensierate della jeunesse dorée romana negli anni convulsi delle guerre civili: da 2000 anni Catullo rapisce generazioni di lettori cantando con il linguaggio impetuoso e travolgente della giovinezza la vita in ogni suo aspetto.
La "Cambridge History of Classical Literature" si propone di rendere accessibili e un pubblico vasto i più recenti risultati conseguiti in questo campo dagli studi specialistici. La sua impostazione è di carattere critico: i dati biografici, cronologici e bibliografici figurano per la maggior parte nell'Appendice degli autori e delle opere che suggella ciascuno dei due volumi. L'impianto di questa storia della letteratura è di tipo tradizionale: all'interno di un'ampia cornice cronologica, la materia si dispone in capitoli dedicati a singoli autori o generi letterari. Ogni collaboratore ha la libertà di svolgere la propria ricerca secondo i criteri ritenuti più opportuni.
Un papiro dell'Università di Milano, pubblicato nel 2001, ci ha restituito oltre cento nuovi testi di Posidippo di Fella, acclamato epigrammista della prima età ellenistica. La fortunata scoperta ci permette di ricostruire una personalità artistica di cui prima si intuivano solo vagamente i contorni. Posidippo avvertì il fascino del "nuovo mondo" fondato da Alessandro Magno: visse a lungo ad Alessandria, cantò i fasti e lo splendore della corte tolemaica. Ma non fu solo un poeta cortigiano; i nuovi epigrammi gettano luce anche sulla vita quotidiana della gente comune: ci sono epitaffi (per donne, soprattutto), racconti di naufragi, dediche al dio Asclepio "per grazia ricevuta". Ne emerge il quadro di un'epoca complessa, segnata da trasformazioni profonde, sorprendentemente vicina alla sensibilità moderna. La presente edizione (che ripropone, accanto al "nuovo", il "vecchio" Posidippo) fornisce al lettore anche non specialista l'informazione e gli strumenti critici necessari per comprendere questa raccolta poetica così raffinata e densa di umanità.
La "Cambridge History of Classical Literature" si propone di rendere accessibili e un pubblico vasto i più recenti risultati conseguiti in questo campo dagli studi specialistici. La sua impostazione è di carattere critico: i dati biografici, cronologici e bibliografici figurano per la maggior parte nell'Appendice degli autori e delle opere che suggella ciascuno dei due volumi. L'impianto di questa storia della letteratura è di tipo tradizionale: all'interno di un'ampia cornice cronologica, la materia si dispone in capitoli dedicati a singoli autori o generi letterari. Ogni collaboratore ha la libertà di svolgere la propria ricerca secondo i criteri ritenuti più opportuni.
"Angeli, non Angli", esclama il futuro papa Gregorio Magno quando vede dei bellissimi schiavi inglesi in vendita nel Foro di Roma. Da questa frase prende l'avvio la missione di riconversione della Britannia abbandonata dalle legioni e occupata dagli Angli e dai Sassoni. È l'inizio ideale della "Storia degli Inglesi" composta da Beda nel VIII secolo. Leggermente balbuziente, chiuso per tutta la sua vita nei monasteri di Wearmouth e Jarrow, Beda possiede però "l'ardente spiro" del quale Dante lo vede fiammeggiare nel Ciclo dei Sapienti. Ha commentato quasi tutta la Bibbia, si è occupato del computo del tempo ha composto un "De natura rerum", trattati di ortografia e metrica, vite di santi e persino poesia. La sua "Historia ecclesiastica gentis Anglorum", della quale la Fondazione Valla pubblica in due volumi la prima edizione critica in quaranta anni, è fra le più belle opere storiografiche del Medioevo. Tutto è organizzato con mano sapiente e narrato col piglio dello scrittore di razza. Ma tutto, anche, ha l'aura delle origini e il passo della meditazione sugli accadimenti: se Beda vuole ancorare a Roma l'alba delle vicende inglesi è perché quella che Gregorio, per mezzo del suo missionario Agostino, porta nel Kent è una nuova cultura.
Il volume raccoglie la "Storia vera. Dialoghi dei morti", "Il sogno. Il gallo. L'asino" e "Come si deve scrivere la storia". I testi sono accompagnati da un apparato di note e da un'introduzione che li inquadra nel contesto storico, senza tralasciare il commento e l'analisi testuale.