Il testo tenta di riformulare il discorso bioetico intorno al mondo della disabilità, della dipendenza e della fragilità, con l'intento di ripensare l'esistenza delle persone disabili e il loro essere nel mondo. Queste riflessioni pongono al centro la persona, superando una mentalità inerente alla mancanza e mettendo in discussione le normali definizioni di normalità tentando così di eliminare barriere, pregiudizi e stereotipi. Gli autori intendono ritrarre l'esperienza della disabilità lungo tutto l'arco della vita sottolineando la necessità di incontrare persone, senza fermare lo sguardo sulla loro disabilità, permettendo così una riflessione bioetica più minuziosa, più inclusiva e attenta ad un corpo dipendente e fragile che appartiene all'esperienza umana in generale.
La dolorosa vicenda di Eluana Englaro pone interrogativi inquietanti non solo ai giudici e ai parlamentari, ma anche a tutti noi. Il libro intende offrire risposte facilmente comprensibili e rigorosamente motivate in modo da aiutare la riflessione di tutti, sia a livello politico e giudiziario dove si decide, sia a livello popolare dove si discute e si medita anche personalmente sul senso della vita e della morte. Nel ricostruire la vicenda di Eluana, nell'esaminare i vari progetti di legge sul "testamento biologico", nel proporre le sfide della libertà, della salute, dell'uguaglianza, della coscienza, il saggio si lascia guidare dalla bussola della dignità umana e dal conseguente principio della indisponibilità della vita.
A una donna che annuncia di essere incinta si è soliti esprimere le proprie felicitazioni, ma attenzione, prima di rallegrarvi accertatevi che non si tratti di una gravidanza indesiderata, perché in tal caso da evento del tutto normale e fisiologico, la gravidanza diventa una vera e propria patologia, da "curare" con l'aborto, o, se non si vuole ricorrere ad esso, da prevenire con la contraccezione e la pillola del giorno dopo. Questa è, in sintesi, la filosofia della cosiddetta "salute riproduttiva", elevata al rango di diritto umano e come tale sostenuta da una vasta e variegata lobby a cui appartengono organizzazioni sovranazionali, professionali e movimenti politici. L'autore ha sottoposto tale teoria alla verifica del ragionamento logico-deduttivo e, supportato da un'impressionante documentazione medica, ne indica l'inconsistenza scientifica ed etica.
Cos'è il testamento biologico? Quali interessi dovrebbe tutelare? Cosa si intende per accanimento terapeutico? Cos'è la libertà di cura? Il libro, indagando nello spazio della scelta dei trattamenti sanitari e nell'orizzonte ben più complesso del senso della vita, delle relazioni umane e del diritto, affronta senza pregiudizi questo delicato tema che è divenuto di grande attualità sociale e politica con i casi Terri Schiavo e Welby.
Perché in molti atti internazionali e nazionali la famiglia è dichiarata "nucleo fondamentale della società e dello Stato"? Vi è una differenza tra la famiglia e le altre forme di compagnia? È vero che le persone conviventi sono oggi prive di ogni tutela? L'autore risponde a queste domande partendo da considerazioni giuridiche e da riflessioni sul senso del vivere umano, della società, della storia. L'opera intende favorire la partecipazione consapevole all'attuale dibattito culturale e politico sulla reale opportunità e utilità di un riconoscimento formale delle unioni di fatto.
Viviamo in un'epoca in cui la qualità della vita è spesso intesa come assenza di dolore. Per cui di fronte a malattie inguaribili l'unica strada possibile appare la morte assistita, l'eutanasia. Ma esiste anche un'altra posizione culturale: la vita è degna di essere vissuta anche se esiste la sofferenza, l'handicap, il sacrificio.
La consapevolezza del sopraggiungere della morte: questo caratterizza i malati cronici e terminali. Qual è il compito del medico e della medicina in tale contesto? È un problema che pone interrogativi sia sulla natura umana, che è sempre tensione alla vita, sia sullo scopo della medicina, e quindi della professione medica, che si è sviluppata per guarire, se possibile, e per curare, sempre. Questo libro racconta un'esperienza pluriennale di cura e le riflessioni che da essa sono nate.