Al centro delle "Notti bianche" - racconto pubblicato per la prima volta nel 1848 - c'è un sognatore, un giovane che vive una vita tutta sua, avulsa dalla realtà, fatta di chimere, fantasticherie, impalpabili emozioni. Nelle calde notti senza tramonto di una Pietroburgo estiva e deserta, il timido e notturno protagonista, triste vittima della vita urbana, vagabonda senza meta per la città fra palazzi e canali, e sogna a occhi aperti. Proverà a inseguire l'amore: quello della bella e appassionata Nasten'ka, che però ama, desidera, attende un altro. Così, dopo quattro notti di esaltata eccitazione, l'ultimo mattino porta con sé un amaro risveglio: il disincanto di un addio. Introduzione di Fausto Malcovati.
Il "Galateo ovvero de' costumi", trattato nel quale, sotto la persona di un vecchio idiota ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona de' modi che si debbono tenere o schifare nella comune conversazione, così precisa il sottotitolo, fu pubblicato nel 1558 da monsignor Della Casa, nunzio pontificio a Venezia, temperamento mondano, autore di quello che sarà poi l'"Indice dei libri proibiti". Vengono esposte norme sul modo di vestirsi, enumerati tutti i gesti e le cose spiacevoli da evitarsi; è riprovato lo scherno, la beffa, la parola che morde e offende; si suggeriscono i modi del parlare, si consigliano i vocaboli da usare e quelli da evitare. Insomma, biasimando ogni eccesso, l'autore incarna il culto della proporzione proprio del Rinascimento.
"Minima moralia" è un libro fondamentale per la ricostruzione del dibattito filosofico e culturale del Novecento. I suoi aforismi hanno alimentato appassionate discussioni nel mondo accademico, politico e sociale. Adorno li scrisse prevalentemente durante gli anni del suo esilio americano condensando in costellazioni concettuali i principali nuclei tematici del suo pensiero: la messa in discussione della razionalità moderna e occidentale, la critica del fascismo e della personalità autoritaria, lo smascheramento della cultura di massa e delle sue fascinazioni, la possibilità di pensare filosoficamente e teologicamente l'utopia. "Minima moralia" parla con sorprendente freschezza alla teologia contemporanea e può essere giustamente considerato un grande libro della tradizione cristiana. I "classici" infatti prospettano all'interno di una tradizione culturale o religiosa nuovi stili di riflessione e inediti orizzonti di ricerca, hanno inoltre il potere di avvicinare e convocare persone diverse per formazione, sensibilità e cultura. Nei singoli aforismi è all'opera un pensiero "in uscita" che non teme di riconoscere i propri limiti e non ha paura della propria incompletezza, un pensiero che rimanda costantemente ad "altro da sé" scegliendo la via dell'abbassamento, mostrando la rilevanza degli scarti e dei frammenti.
Nel pieno di un cambiamento d'epoca che coinvolgeva e sconvolgeva tanto il piano civile quanto quello ecclesiastico, papa Gregorio I (590-604), detto Magno, impegnò i primi mesi del proprio pontificato per redigere un piccolo libro che avrà una lunghissima storia degli effetti, fino a noi: la Regola Pastorale. Una «regola» scritta esplicitamente per formare a un'«arte» - anzi alla suprema delle arti: la cura delle anime - che, tuttavia, è stata nei secoli letta come un vademecum per predicatori, un manuale per governanti, un trattato sul ministero ordinato o una sorgente zampillante di sguardi misericordiosi sulla vita e sull'umanità. E forse anche molto altro. In questo volume si offre un'introduzione al libro, presentandone il contesto, la struttura, i temi principali e offrendo alcune brevi riflessioni su quali aspetti della vita credente potrebbe ancora nutrire oggi.
Nella Guerra giugurtina, Sallustio dà la misura del suo valore di storico della latinità. Traccia perfette sintesi delle idee e della società del suo tempo denunciando l'incompetenza della nobiltà nelle questioni belliche ed elogiando la vitalità imprenditoriale della nuova classe mercantile. La storiografia sallustiana è una cronaca vivace ma soprattutto un'indagine sulle cause che legano l'intreccio degli avvenimenti, condotta da un protagonista della vita politica romana. Lo stile di Sallustio è aspro, serrato, veloce nell'esposizione dei fatti. Il suo modo di fare storia ha avuto una lunga e profonda influenza sugli annalisti successivi.
La favola di Cenerentola comincia da qui. Quella tratta dal "Cunto de li cunti" (1634-36) è la più antica versione del tradizionale racconto di Cenerentola, che ha poi ispirato Perrault e i fratelli Grimm. La giovane Zezolla, figlia di un principe, viene indotta dalla propria istitutrice a uccidere la matrigna, che sempre si è mostrata crudele con lei. Quando il padre decide di prendere in moglie la maestra, Zezolla, scalzata dalle sei figlie di lei, finisce al lavoro nelle cucine, disprezzata e apostrofata come la "Gatta Cenerentola". Completano il volume tre delle più apprezzate fiabe del "Pentamerone": "La pulce", "La cerva fatata", "La vecchia scorticata".
Dopo la stagione epica e prima della grande età del dramma, la Grecia conosce il fiorire di un altro genere letterario, convenzionalmente noto con il nome di lirica. Tra i secoli VII e VI, la sua mappa geografica si estende dall'Asia alle isole dell'Egeo, fino alla Sicilia. La tradizione della lirica, come già quella dell'epica, è orale; ne discendono caratteri stilistici peculiari: periodi brevi, immediatezza espressiva, uso frequente di immagini e metafore. Il repertorio dei temi è vastissimo e porta il sigillo della concreta esperienza soggettiva, reale o intellettuale, fisica o psicologica.
Le 95 tesi di Lutero sono uno dei testi fondamentali della cristianità. Dalla loro affissione al portale della cattedrale di Wittenberg, il 31 ottobre 1517, prende le mosse il distacco dalla chiesa di Roma e, di fatto, l'inizio della Riforma religiosa luterana. In aperta polemica con la pratica delle indulgenze e delle opere devote largamente accolta e caldeggiata dalla chiesa cattolica, Lutero - riprendendo il dettato delle lettere paoline - sostiene che l'unica via per la salvezza dell'uomo sia la grazia divina. A cinque secoli di distanza il lettore troverà in queste parole l'eco di una frattura che ancora oggi segna l'identità europea. Introduzione di Domenico Segna.
Composta nella prima metà del XII secolo, l'Edda costituisce uno dei principali monumenti della letteratura islandese medioevale e della tradizione della poesia scaldica. Testo fondamentale per la conoscenza del patrimonio mitologico nordico e del credo religioso della Scandinavia pagana, nonché delle interazioni e tensioni tra paganesimo e cristianesimo, è un'opera in cui rifulge il talento di Snorri Sturluson: non soltanto poeta, storiografo e studioso, ma anche narratore di miti e leggende. Snorri Sturluson è noto soprattutto come autore dell'Edda detta "in prosa" per distinguerla dal testo in poesia, forse più antico, cui si attribuisce lo stesso titolo (Canzoniere eddico).
Seguito di "Alice nel Paese delle Meraviglie", "Attraverso lo specchio" (1871) ne riprende i personaggi e le ambientazioni fantastiche, pur in una chiave meno trasognata e più malinconica. Nel mondo a rovescio che Alice trova al di là dello specchio di camera sua, sei mesi dopo il suo primo viaggio nel paese delle meraviglie, è valida una sola regola: credere all'impossibile. Le carte da gioco si tramutano qui nei pezzi di una scacchiera; la sequela di imprevisti e trabocchetti in una sfrenata corsa tra filastrocche, poesie, giochi. E mentre Alice si muove sulla scacchiera, di casella in casella, impara a difendersi, a dire la sua, a entrare nel gioco dell'eccentrico e dell'incredibile, a capire e a simpatizzare con gli esseri stravaganti che incontra, allucinati ma ricchi di umanità. Età di lettura: da 8 anni.
La storia di Mowgli, il "cucciolo d' uomo" allevato da un branco di lupi nel cuore della giungla indiana, è uno dei miti letterari più famosi e amati della storia. Via via che affronta una serie di appassionanti avventure che lo trasformeranno da bambino in uomo, Mowgli incontra e stringe amicizia con gli animali della foresta, che si trasformano in altrettanti indimenticabili personaggi: il saggio e scontroso orso Baloo, la pantera nera Bagheera, simbolo del coraggio, e specialmente il pitone bianco Kaa, interprete di significati mistico-filosofici ispirati alla tradizione indiana. Antagonista assoluta è la tigre, Shere-Khan, che incarna la volontà di morte e di distruzione opposta al senso di amicizia e di solidarietà che accomuna gli abitanti della giungla.
Tra le stradine del centro storico di Budapest, ce n'è una il cui nome nessuno potrà mai scordare: è la via Pàl, la via in cui la giovinezza dura in eterno. Sono i primi anni del Novecento: i magniloquenti palazzi asburgici sono poco distanti, come il lento e solenne scorrere del Danubio. Qui, in un lotto di terreno abbandonato e usato come deposito di legname, ha il suo quartier generale una banda di ragazzi del ginnasio, capitanata dal virile e leale Boka. Loro rivali giurati sono le Camicie Rosse, acquartierate nell'Orto Botanico e guidate dal temibile e fiero Feri Àts. Le due bande, organizzate come veri e propri eserciti, si contendono il controllo del territorio, oltre che la palma del più forte. Ma il mondo degli adulti, freddo e ostinato, detta legge: il campo di gioco viene occupato dalle costruzioni e la storia dei ragazzi di via Pàl ha la sua mesta e prosaica conclusione segnando la fine di un'età spensierata, piena di sogni e di generosi ideali. Prefazione di Giuseppe Maugeri. Età di lettura: da 10 anni.
"Cimbelino", rappresentato in vita dell'autore ma pubblicato solo postumo nel 1623, è un dramma romanzesco che curiosamente combina un episodio di storia britannica all'epoca della dominazione romana con una novella del Decamerone. Protagonista del dramma è la bella e innocente figlia di Cimbelino, Imogene, che si trova al centro di una complessa rete di forze che vorrebbero imporle le nozze con il figlio della matrigna. Solo dopo un'innumerevole serie di equivoci, travestimenti e colpi di scena, Imogene riuscirà a riabbracciare il marito segreto Postumo, a ricongiungersi con il padre e a propiziare una nuova alleanza tra romani e britanni. Introduzione di Nemi D'Agostino.
A Saint-Helme, gli Hardelot svolgono da sempre il mestiere di cartai, di padre in figlio. Pierre, erede di nome e patrimonio, è fidanzato con Simone, una giovane poco attraente ma un buon partito; è però innamorato di Agnès, con la quale è cresciuto. Le loro famiglie non si frequentano: Agnès appartiene alla piccola borghesia e non ha dote. Alla vigilia del matrimonio, e dello scatenarsi della drammatica sequela di guerre che sconvolgerà l'Europa del Novecento, Pierre decide di voltare le spalle alla tradizione familiare e alle convenzioni sociali sposando la donna che ama, rifiutando il ruolo di erede e rivendicando quello di uomo libero e innamorato.
La straordinaria sensibilità e lo scavo psicologico di Eschilo non solo danno vita nel suo teatro a personaggi grandiosi e complessi, ricchi di risvolti, ma fanno irrompere sulla scena, e con la massima violenza, le grandi questioni politiche e sociali dell'epoca, incredibilmente attuali e moderne: il diritto d'asilo, il sorgere dello stato dalle ceneri delle lotte intestine, la necessità del voto e della democrazia. Il linguaggio è ricchissimo di risorse e accosta registri lirici ed epici, espressioni del parlar comune o dialettali, e quando si gonfia e tende al solenne ha sempre, come in Shakespeare, il crisma dell'autenticità. Introduzione di Umberto Albini.
Hardy è un meraviglioso creatore di figure femminili, e Batsceba, la protagonista di "Via dalla pazza folla", è la prima e la più incantevole di esse. Irrequieta e indipendente, intelligente e svagata al tempo stesso, crede di raggiungere una completa autonomia quando eredita un magnifico podere e un'antica casa signorile. Ma la bella forestiera finisce col trovarsi contesa fra tre pretendenti: lo sfortunato, ma forte e sereno Oak, suo lavorante e fattore; il ricco fittavolo Boldwood, grave e austero; lo spregiudicato sergente Troy. È quest'ultimo ad avere la meglio sulle prime, ma alla fine sarà Oak con la sua cieca e malcompresa devozione a salvare le sorti della padrona e del piccolo mondo bucolico di Watherbury dai rovesci della sorte. Affascinante ballata rurale e primo grande romanzo di Hardy, "Via dalla pazza folla" (1874) è insieme il punto di passaggio fra la maniera idillica degli esordi e la visione tragica della maturità.
Il 10 marzo 1762 il protestante Jean Calas viene giustiziato in una piazza di Tolosa, di fronte a una folla inferocita. L'accusa è quella di aver ucciso il figlio, sospettato di volersi convertire al cattolicesimo. Nonostante l'inconsistenza delle prove e l'arbitrarietà di un processo che risponde più alle storture del fanatismo religioso che al rigore della ragione e della giustizia, la supplica di Calas - che fin sul patibolo non cessa di protestare la propria innocenza - rimane inascoltata. Non da Voltaire, che impugna la penna contro questa palese ingiustizia. L'anno successivo viene pubblicato il breve e fulminante "Trattato sulla tolleranza". Non solo Voltaire chiede la riabilitazione della memoria di un padre amorevole e di un uomo innocente: la sua invocazione assume i toni di un'accorata denuncia del fanatismo religioso e della superstizione, di un vibrante appello alla tolleranza e alla libertà di pensiero destinato a risuonare nei secoli a venire.
"Suite francese", pubblicato postumo nel 2004, è l'ultimo romanzo di Irène Némirovsky. Scritto agli albori del secondo conflitto mondiale a Issy-l'Évèque, in Borgogna, è un affresco spietato, composto quasi in diretta, della disfatta francese e dell'occupazione tedesca, in cui le tragedie della Storia si intrecciano alla vita quotidiana e ai destini individuali. È un caleidoscopio di comportamenti condizionati dalle aberrazioni della guerra, dalla paura, dal sordido egoismo, dalla viltà, dall'indifferenza, dagli istinti di sopravvivenza e di sopraffazione, dall'ordinaria crudeltà, dall'ansia di amore. È il racconto della passione, ambigua e tormentata, che nasce tra una giovane donna il cui marito è disperso al fronte e un ufficiale tedesco. Con lucida indignazione ma anche con pietà, Némirovsky mette a nudo le dinamiche profonde dell'esistenza umana di fronte alle prove estreme e scrive un insperato capolavoro della letteratura del Novecento.
A Ginevra, nella fredda e piovosa estate del 1816, Mary Shelley scrive, a soli diciannove anni e in attesa del secondo figlio, la terrificante storia di un mostro, il più famoso "uomo artificiale" della letteratura. Il protagonista di Frankenstein non è l'automa stolido e brutale reso popolare da tante trasposizioni cinematografiche, che semina il terrore per appagare un'insaziabile sete di sangue. La creatura nata dall'audace progetto di un moderno Prometeo è un fratello gotico di Edipo: uccide per vendicarsi dell'indifferenza del suo artefice che, accecato da una folle e smisurata ambizione scientifica, lo ha prima assemblato con membra umane, poi gli ha dato la vita e infine l'ha rinnegato e maledetto per il suo aspetto ripugnante, simbolo del fallimento del proprio ingegno di inventore. Ispirato al mito antichissimo dell'uomo che si fa dio e accende la scintilla della vita, il racconto sostituisce al prodigio la chimica e il galvanismo, e intreccia al plot riflessioni sui temi al centro del dibattito speculativo dell'epoca: l'ambiguità della scienza, la paura della diversità, l'originaria bontà della natura umana, la necessità della bellezza, il mistero delle origini della vita. Introduzione di Maria Paola Saci.
Primi anni Venti. Uno scandalo sconvolge la sonnolenta vita di un lussuoso hotel della Costa Azzurra: Madame Henriette, moglie e madre irreprensibile, fugge nottetempo con un giovane bellimbusto francese appena conosciuto. Subito, la tresca infiamma il pettegolezzo tra i villeggianti: unico a prendere le difese della donna è il narratore-protagonista. Colpita dall'accaduto, Mrs. C, una distinta gentildonna inglese, decide di confessare proprio a lui il suo più intimo e scandaloso segreto: il racconto delle ventiquattr'ore che trent'anni prima cambiarono per sempre la sua vita. Alternando con maestria tensione narrativa e sottile indagine psicologica, Zweig ci regala un racconto moderno e appassionato sull'imprevedibilità del destino e la forza incontrollabile dei sentimenti.