Se Hitler fosse diventato un pittore di qualche successo? E se nel 1914 a Sarajevo lo chauffeur di Francesco Ferdinando non avesse sbagliato strada? Se Togliatti non fosse sopravvissuto all'attentato del '48 e se Moro fosse stato rilasciato dalle BR, come sarebbero andate le cose? Difficile non restare affascinati dal ruolo determinante del caso nella storia, di fronte a questi e ad altri "se". Sulla scorta di questa fascinazione, Alberto ed Elisa Benzoni hanno costruito, insieme ad autorevoli storici e intellettuali, un volume che presenta dieci episodi emblematici nel corso del Novecento. Hanno chiesto, così, a Claudio Strinati, Gian Enrico Rusconi, Andrea Graziosi, Giovanni Sabbatucci, Mario Del Pero, Ernesto Galli della Loggia, Luciano Cafagna, Paolo Mieli e Massimo Teodori, di rileggere, ciascuno, alcuni eventi cruciali, il cui esito, se fosse stato diverso, avrebbe potuto cambiare il corso delle cose. Il risultato è un libro agile e godibile: la storia controfattuale rivela quel che era possibile e arricchisce la conoscenza di quel che è accaduto.
Nasr Hàmid Abu Zayd è stato un intellettuale musulmano in grado di cogliere le sfide della modernità e di tradurle nella sua cultura. Al centro del suo progetto una lettura ermeneutica, storica e umanistica del Corano e l'affermazione di un pensiero critico in grado di intrecciare l'Islam con la cultura della libertà e del pluralismo. Il libro, che raccoglie scritti per la maggior parte inediti, è un omaggio ai temi più attuali del dibattito su Islam e diritti umani che l'autore ci ha lasciato: la questione di genere, le pene corporali, la sharia, la finanza islamica, la relazione con altre confessioni e culture, l'apostasia, la poligamia. Un grande rigore scientifico si accompagna a una profonda religiosità al servizio della comprensione di quei versetti più critici, meno chiari o nei quali sembrano dominare i concetti di violenza e ingiustizia, spesso considerati all'origine della dicotomia tra pensiero islamico e modernità. Introduzione di Nina zu Fürstenberg
Che cosa ne sarebbe stato della penisola italiana se l'impresa del 1861 fosse fallita? E se la diplomazia di Cavour avesse perso? E se Vittorio Emanuele ii non fosse andato a Teano? E se Franceschiello avesse vinto? E se Mazzini. Nel momento in cui sembrava che il sentimento nazionale fosse oscurato da un diffuso opportunismo localista, abbiamo chiesto a sei grandi storici di mettersi alla prova della controfattualità: capire come sono andati i fatti confrontandoli con le alternative possibili e anche probabili. Giuseppe Berta, Emilio Gentile, Giovanni Sabbatucci dialogano sugli eventi del Risorgimento, che erano davvero appesi a un filo, mentre Luciano Cafagna, Franco Cardini, Mario Isnenghi nel loro racconto ipotetico assumono il punto di vista di tre protagonisti: Cavour, Francesco ii, Garibaldi. Il gioco si rivela ricco di sorprese e suggestioni per l'Italia di oggi e liquida i pregiudizi prodotti dalla «storia fatta con il senno di poi». Immaginare seriamente il destino di piccole Italie ha di per sé la conseguenza di rafforzare l'unità nazionale che è - come scrive il presidente Giorgio Napolitano, interprete del nuovo patriottismo - «l'autentico fine da perseguire».
Alle teorie di Huntington sul "clash of civilizations" Fred Dallmayr ha sempre contrapposto un'altra via. Lo ha fatto subito, fin dal momento più difficile, quel 2001 che le Nazioni Unite avevano destinato al dialogo tra le culture e che il terrorismo islamista, con l'attacco alle Torri di Manhattan, aveva supremamente beffato. Ma il filosofo - qui per la prima volta tradotto in italiano - non presenta solo un motivato rifiuto del conflitto, perché del dialogo discute il significato, le premesse e le implicazioni che lo rendono autentico, possibile, utile. E dal metodo passa alle voci esemplari che indicano le chiavi teoriche o politiche di un nuovo percorso necessario a un mondo attraversato da tensioni nei confronti dell'Altro e del Diverso. Pagina dopo pagina, il libro si trasforma in una conversazione ideale tra protagonisti del pensiero filosofico come Gadamer, Heidegger, Taylor, Habermas, Hannah Arendt, Gandhi. E ancora: con il musulmano iraniano liberal Abdolkarim Soroush e il multietnico Raimon Panikkar.
Una indagine sulle opere "islamiste" di Oriana Fallaci che rompe le righe degli atteggiamenti correnti: alzata di spalle, abbandono della discussione, imbarazzo, giudizi eufemistici. Il libro di Bosetti va diritto alla questione centrale: come è possibile che pagine piene di odio radicale contro una religione in quanto tale, riscuotano un successo paragonabile ai maggiori best-sellers internazionali? Tutti xenofobi e islamofobi? Che genere di epidemia abbiamo qui da contrastare? Che cos'è l'"orianismo" e come funziona una forma mentale che ha bisogno del Nemico per orientarsi, consolarsi, comunicare, fabbricare certezze illusorie di fronte a verità inquietanti?
Gennaio 2004. Joseph Ratzinger e Jürgen Habermas si incontrano a Monaco presso la Katholische Akademie in Bayern per rispondere alla domanda: "La democrazia liberale ha bisogno di premesse religiose?" Ne nasce un dialogo nel quale il Cardinale e il Filosofo fanno l'uno all'altro concessioni sorprendenti.
"Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto." (Karl R. Popper) Un classico che ha suscitato un dibattito inesauribile e oggi è più che mai attuale, un una nuova edizione arricchita da un saggio introduttivo di Giancarlo Bosetti e dai testi di John Condry, Karol Woytila, Raimondo Cubeddu e Jean Baudoin.