Al "Sogno di Scipione" Cicerone ha affidato la sua utopia di un aldilà di giustizia e di perfezione intellettuale, di un mondo ultraterreno che costituisse anche un riscatto dalla corruzione affaristica e dalla degenerazione politica in corso a Roma. Nell'aldilà di Cicerone confluiscono suggestioni diverse, platoniche, pitagoriche, stoiche, e proprio questo spessore filosofico ha consentito la salvezza del Sogno, sopravvissuto al naufragio del "De republica" di cui costituiva la parte conclusiva. Da Macrobio al nostro secolo, il Sogno è stato studiato insieme come escatologia filosofica e come capolavoro di stile, il più bel brano della prosa latina.
Scritta nel momento del tramonto politico di Atene, "Le Baccanti" sono considerate uno dei capolavori del teatro mondiale. Al centro del dramma di Euripide (480 - 406 a.C.) c'è il creatore stesso della tragedia, Dioniso. Ma la divinità che compare sulla scena non è il civilizzato signore del vino e dei banchetti, con cui il popolo ateniese è abituato a convivere; recuperando gli aspetti più selvaggi del suo culto, Euripide ne fa sostanzialmente un sovvertitore.
L'Odisseo di Omero è un guerriero che non ama le battaglie, un navigatore che non ama il mare. Il suo lungo viaggio di ritorno è un'avventura di dolore e di angoscia, la vera guerra è quella che combatte in patria, tra le mura della sua casa: per ricomporre gli affetti e restaurare il dominio, per poter vivere e invecchiare in prosperità e in pace. Il libro presenta una nuova edizione del grande poema omerico commentata e curata da Maria Grazia Ciani.
In anni drammatici di crisi morale e politica di Atene (400 a.C.), Aristofane attacca Socrate come esempio di empietà, maestro di dottrine che distruggono la famiglia e lo stato: sulla base di queste accuse si arriverà alla sua condanna a morte. In una delle commedie più brillanti, ironiche ma anche discusse per le conseguenze che provoca, il conflitto fra tradizione e modernità, tra fedeltà ai valori della polis e nuova cultura politica.
Considerato esponente di un genere di storiografia "minore", opposta a quella aristocratica sul modello tacitiano, Svetonio viene oggi rivalutato perché il suo modo di fare storia, fondato sulle notizie più svariate e sui vizi privati oltre che sulle pubbliche virtù degli imperatori romani, appare come l'espressione di una precisa volontà di demistificazione del potere imperiale e come riflesso della forma individualistica assunta dal potere stesso.
Prosecuzione ideale all'"Edipo re", l'"Edipo a Colono" è stato letto spesso come una meditazione sulla vecchiaia: l'itinerario di Edipo è un cammino verso la morte; il cammino di un cieco, come del resto lo è quello di tutti i mortali.
Se la guerra del Peloponneso è per Tucidide la più grande mai vista, l'invio di un ingente corpo di spedizione ateniese in Sicilia nel 415 ne è "l'evento più grande". Folgorato dalle proporzioni dell'impresa, acremente appassionato ai suoi retroscena politici, sgomento di fronte alla rovina della poderosa armata, Tucidide ne affronta il racconto, memore di un epico precedente: l'attacco di Serse alla Grecia e la grandiosa nerrazione erodotea. La spedizione in Sicilia è l'Iliade alla rovescia: la sconfitta della Grecia in Occidente si contrappone idealmente all'antica, mitica vittoria della Grecia in Oriente. Ancora una volta, a distanza di secoli, una immensa spedizione per mare, una guerra di conquista lontano dalla patria, un terribile assedio.
Matricidio. Nella catena dei delitti che trascinano nel sangue la famiglia degli Atridi, è questo il nodo cruciale, davanti al quale l'antica giustizia familiare è costretta ad arrestarsi. Agamennone sacrifica la figlia Ifigenia, Clitennestra uccide Agamennone; a Oreste, figlio di Agamennone, spetta il compito di vendicare il padre uccidendo Clitennestra. Ma Clitennestra è sua madre. La necessità della vendetta e l'empietà del delitto, i diritti del padre e la pietà per la madre, stringono il figlio di Agamennone e di Clitennestra in una morsa da cui né la coscienza, né gli dei potranno liberarlo. La speranza, con cui si chiude la tragedia, è in un assoluzione affidata alla giustizia umana, che segnerà l'avvento di una nuova era.
Sfilano in questi Dialoghi fanciulle costrette nei bordelli a ridere, a suonare il flauto, a cantare e danzare e a far l'amore col migliore offerente. Capaci di affascinare i personaggi più in vista, regnanti e uomini di governo ricchi e potenti, queste "etère" della Grecia antica erano circondate dal desiderio e dalla passione amorosa di numerosi uomini, di cui appagavano gli egoismi e le sregolatezze, ma che suscitavano in essi anche un senso di ambiguo timore per la pericolosità di questi amori non socialmente regolati.
Quando già si annuncia la crisi dell'impero romano, quando gli dei di Atene sono già stati abbandonati e dovunque incombe il nuovo dio cristiano, un gruppo di sacerdoti-filosofi concepisce una dottrina per pochi iniziati, che fonda la salvezza sulla conoscenza di dio. Dal "Corpus Hermeticum" attribuito a Ermete Trismegisto, la "Pupilla del mondo" è un frammento che ci permette di penetrare nella complessità della filosofia dell'ermetismo.
In questo tardo dialogo (168 d.C.) Luciano, canzonatorio e talvolta crudele cronista del mondo illogico che lo circonda, appunta la sua poco benevola attenzione sull'occulto e sull'arcano. A casa del saggio Eucrate vecchio e malato, tre filosofi, uno platonico, uno stoico e uno pitagorico, intervengono in una animata conversazione su maghi, sortilegi, demoni, statue viventi, discese nell'aldilà e spiriti maligni. Su queste "menzogne", che spesso tuttavia trovano ampio credito, si appunta la critica ironica dell'autore, nemico dell'impostura e delle superstizioni, per convincerci a vedere le cose senza veli e a far piazza pulita di tutte le "cristallerie".