Un classico di Sergio Finzi che parte dal paradosso di trovarsi in analisi soggetti la cui esperienza psichica si presenta tramata dai segni di un tempo di guerra mentre tutt'intorno c'è un tempo di pace. Il "tracciare" questi segni condurrà il lettore dentro una specie di thriller psicoanalitico che vedrà affiorare nella psiche umana configurazioni di colori, macchie, strisce che giocano un ruolo decisivo sull'esito di un'analisi. La nevrosi di guerra non colpisce combattenti o ex-combattenti, ma i loro discendenti, anche a decenni dal conflitto. Tuttavia è sempre un trauma che anziché connettersi a eventi bellici, si definisce rispetto al padre per sottolinearne le implicazioni sessuali. Il tratto originale e determinante del libro, oltre i sogni dei pazienti, rivela una lettura specifica dell'opera di Darwin. Punto di partenza (o di arrivo) sarà la scoperta della continuità tra forme della natura, animale, vegetale, ma anche minerale, e forme del soggetto. Lo schema dell'origine e della discesa dell'uomo aiuta a rilevare le corrispondenze con le tappe del soggetto in psicoanalisi.
Il filo conduttore del viaggio che Giacomo Marramao intraprende qui attraverso i labirinti della prospettiva moderna è costituito da un tratto paradossale: l'inconcepibilità del tempo fuori del riferimento a rappresentazioni spaziali. Lo spiazzamento che ne consegue non si limita a problematizzare i risultati della "svolta linguistica", perseguiti in forme diverse dagli opposti speculari dell'analitica e dell'ermeneutica, ma investe in pieno le pretese della filosofia di estrapolare una dimensione "autentica" della temporalità in antitesi alla spazializzazione: a cominciare dallo stesso Heidegger, di cui il libro propone una critica teoretica radicale.
A sessantatré anni dall'uscita di "Esercizi. Poesie e traduzioni", Giovanna Bemporad si è finalmente persuasa a riconoscere quello che autorevoli interventi critici, disseminati lungo questo notevole arco temporale, hanno da sempre sostenuto: i suoi versi originali hanno una loro propria preziosa voce, che per essere meglio apprezzata necessitava dell'affrancamento dalle bellissime e ingombranti traduzioni. Rispetto alle precedenti edizioni molte sono le poesie aggiunte e non trascurabile è il numero delle varianti apportate ai testi già editi.
"Se la luce è il linguaggio, come egli stesso afferma, essa è interna ai testi, s'irradia nell'ordito delle parole, dei sintagmi, delle frasi, delle immagini, dei versi. Il vocabolo non è provvisto di un'espressione piena, non è fermo punto di riferimento che attesti e fondi la consistenza del reale. L'esitazione, conseguente all'estrema consapevolezza che il poeta possiede, tra cosa e parola, tra cosa e immagine, tra presenza e il fatto di nominarla, dirla, interna al sentire e al fare poetico, sviluppa perifrasi e salti associativi a volte ardui ma avvincenti seppure 'legati' da amarezza, dolore, angoscia. E in ciò risiede in ultimo forse il segreto dell'opera di Michel Deguy." (Mario Benedetti)
Il libro offre un resoconto del problema della soggettività etica e politica nella cultura contemporanea, e sponsorizza fortemente una concezione non-unitaria o nomadica del soggetto, in opposizione alle pretese di ideologie quali conservatorismo, individualismo liberale e tecno-capitalismo. Rosi Braidotti depone decisamente contro l'universalismo morale, offrendo al contempo una strenua difesa dell'etica nomade dalle accuse di relativismo e nichilismo, e fa appello a una nuova forma di responsabilità etica che consideri la "Vita" come il soggetto, e non l'oggetto, della ricerca. Questo tipo di etica è presentata come una fondamentale riconfigurazione del nostro esserci, ed esige più creatività concettuale nella produzione di visioni del mondo capaci di consentirci un comportamento etico in un mondo tecnologicamente e globalmente "mediato". Il soggetto etico di tipo nomade riesce a superare la difficile tensione tra la molteplicità delle forze politiche da un lato, e il forte impegno per le politiche dell'emancipazione dall'altro.
Conosciamo di Pierre Lévy gli scritti teorici, ispirati alle tecnologie digitali dell’informazione e alla cibercultura. Con Il fuoco liberatore affronta, attraverso la propria esperienza, il tema della trasformazione interiore, ripercorrendo il cammino della Qabbalah e gli insegnamenti buddhisti e di altre tradizioni spirituali. Dalla freddezza delle tecnologie digitali la scrittura di Lévy si sposta verso il tema della mente emozionale e costruisce così un percorso, luminosamente geometrico, verso la scoperta di sé.
“All’età di dieci anni andavo a scuola con la chiave di casa, perché tornavo prima dei miei genitori, che a volte lavorava- no fino a tardi. Una sera d’inverno, arrivato davanti alla por- ta di casa, cercai la chiave senza trovarla. La casa era isolata. Scendeva la notte. Non avevo la chiave. Aspettai davanti alla porta. Un’ora, due ore, tre ore. I miei genitori non tornava- no. Iniziai a pensare che non sarebbero mai piú tornati. Mi misi a piangere. Mi sentivo molto solo, abbandonato, esiliato, sventurato. Alla fine arrivarono i miei genitori.
“Perché piangi? mi chiesero; siccome abbiamo visto che ave- vi dimenticato la chiave, abbiamo lasciato apposta la porta aperta”. Spinsi la porta. Era aperta. Non mi era nemmeno passato per la testa di provare ad aprirla senza la chiave. Volevo raccontarti questa storia prima di cominciare, per dirti che so che tu non hai la chiave. Nessuno ha la chiave. Nessuno l’ha mai avuta. La chiave non serve. La porta è aperta. Entra in casa tua.”
— Pierre Lévy, dalla quarta di copertina
La scrittura di Bordini è sottilmente feroce e declina con ironica, svagata cautela la paranoia. In essa si riconoscono i dintorni dell'eccesso di pensiero e il portato della solitudine psichica. Poeta narrativo dal passo stilistico crudo e micidiale, gli viene riconosciuta la forza di un "razionalismo onirico" (Paolo Febbraro) e di un "dormiveglia vigile" (Filippo La Porta). I costruttori di vulcani accoglie tutti i libri in versi pubblicati da Bordini, ma con interventi che hanno apportato cambiamenti ai testi. L'autore ha anche montato le raccolte originarie senza conservarne la cronologia d'uscita, nel tentativo di creare una struttura musicale. Questo volume è dunque un libro nuovo, pur essendo costituito dalle poesie scritte da Bordini in oltre trent'anni.
Il nudo ha talmente ben attecchito nella cultura europea, da non riuscire a uscirne: in Occidente ha caratterizzato tutta l'arte, compresa la fotografia, ed è stato basilare per la formazione delle Belle Arti. La Chiesa è riuscita a rivestire il sesso ma ha mantenuto il nudo. C'è un vasto spazio culturale dove il nudo non è mai entrato, o è stato completamente ignorato, ed è la Cina. Un'assenza così radicale necessita uno studio approfondito, poiché rinvia a una "impossibilità".
Antonia Pozzi, poetessa e fotografa degli anni Trenta, è stata oggetto da alcuni decenni a questa parte, fin dal primo riconoscimento di Eugenio Montale, di una straordinaria riscoperta sia in Italia sia all'estero, resa evidente dal susseguirsi continuo di scritti critici e tesi di laurea su di lei, e di traduzioni dei suoi versi in varie lingue (a quelle precedenti, già numerose, se ne sono aggiunte recentemente due in tedesco, mentre è in preparazione una traduzione in francese). Per quel che riguarda la poesia, ricordiamo che, nonostante sia morta suicida a soli ventisei anni, Antonia Pozzi ha lasciato più di trecento composizioni, estremamente originali per temi e linguaggio e, sul piano della fotografia, ha prodotto circa tremila immagini, ormai oggetto di interesse nella loro autonomia espressiva. Il volume, oltre alle poesie, propone testi dai diari e dagli scritti critici come il saggio su Huxley e alcuni passi dell.introvabile tesi di laurea su Flaubert e dalle lettere scelte ai compagni di studi e ad Antonio Maria Cervi.
"Sono un musicista. Più precisamente, sono un violoncellista della tradizione musicale classica europea. Nella mia quotidianità di studio, esercizio, viaggi, prove, concerti e riposo, non vivo nel mondo comune. O almeno: non ci vivo allo stesso modo di coloro che lo abitano lasciandosi guidare e istruire da prodotti e fabbricati che cambiano forma, aspetto e valore giorno dopo giorno. Ciò che è classico, per definizione, dovrebbe essere immutabile, cioè mutare solo per effetto del nostro sguardo, non nella sua intrinseca verità. Ed è proprio da quella separazione, da quello stato di annichilente esilio dal tutto e dall'infinito, che io, come musicista, ho sempre cercato di fuggire, giungendo ad appellarmi non più al solo linguaggio dei suoni ma ancora a quello della parola, anzi: della narrazione, sebbene questa, nella sua più intima essenza, sia per me null'altro che uno dei nomi della musica."
"Disputa cometofantica" di Lucio Saffaro è una narrazione in forma di poesia. Della narrazione ha tutte le caratteristiche: c'è una vicenda, c'è un paesaggio, ci sono dei personaggi. Il presente di Saffaro è il presente della parola creatrice. Non al cielo delle stelle fisse chiede di volgersi, ma, secondo la definizione agostiniana, all'eternità: "Hodiernum tuum aeternitas": il tuo oggi è l'eternità. L'eternità come presente della parola poetica, che permane come permane la forma del tempo in tutte le sue forme; quella forma che Mario Luzi chiama il "punto vivo, il punto pullulante dell'origine continua".
L'economia post-industriale ha sempre più bisogno della 'materia digitale", in tutte le sue articolazioni: dispositivi, sensori, algoritmi, contenuti e interfacce. Quando si parla di terziarizzazione dell'economia non vuol dire che sta scomparendo la dimensione fisica della produzione, ma semplicemente che il virtuale è sempre più importante e interagisce con la dimensione fisica, si interconnette. In questo dialogo le due dimensioni non si limitano a giustapporsi e a complementarsi, ma si avvicinano e si modificano reciprocamente: la materia cerca leggerezza e significati e il virtuale corporeità e concretezza. L'obiettivo di questo breve saggio è suggerire un percorso verso il digitale per i progettisti e gli operatori del settore che tenga però presente con attenzione il punto di vista e le esigenze autentiche (anche quelle meno manifeste) degli utilizzatori.
Jeff Howe, in un articolo su "Wired", coniò il termine "Crowdsourcing" per indicare una metodologia di collaborazione con la quale le imprese chiedono un contributo attivo tramite la rete, agli utenti riuniti in piattaforme partecipative, blog, social network... Crowdsourcing descrive anche il processo attraverso il quale il sapere diffuso di molti può essere utilizzato per compiere attività che un tempo erano territorio di pochi specializzati. La folla è più funzionale del singolo: possiede talento, creatività ed è straordinariamente produttiva. Si pone in atto una meritocrazia perfetta, in cui età, sesso, razza, istruzione e storia personale non contano, la qualità del lavoro è tutto ciò che importa, e ogni settore è aperto a persone con diversi background sociali e culturali. Prefazione di Riccardo Luna, introduzione di Bruno Pellegrini.
Sei incontri con cinquanta protagonisti, sei esperti, due docenti e un editore per realizzare tre dvd e un libro sulla professione del relatore pubblico. Il video-libro vuole favorire la crescita della consapevolezza rispetto al ruolo delle relazioni pubbliche nella vita sociale ed economica del nostro Paese, trasferendo ragionamenti, stimoli e conoscenze che permettano lo sviluppo di un comportamento competente a riguardo di un'attività divenuta pervasiva.
Perché gli uomini ereditano la fede dai genitori? Quale significato ha avuto e ha il battesimo? Chi lascia una religione abbandona la fede? Perché ci si sbattezza? Perché ci si converte? Questo libro prova a rispondere a questi interrogativi con la volontà di diventare un progetto con cui credenti e non credenti sono chiamati a confrontarsi.
Aristofane, nel Simposio di Platone, prende la parola per definire l'amore come unità dell'essere e ci consegna la sua concezione sull'amore attraverso la narrazione di un mito: un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non c'era distinzione tra uomini e donne. Erano una cosa sola. Zeus, invidioso di tale stato di perfezione, separò l'umano in due: da allora ognuno di noi è alla perenne ricerca della propria metà, e solo trovando la parte assente, quella che ci manca, si può tornare all'antica perfezione.
L'arte non può consistere in un contagio psichico, perché questo è un fenomeno incosciente, e l'arte deve essere tutta piena chiarezza, mezzogiorno intellettivo. Il pianto e il riso sono esteticamente una frode. L'espressione della bellezza non supera mai la malinconia o il sorriso. E, a dire il vero, non ci arriva neanche.
"Per essere effettiva la proposizione etica deve andare oltre la forma o l'azione puramente percettiva, critica ed emblematica: deve attivarsi direttamente nella manipolazione e trasformazione della materia sociale. Questo non significa tendere a uno scollamento tra l'intuizione e l'espressione, tra la teoria e la pratica, tra il concetto e la sostanza, anzi significa proprio portare il simbolo a coincidere perfettamente con l'azione. L'azione stessa entra in perfetta simbiosi con il suo significato simbolico. I due paradigmi, simbolo e azione, diventano speculari, cioè reversibili." (dalla conversazione con Michelangelo Pistoletto)