Sono i primi anni del Novecento e gli echi della rivoluzione hanno raggiunto, insinuandosi tra campi e colline, la campagna fertile di Linares: un laborioso, coriaceo angolo di Messico dove sorge l'hacienda dei Morales. È in questa famiglia che vive la nana Reja, l'anziana nutrice che ha cresciuto generazioni di bambini e ora trascorre i giorni sulla sedia a dondolo. Finché una mattina, vincendo la sua leggendaria immobilità, Reja s'incammina e arriva al ponte, come svegliata da un richiamo. In un viluppo di stracci, proprio lì, e circondato da un nugolo di api, c'è un neonato. Lo chiameranno Simonopio, questo bambino magico che gli insetti non pungono, questo bambino dannato che al posto della bocca sembra abbia un buco. In silenzio, il piccolo impara a leggere i voli delle sue amiche api e da quelli a capire le oscillazioni della natura e i suoi presagi. Così, mentre l'epidemia di influenza spagnola colpisce la regione e tradizioni arcaiche si infrangono contro l'onda di un tempo nuovo, la famiglia Morales si affida all'intuito di Simonopio. E costruirà grazie a lui un nuovo futuro.
Pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1939, "Il viaggiatore" cade nell'oblio per ottanta anni. Nel 2018 diventa un caso letterario internazionale. Otto Silbermann sta negoziando con un conoscente la vendita del suo elegante appartamento di Berlino quando alla porta di casa risuona un colpo secco seguito da un ordine: «Apri, ebreo» intima una voce. È il 10 novembre 1938, il giorno dopo la Notte dei Cristalli: i pogrom organizzati dal regime nazionalsocialista sono iniziati e Silbermann, ricco e stimato commerciante ebreo tedesco, sguscia fuori dalla porta di servizio, incontrando il suo destino di fuggiasco. «Berlino - Amburgo, pensò. Amburgo - Berlino. Berlino - Dortmund. Dortmund - Aquisgrana. Aquisgrana - Dortmund. E forse sarà sempre così. Adesso sono un viaggiatore. In realtà sono già emigrato, sono emigrato nelle ferrovie del Reich.» Succede proprio questo, Silbermann trascorre una settimana intera sui treni, sa di essere in trappola, ma non gli è possibile fermarsi o smettere di cercare un riparo. Esule in patria, uomo sopraffatto, emblema di tutte le anime rifiutate costrette a soccombere al meccanismo della paura, ora è nient'altro che un «insulto con due gambe». "Il viaggiatore" è il quadro, realizzato con drammatica lucidità, delle conseguenze della Kristallnacht, il romanzo di un giovanissimo scrittore - Ulrich Boschwitz aveva poco più di vent'anni - che ebbe il dono tragico della preveggenza e descrisse in presa diretta il crollo di ogni legge di umana convivenza.
Primi anni Cinquanta, Léopoldville, infelice sobborgo di Parigi dall'aria irrespirabile, presidiato da uno stabilimento chimico e circondato da campi di cavolo. Louise, diciassette anni e un cuore avido, è già stufa della pochezza di questo posto, della madre che la opprime, del patrigno disoccupato e alcolizzato. Ecco perché rimane tanto affascinata dai Rooland, una coppia di stravaganti americani trasferitisi da poco nel quartiere. Casa Rooland, ai suoi occhi, è un'isola di colore e allegria che sorge come un sogno in quel grigiore, con quella favolosa Dodge parcheggiata nel vialetto di ghiaia rossa, i suoi sedili di pelle bianca, le cromature. I Rooland li vede in giardino quando torna a casa dalla fabbrica, seduti insieme su un dondolo con i cuscini blu, un bicchiere in mano, a passare il tempo come nessun francese farebbe mai. In un giorno più sbagliato degli altri Louise prende coraggio, va da loro, si propone come domestica, pur di entrare in quelle stanze. E comincia per lei una nuova vita, in un mondo fuori dal mondo. Ma sarà proprio la convivenza con la coppia a rivelare le crepe di quell'apparente perfezione, a rendere palesi segreti e ossessioni, e la ragazza si troverà in un groviglio di non detti, di tensioni, di comportamenti incomprensibili e desideri fatali. E il suo sogno sarà offuscato da ombre sempre più lunghe.
«Quando sono arrivato sull'isola, dopo tutti questi anni, pensavo che non sarei rimasto più di due o tre giorni. Ho preso una camera in un piccolo albergo del porto, accanto al terminal dei traghetti, sopra i negozi che affittano gli scooter e le biciclette ai turisti. Il tempo di verificare che non ci fosse più niente, che il passato fosse cancellato, che non provavo più nulla, il tempo di un ghigno o di un'alzata di spalle.» Philip Kyo, scrittore, condannato anni prima per aver assistito a un crimine orribile, uno stupro, e non averlo denunciato, e June, una tredicenne incapace di dare un volto al padre che non ha mai conosciuto. Questi i protagonisti di Tempesta, due figure segnate da un dolore profondo e conficcato nel tempo, chiuse nella bolla dell'isola di Udo, nel mar del Giappone. Un incontro fortuito, quasi impensabile, che assumerà la forma di un confronto serrato, dapprima fatto di intuizioni e fantasie, poi fin troppo vero e penetrante. Al centro del secondo quadro di questa composizione c'è invece Rachel, un'adolescente arrivata a Parigi dal Ghana. Anche lei racconta una vita segnata in due da una «rivelazione»: è figlia di uno stupro, figlia di una donna abbandonata, anche lei deve spiegare a se stessa la sofferenza che sente, e il come e il perché delle azioni che compie o si appresta a compiere.
Anni '70, una città industriale sull'orlo del collasso fatta di fabbriche chiuse, disperazione, piazze di spaccio. Sotto l'eterna pioggia nera che la flagella, il poliziotto migliore che si muove per le sue strade è Macbeth. Un ex tossico, un uomo fragile dal passato turbolento, abbandonato da bambino, uno sbirro incline alla violenza. Ma è lui, con la sua squadra, a gestire con intelligenza una retata nell'area del porto, un'azione in grande stile che, finalmente, gli fa intravedere la possibilità di ottenere una promozione. E quindi guadagnarsi il rispetto degli altri, avere una vita migliore, e molto più potere, che è ciò che conta. Tutto questo è lì, a portata di mano: ma, pensa Macbeth, davvero mi lasceranno arrivare tanto in alto? Tormentato dalle allucinazioni, vittima di paranoie sempre più acute, Macbeth comincia, lentamente, a soccombere a se stesso e al tarlo dell'ambizione.
In viaggio dagli Stati Uniti alle Filippine, lo scrittore Juan Diego Guerrero, cinquantaquattro anni, sogna il suo passato in Messico. Sogna la discarica dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza, luogo desolato ma anche, per un bambino quale è lui, prodigiosa montagna di rifiuti da cui sfilare e trarre in salvo i libri. Juan Diego sogna l'adorata sorellina Lupe e i suoi borbottii incomprensibili a chiunque tranne lui, Lupe che sapeva leggere i pensieri delle persone e che amava veramente soltanto due cose: suo fratello e tutti i cani. Juan Diego sogna e risogna i gesuiti dell'orfanotrofio di Oaxaca, e sogna un'incombente statua della Vergine Maria, e anche quell'incredibile incidente avvenuto tra sua madre e la statua della Madonna. Sogna, Juan Diego, ricorda e sogna, entrando e uscendo – complice un'assunzione non proprio ortodossa di betabloccanti e pastiglie più o meno intere di Viagra – da luminosi attimi che nella sua mente sono eterni e bui recessi nei quali continua a sprofondare. Commovente è la maestria con cui John Irving racconta questo lungo e impressionante viaggio. Prende l'impalpabile materia dei ricordi e le dà forma rigirandola tra le mani, e infine ci consegna un romanzo vivace e pieno, un oggetto solido; come fosse un dado che, lanciato e rilanciato a più riprese, fa di continuo comparire e scomparire personaggi sorprendenti e tracce di vita.
È quasi estate, la scuola sta per finire. Ma per Osei Kokote, tredici anni, figlio di un diplomatico ghanese, è il primo giorno in un nuovo istituto, nell'ennesima città in cui si trova circondato da visi sconosciuti. Stavolta i suoi compagni sono solo ragazzini bianchi. E quando Osei mette piede nel cortile, quel mattino, con gli alunni tutti in fila, in attesa che la campanella dia inizio alle lezioni, per un attimo a muovere l'aria sono soltanto le domande sussurrate a mezza bocca e le occhiate diffidenti. Per sua fortuna troverà presto un'alleata in Dee, la ragazzina più popolare della scuola, la biondina che tutti vorrebbero come amica. La complicità tra loro è immediata: un sentimento che nasce e cresce improvviso, talmente intenso da sollevarsi in volo come un globo di luce in un giorno uguale agli altri, ma al tempo stesso un sentimento troppo pulito e cristallino per non provocare invidie e reazioni malevole. Tracy Chevalier, maestra della narrazione storica, ha scelto di ambientare un nuovo Otello nell'America degli anni Settanta, all'interno del cortile di una scuola periferica di Washington DC, dove i ragazzini si fidanzano all'intervallo e si lasciano all'ora di pranzo. Dove i loro gesti e giochi lasciano già trasparire gli insidiosi pregiudizi degli adulti. Tutto, in questo romanzo tragico, si svolge nell'arco di un solo giorno. Che sembra poco, ma non lo è, per raccontare come la gelosia, le prevaricazioni e il tradimento possono comodamente stritolare un gruppo di amici e lasciare noi, sul finire del pomeriggio, ancora increduli e spaventati.
Questa è una raccolta di testimonianze. A firmarla, alcuni dei più apprezzati scrittori internazionali, che hanno raggiunto il centro caldo del conflitto israelo-palestinese, Gaza e la Cisgiordania, per raccontare le esistenze di chi da cinquant'anni, all'ombra del muro, affronta l'occupazione. Mario Vargas Uosa e Dave Eggers, Colum McCann e Colm Tóibín, Jacqueline Woodson e Geraldine Brooks, tra gli altri, restituiscono al lettore le storie e le esperienze di chi vive oggi tra Israele e Palestina; le code interminabili ai checkpoint, le strade bloccate o aperte solo ai coloni, gli arresti e i fermi ingiustificati e senza garanzie, le barriere culturali che segnano la quotidianità dei rapporti tra israeliani e palestinesi. Contributi che nascono dalle giornate che ciascun autore ha trascorso nei territori occupati; un viaggio collettivo, mosso dall'esigenza di sposare letteratura e impegno civile, di dare forma alla materia più urgente e difficile da raccontare: la guerra di ogni giorno. Un impegno promosso dall'associazione Breaking the Silence, formata da ex soldati israeliani che dal marzo 2004 hanno scelto di combattere, da civili, in difesa dei diritti del popolo palestinese. A Michael Chabon e Ayelet Waldman, tra le penne più brillanti della letteratura contemporanea, il compito di realizzare il progetto, contattare i colleghi scrittori, invitarli a prestare ascolto e prendere posizione. Perché per capire davvero un conflitto che dura ormai da oltre mezzo secolo, la cronaca della violenza e della distruzione non può bastare: occorre entrare nelle case delle persone e calcare le strade riarse della terra degli ulivi, parlare e farsi raccontare. E poi, raccontare ancora.
Un nuovo serial killer, il Compositore. Uno scenario inedito, Napoli.L’ultimo emozionante caso di Lincoln Rhyme e Amelia Sachs.Un uomo viene prelevato con la forza a pochi isolati da Central Park e caricato su un’automobile. Unica testimone una bambina, unico indizio un cappio abbandonato sul marciapiede, realizzato con una corda per strumenti musicali.Lincoln Rhyme e Amelia Sachs avrebbero altro a cui pensare, visto che stanno per sposarsi e partire per la luna di miele, ma c’è una vita da salvare. La squadra si mette subito al lavoro e in poche ore lo sconosciuto sequestratore ha un profilo: per il Compositore, così lo ha battezzato Rhyme, la tortura delle vittime è lo spartito di una macabra melodia.La caccia all’uomo ha inizio, una ricerca serrata che da un vecchio capannone di New York conduce il criminologo e la detective fin nei vicoli di Napoli, nei cunicoli che solcano il sottosuolo della città, a stretto contatto con gli investigatori italiani, tra scontri di competenze, collaborazioni clandestine e indagini scientifiche sempre più sofisticate. Il tempo stringe, e lo stesso cappio che Rhyme e Sachs hanno trovato sulla scena del crimine ora deve fermare la mano di un killer spietato e inafferrabile.Ci sono tutti gli ingredienti del miglior Jeffery Deaver: ritmo, azione, paesaggi inusuali. Il valzer dell’impiccato mostra tutto l’affetto che il suo autore nutre per i lettori italiani e per il nostro Paese e consegna al pubblico degli appassionati un nuovo capitolo sorprendente e imperdibile della saga di Lincoln Rhyme, il criminologo più famoso del thriller internazionale.
«Raccogliere conchiglie - ciascuna uno stupore - conoscerne i nomi, lasciarle cadere nel secchiello: di questo era piena la sua vita, di questo traboccava. Certe mattine, muovendosi per la laguna, provava l'impulso quasi irresistibile di inchinarsi.» Queste sono otto storie fuori dagli schemi, permeate da un velo di magia e tuttavia profondamente ancorate all'umanità, molto reale, dei personaggi che le abitano. Otto storie che danno forma a una mappatura precisa e avvincente dei diversi paesaggi del mondo e dell'anima, all'interno dei quali le emozioni più intense - il lutto, la perdita, la metamorfosi, l'amore - trovano un'eco nella natura. In queste pagine si allargano fulgide barriere coralline abitate da molluschi velenosi, remote distese africane di erica gigante, selvagge brughiere argentee silenziose, foreste innevate in immobile attesa del disgelo. E lì, adagiate su un implacabile fondale, si dispiegano alcune memorabili vicende umane. Come quella di un cacciatore del Montana costretto a confrontarsi con la «sensibilità acuta e forestiera» della moglie nei confronti degli animali, o quella, luminosa, di Joseph Saleeby, ladruncolo e perdigiorno, in fuga dalle violenze inaudite della guerra civile liberiana, che in terra d'Oregon vorrebbe trovare redenzione e un luogo da poter chiamare casa.
Quando aveva nove anni, a Samuel la madre raccontò la leggenda norvegese del Nix: uno spirito che può assumere forme diverse e che ogni tanto appare con le sembianze di un grande cavallo bianco per rapire i bambini. Chicago 2011. Samuel alla soglia dei quarant'anni non sa ancora dire quando lo spirito del Nix gli abbia rovinato l'esistenza. Insegna letteratura inglese al college, di notte è schiavo di un gioco di ruolo online ma i piani erano stati altri: doveva diventare uno scrittore di successo. Poi una voce al telefono cambia il suo destino. Un avvocato lo convoca perché risulta essere il figlio della donna che ha lanciato una manciata di sassi contro il candidato repubblicano alla presidenza; un fatto minimo, che già infiamma tutti i media nazionali. Il punto è che Samuel non vede la madre Faye dal giorno lontano in cui lei abbandonò all'improvviso la famiglia. È esattamente questo il momento di fare i conti con quello strappo: cosa e chi avevano spinto Faye a partecipare ai movimenti di protesta del '68? Come ha vissuto Samuel gli anni della sua assenza?
"Gli uomini crederanno che sia un'oca, furba, facile. Le donne la tratteranno come una predatrice. E avranno tutti torto".
"Siamo soggiogati dalla forza, dall'audacia e dal talento di questa giovane autrice". - Tahar Ben Jelloun
"Quando chiude gli occhi sente i rumori, i sospiri, le urla, i colpi. Un uomo nudo che ansima, una donna che gode. Vorrebbe essere solo un oggetto in mezzo alla folla, vorrebbe essere divorata, succhiata, inghiottita tutta intera. Vorrebbe essere una bambola nel giardino di un orco."
Adèle cammina per le strade di Parigi la sera, dopo il lavoro al giornale, talvolta anche durante la pausa pranzo, in cerca di incontri. Ha trentacinque anni, un marito medico dedito al lavoro e un bambino di pochi anni; una vita cui in fondo manca poco per potersi dire felice. Eppure non può smettere di ribellarsi alla sensazione di vuoto che la assilla ogni giorno e che scaccia attraverso il corpo: è la fame per lo sconosciuto, da afferrare anche solo per un attimo. E non importa chi sia o dove, basta un incontro, un breve scambio di sguardi per trovare una veloce soddisfazione, o un'affinità che può trasformarsi in una vaga relazione. Dopo, Adèle sa tornare a casa, preparare la cena al bambino e infilarsi nel letto accanto a Richard, come sempre. Una febbre che non fa che salire e che trascina Adèle verso l'incapacità di gestire le due vite in cui si dibatte senza posa. Potrebbe essere facile giudicare Adèle, eppure seguiamo il suo cammino tortuoso con empatia, non riusciamo semplicemente ad accomodarci in platea, perché veniamo destati da un'impellenza, la sua, che capiamo, che da qualche parte forse abbiamo persino riposto. "Nel giardino dell'orco" non è la storia di una ninfomane, ma quella di una donna di oggi stretta nei lacci di una quotidianità come fossero spilli sul cuore.
La incontriamo in un piovoso mattino d'aprile, nel bugigattolo dove legge l'aura a signore fragili di nervi, dispensando loro consigli e previsioni. Di lei non conosciamo il nome, sappiamo solo che è una giovane donna intraprendente, scaltra, cresciuta da una madre bizzarra e spesso assente, e che fin da bambina è stata abituata a vivere di espedienti, a escogitare ogni giorno un modo per tirare avanti. Quando nel piccolo locale entra Susan Burke, bionda, bella, occhi azzurri e ben vestita, da una analisi veloce la nostra "sensitiva" si convince che si tratta dell'ennesima signora benestante e infelice, in cerca di emozioni forti. In realtà Susan è lì per chiedere aiuto: nella vecchia casa dove vive con la famiglia si verificano fatti inquietanti. Fiutato l'affare, la truffatrice si propone per una "purificazione" dell'ambiente domestico a base di spargimenti di sale, erbe da bruciare e formule pseudomagiche. Nel varcare la soglia della sinistra casa vittoriana, però, si rende conto che qualcosa davvero non va, e l'incontro con il figliastro di Susan non fa che confermare le sue impressioni. Miles è un quindicenne indecifrabile, dal comportamento disturbato e violento, capace con le sue storie di creare nuove realtà. Ma sono davvero soltanto storie, le sue? In presenza di Miles nulla è come sembra, verità e invenzione si sovrappongono e si mescolano fino a confondersi.
David Winkler è un uomo tranquillo, un meteorologo innamorato dei paesaggi innevati della sua Alaska. A volte a David capita di avere delle visioni, nei suoi sogni vive gli eventi prima che accadano. È lì infatti che incontra, ancor prima che nella realtà, Sandy, la donna di cui si innamorerà. Quando in una premonizione vede la figlia Grace morirgli tra le braccia durante un'alluvione, David, sconvolto, non riesce a pensare ad altro che a scappare e allontanarsi dalla sua famiglia, dalla sua casa e cosi dal suo destino. Un lungo ed estenuante viaggio che termina ai Caraibi. Sfinito e solo, David non sa cosa ne sia stato di Grace, né se sua moglie lo perdonerà mai. Sarà l'incontro con una bambina, figiia della coppia che lo ospita, a spingerlo di nuovo a vivere e a mettersi alla ricerca delle persone che ha abbandonato.
Luogo dell’azione: Nuova Boemia, sud degli Stati Uniti. In una notte di pioggia battente e superluna, un pianista nero di nome Shep è testimone dell’assassinio di un anziano messicano; pochi minuti dopo, abbandonata nella ruota per bambini di un ospedale, trova una neonata bianca e, accanto a lei, una ventiquattrore. L’uomo solleva la bambina, “leggera come una stella”, e decide di tenerla con sé. Luogo dell’azione: oltreoceano, Londra. Leo Kaiser è un disinvolto uomo d’affari che con i soldi ci sa fare, molto meno con i sentimenti. Se, come crede, la sua amata moglie lo tradisce con il suo migliore amico, cosa diavolo dovrebbe farsene della bambina che lei ha appena dato alla luce? Diciassette anni dopo, questa bambina di nome Perdita chiederà conto del proprio passato, “ci vuole così poco tempo per cambiare una vita e ci vuole tutta una vita per comprendere il cambiamento”. La cover version di Jeanette Winterson del Racconto d’inverno di William Shakespeare è una brillante prova d’autore. Vibra dell’eco dell’opera originale, abilmente sospesa fra tragedia e commedia, ma è una storia tutta contemporanea di amicizia, paranoia e redenzione, che si muove fra parcheggi sotterranei, videogiochi di ultima generazione, musei dell’automobile, angeli caduti. Sulla scena si fronteggiano, nell’ampio spazio del tempo, la gelosia devastante di un marito e l’amore duraturo di una figlia. E come già nell’originale shakespeariano è proprio il tempo il protagonista del romanzo, la sua natura ellittica ed elastica; il tempo capace, a sipario ancora alzato, di ridare un posto a qualcosa che si credeva perduto.
L'ammiraglio in pensione Pedro Zarate e don Hermógenes Molina, traduttore di Virgilio e Tacito, sono membri della prestigiosa Real Academia Española, ma soprattutto sono "Due uomini buoni", colti e di ampie vedute in una Spagna che invece, alla fine del Settecento, sembra ancora sorda al richiamo dei Lumi, ai sommovimenti che di lì a poco sconvolgeranno la Francia e il mondo intero. Quando i due ricevono dai loro colleghi della Academia l'incarico di andare a Parigi per acquisire, quasi clandestinamente, i ventotto volumi della prima edizione dell'"Enciclopédie" di Diderot e d'Alembert, all'Indice nei due paesi, nessuno sospetta che il viaggio si trasformerà in un'avventura piena di pericoli e soprassalti, di difficoltà e di agguati. Lungo strade fangose e infestate dai banditi, i due raggiungono la capitale dei caffè e dei salotti, della vita libertina e delle agitazioni politiche alla vigilia della Rivoluzione, ma anche quella delle banlieues più povere e miserabili, alla ricerca del libro che, più di tutti, incarna l'ansia di libertà e fa vacillare troni e governi. In "Due uomini buoni", romanzo d'avventura e di idee, basato su avvenimenti reali mescolati alla più spericolata finzione, Pérez-Reverte mostra come i suoi grandi successi siano il risultato di una riflessione profonda sull'arte della narrazione e ci regala un libro che è un inno all'amicizia e alla cultura in tempi di crisi come i nostri.
Sole, spiaggia, tapas e campi da tennis: quali ingredienti migliori per una vacanza da sogno? Eppure i Post, quando atterrano a Maiorca e si ritrovano tutti insieme sotto lo stesso tetto, dubitano di aver fatto la scelta giusta. Dopo trentacinque anni di matrimonio Jim e Franny sono ai ferri corti: lui l'ha tradita con una ragazza poco più grande di Sylvia, la loro figlia minore, e ora la moglie fatica persino a dividere il letto nella bella camera della casa che hanno preso in affitto. Sylvia, invece, vorrebbe già essere al college per lasciarsi alle spalle un ragazzo troppo stupido e amici di poca sostanza. Forse andare a Maiorca con la famiglia è stato solo un errore. Suo fratello maggiore, Bobby, e la sua fidanzata Carmen hanno un rapporto che vacilla, troppe cose non dette. Solo Charles, il migliore amico di Franny, e il marito sembrano felici, ma è davvero così? Le ferie d'agosto, come spesso accade, non sono solo riposo e benessere, ma possono generare e acuire conflitti, così come succede ai Post, il cui fine ultimo è sopravvivere alla loro vacanza in famiglia. Emma Straub ci conduce in un microcosmo affettivo in cui potremo riconoscere molte delle idiosincrasie che abitano le stanze delle nostre case, crescono attorno alle nostre tavole e si piantano anche nei nostri letti.
Bianca è una donna indomabile: quarant'anni, allergica alle convenzioni, si affida solo all'istinto di sopravvivenza per scegliere le strade della propria vita. Si è sposata due volte e due volte ha abbandonato questi tentativi di normalità diventati gabbie troppo strette. Possiede un'esuberanza infantile e sfrontata che la rende complice dei suoi due figli. Il sesso è, il migliore anestetico che conosca contro i dolori dell'esistenza, compreso quello recente per la perdita della madre. E che diventa ancora più necessario nei giorni del lutto, in cui passa dal letto dell'ex marito alle stanze d'albergo che divide con il nuovo amante. L'irruenza del primo e la trasgressione adolescenziale che vive con il secondo, però, la lasciano smarrita. La villa di famiglia a Cadaqués, un villaggio di pescatori in Costa Brava, le appare allora come l'unico rifugio sicuro in cui portare i figli, due amiche e i due ex mariti e dove incontrare di nascosto l'amante. Ma sono giorni che scivolano senza un centro, in cui Bianca vive in balia di quel che la circonda. Fino a quando il candore di Cadaqués di notte sulla riva del mare argentato, una vecchia canzone argentina che parla di un passato sconosciuto e il nitore della costa al mattino, le sveleranno un nuovo inizio.
Come si trova il proprio posto nel mondo? Franz, diciassette anni, non ne ha la più pallida idea quando viene catapultato dall'adorata campagna, in cui è nato e cresciuto, nella caotica città di Vienna. È il 1937: sull'Austria incombe l'imminente annessione al Terzo Reich, ma in apparenza la vita della capitale continua con il solito via vai frenetico di carrozze, cavalli, gente indaffarata e tram sferraglianti. La guida di Franz in questo caos è Otto Trsnjek, un amico della madre, che lo assume come apprendista nella sua Trafik, una rivendita di tabacchi e giornali. È Otto a iniziarlo alla lettura dei quotidiani, accompagnandolo nella scoperta di un mondo che "va a gambe all'aria". Ed è sempre Otto a presentarlo all'ottantenne professor Freud, che della tabaccheria è cliente. Franz prova un moto di tenerezza per quel vecchio che "odora di sapone, cipolle, sigari e anche un poco di segatura" e, complice un cappello dimenticato, ne diventa amico, nel modo in cui solo un vecchio e un giovane possono diventarlo: con lo stupore di ritrovare nell'altro le proprie domande e le proprie mancate risposte. Prime fra tutte quelle che riguardano "l'enigma che si chiama donna": un mistero che, Franz scoprirà con sua grande sorpresa, resta insondabile a dispetto di quanto grandi e intelligenti si possa essere. Un romanzo di formazione delicato e ironico, incastonato come un gioiello nella Vienna del Prater, dei parchi e degli anni bui del nazismo, che racconta l'amore visto con gli occhi degli uomini...
Ad Alejandra Varela, detta Lex, specialista in arte urbana, piacciono le donne, e non ne fa mistero. Ma ora che ha perso la sua compagna, Lita, non le resta che il lavoro. Un incarico editoriale la mette sulle tracce di Sniper, uno dei writer più famosi al mondo, un ribelle apparentemente indomabile, protagonista di "interventi" ben oltre i limiti della legalità, con conseguenze in qualche caso fatali per i giovani che chiama all'azione. Quasi nessuno ne ha mai visto il volto, nessuno conosce la sua vera identità. Un artista? Lui dice di non esserlo, ripete che i suoi "pezzi" sono "guerriglia urbana". Eppure, se qualcuno lo convincesse a esporre le sue opere e a farne un libro, sarebbero in molti ad arricchirsi. Almeno all'inizio, è per questo che Lex lo insegue da Madrid a Lisbona, da Verona a Napoli, immergendosi sempre più nel mondo dei "graffitari", nei loro codici e nei loro valori. Anche qualcun altro, però, sta cercando Sniper, con tutt'altre intenzioni. E pedina Lex per arrivare fino a lui. Quello che allora si scatena è un duello di intelligenze, un gioco di specchi tra cacciatori e prede, tra schermitori che cercano il fianco debole dell'avversario. E poi colpiscono. Sempre. Perché "il Fato è un cacciatore paziente" che non perdona. Mai.