L'analisi antropologica espressa in questo denso saggio affronta un tema complesso e delicatissimo: una "teologia del corpo" che considera l'essere umano nella sua integralità, ontologicamente teso a una divinizzazione della quale la Risurrezione di Cristo costituisce la chiave. L'unicità del singolo attraversa il paradosso della universale mortalità della carne, che solleva interrogativi estremamente intricati riguardo all'individualità di fronte all'eternità. L'interpretazione del tema si dipana attraverso una visuale antropologico-teologica calata nella storia del pensiero cristiano: abbondano i riferimenti ai grandi ermeneuti della civiltà occidentale e non solo, ma il valore di questo scritto risiede soprattutto nel lavoro interpretativo indipendente condotto sull'idea della perfettibilità dell'umano nel divino: un percorso che è di purificazione ma anche di conservazione del Sé. L'autrice si propone quindi di sviscerare la multipla tensione, la "incessante conversione" e ricerca dell'uomo, nella sua direzione di un'ascesi che passa dall'accettazione dell'offerta divina attraverso la natura terrena di ciascun soggetto. Prefazione di Jean Paul Lieggi.
Il testo, redatto con un approccio storico-critico dal taglio ecumenico, si è posto l'obiettivo di esaminare puntualmente i maggiori documenti magisteriali della chiesa cattolica romana in cui le chiese orientali furono protagoniste. Il saggio prenderà avvio con Papa Leone XIII passando per Pio XII, raggiungendo così il Vaticano II, l'ecumenismo di Giovanni Paolo II, sino a lambire i papati più recenti di Benedetto XVI e Francesco. Per meglio perimetrare l'oggetto della disamina e comprendere a fondo che «la Chiesa vive ancora delle ricchezze dottrinali, spirituali, culturali ed umane [...] Esse restano un patrimonio comune, da riscoprire e valorizzare, perché la Chiesa possa tornare a respirare "con ambedue i polmoni", quello orientale e quello occidentale» (Giovanni Paolo II), lo studio sarà corredato di un capitolo introduttivo contenente i cenni di storia e teologia delle chiese orientali, al quale farà da pendant un epilogo, affidato alle riflessioni di due contemporanei autori ortodossi: Nicolas Afanassieff (T1966) e Ioannis Zizioulas (1931-).
Il testo rappresenta un interessante appello ad incedere nel cammino della vita per inoltrarsi fiduciosamente in quella dello Spirito; ad animarne il contenuto è il medesimo spirito che sollecita gli uomini e le donne di ogni tempo ad innalzare tutto il cuore e tutta la mente a Dio per unirsi a Lui. I lettori, coscienti che il culmine della vita in Cristo si realizzerà compiutamente nel secolo futuro, saranno sollecitati a riflettere sul problema di come instaurare un proficuo rapporto con Dio a partire dall'esistenza terrena. Se ci si chiede che cosa significhi in concreto partecipare dello Spirito, e come si possa cooperare con Questo per compiere la volontà del Padre, ci accorgiamo che l'invito assume la sua concretezza nella vita quotidiana, per tale ragione dobbiamo affidarci alle testimonianze di coloro che hanno sperimentato in precedenza la Sua presenza, per questo alludiamo all'esempio dei Padri della Chiesa indivisa. Il libro traccia una parabola patristico-biblica, in cui il punto di partenza è l'ascolto profondo della Parola, per farla penetrare sino alle nostre "fibre spirituali"; scopriremo che l'ascolto è spesso disatteso, sappiamo che ciò accadeva fin dai tempi apostolici, Gesù stesso riscontrò la durezza del cuore dei suoi fedeli, per questo motivo, ancora oggi, l'umanità impiega notevoli sforzi nel perfezionare questo tipo di ascolto, purificando il cuore e cercando il silenzio per far riemergere la Parola. L'approccio metodologico dell'autrice desterà sicuro interesse in tutti quei cristiani che forse si trovano infastiditi dai facili spiritualismi, o dalle pratiche che spesso confondono i piani del telos cristiano, che mira alla divinizzazione. La particolare suggestione offerta dall'analisi ha di mira il ridestare la ricettività allo Spirito Santo seguendo l'esempio dei Padri per "perfezionare l'imperfezione" umana, un ossimoro spirituale sul quale meditare.
L'omelia Non si parli in pubblico per compiacere fu presumibilmente pronunciata tra maggio del 386 e gennaio 387 ad Antiochia di Siria. Lo sforzo pastorale si concentra sulla figura del sacerdote che riveste il ruolo di pastore d'anime; il testo prende avvio dal comando paolino ammonisci, rimprovera, esorta (2Tm 4,2), ma in questa sede il pastore intende soprattutto sollecitare a ricordare i propri peccati, finalizzato al pentimento (?????o?a) e alla confessione (??a????????). Il pentimento è di tipo personale, in cui il fedele chiede a Dio di perdonarlo, perciò si instaura un rapporto diretto con lui al fine di reintegrarlo (??a???o?a?) nella comunione universale. Boccadoro compie una fine analisi psicologica dell'insinuarsi del peccato, offendo altresì dei criteri di discernimento riguardanti le parole, i pensieri e le azioni, indugiando sull'utilità di questo ricordo che «consola la mente, induce ad umiliarsi e attira l'affetto di Dio».