Con questo libro si presenta un'antologia del pensiero pedagogico kantiano che spazia e prende le mosse anche dalla sua filosofia, dalla sua antropologia, dalla sua politica. Una pedagogia multiforme, fecondata dalla riflessione critica sulle opere di Rousseau, sulle iniziative del suo tempo tra le quali il Filantropico di Basedow - rivolte a rinnovare continuamente le istituzioni educative e a dare un fondamento sempre più scientifico all'attività educativa e alla ricerca pedagogica.
Immanuel Kant (1724-1804) è uno di quei pochi pensatori che dividono il tempo con la loro filosofia, tanto che dopo di lui si può parlare soltanto di una filosofia post-kantiana, anche qualora si trattasse di un pensiero anti-kantiano. E in particolare la "Critica della ragion pura" è una di quelle opere senza le quali non solo non capiremmo l'intera vicenda della filosofia moderna, ma mancheremmo di una chiave decisiva per introdurci alla problematica e al lessico del dibattito filosofico dall'Ottocento fino ai nostri giorni. In quest'opera Kant afferma che l'unica metafisica possibile è quella dell'esperienza, e che a sua volta l'esperienza è guidata dalle forme rigorosamente "a priori" dell'intelletto, cioè di un puro "io" pensante.
La tradizione esegetica ha riservato una grande considerazione alle prime due "Critiche" di Kant, per la loro importanza in ambito conoscitivo e pratico, per la loro incidenza e ripresa nella filosofia contemporanea. Solo ultimamente la "Critica del giudizio" (1790) è apparsa in tutta la sua importanza come il coronamento del sistema kantiano del sapere, che raggiunge, proprio nella scansione e nella connessione della trilogia, la sua completa organicità. In quest'opera Kant ha scoperto il fondamento dell'esperienza estetica e del finalismo della natura e ha raggiunto l'unità della filosofia, evidenziando l'articolazione tra ragione teoretica e ragione pratica, tra il conoscere e il desiderare, tra le grandi idee del soprasensibile e la libertà. Con l'aggiunta della prima introduzione alla "Critica del giudizio".
La "Critica della ragion pratica", composta nel 1788, tratta della ragione nel suo uso pratico. La ragione, a parere di Kant, determina la volontà ad agire secondo principi empirici, cioè pratico-formali, che garantiscono validità universale alla nostra volontà. Di qui la distinzione tra "massime" e "leggi"; e di qui il famoso criterio secondo cui occorre sempre domandarsi se la propria massima possa valere allo stesso modo che una legge di natura. La "rivoluzione copernicana" operata da Kant investe, così, anche il campo della morale: distrugge infatti la metafisica dogmatica e procede a una critica della ragione che determina le condizioni di possibilità e i limiti di validità delle capacità conoscitive dell'uomo nell'ambito della morale.
Il cofanetto raccoglie, in tre volumi, i testi fondamentali della filosofia kantiana. La tradizione esegetica ha riservato una grande considerazione alle prime due "Critiche", per la loro importanza in ambito conoscitivo e pratico e per la loro incidenza e ripresa nella filosofia contemporanea. Solo ultimamente la "Critica del giudizio" è apparsa in tutta la sua importanza come coronamento del sistema kantiano del sapere, che raggiunge, proprio nella scansione e nella connessione della trilogia, la sua completa organicità.
In quest'opera, che insieme alle tre Critiche è uno dei testi fondamentali del pensiero kantiano, il rapporto tradizionale tra religione e morale viene rovesciato: è la legge morale che ci impone di pensare Dio e non viceversa. Le forme storiche e istituzionali della religione non debbono dunque contrastare con la libertà postulata dalla legge morale; debbono invece avviare alla comunità etica, alla società ideale in cui è superato il male radicale che perverte la moralità dell'agire umano.
La ripresa di una politica di soluzione dei conflitti con i mezzi della guerra rende attuali le meditazioni del filosofo che più di ogni altro ha avvertito la guerra come scandalo del processo di umanizzazione dell'uomo e ne ha prospettato il superamento come destinazione dell'umanità. A partire da brani delle "Lezioni di Antropologia" e da testi poco noti degli anni '90, questa raccolta di scritti si inserisce nella più vasta riflessione di Kant sulla storia come cammino di faticosa e graduale riconquista della pace attraverso i conflitti e le divisioni che stimolano l'autonomo sviluppo delle capacità umane. Cammino che non tocca soltanto i rapporti tra gli individui, i gruppi e gli stati, ma che investe anche i rapporti etico-religiosi.
I "Principi metafisici della scienza della natura", comparsi nel 1786, costituiscono il tentativo kantiano di realizzare una nuova metafisica, destinata a fare da compendio sistematico alla "Critica della ragion pura". L'opera risponde infatti allo scopo di mostrare come i concetti intellettuali della metafisica vengano applicati al mondo fisico, ottenendo solo così un vero e proprio valore oggettivo. Nello stesso tempo, essa fornisce i principi che stanno alla base della fisica matematica, gettando un ponte tra filosofia e scienza della natura di impostazione newtoniana.
L'opera costituisce il primo vero tentativo di Kant di affrontare la problematica morale anticipando l'opera pubblicata tre anni più tardi con il titolo "Critica della ragion pratica". Il curatore dell'opera, Vittorio Mathieu, nell'Introduzione tematizza i fondamenti del primo pensiero morale kantiano. Le Note al testo sono brevi ed essenziali e rispondono all'esigenza di chiarire i passi più controversi e difficili. La bibliografia contiene, oltre alle maggiori edizioni e ai più importanti studi sul tema, anche una storiografia dell'autore specifica sul problema etico-religioso che abbraccia più di tre secoli.