«La guerra in corso tra Israele e Hamas va inquadrata in una cornice più vasta: dal Trattato di Sykes-Picot del 1916 alla nascita dello Stato di Israele nel 1948, alla guerra arabo-israeliana che ne è derivata e, soprattutto, alle prime espulsioni di chi abitava in quel momento il territorio conteso. Questi eventi hanno portato alla nascita della "questione palestinese"». Così Giovanni Sale nella prefazione a questo volume, che fornisce un'attendibile ricostruzione del contesto in cui vanno situati i drammatici fatti seguiti all'attacco da parte di Hamas del 7 ottobre 2023, e alla sproporzione della reazione militare posta in essere da Israele, con l'uccisione di oltre 35mila palestinesi, il ferimento di più di 79mila persone e la crisi umanitaria che ne è derivata. Solo comprendendo la storia nella quale questi eventi si situano, infatti, è possibile riflettere sulle soluzioni possibili e proporre ipotesi che vadano oltre i nazionalismi, unica strada per arrivare «a una risoluzione della crisi, in linea con le direttive della comunità internazionale, al fine di portare la pace in uno dei territori più importanti, dal punto di vista culturale, religioso e strategico, del pianeta».
Da Pio IX a Francesco, dall'unità d'Italia ai giorni nostri: "La Civiltà Cattolica", la più antica rivista italiana ancora attiva, ha accompagnato tutte le fasi della storia moderna del nostro Paese e della Chiesa. Nata nel 1850 da un gruppo di gesuiti desiderosi di parlare della "cultura viva", vicina ai problemi del popolo e avversa alle divisioni tra credenti e non credenti, la pubblicazione ha mantenuto in tutti questi anni un vincolo particolare di amore con la Santa Sede, di cui ha condiviso e interpretato, con il coraggio e l'audacia propri della Compagnia di Gesù, gli intenti apostolici e le azioni a sostegno della fede. Il libro raccoglie gli scritti e i discorsi dei pontefici in occasione delle udienze con il Collegio degli Scrittori della Rivista, dando vita a uno straordinario viaggio nei diversi pontificati attraverso le parole dei Papi che si sono succeduti, in un dialogo aperto, pieno, cordiale e rispettoso sulla realtà del nostro tempo.
Negli ultimi anni, dopo un periodo di stagnazione, il terrorismo islamico internazionale è riesploso, rivendicando la sua pretesa di fondare uno Stato integralmente islamico, o meglio un califfato per tutti i sunniti. La strategia dell'Isis, fin dall'inizio, è consistita nel "mettere in sicurezza il territorio" occupato nella regione siro-ira-chena e lanciare operazioni belliche semi-convenzionali contro nemici "vicini", in particolare sciiti di diversa denominazione e curdi, oggi impegnati a riguadagnare il terreno perduto e a "distruggere" lo Stato Islamico. Recentemente questo ha modificato la sua strategia di azione colpendo anche il "nemico lontano", cioè l'Occidente, come è avvenuto a Parigi il 13 novembre 2015. La strategia di portare la "guerra" in Europa e di dare avvio alla lotta apocalittica tra il vero islam e i "crociati", però, non si è rivelata vincente; al contrario, ha incrementato su tutti i fronti la lotta allo Stato Islamico e alle sue ramificazioni radicali. Il libro, oltre a trattare le questioni di più scottante attualità, studia la genesi storico-religiosa degli istituti giuridici coinvolti nel discorso fondamentalista, come l'antica dottrina del califfato. Una certa attenzione è riservata anche al mondo sciita. L'ultima parte è dedicata invece ai cristiani mediorientali, la cui sopravvivenza è messa sempre di più a repentaglio da decenni di conflitti e di ostilità nei loro confronti da parte dei movimenti islamisti.
Le rivolte che hanno infiammato il mondo arabo dalle primavere del 2011 costituiscono uno degli eventi storici più importanti degli ultimi tempi. I recenti eventi della "seconda rivolta egiziana" hanno segnato una battuta d'arresto significativa nel tentativo di coinvolgere l'islam moderato e conservatore nel processo di modernizzazione e democratizzazione. In questo studio si traccia la storia dell'islamismo radicale e dell'islamismo conservatore negli ultimi decenni, esaminando le ragioni del loro sviluppo e del loro successo tra gli strati più poveri della società, nonché le loro richieste e rivendicazioni politiche e ideologiche. Particolare attenzione presteremo alla "ripresa", su scala globale, della cosiddetta rivoluzione jihadista, che ha portato all'affermarsi nel mondo islamico della figura del combattente del jihad, che va incontro alla morte nella "via di Dio". Le "azioni martirio" condotte dagli sciiti prendono di mira soltanto i nemici combattenti. Le operazioni condotte dai sunniti, al contrario, in particolare dai membri di al-Qae-da, colpiscono indiscriminatamente senza risparmiare neppure i civili musulmani presenti sul luogo dell'azione. La lotta jihadista è ancora attiva negli scenari più caldi del pianeta, come in Siria, in Sudan, in Libia, in Pakistan e in Afghanistan.
Cinquant'anni fa, l'11 ottobre 1962, Giovanni XXIII apriva, nella magnifica cornice della basilica di San Pietro, il Concilio Ecumenico Vaticano II: la più grande assemblea di vescovi che la storia della Chiesa avesse mai conosciuto. Il memorabile discorso di apertura, l'allocuzione "Gaudet Mater Ecclesia", può essere considerato come il frutto maturo di un lento percorso intellettuale e spirituale che sempre di più confermò il vecchio Papa sulla "profetica intuizione" della convocazione di un Concilio di aggiornamento per la Chiesa universale. Il programma del Concilio non fu fissato da Giovanni XXIII tutto in una volta; al contrario, i suoi scopi e la sua natura furono da lui messi a fuoco e approfonditi poco alla volta, in un rapporto dialettico e costruttivo tra il Pontefice e quei vescovi (e teologi) ai quali stava molto a cuore il rinnovamento della Chiesa in ambito teologico e pastorale. Attraverso il diario del direttore della Civiltà Cattolica del tempo, padre Roberto Tucci S.J., oggi cardinale, ci è possibile verificare, nell'arco dei tre anni di preparazione di quell'evento, i temi che più stavano a cuore al Papa e quali furono le strategie di azione che egli pose in essere per dare maggiore slancio al futuro Concilio e assicurarne la libertà.
Quest’anno oltre al 150° dell’unità d’Italia, ricorre anche il centenario della «seconda guerra coloniale» italiana cioè quella di Libia del 29 settembre 1911, che a sua volta avveniva durante i festeggiamenti del cinquantesimo dell’unità nazionale. Non è facile oggi parlare di guerre coloniali e persino la ricostruzione storica di questi eventi si presta spesso a strumentalizzazioni di ordine politico internazionale. Sotto il profilo storico-interpretativo sarebbe un grave errore giudicare le guerre coloniali con criteri che appartengono alla nostra attuale cultura e sensibilità giuridica, stravolgendone quindi il significato e decontestualizzandone l’evento. Questo però non significa che il fatto storico non vada sottoposto a interpretazione critica, e riconoscere e condannare gli sbagli e gli eccessi compiuti da parte dei cosiddetti eserciti «civilizzatori».
Nelle guerre coloniali del XIX e XX secolo, condotte dalle maggiori potenze europee, l’elemento religioso è stato spesso utilizzato in modo strumentale per convincere le popolazioni indigene sull’utilità e necessità storica dell’impresa, volta, si diceva, a importare in quei Paesi la civiltà e la cultura occidentale e i benefici economici e sociali legati ad essa. Il libro tratta dell’utilizzazione strumentale che della materia religiosa, in tal caso dell’islàm, fecero in Libia i capi militari e civili italiani dell’impresa militare, mentre in Patria l’impresa fu a volte interpretata da una parte del clero e da una certa cultura cattolica con i toni «infervorati» della guerra religiosa. Posizione che fu energicamente condannata dalla Santa Sede, e in particolare da Papa Pio X, che per fugare ogni possibile dubbio sulla questione, fece pubblicare sull’Osservatore Romano una Nota di biasimo di tali fuorvianti interpretazioni. Più volte, inoltre, il Pontefice, come risulta dalle carte dell’Archivio Segreto Vaticano, richiamò, anche personalmente, alcuni alti prelati e vescovi residenziali a maggior moderazione nelle loro esternazioni a sostegno «della guerra coloniale», e a mantenere in tale delicata materia un atteggiamento imparziale come si addice, commentava amaramente il Papa, a Pastori, chiamati a pacificare e non a fomentare o giustificare una guerra di conquista.
Sale affronta con documenti inediti una pagina drammatica nella storia contemporanea italiana
Il Regio decreto legge del 17 novembre 1938 n. 1728 sui Provvedimenti per la difesa della razza italiana unificava, in un primo corpo legislativo organico, i princìpi che erano stati fissati il 6 ottobre precedente dal Gran Consiglio del fascismo nella sua celebre Dichiarazione sulla razza. Per la prima volta nella storia dell’Italia unita, un testo legislativo aveva per oggetto una parte dei cittadini dello Stato, identificati sulla base di criteri razziali. Per tutto il periodo fascista tale testo legislativo rappresentò il punto di riferimento per la successiva legislazione razziale, o meglio antisemita, nonché per i numerosi provvedimenti amministrativi - che resero più penetranti e incisivi i provvedimenti discriminatori adottati dal legislatore - successivamente emanati a tale riguardo. In questo lavoro, facendo riferimento alle fonti vaticane di recente desecretate e a quelle inedite della Civiltà Cattolica, si esamina l’atteggiamento di critica e di opposizione assunto dalla Santa Sede nei confronti di tale provvedimento, in particolare della sua prima parte, quella riguardante il matrimonio tra cittadini ariani e persone appartenenti a razze diverse: materia molto delicata per la Chiesa, sulla quale Pio XI in particolare non era minimamente disposto a transigere. Nella seconda parte del lavoro si tratta invece della difficile e farraginosa applicazione delle leggi razziali. Infatti, agli organi governativi responsabili della politica razziale risultò ben presto chiaro che l’applicazione di queste avrebbe creato al regime più problemi di quanto si fosse previsto, soprattutto nella materia dei «matrimoni misti». Di fatto, negli anni successivi, più volte furono presentati al Duce, da parte della «Demorazza», progetti di revisione della legge sulla difesa della razza in modo da renderla più efficace e «applicabile». Dalle fonti ecclesiastiche risulta che la Santa Sede, approfittando del nuovo clima che si era creato tra le due autorità con l’elezione al pontificato di Pio XII, cercò di ottenere dal Governo un «alleggerimento» della suddetta legislazione, che poco alla volta dalla fase della discriminazione delle persone passava a quella dei «campi di internamento», e appoggiò, attraverso l’infaticabile opera del p. Tacchi Venturi, le richieste di «arianizzazione» o simili presentate agli organi competenti da migliaia di ebrei. Mussolini su tale materia adottò, seppure senza troppa convinzione, la politica della linea dura, e, per ingraziarsi l’alleato tedesco, respinse la maggior parte delle richieste vaticane.
Negli Stati islamici mediorientali, dal Nord Africa al Pakistan, compresi Sudan, Penisola Arabica, Iraq, Iran, Turchia e Afghanistan, con l'aggiunta dell'Africa occidentale, sia sotto governanti arabi sia durante l'Impero ottomano, la vita delle comunità cristiane che precedevano l'islamizzazione è proseguita costantemente mantenendo le proprie tradizioni religiose culturali e artistiche. La contemporaneità, invece, è caratterizzata da due fattori tendenti a sconvolgere equilibri e armonie secolari. Il peso delle potenze coloniali nell'Ottocento e nel Novecento ha provocato in questi Paesi una situazione di sottosviluppo che il petrolio non ha tolto. Anzi le differenze sociali si sono aggravate, legando, nonostante puntuali tentativi di indipendenza e di opposizione alle potenze occidentali, le élites ai benefici dell'oro nero e lasciando le popolazioni in un disagio crescente. Disagio e miseria sono divenuti terreno fertile, dopo l'insuccesso di vari movimenti comunisti, socialisti e nazionalisti, per movimenti fondamentalisti islamici, unica forma di protesta rimasta. Gli ulteriori interventi militari delle guerre del Golfo hanno appiattito l'immagine dei cristiani sulle responsabilità delle potenze belligeranti, accreditando anche atti persecutori. Il Medio Oriente sta perdendo ormai moltissimi cristiani, che emigrano lasciando proprio le terre del primo cristianesimo e provocando un impoverimento culturale per l'intero Medio Oriente.
La Chiesa e i cattolici nei mesi decisivi dell'Assemblea Costituente: uno studio su documenti inediti.
Il grande lavorio per la formulazione della Costituzione repubblicana, fra 1946 e 1947, oggetto di questo volume di Giovanni Sale Ë, come negli altri suoi libri, corredato dalla pubblicazione integrale dei documenti dellíArchivio della Civilt‡ Cattolica sullíargomento e orienta nuova luce sullíopera svolta dai costituenti in un serrato e anche duro confronto con esponenti della stessa Civilt‡ Cattolica e della Segreteria di Stato vaticana.
La complessa materia Ë sviluppata in modo da condurre a una sempre maggior comprensione sia degli attori sia delle problematiche in campo. Ne emerge nitidamente il cammino che porta al maturarsi di una riflessione e allíesprimersi di una cultura giuridica e politica che Ë capace di affrontare questioni delicatissime con precisione, rigore ed apertura di mente, pur allíinterno di margini strettissimi di confronto e di mediazione.
Il volume Ë organizzato in tre parti: i protagonisti; la materia; i documenti.
Nei ìprotagonistiî si affronta líattivit‡ dei cattolici nellíAssemblea Costituente, quindi si incontra Giuseppe Dossetti e la preparazione dellíarticolo 7 della Costituzione e, poi, Alcide De Gasperi, soprattutto intorno a due temi dallo statista trentino ritenuti essenziali: la forma di governo e i rapporti tra Stato e Chiesa.
La materia viene identificata prima di tutto con líarticolo 7, sui rapporti tra Stato e Chiesa, poi con Famiglia e matrimonio nella Costituzione, quindi con la Scuola statale e non statale nellíart. 33 della Costituzione per concludere con la libert‡ religiosa in Costituzione.
Su questíultimo tema vengono esposti fra líaltro il progetto della Civilt‡ Cattolica, di allora, in materia di libert‡ religiosa e la posizione della Santa Sede di fronte alla discussione costituzionale sulla libert‡ religiosa.
Il libro è articolato in tre parti distinte ma strutturalmente collegate: il genocidio, la paura e la speranza. La prima parte tratta dei due grandi genocidi che hanno segnato il primo cinquantennio di questo secolo cosiddetto "breve", ma in realtà lunghissimo nella memoria storica. Anzitutto, quello dimenticato e disconosciuto del popolo armeno, la cui sopravvivenza in terra islamica i sultani selgiuchidi avevano per secoli assicurato e protetto. Subito dopo si tratta della Shoah degli ebrei d'Europa. Questa parte è introdotta dalla controversa questione sulla natura dell'antisemitismo e sulle ragioni storiche dell'antigiudaismo cristiano, anzi cattolico, di cui in questi decenni, e spesso in modo strumentale, si è molto discusso tra gli storici del Novecento. La seconda parte tratta della rovinosa realtà della guerra, in particolare della guerra aerea praticata durante la seconda guerra mondiale sia dai tedeschi sia dagli alleati. L'elemento che accomuna i temi trattati è la paura: paura come forma di difesa e di autoconservazione; in alcuni casi, forse, paura di sopravvivere all'orrore di una devastazione così grande, così universale. La terza parte tratta della speranza; cioè di un progetto positivo di vita per gli uomini, ormai esausti dopo cinque anni di guerra totale, e per le comunità. Il tema è quello della ricostruzione materiale e morale degli Stati, rifondazione degli ordinamenti istituzionali sia nazionali sia internazionali, del rinnovamento delle coscienze.