La maleducazione oggi non è più considerabile come assenza o insufficienza di "buona educazione". A differenza di quella del passato, non è espressione di subculture definibili devianti, artistiche, antagoniste, ma manifestazione, pur se in forme ed espressioni variegate, di culture anche maggioritarie e socialmente legittimate. Non è lo scarto, la zona d'ombra della "beneducazione", ha vita e autonomia proprie, costituisce anche uno dei segni della profonda crisi, o del definitivo esaurimento, dei comportamenti e dei vincoli relazionali auspicati dalle "narrazioni" riconducibili al cristianesimo, al marxismo, al liberalismo democratico. Il libro colloca la maleducazione (le maleducazioni) sul piano che più dovrebbe esserle proprio, quello pedagogico-educativo, per indagarne le forme e le manifestazioni, le cause, i vantaggi e gli svantaggi che procura, i processi che l'hanno generata, le esperienze che inducono le persone a essere maleducate.
Uno strumento prezioso per tutti gli educatori, che si rivolge sia ai corsi di laurea in Scienze della formazione sia ai professionisti del settore.
L’educazione non è più, se mai lo è stata, riconducibile esclusivamente ai luoghi e ai tempi della famiglia e della scuola. La formazione e l’educazione avvengono in una molteplicità di situazioni quotidiane che coinvolgono le persone per tutta la durata della loro esistenza. Accanto alla formazione che si svolge nei contesti istituzionali e ufficiali esiste un’educazione informale e diffusa con modalità e contenuti di apprendimento che possono essere anche contrastanti. L’educazione sociale comprende quindi gli aspetti informali delle esperienze riconosciute ‘ufficialmente’ come educative (la scuola e la famiglia), ma anche i mezzi di comunicazione di massa, i gruppi dei pari, le associazioni, le Chiese. E ancora, l’assetto urbanistico e l’organizzazione territoriale dei quartieri, le migrazioni, le trasformazioni dei ruoli connessi alle appartenenze di genere, le trasformazioni del lavoro, il web. Tali esperienze educative sono fondamentali in termini di quantità e contraddittorietà di apprendimento prodotto; fare l’educatore oggi – a qualunque livello – implica tener conto di questa complessità. Tramma analizza alcuni degli aspetti più significativi dell’educazione sociale dal secondo dopoguerra a oggi: uno sguardo storico sociale che evidenzia quanto, decennio dopo decennio, nella contemporaneità la formazione delle persone sia avvenuta e avvenga in misura sempre più rilevante negli ambiti informali. Il libro è destinato in primo luogo agli studenti dei corsi di laurea in Scienze dell’educazione ma può essere un prezioso arricchimento per pedagogisti ed educatori professionisti, per insegnanti e per tutti i lettori non specialistici che hanno a cuore il tema della formazione.
Le educatrici e gli educatori professionali sono oggi più che mai chiamati a occuparsi delle diverse forme e della differente qualità di vita delle persone, confrontandosi con percorsi (propri e altrui) che paiono sempre più caratterizzati da equilibri precari, movimento perenne, ridimensionamento di solidi quadri di riferimento teorici. Ma è proprio questa strutturale incertezza che determina quella salutare e ininterrotta ricerca sul significato, sulle finalità, sui metodi dell'educare che il volume, giunto alla sua terza edizione, intende stimolare. Il testo, rivolto alle educatrici e agli educatori professionali e alle studentesse e agli studenti dei corsi di laurea in Scienze dell'educazione, si pone l'obiettivo di fornire orientamenti attorno al senso e alle possibilità del lavoro educativo, con particolare attenzione a collocare le implicazioni valoriali, le dimensioni relazionali e le problematicità all'interno delle dinamiche sociali della contemporaneità.
Tra educazione e vecchiaia possono stabilirsi legami virtuosi, a condizione che si appronti per tempo un ambiente affinché ciò possa avvenire. Si tratta certo di creare strutture e progetti, ma anche di esplicitare alcuni presupposti: che ciò sia di vantaggio non solo per gli anziani ma anche per il resto della popolazione, che sia sostenibile, che abbia come conseguenza un aumento del sapere e del benessere sociale diffuso, che la pedagogia sia uno dei principali saperi di riferimento per una "buona" società. Il libro è un tentativo di affrontare pedagogicamente il processo d'invecchiamento, tentando di coglierne le implicazioni educative, esplicite o latenti che siano, per individuare dei possibili orientamenti degli interventi educativi. Attraverso l'analisi di alcune questioni tra loro legate, senza la pretesa di approntare un'opera manualistica, nel testo si registrano e si rilanciano degli elementi di riflessione, utili a pedagogisti e non, a coloro che si accostano alla vecchiaia in quanto professionisti, ma anche a chi la vive in prima persona o attraverso l'esperienza dei congiunti.
"Legalità e illegalità non sono concetti astratti: sono presenti e si mostrano nelle configurazioni e nei movimenti di qualsiasi assetto sociale e nella storia di ogni persona. Si distinguono o si confondono, riguardano gli altri o se stessi, in ogni caso costituiscono un elemento fondamentale di ogni vita collettiva e individuale. Non potrebbe essere pensata esistenza alcuna senza legalità, ma sarebbe del tutto illusorio, e probabilmente inopportuno, immaginarla totalmente esente da qualsiasi forma d'illegalità. Affrontare il tema dell'illegalità/legalità da un punto di vista pedagogico-sociale significa porre un'attenzione particolare a quelle dimensioni educative informali, diffuse, quotidiane che con la legalità e l'illegalità si incontrano ripetutamente, generando contraddizioni, criticità e conflitti. Significa, innanzitutto, constatare in quale misura, accanto all'educazione ufficiale alla legalità (praticata e/o auspicata), vi sia un'educazione all'illegalità provvista anch'essa di valori, obiettivi, didattiche formali e informali, e persino di educatrici ed educatori attivamente e proficuamente impegnati sul campo".