Bussare più forte alla porta per farsi sentire. Scoprire ciò che si è perso. Capire, con fatica, quello che manca. Sapere cosa abbiamo dimenticato. Riuscire a fermare, addirittura, il tempo! Aspirare all'interezza. Sopportare il peso del vuoto. Sono questi i referti. Poi vengono le domande. E se il cavaliere tanto atteso fosse già dentro di noi e non lo sapessimo? Perché non ci guarisce dagli affanni? A cosa serve tutta la ricchezza di cui disponiamo? Non saranno, i nostri beni, semplici inganni? I traguardi che ci siamo posti sono sbagliati? Dove andremo? Neppure Google Maps ci potrà servire? (dalla prefazione di Eraldo Affinati). Uno dei 91 epigrammi. Eloquente: Il dubbio rimane, anche / dopo accorta disamina: /dove gettarla, l'anima? ( Raccolta differenziata) "E se fossimo noi stessi il castigo che ci meritiamo? Senza Itache. Senza rimpianti. Senza passati remoti. Senza più terre. Se andassimo giù a piombo, in un solo istante e non sapessimo neppure in quale raccolta differenziata gettare l'anima? In quel caso, risponde Marco Furgeri con stupore non privo di malinconia, alla maniera di Terrence Malick nell'ultima grande scena di The Tree of Life, non ci resterebbe che credere nei miracoli. Balzeremo sulle acque, avendo alle spalle il mondo sconosciuto e davanti quello ignoto. Il cuore scelto fra i sassi" (Eraldo Affinati).
Raccolta di poesie. Partendo dal primo disegno di suo figlio, Franzin compone una mappa di luoghi e affetti, una sorta di caccia al tesoro dei sentimenti; in sintonia con la lezione del Manifesto del terzo paesaggio" di Clément: perchè sono sempre segnati nei margini gli indizi rivelatori. "
"Non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparirà la materia e la forma: ma il popolo è questo; e questo io ricopio" avverte Belli nell'Introduzione ai suoi Sonetti. E non si tratta di un eccesso di cautela: nei testi qui riuniti l'oltraggiosa, icastica violenza del romanesco belliano esplode, ad esempio, sino a ribattezzare con decine di sinonimi la "madre de le Sante", che non è affatto, come nell'inno manzoniano, la santa Chiesa, ma l'organo sessuale femminile. E di questi triviali, e insieme lietamente giocosi, sinonimi - quelli che affiorano alle labbra di "nnoantri fijjacci de miggnotta" - l'ultimo è, sarà un caso?, "ssepportura". Nel "Commedione" il motivo erotico, dell'impulso passionale, della gioia vitale, è infatti strettamente connesso a quello della cupa malinconia, della consapevolezza dell'effimero, sicché radunare e leggere insieme i versi amorosi e lugubri, sensuali e pensosi significa addestrarsi a una diversa percezione dell'intero corpus, rendersi conto, come nota Gibellini, che "sotto la tinta brillante dell'erotismo scanzonato o l'oscenità sguaiata sta il fondo scuro della meditazione, così come sul drappo buio della morte appressante, et ultra, ancora giunge, per memoria del passato o immaginazione dell'eterno futuro, il cono di luce della mondanità". Eros e Thanatos, Carnevale e Quaresima, sesso e fede convivono, dunque, sono facce della stessa abbagliante medaglia: come nel sorprendente "La bbella Ggiuditta"
II Meridiano presenta tutte le raccolte poetiche della Spaziani. Dopo la raccolta d'esordio, "Le acque del sabato" (1954), caratterizzata da una spiccata tensione lirico autobiografica e dalle suggestioni delle avanguardie europee, in "Luna lombarda" (1959), "Il gong" (1962), "Utilità della memoria" (1966), "L'occhio del ciclone" (1970) nel dettato poetico della Spaziani si stagliano passioni costanti; le cose concrete, i volti e i paesaggi del mondo, la gioia dei sensi e dei sentimenti, degli amori e dei disamori si fondono in un impasto caldo e affabile con le tessere della sua prolifica memoria letteraria - che attinge sia alla letteratura classica che a quella moderna, alla grande poesia europea (Montale su tutti), al teatro francese dal Rinascimento al Novecento. Le ultime raccolte - da "Geometria del disordine" (1981, Premio Viareggio) a "La stella del libero arbitrio" (1986) alle recenti "Poesie della mano sinistra" - testimoniano il passaggio a una scrittura via via più diaristica, "impura" e aforistica, il lato insomma più sapienziale e ironico della sua ispirazione
In questo volumetto l'autore, partendo da un'esperienza personale della vita passata, si sofferma sul problema universale dell'esistenza umana. Egli, sorretto dalla fede, vede la vita come dono di Dio, bella in tutte le sue forme, ma anche come un soggiorno umano che passa veloce e porta l'uomo verso la morte, superata a sua volta dall'eternità; l'uomo in quanto creatura di Dio, ha uno spirito eterno ed un posto preparato per lui in cielo. Il lettore potrebbe dissentire dalla concezione filosofico-religiosa dello scrivente, ma non può escludere che per tutti resti il problema della morte e del rapporto fra l'umano e l'eterno.
Sandali, polvere di coriandoli, riferimenti invisibili, porti lontani, sono solo alcuni dei simboli che in queste liriche ritraggono un'umanità in cammino verso l'ignoto. Dal grande palcoscenico della vita, P. Roberto Fornara osserva l'uomo pellegrino a se stesso, anelante certezze ma assalito dal dubbio, in cerca di riposo ma costretto ad avanzare in un percorso costellato di traguardi. Eppure la strada - rincuora l'autore - apre varchi alla possibilità di un Incontro, che è Presenza capace di alleviare la fatica del viaggio. Nel mentre, in bilico fra tempo ed eterno, riposano passato e presente, memorie personali e vicende collettive, frammenti di Liguria e immensità di spazi. Di metafora in metafora, "Sentieri in penombra" segna l'approdo al proprio sé: insegna che la fede portando più lontano l'io riporta più dentro di noi, in una casa cercata altrove eppure così vicina e definitiva.
Una nuova raccolta di testi dedicati alla donna, come idea-regalo per l'8 marzo.
Giovanni Testori, grande narratore, drammaturgo e autore di splendidi saggi di critica d'arte, è stato anche poeta. La sua produzione lirica rivela al lettore di oggi, consapevole dell'intera esperienza novecentesca, una delle pochissime voci in grado di aprire possibilità nuove nella poesia del dopoguerra, di percorrere strade diverse. Testori infatti si è mosso con estrema libertà nell'esplorare nuclei tematici ed elementi stilistici già attestati nella tradizione poetica a lui precedente e in; quella contemporanea, e ha utilizzato nei suoi testi le parole dell'antica devozione insieme ad accenti post-futuristi, il lessico basso e fisiologico e i toni più sublimi, la colloquialità anche brutale e la voce più tenera e incantevole. Questo volume antologico, che documenta l'intero arco della produzione di Testori, grazie alla guida di Davide Rondoni, poeta e lettore segnato dalla tensione dello scrittore di Novate, aiuta il lettore a entrare nella tesa, inquieta, intensa poesia testorianai e nei suoi laceranti contrasti. Introduzione di Per Giovanni Testori.
Tra l'inverno del 1955 e la primavera del 1956 Czeslaw Milosz dà corpo alla sua originale concezione della poesia in una vera e propria sfida letteraria: un poema che, eludendo le cornici di genere e arricchendosi di elementi prosaici o colloquiali, mescolando citazioni eterogenee, imitazioni letterarie, valutazioni critiche ed enunciati filosofici, delinea un vasto affresco storico-culturale del Novecento polacco, tassello imprescindibile della storia europea. Un affresco che si compone di quattro parti, evocative di altrettanti scenari: il mondo della belle époque nella Cracovia di inizio secolo; la vita politica e artistica di Varsavia tra le due guerre, con ampie digressioni sui poeti del tempo; le devastazioni della seconda guerra mondiale e gli orrori dell'occupazione nazista, con la rivendicazione di una poesia capace di giudizio etico; la Natura e in particolare l'ambiente degli Stati Uniti, in cui Milosz, dopo aver contemplato l'abisso in cui sono precipitate le culture europee, individua la dimensione ideale per trovare serenità ed equilibrio, senza peraltro sottrarsi al dovere di condividere con i fratelli polacchi le questioni cruciali del XX secolo. Il "Trattato poetico" ha la forza espressiva di un romanzo storico, l'intonazione nostalgica di un poema sul tempo perduto, il suono straziante di un requiem in morte di un'epoca, l'accento pacato di una meditazione sulla storia, sull'arte, sulla coscienza individuale.