Scritto di getto fra il 5 e il 6 luglio del 1969, il breve poema "Un giorno ancora" si situa fra due opere molto importanti dell'ultimo Neruda: "Fine del mondo" e "La spada di fuoco". Ma cos'è quell'"ancora" (Aùn), che ne costituisce il netto e secco titolo originale? È innanzitutto un atto di presenza, un "esserci ancora" del poeta, ed è insieme un atto di rinnovamento e di rilancio, di "rigenerazione" per un'ancora maggiore aderenza alla vita. Come scrive Valerio Nardoni nella prefazione, tutta la carica semantica del titolo originale ricade su un verso programmatico, che chiude il primo dei ventotto frammenti di cui si compone il poema: debo aclarar aùn mis deberes terrestres, dove "aclarar" non significa semplicemente "chiarire", nel senso di "spiegare meglio", ma "rendere più chiari" i propri doveri. Ne scaturisce un poema urgente e asciutto, che ha le movenze di una scrittura "accaduta" così la definisce il poeta nel saluto finale - più che meditata, e che proprio in questa sua spontanea e felice sintesi riesce ad esprimere tutto il vigore e tutta la profondità della sua ispirazione.
Friedrich Hölderlin è stato probabilmente il più grande lirico di lingua tedesca di tutti i tempi. Nessuno come lui ha presentito, fin dai primissimi anni dell’Ottocento, l’avvento del fato moderno: l’abbandono degli dèi fuggitivi dalla faccia della terra, il tramonto costitutivo dell’Esperia (cioè dell’Occidente che abitiamo), l’apertura di un’epoca di smarrimento tragico e radicale, forse l’attesa del baleno di un dio venturo che ci salvi. Uno sguardo e un canto insieme realistici e profetici, puri, destinati a concludersi nell’estrema, quieta semplicità della follia, che ha coperto con la sua notte più della metà della vita del poeta, e che rispecchia sul piano dell’individuo lo stato di ottenebramento del nostro tempo. Quest’edizione costituisce un ideale avvicinamento al prodigio irripetibile della lirica hölderliniana.
Margherita Guidacci è uno dei tesori della poesia italiana. Poche voci come la sua hanno viaggiato così in vastità e profondità. poetessa fine e vigorosa, traduttrice e lettrice di grande ascolto, non riceve di solito dagli estensori di schedari e antologie il rilievo che merita. Non ha dalla sua nemmeno l'aura di esotismo o di follia che è servita ad altre poetesse per essere notate, e spesso fraintese. Eppure Margherita - libera da ogni schema e classifica - ritorna sempre, si presenta puntuale all'appuntamento con gli amanti veri della poesia, e a che cerca il senso del proprio viaggio nelle parole dei poeti. La sua opera è attenta ad ascoltare i movimenti del profondo della persona e dell'epoca, affiancandosi a quelle dei maggiori del nostro tempo, tra cui i suoi amati Emily Dickinson e T.S.Eliot.
Qui se ne offre una significativa antologia. Il lettore potrà ricavare i lampi e le ombre di una coscienza attenta, inquieta e interessata a cogliere le tracce della speranza. E troverà la durevole bellezza di una scrittrice di pregio che, una volta incontrata, non abbandona.
Davide Rondoni
Margherita Guidacci (Firenze, 1921 - Roma, 1992) è stata una grande voce poetica mai allineata alle mode del tempo, intensamente religiosa e libera, di intrepida sincerità, rigorosa e appartata presenza del Novecento italiano ed europeo. Agli inizi vicina soprattutto ai metafisici barocchi inglesi, a Eliot e alla Dickinson, di cui fu appassionata traduttrice e studiosa, come poi di molti altri autori. Le sue principali raccolte sono La sabbia e l'Angelo (1946), Neurosuite (1970), Inno alla gioia (1983) e Il buio e lo splendore.
[…] si è concentrata l’attenzione su frammenti che ci vengono incontro nella lettura e che ci abbagliano con la loro bellezza illuminando,
come un cono di luce inesauribile, vasti orizzonti di riflessione e di conoscenza.
Sono i piccoli brani che amiamo, ai quali torniamo, che impariamo a memoria e che ricordiamo a noi stessi
nelle più varie occasioni: è bello seguirli autonomamente, ascoltarli uno alla volta, mettendoli in evidenza per sé soli.
Presentando questo libro (pubblicato nel 1995 in una piccola edizione locale) in una nuova versione, il poeta e saggista Lorenzo Gobbi vuole «offrire un momento di sosta, di quiete meditativa» di fronte alla parola poetica. Così, egli sceglie e presenta frammenti di poeti classici e contemporanei, commentandoli in modo del tutto personale e proponendo un esercizio di ascolto e di riflessione che amplifica i testi e li lascia risuonare nell’intimo del lettore.
Emergono domande urgenti e pressanti: la necessità della gioia, la dignità del dolore, la purezza del desiderio, la capacità delle parole di aiutarci a vivere nel mondo come ospiti grati e rispettosi. Il silenzio «veramente sembra trattenere qualcosa: una voce, un volto, una sorgente di vita», perché «la verità delle cose» appare di rado, ed «è giusto seguirla, attenderla sul terreno che le è proprio.»
Alessandro Rivali, poco più che trentenne, è già un poeta inconfondibile, importante. Intatta da ogni cedimento minimalista, o sentimentale, coraggiosa e imprudente, la sua poesia visionaria e sontuosa si staglia con la forza divampante del fuoco eracliteo: le sue visioni di Bisanzio, delle civiltà che sorgono e vengono mutate dal tempo in polvere, la ruota del destino contro cui stoicamente l’uomo combatte propongono una poesia epica, bronzea, dai bagliori poundiani, che pare attingere a certe grandi (e poco o nulla seguite) esperienze poetiche del Novecento, come quella dell’americano Hart Crane (inizio secolo) e del serbo Ivan Lalic (seconda metà del secolo). La poesia nel nodo agonico, amletico tra essere e non essere, lampeggiante di visioni e oscurata da presagi. Originario e presente il conflitto tra luce e buio, tra divenire e sospensione del tempo, appare in turbinose scene di lotta dell’uomo tra destino e divenire, travolto da un’energia spirituale spesso inafferrabile, o non percepita, o fraintesa, come un fuoco fuggente. Attingendo alle fonti della tradizione occidentale Rivali riscopre la storia (Historia), genere letterario e filosofico inventato in Occidente, come pelle, immagine del mito, come la stoffa di cui il mito è tessuto e da cui è tramato per assumere forma visibile. Ispirato dai tragici greci e dal cinema di Kurosawa, antico nella posizione morale ma mai anacronistico, il suo libro riporta nella poesia lirica il brivido dell’avventura e la tormentosa domanda sul destino del mondo, in una perenne ricerca di una luce ulteriore presente ma spesso, nel tempo terreno, inattingibile o offuscata dal turbine degli eventi.
(Roberto Mussapi)
Edgar Allan Poe ha scritto di un verme conquistatore in cui si risolve il dramma dell'umanità; i testi sacri ci hanno insegnato che ogni ambizione e avventura, ogni piramide e cattedrale, ogni promessa e speranza, nasce dalla polvere e alla polvere è destinata a ritornare. Bencivenga parte da questa intuizione e declina il trionfo della polvere, innanzitutto, come onnipresenza linguistica. Le metamorfosi semantiche della polvere, osserva Giuseppe Ledda nella sua postfazione, comprendono non solo la polvere dei secoli e le torri e i miti caduti biblicamente nella polvere, ma anche la polvere di stelle e la polvere da sparo, la polvere d.oro e quella «più bianca della farina» con cui si cerca un'«estasi a buon mercato». La polvere che gli zoccoli dei cavalli sollevano nella piana e quella cui il ragionamento logico riduce le nostre abitudini. Granelli che si agitano nel vento, come si agitano le gocce di pioggia che li imitano e li contrastano. Ma in questa tormenta si disegna una possibile, temporanea, arrischiata salvezza. Potrà forse venire dalla spontanea, casuale aggregazione dei granelli e delle gocce, che qui ripetutamente si addensano passando dalla scansionemetrica della poesia alla compattezza (illusoria?) della prosa. O forse, invece, dall'accettare la frammentazione, la perdita di una sicura identità, la fusione con l'altro e nell'altro.
Raccolta di poesie, che in parte sono state pubblicate con altre editrici e in parte sono inedite; esse sono state scritte nel corso di molti anni di vita e trattano temi quali le esperienze personali, la natura, gli affetti... sono liriche religiose e riflessioni poetiche sulla fede. Il testo è arricchito dalla riproduzione dei dipinti dell'autrice che è pittrice oltre che scrittrice e imprenditrice.
Aforismi inediti
2007-2009