Non posso fare a meno di immaginare un posto, un luogo, una dimensione oltre la nostra, dove chi ci ha preceduto dimora, nella pace e nella felicità più assoluta. Mi affascina pensare al prosieguo della vita, a quello che noi saremo, a quando nuovamente ci incontreremo, con coloro che abbiamo amato e che ci aspettano, lassù, da qualche parte, sopra l’arcobaleno! Sull’onda di questi pensieri, ha preso forza il desiderio di continuare a raccontarmi. Da quando Vera non è più fra noi, abbiamo imparato a misurare il tempo in riferimento al prima e al dopo la sua dipartita. Uno spartiacque importante che ha determinato un mutamento radicale delle nostre vite. Tanto dolore, ma anche tanto arricchimento, per il percorso intrapreso. Oggi, a distanza di anni, lo posso affermare. Difficile da comprendere per chi non ci è passato.
Note sull'autore
Maria Pizzolitto Lui è nata e risiede a Latisana (UD). Ha lavorato nel settore del credito. Con le Edizioni Segno ha già pubblicato Io volo libera (2009) e “Ad un passo da te”... in attesa dell’incontro (2011).
Il giovane Francesco, orfano in ricerca, è da sempre attratto con forza inesorabile da una dimensione di silenzio e preghiera. Nei primi anni del Novecento, ispirato da un sogno, parte alla volta del Monte Athos, lasciando dietro di sé ogni fardello della propria vita. Rimarrà sulla Santa Montagna fino alla morte, assumendo il nome di Giuseppe l’Esicasta e divenendo monaco fervente, in particolare nella preghiera del cuore e nella visa stretta dell’ascetismo. Dall’incontro tra questa straordinaria personalità e uno dei suoi primissimi discepoli nascono queste pagine biografiche, fedeli e sobrie, che testimoniano della ricchezza e fecondità dell’Anziano Giuseppe: proprio dalla sua esperienza prenderà avvio la rinascita spirituale ortodossa del Monte Athos.
Autore
Giuseppe il Giovane, divenuto in seguito l’Anziano Giuseppe di Vatopedi, fu tra i primi che si fermarono presso Giuseppe l’Esicasta a condividerne l’esigente vita ascetica. Rimasto a Néa Skiti per circa trent’anni, si spostò successivamente a Vatopedi, monastero tra i più importanti dell’Athos, in cui a partire dal 1990 ristabilì una rigida regola cenobitica e dove concluse nel 2009 la propria esistenza terrena. I suoi discepoli tuttora popolano la Santa Montagna, nel solco dell’eredità di quel primo maestro di vita e soprattutto di preghiera.
Lo chiamano “il Santo di Urakami”. Fiero come un samurai nella sua etica giapponese, convinto all’ateismo come un uomo occidentale durante i suoi studi universitari di medicina, Takashi viene travolto dal fiume di fede che vive nel quartiere di Urakami, a Nagasaki. Un fiume sgorgato con l’arrivo di Francesco Saverio nel 1549, alimentato per secoli da migliaia di martiri e santi, passando per l’incredibile vicenda dei cristiani nascosti, durata oltre duecento anni.
Diventa Takashi Paolo: fino alla fine vero giapponese e intelligente medico e scienziato.
Il 9 agosto 1945 viene sganciata su Nagasaki la seconda bomba atomica della storia. Takashi Paolo è già gravemente malato di leucemia, a seguito del suo lavoro da radiologo. Decide di tornare a vivere sulle macerie del quartiere distrutto. Passa gli ultimi tre anni di vita costretto a letto, pregando per la pace, incontrando e confortando persone provenienti da tutto il Giappone, testimone di una fede e di un amore tali da vincere la devastazione della bomba atomica.
Noi dovremmo trasformare la nostra vita in poesia.
Dobbiamo scavare sotto la superficie delle cose, cercare la bellezza nascosta che è dappertutto e scoprire la gloria del creato che è intorno a noi. Allora ogni giorno diventerà una poesia.
Siamo vivi, siamo vivi e un intero giorno ci attende.
Takashi Paolo Nagai
La storia di Margherita Bays, nel XIX secolo, una sarta molto apprezzata, nata e vissuta nelle campagne di Friburgo, in Svizzera, ci mostra un esempio di una mistica laica, terziaria francescana, che ha goduto di una grandissima popolarità fra i fedeli, perfettamente in grado di raggiungere una profonda unione con Dio rimanendo, allo stesso tempo, totalmente inserita nella vita sociale e comunitaria (cominciando dalla propria famiglia) e amando ogni singolo prossimo senza misura! Ha saputo amare la cognata che l’ha vessata per anni, fino ad accompagnarla alla morte in pace e perdono. Il suo percorso spirituale è segnato da alcuni momenti forti: ha ricevuto le stimmate, come San Francesco, ed è stata colpita da un grave tumore intestinale da cui è guarita, per intercessione della Santa Vergine Maria. Senza dimenticare i difficili rapporti proprio con le autorità ecclesiali per cui lei tanto pregava…. La migliore sintesi, però, la offre lei stessa, citando S. Teresa di Lisieux: per farsi santi, basta amare!
Notizie sull'auotre:
Martial Python è nato nel 1956 à Arconciel, del Canton Friburgo, in Svizzera. Dopo il compimento degli studi teologici presso la Faculté de théologie – Université de Fribourg, è stato ordinate sacerdote nel 1986. Attualmente è, fra l’altro, responsabile dell’unità pastorale Bienheureuse Marguerite Bays e cappellano dell’ordine delle Vergini Consacrate nella diocesi di Lausanne, Genève et Fribourg.
E’ stato pubblicato nel mese di luglio 2019, edito da Libreria Editrice Vaticana, il volume “Seme di Gloria” scritto da don Antonio Di Nardo con la prefazione del vescovo di Caserta mons. Giovanni D’Alise. Il libro racconta l’itinerario di fede di Giacomo Gaglione, marcianisano, naturalizzato capodrisano, proclamato venerabile il 3 aprile del 2009 da Papa Benedetto XVI e per il quale è stato aperto un processo di beatificazione.
“Giacomo Gaglione – scrive don Antonio Di Nardo – dopo la sua conversione, avvenuta nelle mani di Padre Pio, nel 1919, iniziò a prendere tra le mani il libro della Sacra Scrittura. La Passione del Signore fu oggetto di meditazione continua. Il Cristo Crocifisso fu strada e meta per accettare la sua croce. Croce che considerò il dono più prezioso fattogli dal Signore. Questo suo itinerario, che possiamo definire mistico, lo condusse ad una gioia interiore tale che informò la sua vita e il suo apostolato. Guardare Giacomino immobile sulla sedia di ferro, può suscitare un’immagine a prima vista solo di dolore, di una sofferenza immensa. Egli invece ci invita ad andare oltre la visione fi sica della croce. Bisogna conoscere la sua vita e il suo Apostolato della sofferenza con gli occhi della fede. La sua vita è conoscere i suoi scritti scorgendovi la tenerezza misericordiosa di Dio, che lo mette in corrispondenza con l’Ostia pura: l’Eucarestia. Nella sua vita è particolarmente evidente il cammino della croce, ma attenti a non fermarsi ad essa. L’amore alla Parola di Dio e all’Eucarestia lo lavorano intensamente e gli fanno cantare l’Alleluia pasquale. Infatti egli afferma che: “Ogni sofferenza è seme di Gloria”. Questo è l’itinerario che Gaglione offre ad ognuno di noi: raggiungere la croce trasfigurata dalla gloria del Padre. Giacomo al termine della sua vita viene trasfigurato in Gesù Risorto, perché riconosce che il suo essere e il suo vivere è nulla senza Cristo”.
Antonio Di Nardo (Caserta 1967) è sacerdote dal 1998 della Diocesi di Caserta. Dopo la licenza presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (2007), il 3 aprile 2017 ha conseguito anche il dottorato in Teologia dogmatica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli sez. San Tommaso D’Aquino. E’ postulatore delle cause dei santi, parroco conferenziere sul tema della santità e predicatore di esercizi di spirituali per istituti di vita consacrata. E’ autore di varie biografie tra le quali: Madre Isabella de Rosis “Apostola del Sacro Cuore” (Velar 2011); Madre Anna Sardiello Fondatice delle Suore Eucaristiche di San Vincenzo Pallotti (Velar 2011); Giacomo Gaglione La pienezza della gioia nella riscoperta del senso del dolore (Velar 2012).
Don Orione definì Don Gaspare Goggi "primo figlio della Divina Provvidenza" in quanto fu il primo a emettere i voti nella nuova Congregazione, ma soprattutto perché lo riconobbe come figlio primogenito di quel carisma che è il nucleo spirituale generativo della Piccola Opera Divina Provvidenza.
La vita di Don Gaspare Goggi pare fatta per confortare nel buon proposito chi voglia diventare santo, darsi tutto al servizio del Signore e dei fratelli.
La sua storia si sviluppa semplice e umanissima, di quell'umanità che ha per forma il soprannaturale e per materia la vita quotidiana e l'umile sentire di sé.
Stringe tra le mani una camicetta papa Francesco e ha gli occhi velati di lacrime: «Il Signore vi dia la grazia di piangere. Piangere su tutta questa ingiustizia, su tutto questo mondo selvaggio e crudele». Ha appena ascoltato, nell’intervista concessa a Valentina Alazraki, la storia di Rocío, una giovane donna uccisa dai narcotrafficanti davanti a suo figlio. Quella camicetta era sua.
Leggendo le storie di donne raccolte in questo volume, sono molti i particolari che si incontrano: una collanina, un velo, un libro di preghiere, i guantini di un neonato. È la capacità unica delle donne di adornare la vita di tenerezza, di trovare piccole luci anche nella sofferenza più nera, di reagire con amore alla violenza. Sì, perché le donne che Valentina Alazraki e Luigi Ginami hanno incrociato attraverso l’opera della Fondazione Santina sono, come il Papa ha detto, storie di donne «uccise, usate, vendute, sfruttate». Ma sono, allo stesso tempo, storie di speranza, di coraggio, di redenzione. Donne che hanno trovato in se stesse e in Dio una strada per rispondere al male con il bene, al dolore con la dolcezza, all’odio con il perdono.
«Di Rocío conosciamo il nome, anche di Grecia, ma di tante altre no. Passano senza lasciare il nome, ma lasciano il seme. Il sangue di Rocío e di tante donne, uccise, usate, vendute, sfruttate, credo che debba essere seme di una presa di coscienza di tutto ciò».
Papa Francesco
Don Pino Puglisi ha vissuto la sua vita in modo coerente col Vangelo di Gesù Cristo e per questo è stato brutalmente assassinato dalla mafia. In questo volume, Mario Torcivia ne racconta la vita e la morte e dedica particolare attenzione alle motivazioni di chi lo ha voluto morto. L'omicidio - avvenuto il 15 settembre 1994 - fu compiuto in odium fidei; ciò porta l'autore del libro a una forte riflessione teologica e sull'anti evangelicità della mafia.
C’è quello che ha «trovato» Cristo tra le fogne di Hong Kong e quella che, rapita in Sierra Leone, ha visto con i propri occhi atrocità inimmaginabili. C’è il domenicano che predica in ogni angolo del mondo e il poeta-teologo che dialoga con il premio Nobel anticlericale. C’è la suora che è stata al fianco di Madre Teresa di Calcutta e il prete che accompagnava Bergoglio nelle bidonville di Buenos Aires.
I missionari sono sempre persone affascinanti: il loro andare in terre lontane, immedesimandosi in culture diverse, affrontando rischi e rimanendo accanto a chi non ha nulla, li colloca, nell’immaginario collettivo, come le «truppe scelte» della chiesa.
In queste pagine alcuni e alcune di loro si svelano nella loro disarmante semplicità. Raccontano perché si sono consacrati interamente al vangelo, confessano dubbi e fatiche, ripercorrono gioie e sconfitte, manifestano lo stupore di vedere Dio all’opera, sempre e comunque.
Monica Mondo interloquisce in modo autentico con questi uomini e donne che hanno lasciato tutto per ricevere il centuplo quaggiù. Hanno affrontato guerre e trafficanti di uomini, hanno toccato il dolore innocente e l’incredulità delle società benestanti, non si sono arresi di fronte ai muri o al terrorismo.
Le loro parole ci insegnano che la fede cristiana è un’indomabile fonte di speranza che abbraccia ogni condizione umana.
Suor Leonella Sgorbati, nata nel 1940 a Rezzanello di Gazzola (PC), nel 1963 entra nell'Istituto delle Suore Missionarie della Consolata e due anni dopo emette la prima professione religiosa. Nel 1993 viene scelta dalle sorelle del Kenya come Superiora regionale. A loro scrive: "..Consolare significa accogliere che il Figlio sia libero in ciascuna di noi, in me, di perdonare a chi mi reca offesa, libero di farmi percorrere l'itinerario che il Padre ha fatto fare a Lui... libero di amare attraverso di me con l'Amore più grande, rAmore che va fino alia fine...".
I1 S.O.S., Kinderdorf International, ente che opera a favore di bambini in difficolta, richiede all'Istituto una sorella per dare inizio a una scuola per infermieri in Somalia. Suor Leonella si rende disponibile e nel 2000 arriva in quella terra ormai stremata da dieci anni di guerra.
In un ambiente in cui predomina l'islamismo fondamentalista le suore sanno di essere a rischio ma, pur consapevoli del pericolo, in fedeltà alla missione, decidono di rimanere. Domenica 17 settembre 2006 suor Leonella si avvia verso casa. Dopo pochi passi si odono degli spari: uno, due, sette proiettili raggiungono la sorella che si accascia. Raccolta da terra, è portata all'interno dell'ospedale e stesa su un lettuccio, serena ma con troppo poco ossigeno per i suoi polmoni crivellati. Riesce però ancora a sussurrare le ultime parole che, come quelle di Gesù, sigillano la sua vita: "Perdono, perdono, perdono". Papa Francesco ha riconosciuto il suo martirio l'8 novembre 2017 ed è stata beatificata a Piacenza il 26 maggio 2018.
La Chiesa ha riconosciuto suor Leonella Sgorbati come martire di Cristo, che ha coronato il servizio missionario col sacrificio della vita. Ripercorrendo i suoi scritti siamo invitati a rintracciare il filo rosso che ha segnato la sua esistenza.
Il 23 gennaio 1964, a soli 27 anni, moriva la beata Benedetta Bianchi Porro. Nata a Dovadola, nel forlivese, nel 1936, fu colpita a pochi mesi di vita dalla poliomielite e poi da una malattia rara e incurabile che la rese progressivamente sorda, paralizzata e infine cieca. Con gli altri comunicava attraverso un alfabeto tattile trasmessole attraverso la mano destra. Nonostante le sue infermità, Benedetta seguì un normale corso di studi e si iscrisse alla Facoltà di Medicina, che frequentò fino al 1958, quando sostenne il suo ultimo esame. Personalità ricca e sensibile, maturò un'intensa spiritualità e seppe confortare coloro che intrattennero con lei rapporti diretti ed epistolari. Carmela Gaini Rebora, che conobbe la famiglia Bianchi Porro in anni lontani, traccia un profilo di Benedetta attraverso i racconti della madre e la lettura del diario della giovane. La presentazione è di padre Guglielmo Camera, postulatore della causa che ha portato nel 2019 alla beatificazione di Benedetta.
Nella Calabria di inizio Novecento, terra di padroni e contadini, di palazzi e catapecchie, martoriata dalla miseria e dall'emigrazione, fiorisce a Longobardi, tra Paola e Amantea, in provincia di Cosenza, Elisa Miceli. Nata nel 1904 da una famiglia di notabili, educata a Roma ma con un forte richiamo ai bisogni umani, sociali e religiosi della sua gente, donna Lisetta si connota per una forte personalità, sintesi di differenti carismi. Coadiuvata nell'opera di apostolato dal fratello sacerdote don Francesco (don Ciccio), fondò le Catechiste rurali e fu promotrice dei circoli di Azione Cattolica e della Settimana campestre. Amante dell'arte e, a suo modo, artista, seppe coniugare l'amore per il Creatore con quello per le creature puntando sì su azioni concrete, ispirate alla pietas cristiana, ma anche sulla forza emancipatrice, derivante da percorsi di formazione che liberano da situazioni di subalternità. L'incisiva azione nel tessuto sociale e umano di una parte della Calabria marginale e l'attività pionieristica in ambito politico e sociale (fu eletta vice-sindaco nel 1946, quando ancora alle donne erano riservati i soliti e tradizionali spazi e compiti familiari) la rendono esempio di dedizione e voce autorevole nel difficile dopoguerra. Per la sua forza morale e religiosa fu soprannominata «l'intrepida». Personaggio affascinante e moderno, vissuto in un'epoca che stentava ancora a trovare il giusto equilibrio tra tradizione e cambiamento.