Le scoperte degli ultimi dieci anni delle cosiddette "nuove scienze", neuroscienze, neurobiologia, neuropsicologia, neurosociologia, etologia cognitiva, hanno dato nuova vita alle teorie scientifiche darwiniane, innescando decisive e inimmaginabili implicazioni filosofiche e culturali. Di fronte all'esplodere di una miriade di darwinismi derivati dalle "nuove scienze", la domanda cruciale alla quale questo libro risponde è: di quale darwinismo abbiamo bisogno per comprendere la coscienza e la coscienza morale? Grazie ad una trattazione sistematica e rigorosa, e a un linguaggio chiaro e comprensibile, "Darwinismo morale" si pone come un completo e aggiornato testo riguardante le implicazioni morali derivanti dalle neuroscienze e dalle teorie di Charles Darwin.
Cosa accende nell'uomo il desiderio di conoscere? Come giocano nel cammino della conoscenza i fatti, avvenimenti, circostanze? Come incide la conoscenza sulla vita e sul lavoro di ciascuno, dal filosofo allo scienziato, dal medico al poeta, dall'ingegnere al grande giornalista?
Il volume raccoglie una serie di conversazioni tenute durante l'Anno Accademico 2009-2010 nei Collegi della Fondazione C.E.U.R., network Camplus, con alcuni studenti universitari, all'interno del ciclo di incontri culturali dal titolo: "La conoscenza è sempre un avvenimento".
Partendo da situazioni concrete e personali i relatori approfondiscono diversi aspetti legati alla dinamica del conoscere, riconducendo il tema a un'esperienza spesso dimenticata: la conoscenza del reale parte dall'incontro con qualcosa che accade, che sorprende, che abbraccia e supera la capacità di previsione della ragione. La conoscenza come avvenimento è la descrizione di un cammino avventuroso che, facendosi assaporare il gusto di cose nuove, cambia il nostro sguardo sul mondo, la nostra stessa vita.
Interventi di: Arturo Alberti, Vittorino Andreoli, Giancarlo Anselmino, Tommaso Bellini, Giuseppe Di Fazio, Carmine di Martino, Ettore Fiorini, Walter Gatti, Gianni Riotta, Carlo Romeo, Davide Rondoni, Vittorio Ruggeri e Giorgio Vittadini.
A cura di Nicola Sabatini
«Il potere può essere accresciuto congiuntamente a un aumento delle libertà da parte di coloro che sono sottoposti all’esercizio del potere.» Cos’è e come si esercita il potere? Partendo dal rifiuto delle concezioni classiche di tipo liberaldemocratico e marxista, secondo le quali esso è un attributo di determinati soggetti o l’applicazione della forza fisica, Luhmann ritiene che il potere non sia altro che un «mezzo di comunicazione» generato attraverso simboli. Solo questo modello può spiegare i fenomeni di produzione, circolazione e consumo del potere nelle moderne società informatizzate e multimediali. La teoria del potere nella concezione di Luhmann diventa quindi parte integrante di una teoria della società. Più che mai attuale, a oltre trent’anni dalla sua prima pubblicazione, Potere e complessità sociale è una riflessione su chi e come governa le nostre esistenze.
Il libro di Marcello Colitti, ex dirigente Eni e autore eclettico, è indirizzato agli studiosi di filosofia, a quelli delle teorie politiche, ai politici tout courte a tutti coloro che si interrogano non senza sconcerto e apprensione sulle sorti della nostra comunità civile.
Al centro del volume è l’opera di Baruch Spinoza; ma il focus di questo agile saggio è senza dubbio puntato sull’aspetto politico del pensiero del grande filosofo seicentesco.
Spinoza è il primo a usare la parola “democrazia”, dice Colitti, che è il punto chiave, il perno attorno a cui ruota la discussione politica dei nostri giorni. Scopo dello Stato, per Spinoza, è la libertà dei cittadini: un’espressione rivoluzionaria, allora come oggi.
La creazione dello Stato è un atto collettivo per uscire dallo “stato di natura” – in cui tutti lottano contro tutti, nulla si può conservare e il progresso è scarso – per entrare in una società in cui esso detta le regole, con il fine della libertà e del progresso.
L’uomo spinoziano, divenuto cittadino, non abbandona la sua originaria pulsione a sopravvivere e a perfezionarsi, ma riconosce che il miglior amico di se stesso sono gli altri uomini. Ognuno deve dunque vivere il più possibile secondo ragione: cioè cercare la gioia e allontanare da sé la tristezza e l’odio.
Su queste basi, Spinoza elabora un catalogo delle virtù civili del cittadino, che a distanza di quattro secoli risultano straordinariamente attuali. Immagina per esse addirittura una tavola sinottica, chiara, razionale, essenziale.
La riflessione di Colitti ruota proprio attorno a questo schematico ed esaustivo prontuario. Ipotizza l’applicabilità dell’etica civile di Spinoza al mondo contemporaneo. Perché quelle sono, oggi come allora, le virtù che permettono uno sviluppo razionale e ragionevole della società umana.
Se esse vengono a mancare, l’economia soffre della cupidigia del ricco e dell’eccessiva difesa dei poveri – o ex poveri – verso ciò che hanno già ottenuto, creando una società chiusa e incapace di vero progresso.
L'autore ripercorre un momento teoreticamente centrale della vicenda intellettuale del filosofo contemporaneo, delineando un confronto tra filosofia analitica, ermeneutica e fenomenologia in relazione alla metafisica.
Un libro per comprendere il «ritorno della religione» oggi nell'incertezza dell'esistenza umana. La definizione di religione come "prassi di superamento della contingenza" da parte di uno dei protagonisti del dibattito internazionale sui rapporti tra religione, società e politica.
Il rapporto tra Sigmund Freud e la filosofia evoca uno dei temi, forse il principale, che testimonia l'intreccio costitutivo tra la psicoanalisi freudiana e l'universo della cultura, dei saperi umani, in cui gioca un ruolo centrale la tradizione filosofica. Freud stesso ne era consapevole, come attesta la sua autobiografia. Era chiaro a lui, e resta evidente per ogni studioso di Freud, che attraverso quella relazione si torna a definire la fisionomia specifica del conoscere e del pensare psicoanalitici in quanto scienza, oltre che del pensare in quanto tale. L'originalità di questa prospettiva è esaminare il confronto costante che Herbert Marcuse, Jean-Paul Sartre, Jacques Derrida, Jürgen Habermas, Ludwig Wittgenstein hanno istituito tra il proprio pensiero e la psicoanalisi freudiana, e rilevare quali suoi aspetti di volta in volta sono stati utilizzati 'per la filosofia'. Se il primo passaggio di questa storia è costituito dal distacco della psicoanalisi dalla psicologia di Franz Brentano, maestro viennese del giovane Freud, il tema filosofico decisivo della contaminazione reciproca di psicoanalisi e filosofia è la nozione di pulsione. Si delinea qui uno stile nuovo del pensare filosoficamente la psicoanalisi.
Vi sono luoghi del pensare, nei grandi filosofi, che reiterandosi hanno segnato la cifra non solo del loro stile ma della stessa filosofia. Per Emmanuel Levinas questa cifra è il dialogo, o l'intervista. Quella qui presentata è appunto un esercizio di pensiero. Nel dialogo traspare l'etica del volto, dell'altro, come prossimo e come Dio. Il volto che sta dinanzi è apertura: rende possibile pensare il 'Totalmente Altro' dall'Essere e dal Logos ' rovesciando la tradizione occidentale. Pensare, a partire dalla Parola dell'infinito udibile nel volto dell'altro nella cui nudità risplende la traccia di Dio, è possibile solo nel rispetto della sua alterità, della sua solitudine, del suo mistero. Da queste pagine, come un cristallo della filosofia di Levinas, riluce l'interpretazione della metafisica come filosofia prima in quanto etica.
Owen Barfield (1898-1997), filosofo, poeta, critico letterario, fu un pensatore eclettico, profondo e controverso. Definito “il primo e l’ultimo degli Inklings”, si può considerare il “maestro non ufficiale” di C.S. Lewis e J.R.R. Tolkien, dei quali ha influenzato in modo determinante la concezione filosofica e linguistica.
Questa traduzione italiana di “Saving the Appearances”, apparso per la prima volta nel 1957 in Inghilterra e qualche anno più tardi – con grande successo – negli Stati Uniti, lo rende finalmente accessibile al pubblico italiano.
In Salvare le apparenze Barfield percorre l’avvincente storia della coscienza occidentale spiegando come dall’unità originaria di realtà, linguaggio e significato si sia giunti all’attuale visione che rende le nostre rappresentazioni “idoli” privi di significato e “nomi” incapaci di comunicare la realtà. Tuttavia, sarà proprio questo cammino di svuotamento a garantire la possibilità di una nuova «partecipazione», che assume caratteri teologici fuori del comune.
“La parola è un grande sovrano, che con un corpo piccolissimo e invisibile compie imprese massimamente divine: sa calmare la paura, eliminare il dolore, suscitare la gioia, sollevare la pietà” (Gorgia).
La scelta, la preferenza per un tipo di musica o di arredamento, per una corrente artistica o per uno stile di vita, l'inclinazione per un modo di esprimerci o di comportarci sembrano essere delle costanti della mente umana e della nostra civiltà, che riflettono opzioni culturali e politico-ideologiche talvolta inconsce. Ma che cosa sta alla base di queste scelte? Perché preferiamo questo a quello? Con "Dal significato alle scelte", che incrocia il taglio antropologico con quello sociologico, il decano degli studi di Estetica in Italia cerca di individuare le ragioni - spesso inconsapevoli, spesso imposte dall'iperconsumismo - che ci spingono a considerare preferibile una cosa piuttosto che un'altra. Ma dichiara anche la sua tesi di fondo: prima di manifestare le nostre opzioni, dovremmo sforzarci di comprenderne correttamente e a fondo il contesto, individuarne il significato ed elaborarne il senso più riposto. Solo così saremo davvero autonomi e liberi di scegliere.
Già allievo e poi successore di Wittgenstein sulla cattedra di Cambridge, John Wisdom (1904-1993) è stato una figura di primissimo piano nella filosofia inglese della prima metà del ’900, e tuttavia oggi è largamente quanto incomprensibilmente dimenticato. In parte, quest’amnesia può essere dovuta al suo stile letterario originale e al suo profondo interesse per la psicoanalisi e il romanzo, due cose poco comuni nel mainstream della filosofia anglosassone di oggi. Ha dato contributi originali su tutti i principali problemi epistemologici e metafisici della filosofia analitica; tra le sue opere: Le altre menti, Filosofia e psicoanalisi e Paradox and Discovery. Un aspetto particolare della produzione di Wisdom sono i lavori che ha dedicato alla religione e in particolare all’analisi della credenza in un Dio personale e in una vita oltre la morte, alcuni dei quali considerati ormai classici. Tra i suoi meriti in questo campo c’è anche quello di aver contribuito a superare l’idea della religione come discorso «privo di significato», una concezione tipica del positivismo logico e di cui lo stesso Wittgenstein, pur attribuendo alla religione un’importanza vitale, non era riuscito a disfarsi. Questo volume – in cui lo troviamo in dialogo con William James, Wittgenstein, Freud, Tolstoj e altri – raccoglie tutti gli scritti di Wisdom di argomento religioso, pressoché interamente inediti in italiano e con una nuova traduzione dell’unico già tradotto in precedenza, il celebre Gods, un saggio che ha lasciato un segno nella filosofia della religione contemporanea.
Sommario: Preposterous questions: John Wisdom e l’esperienza religiosa di Roberto Brigati. – John Wisdom. Profilo della vita e delle opere. – I. Dèi. – II. La logica di Dio. – III. Recensione a Malcolm Grant, A New Argument for God and Survival. – IV. Dio e il male. – V. La credenza religiosa. – VI. I significati delle domande sulla vita. – VII. Tolleranza. – VIII. Vita eterna. – IX. Il sogno di Mr. Köllerström: illuminazione e felicità. Alcune note. – Fonti. – Bibliografia. – Indice dei nomi.