"Le virtù hanno un ruolo necessario nella vita dell'uomo così come il pungiglione nella vita delle api": ma come facciamo a giudicare se qualcosa è "buono" per gli esseri umani? Per gli organismi viventi in generale, è buono ciò che serve per nutrirsi, vivere e prosperare, vale a dire ciò che serve a realizzare le potenzialità della specie. Tuttavia, nel caso particolare dell'uomo, questo criterio di giudizio appare inadeguato, perché non si può concepire l'essere umano in senso soltanto biologico. Esistono attività di pensiero e sfere di vita - la capacità di usare l'immaginazione, di cantare o danzare ad esempio - senza le quali gli esseri umani potrebbero sopravvivere e riprodursi, ma non potrebbero raggiungere un pieno sviluppo. Ricollegandosi a una tradizione di pensiero che attraverso Tommaso d'Aquino risale sino ad Aristotele, Philippa Foot si interroga in queste pagine su che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, sulla virtù e sul vizio, sulle basi stesse del giudizio morale, e giunge a individuare i tratti che caratterizzano efficacemente la forma di razionalità pratica specificamente umana.
Pascal Bruckner torna a trattare il tema della vergogna di sé, che egli crede di riconoscere come il male della civiltà occidentale contemporanea. Il filosofo cerca di comprendere e spiegare un paradosso: "Tutto il mondo bussa alle porte dell'Europa, vuole avere la meglio nel momento in cui quest'ultima si macera nella vergogna di sé". Riferendosi all'Europa appunto, il masochismo di cui parla l'autore nel titolo di questo saggio non è soltanto l'eccesso di pentimento, ma anche la tendenza a negare le nostre tradizioni liberali e repubblicane. Le élite europee non hanno più il coraggio di rivendicare la propria eredità politica e morale. In particolar modo di fronte alla pressione che viene dal mondo musulmano, le cui autorità richiamano regolarmente gli Occidentali all'autocritica, ma restano mute davanti alle violenze perpetrate in nome dell'Islam. Uno scambio autentico tra i due mondi non può esistere, ci ricorda Bruckner, senza una mutua capacità d'autocritica.
Il filosofo della legge morale in perenne lotta contro le passioni corporee avrebbe, secondo una logora vulgata, semplicemente eluso il tema del corpo nella costituzione della soggettività etica. Vincenzo Bochicchio ricostruisce, in questo testo, l'immagine che Kant, nei margini della sua filosofia, si fa del corpo.
Immaginiamo un dialogo tra un grande filosofo del Seicento e un prestigioso scienziato nostro contemporaneo. Monsieur Descartes: "Penso ci siano pochi dubbi sull'esistenza di una libera scelta nel corso delle nostre azioni". Benjamin Libet: "Ma noi abbiamo scoperto che il cervello è pronto per un'azione volontaria circa mezzo secondo prima che la persona diventi consapevole in modo cosciente della sua intenzione! ". Descartes: "Resta una qualche possibilità al nostro libero arbitrio?". Libet: "Sì. L'intenzione cosciente appare circa 150 millisecondi prima". È tutta questione di tempo, del "tempo della mente" (Mind Time). In questo libro Libet ripropone l'antico problema della connessione tra il mentale e il fisico, e la non meno spinosa questione del libero arbitrio. Siamo davvero soggetti responsabili, capaci di scegliere? O siamo solo sofisticati "automi" prodotti dall'evoluzione naturale? Anche una pietra che cade da una torre lungo una verticale potrebbe "pensare" di essere libera, ma sarebbe solo un'illusione. L'ardua risposta, per Libet, va cercata nelle conquiste della ricerca sperimentale, per quanto lui stesso non abbia paura di sconfinare nel campo più elusivo dell'etica.
L'Occidente è oggi diviso. Ma all'origine di questa divisione non è il terrorismo, bensì una politica americana che ignora la legalità internazionale, relega in secondo piano l'Onu, determina la rottura con i tradizionali alleati europei. La frattura si prolunga anche all'interno degli stessi Stati Uniti e di molti paesi europei, dove sembra venir meno perfino l'accordo sui principi giuridici fondamentali. All'unilateralismo di Bush, sostiene però Habermas, si deve contrapporre un nuovo progetto cosmopolitico, che riattualizzi l'idea kantiana di "pace perpetua" e presti la dovuta attenzione al tema cruciale dei diritti umani.
"Non è vero che un'etica laica, senza assoluti e senza miti, non può fornire modelli educativi efficaci. Savarer lo dimostra: la moralità è autonomia, capacità di non sottomettersi, amore di sé nel senso migliore del termine. Un libro intenso ma anche amichevole, che genitori e maestri dovrebbero leggere e commentare insieme ai loro figli, discepoli, amici adolescenti." (Gianni Vattimo)
Il testo si presenta come un vero e proprio manifesto per la filosofia. Nella scrittura di Gennario prende corpo la filosofia di un pensiero strappato alla tecnica e restituito alla dimensione dell'umano, sottratto alla superficialità della chiacchera e immerso nelle profondità dell'animo: un pensiero che ritrova la sua originaria unità con l'essere e la passione della verità.
Agli inizi degli anni Ottanta del Cinquecento, nell'ambasciata francese a Londra, Giordano Bruno e Michel de Castelnau condannano i fanatismi religiosi: il primo da filosofo, il secondo da diplomatico. Ma nello Spaccio dell'uno e nei Mémoires dell'altro riemergono temi che vent'anni prima erano stati utilizzati dal poeta Ronsard contro "papisti" e ugonotti nei versi dei Discours des Misères de ce temps. In un appassionante analisi del dialogo bruniano, corredata di un ricco dossier iconografico, Ordine colloca queste opere nel contesto storico, letterario, filosofico della corte dei Valois, e mette a fuoco i rischi di qualsiasi fanatismo religioso. Miti classici ed emblemi rinascimentali prendono nuova vita in un progetto radicale di riforma a un tempo cosmologica, morale ed estetica. E se i testi di Ronsard illuminano l'opera di Bruno, il dialogo del filosofo invita a una rilettura del poeta fondatore della Pléiade.
"Il percorso di studi che qui prefiguro è a un tempo disarmante, per la semplicità del suo disegno, e scoraggiante, per la difficoltà della sua costruzione La mia ipotesi consiste nel tentativo di tracciare una via d'uscita alle non simmetriche, ma convergenti impasse in cui si sono cacciate la sociologia, fin dalla sua nascita, e la filosofia, dopo Hegel. Entrambe hanno commesso lo stesso errore, vale a dire non hanno compreso il nesso tra Illuminismo e Democrazia, con il risultato che la filosofia ha perso il proprio oggetto immediato, ovvero il soggetto che percepisce e giudica, e la sociologia non ha (quasi mai) trovato la sua storia. Quanto fin qui abbozzato esita nel presupporre che filosofia e sociologia sono imprescindibilmente legate, nel senso che dove termina l'una inizia l'altra. La non ammissione di questo legame ha causato la rottura del vaso di Pandora, i cui cocci sono sparsi, da una parte, sul terreno (non-filosofico) della filosofia, dall'altra sul terreno non ricchissimo di sedimentazione teoretica della sociologia". (Dalla premessa dell'autore).
Domandate a qualcuno "che cos'è la verità" e sarete ricambiati con un silenzio stupefatto o con una risata nervosa. In questo pamphlet Michael Lynch mostra che il crescente cinismo nei confronti della verità è generato in massima parte dalla confusione riguardo a ciò che la verità è. Ma la verità non ha solo dei nemici. Tra i suoi amici migliori annovera quanti ritengono che senza verità si possa ancora vivere ma che si tratterebbe di una vita ben misera. Il libro è adatto dunque per tutti quelli che chiedono al pensiero uno sforzo tenace ma rigoroso, per distinguere il ragionamento ben fatto dalla chiacchiera e dalla propaganda.
L'intera vicenda di uomo e di studioso di Gottfried Wilhelm Leibniz è segnata da tendenze fortemente contrapposte. Impegnato nei campi più disparati del sapere -filosofia, scienze, matematica, storia, diritto - ebbe un atteggiamento al tempo stesso sistematico, enciclopedico e dialogico, pronto ad accogliere sollecitazioni di ogni provenienza. Le sue opere fondamentali i "Saggi di teodicea", volti a giustificare la presenza del male nel mondo, e la "Monadologia", in cui si formula una vera e propria concezione dell'universo - hanno esercitato un influsso decisivo stilla riflessione successiva. Nel volume sono illustrate e documentate storicamente le idee leibniziane, ma anche ricostruite le questioni teoriche e gli obiettivi scientifici ad esse sottesi.
DESCRIZIONE: Due sono stati negli ultimi decenni i modelli interpretativi della filosofia platonica: un modello, ispirato a Schleiermacher, ha privilegiato l’interpretazione cronologica dei dialoghi, l’altro, proprio delle scuole di Tubinga e Milano, ha reinterpretato tutto Platone alla luce delle «dottrine non scritte». Come per sottrarsi a unilateralità ermeneutiche, l’autore di questo volume legge «il corpus platonico come un vero e proprio "protrettico" che propone filosofia per costringere il lettore a trovare soluzioni sulla base di poche indicazioni, il che implica la proposta di difficoltà crescenti che via via nello svolgimento delle opere selezionano i "veri filosofi". Platone appare convinto socraticamente che la filosofia è lavoro comune e scoperta. Ciò dà luogo a un insegnamento che, sempre, ma soprattutto nella forma scritta, avvicina al vero senza rivelarlo, comunica informazioni vere che non sono tout court la verità, ma che richiedono la partecipazione, l’elaborazione e lo sviluppo da parte del lettore». Un modello messo qui alla prova nella disamina del Sofista: ad assumere inaspettati significati sono i suoi punti più controversi (la dialettica come esercizio diairetico, il parricidio di Parmenide, la scoperta del non-essere in quanto "diverso").
L'AUTORE è ordinario di Storia della filosofia antica all’Università di Macerata. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Dialettica e verità. Commentario filosofico al «Parmenide» di Platone (Vita e Pensiero, Milano 20002), L’uomo tra piacere, intelligenza e Bene. Commentario storico-filosofico al "Filebo" di Platone (ivi, 19982), Arte politica e metretica assiologica. Commentario storico-filosofico al "Politico" di Platone (ivi, 1996). Presso la Morcelliana ha curato: Gigantomachia. Convergenze e divergenze tra Platone e Aristotele (2002) e Dio e il divino nella filosofia greca («Humanitas» 4\2005).
COMMENTO: Un commento al celebre dialogo platonico (che affronta i temi del non-essere e della legittimità dell'idea del diverso) da parte di uno dei più autorevoli storici del pensiero antico.