Il Carmide è uno dei dialoghi giovanili di Platone più ricchi e più interessanti, con pagine di straordinaria profondità e attualità. Vengono qui messi in luce i limiti dell'antica tesi della medicina greca secondo cui non si può curare una "parte" del corpo senza curare "tutto" il corpo, e si dimostra che il corpo umano stesso è solo una "parte", in quanto l'intero dell'uomo è insieme corpo e anima. Il messaggio centrale del dialogo resta particolarmente valido anche per l'uomo d'oggi: per liberarsi dai mali, bisogna innanzitutto curare la propria anima in modo che domini il corpo, ossia occorre raggiungere un adeguato autodominio, la temperanza, perché solo così si può acquistare la vera salute.
"In questa collana presentiamo, in volumi singoli, i primi dialoghi platonici, interpretandoli come documenti che attestano in modo assai efficace 'il pensiero storico' di Socrate. La lettura di questi Dialoghi ci farà conoscere a fondo Socrate nella grandezza del suo messaggio rivoluzionario."
"In questa collana presentiamo, in volumi singoli, i primi dialoghi platonici, interpretandoli come documenti che attestano in modo assai efficace il 'pensiero storico' di Socrate. La lettura di questi Dialoghi ci farà conoscere a fondo Socrate nella grandezza del suo messaggio rivoluzionario."
Socrate, finora inedito in traduzione italiana, sviluppa un'originale riflessione sulla nascita della tradizione politica occidentale, ovvero sul rapporto fra Socrate, Platone e l'esperienza della polis greca. La figura di Socrate attraversa l'intera opera di Hannah Arendt come un riferimento importante e sempre positivo, che aiuta a riformulare i temi della coscienza, del male e del pensiero critico. Qui rappresenta l'inizio di una pratica filosofica e politica che Platone abbandona e tradisce, inaugurando la metafisica come fuga dalla politica. In una prospettiva più ampia, queste pagine mettono per la prima volta a tema l'origine dell'inimicizia tra filosofia e politica, che segna, a parere di Arendt, il destino del pensiero occidentale. I saggi di Adriana Cavarero e Simona Forti corredano il testo arendtiano, mettendone in luce gli aspetti più rilevanti e attuali.
La parola dike, comunemente tradotta con "giustizia", nasce in un contesto religioso e poi giuridico, ma ha in realtà un significato più profondo, che compare per la prima volta nella più antica testimonianza del pensiero filosofico: il frammento di Anassimandro. Si può dire che l'avvento della filosofia coincida con l'avvento di tale significato - quello che Aristotele chiama "il principio più stabile". Dike designa l'incondizionata stabilità del sapere. E richiede la stabilità incondizionata dell'essere. Riguarda tutto ciò che l'uomo può pensare e può fare. In rapporto con essa si svolge l'intera storia dell'Occidente. Se nel "Giogo" Severino aveva puntato l'attenzione sulla conseguenza decisiva per l'uomo della tradizione occidentale, resa esplicita da Eschilo, ovvero che l'incondizionata stabilità del sapere e dell'essere è il "vero" rimedio contro il dolore e la morte, e sul rapporto tra Eschilo e Anassimandro, in questa sua nuova opera si volge invece verso le radici di quel significato. Soprattutto perché dike e l'Occidente, che ne è dominato, sfigurano il volto della stabilità autentica: il volto del destino della verità. Affrontando il rapporto tra il puro volto del destino e il suo volto sfigurato da dike, questo libro compie alcuni passi avanti rispetto agli scritti precedenti, da cui pure trae origine.
Fenomenologia ed ermeneutica, filosofie del senso, sono in difficoltà a trattare la questione della forza, elemento chiave emerso in particolare dalla "scuola del sospetto" (K. Marx, S. Freud, F. Nietzsche). La filosofia riflessiva di Paul Ricoeur ha tentato di farlo, anche se questo non è il motivo prevalente del suo lungo ed articolato percorso di pensiero. I saggi qui raccolti, che si collegano tra di loro sul filo di questo importante e non molto indagato rapporto, si occupano pure di alcune altre rilevanti e in qualche modo collegate questioni: il simbolo e il soggetto, il potere e il riconoscimento, il delitto e la pena. La peculiarità del pensiero di Ricoeur appare, poi, ben più delineata se colta in dialogo con quella di altri grandi filosofi e pensatori (E. Levinas, C. Taylor, R. Girard, J. Derrida). L'atto di lettura teorizzato da Ricoeur è così in grado di guidarci anche nei punti estremi e nevralgici del religioso, del tragico e dello spirito.
Perché fare filosofia con i bambini? Per sentire risposte che non sappiamo più trovare? Per ridare forza alla professione di insegnante, sommersa e provata da riforme che ne minano il senso e ne cancellano la passione? Per tutte queste cose insieme, risponde Giuseppe Ferrara, filosofo che da anni si impegna a parlare di filosofia con i bambini. In questo libro racconta la sua straordinaria esperienza nelle scuole elementari di Napoli, in cui ha cercato di restituire alla filosofia una funzione, un compito e una posizione sociale da troppo tempo anestetizzata nelle mura accademiche o ridotta a un sapere specialistico di chi parla e discute senza farsi capire e senza capirsi. Con i bambini, la filosofia può tornare a vivere quella meraviglia da cui è nata più di duemila anni fa.
Chi era Socrate? Quali i contenuti del suo pensiero? E perché "l'uomo più giusto del suo tempo" fu messo sotto accusa per empietà ad Atene, simbolo di democrazia? Il filosofo più "paradossale" di tutti è stato autore e vittima post mortem, e oggi più che mai, di un ulteriore paradosso. Non ha scritto nulla, e secondo molti è vano cercarne i tratti "storici" nel contrasto tra le fonti (Aristofane, Platone, Senofonte...); eppure la sua vita e il suo pensiero sono al centro della riflessione dagli Stoici a Ficino, a Nietzsche o Foucault. Ma la varietà delle fonti si spiega meglio con la ricchezza della figura di Socrate che liquidando notizie e divergenze come creazioni ex nihilo. Questo libro muove dalla sua persona, il ruolo sociale che Socrate ha consapevolmente tradotto nell'eccentricità della sua figura intellettuale; ne esplora poi il metodo (fra confutazione e aporia, eros e ironia) e i temi di pensiero (l'anima e la sua cura, il bene e la virtù) di cui fu iniziatore come filosofo; infine, il processo e la condanna a morte, che Socrate ha affrontato da cittadino di una città che aveva fortemente criticato, perché l'aveva profondamente amata.
Gloria è la prima parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato in questa prima parte della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda (Teodrammatica) della libertà finita ed infinita, e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto.
Tra le numerose ninfee dipinte da Claude Monet la migliore - secondo Charles Péguy (1873-1914) - non sarà l'ultima, frutto di un crescente apprendimento, bensì la prima, figlia dello stupore. Solo lo stupore, infatti, veramente conosce. Il resto è "sistema" rigido, è imporsi del "bell'e fatto", è invecchiamento prodromo della morte. Non è più avvenimento. Con questa rivoluzionaria impostazione Péguy ha guardato il "mondo moderno" denunciandone la forza avvilente, ha combattuto per la "città armoniosa", ha ritrovato la fede di quand'era bambino, ha vissuto da "cristiano della comune specie", ha cantato le meraviglie della "giovane speranza" e la grandiosa avventura di Eva/umanità. Ed è morto in battaglia, perché il rapporto con l'Eterno e con l'Infinito si gioca tutto nella brevità di un tempo e nella carnalità di uno spazio.
L'epoca della secolarizzazione può essere considerata una delle indagini più lucide sul mondo contemporaneo e sul processo di secolarizzazione che lo contraddistingue. Particolarmente illuminanti sono le pagine sul '68 e sulla 'contestazione' e quelle che, attraverso il pensiero di alcuni filosofi del '900, ripropongono il concetto di 'tradizione'.
Per vivere i tormenti del fuoco e delle fiamme non è necessario finire all'inferno. Basta restare imbottigliati all'ora di punta nel traffico assurdo di qualunque grande città. La pena, in questo caso, può apparire ridotta rispetto a quella definita "eterna". Ma quando allo stress da super-affollamento si aggiungono flagelli come il rumore, i bambini pestiferi, i cani cattivi, i regali di Natale indesiderati, gli allarmi antifurto, la prosopopea dei medici o le convinzioni dei benpensanti si può anche arrivare a credere che, rispetto agli abitanti della Terra, i dannati nel regno degli Inferi non devono poi passarsela così male... È per questo motivo che, con una scrittura sapientemente ironica, Dominique Noguez ha deciso di mettere nero su bianco queste Venti cose che rendono la vita infernale, uno sfogo liberatorio e dissacrante che, pagina dopo pagina, investe gli sfaccendati, i tracotanti, i voraci, i fanatici insieme a tutte le figure malevole del nostro tempo.