Ormai solo un dio ci può salvare è il titolo che la redazione del giornale tedesco "Der Spiegel" diede a un colloquio che si svolse tra Heidegger e due inviati del settimanale. Secondo la volontà di Heidegger questo testo - in cui risponde alle accuse di collusione con il nazismo - non doveva essere pubblicato se non dopo la sua morte. Grazie a esso, come scrive Marini nella sua introduzione: "Chi si accontenta di poter dire che Heidegger è stato 'nazista' può (gli è permesso) farlo; chi però vuol saperne di più, può (ha la possibilità di) andare oltre senza che... debba sentirsi trasformato a sua volta in un 'difensore del nazismo'". "Ormai solo un dio ci può salvare" è un contributo al chiarimento del "caso Heidegger", ma anche lo straordinario documento di un pensiero che - venerato o detestato che sia - domina la filosofia europea del Novecento.
La "Logica tedesca" (1713) di Christian Wolff è uno dei documenti più significativi sulla logica tedesca del 1700, la cui importanza va ben al di là di un interesse puramente storiografico. La teorizzazione di un'unione tra ragione ed esperienza, tra proposizioni empiriche e procedimento rigorosamente deduttivo, di tipo matematico, al fine di conseguire conoscenze a un tempo oggettivamente fondate, formalmente corrette e tra loro ben articolate, caratterizza l'impianto della "Logica tedesca" e rappresenta il contributo teoreticamente più rilevante che essa ha dato allo sviluppo della logica settecentesca, ma anche alla formazione del linguaggio filosofico tedesco, di cui costituisce l'atto di nascita ufficiale.
Lungo un percorso non privo di oscillazioni e costellato da suggestioni scientiste, quanto ricco di intuizioni e categorie analitiche ancora feconde - che, in questo libro, viene ricostruito cronologicamente sulla scorta di testi ancora inediti in Italia - , l'opera di Durkheim rinvia al tema attuale di come tenere insieme libertà e regole, piacere e giustizia, felicità privata ed etica pubblica, e invita a riflettere su come agire, affinché gli uomini moderni, giustamente gelosi delle loro libertà, non s'illudano, tragicamente per se stessi e per i destini della loro convivenza, di sentirsi in questo modo appagati, mostrandosi impermeabili a quella solidarietà, a quelle delizie della vita comune, a cui pure non possono rinunciare, a meno di rendere priva di significato la loro stessa esistenza. E ancora, a chiederci: perché e in cosa la società è qualcosa di più di un'"associazione temporanea"?
"I venti hanno messo le ali all'umanità. Essi fanno volare e viaggiare gli uomini; non nell'aria, certo, ma attraverso i mari. Si spalanca così la grande porta del commercio e il mondo si apre alla comunicazione" (Francesco Bacone).
Questo libro, presentato per la prima volta al lettore italiano, è un classico per gli specialisti di Pascal e del XVII secolo. Nelle dense pagine di quest'opera, Jeans Mesnard offre una lettura dei Pensieri destinata a rimanere di riferimento, come strumento capace di perlustrare la ricchezza e la complessità - lungamente sottovalutate - dei famosi frammenti pascaliani.
Vi sono pensatori che rimangono nell'ombra perché fuori da circuiti accademici, indisponibili a piegarsi ai cliché dominanti, indipendenti da "scuole" consolidate che spesso producono sbiaditi replicanti piuttosto che filosofi creativi. Max Picard rientra in questo stretto numero. Medico di professione (lavoro che presto abbandonerà) e filosofo per dedizione, seguì sempre una propria strada all'insegna dell'autenticità. Segnato dal suo complesso orientamento religioso - le radici ebraiche mai rinnegate e il cattolicesimo come fede elettiva -, egli ne trasse non un facile accomodamento ma una sorta di continuità spirituale senza nette censure. Picard trasferì questa polifonica ricchezza religiosa entro il suo pensiero filosofico, mai appagato, ribelle a ogni scorciatoia teorica, famelico di quella verità che non è solo la constatazione di fatti, ma la ricerca sempre nuova di quel luogo sorgivo dal quale scaturisce il senso delle cose. Il volume, che rappresenta lo studio più completo della figura picardiana, contiene le traduzioni inedite di "L'atomizzazione della persona" di Max Picard, "Lo sguardo" di Gabriel Marcel e "Per Max Picard" di Rainer Maria Rilke.
Oscar Pistorius, campione dei Giochi Paralimpici per atleti con disabilità fisiche, è stato ammesso nel 2008 alle Olimpiadi normali. Il tribunale ha messo in evidenza che le sue protesi per le gambe non gli davano alcun vantaggio sugli altri atleti. Ma questo è solo un esempio di un processo culturale sconvolgente, di portata epocale. Nel laboratorio dello scienziato, seguendo la procedura del metodo scientifico, la ragione viene 'incorporata' in un apparecchio, slegandosi dalla tradizione che la voleva sempre presente durante l'uso di strumenti più semplici, non 'intelligenti'. La 'mente meccanizzata', come le cheetah di Pistorius, ha lanciato il corpo umano alla velocità del pensiero: possiamo (quasi istantaneamente) ricevere un'e-mail mentre viene scritta o vedere con un'ecografia chi non è ancora nato. Ma mentre ciò accade, l'uomo usa la ragione in un modo nuovo, non tradizionale. Infatti, gli strumenti 'intelligenti' sono certamente una conquista, ma fanno venir meno alcune certezze elementari. La ragione corre la corsa della macchina, ma smarrisce le sue radici: non sa più da dove venga, non sa più a chi appartenga, se alla macchina o all'essere umano che la utilizza. Solo un tribunale - ma presieduto da chi? - potrebbe garantire il suo corretto funzionamento. Insomma, come Pistorius, anche la ragione è a un bivio: appartenere solo all'uomo o anche allo strumento?
Luigi Pareyson (1918-1991) è una delle figure filosofiche più importanti della seconda metà del Novecento. Ha svolto una forma originale di personalismo a contatto con i grandi filosofi dell'esistenza (Heidegger, Jaspers, Marcel, Berdjaev). Al centro del suo pensiero è la considerazione del rapporto persona-essere, uomo-verità, rapporto problematico che passa attraverso la libertà.
In questo ambito ha elaborato un'estetica come teoria della formativi, che ha avuto larga diffusione costituendosi come teoria della formatività, che ha avuto larga diffusione costituendosi come alternativa a quella crociana, e una teoria dell'interpretazione, che ne fa uno dei grandi maestri dell'ermeneutica contemporanea assieme a H.G. Gadamer e P. Ricoeur.
Biografia di Edit Stein.
"Ebrea, filosofa, cristiana, religiosa, martire": così la definiva Giovanni Paolo II nel proclamarla beata nel 1987. Definizione precisa e insieme concisa. Edith, una delle donne più rappresentative della nostra epoca, percorre in 51 anni di vita molte strade e compie importanti esperienze sia culturali che religiose.
«Tutto ciò che si può provare, si può anche contestare. Incontestabile è solo ciò che è indimostrabile». «L’arte è il nostro grazie al mondo e alla vita». «Le possibilità dell’uomo sono sconfinate, ma anche, ciò che sembra contraddirlo, le sue impossibilità. Tra l’infinito che egli può e l’infinito che non può, si trova la sua patria». «Che il proprio destino non si realizzi, come lo si era prefigurato idealmente e come poteva e doveva realizzarsi secondo le sue possibilità – anche questo è un modo di realizzare il proprio destino». «Per lo più gli uomini nascono di nove mesi , ma muoiono settimini». «Non è andata nel mondo come i profeti o le guide pensavano e volevano, ma senza i profeti e le guide non sarebbe “andata affatto”». Aforismi precisi e fulminanti, pensieri profondi e acuminati, riflessioni che illuminano il buio, considerazioni che colgono l’armonia del mondo nell’apparente caos. Questo è “Diario postumo”, libro genialmente “malinconico”, ottimista e pessimista ad un tempo.